La Repubblica - 21.10.97

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Sofri: "Iniziamo il digiuno"

Solidarietà con i reclusi di Rebibbia: "Uniti nella protesta"

dal nostro inviato CLAUDIA FUSANI

PISA - Il tono è combattivo, squillante, è l'Adriano Sofri dei tempi migliori. "Cari detenuti del nuovo complesso di Rebibbia abbiamo ricevuto sabato il vostro comunicato sullo sciopero della fame. Abbiamo aderito alla vostra iniziativa e ai suoi obiettivi e la stessa cosa stanno facendo molti altri detenuti. E' certo che la partecipazione di molte carceri a questa lotta civile potrebbe finalmente spingere il Parlamento e l'amministrazione penitenziaria alle misure sulla cui urgenza e giustezza non fanno che pronunciarsi senza che se ne vedano effetti concreti. Ne parleremo giorno per giorno. Intanto grazie e saluti".

Così scrive oggi l'ex leader di Lotta Continua nella sua rubrica Piccola Posta sul Foglio. Così dice a tutti che da due giorni lui, Bompressi e Pietrostefani e altri trenta nel carcere di Pisa hanno iniziato a digiunare contro il carcere delle condizioni impossibili, delle pratiche disumane e delle regole assurde. Lo fa in modo agguerrito, quasi invitando alla rivolta tutti i penitenziari d'Italia.

Intanto ci sono Pisa e Rebibbia, mille persone dal 12 ottobre, ma la lista, si augura Sofri, deve aumentare. Solo così i detenuti possono sperare di essere finalmente ascoltati. Quasi uno squillo di rivolta. Il secondo, a dir la verità, da quando, era la fine di gennaio, i tre ex leader di Lotta Continua sono rinchiusi nel carcere Don Bosco di Pisa condannati a 22 anni per l'omicidio del commissario Calabresi. Era la metà di giugno quando Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi smisero di nutrirsi per protestare contro il degrado delle carceri. Lo interruppero dopo un mese, quando arrivarono le promesse di commissioni di vigilanza e di controllo. In realtà poi è cambiato poco, o nulla.

Ma è fatale vedere allungarsi in questa nuova protesta l'ombra di un'altra protesta. Quella del digiuno a oltranza che l'ex leader di Lotta Continua promette ormai da tempo, "contro la condanna ingiusta". Un gesto, come ha spiegato Sofri pochi giorni fa in un'intervista a Repubblica, che sta a significare "il rifiuto della condizione di condannato detenuto, la denuncia del processo che ha provocato la condanna, l'accusa contro coloro che hanno reso possibile la condanna". Sofri sta molto attento a tenere distinte le due cose. Ed è molto chiaro nel dire perchè da due giorni ha deciso per il digiuno. Ma è inevitabile pensare che questo sciopero per un carcere migliore possa diventare poi l'altro, quello definitivo. Ci sono alcuni indizi in questo senso. I tempi, prima di tutto. "Cominceremo fra una settimana, dieci giorni" ha detto Sofri un paio di settimane fa. "Entro la fine dell'anno" ha sempre detto il figlio Luca. "Quando sarà depositata la richiesta di revisione del processo, cioè verso la metà di novembre, vorremo aver già iniziato il digiuno ma essere ancora lucidi e padroni di noi stessi" ha spiegato ancora Sofri. Quello che è certo poi è che l'ex leader non è certo il tipo che annuncerà con precisione il giorno in cui inizierà la protesta. Lo sapremo tutti ma a cose già fatte, iniziate. "Non sarà un ricatto, né un gesto di disperazione o di resa. Sarà un violento atto di accusa contro i nostri accusatori e chi ci ha condannato" dice Sofri. Contro una delle vicende giudiziarie più controverse di questo paese dove, in nove anni e sette sentenze contraddittorie e gonfie di dubbi per un delitto avvenuto quindici anni prima, si è arrivati a una condanna che sa di ergastolo.

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