La Repubblica - 28.10.97

WB01343_.gif (599 bytes)


"Carcere a domicilio" per le detenute mamme

La condannata che ha un bambino di meno di un anno potrà chiedere il rinvio della pena. Le regole per i "domiciliari"

di CARLO CHIANURA

 

ROMA - Arriva il carcere a domicilio per le detenute madri. Oggi il Consiglio dei ministri varerà un disegno di legge presentato dal ministro delle Pari opportunità Anna Finocchiaro che si propone di venire incontro soprattutto alle decine di bambini che sono costretti a vivere la loro infanzia in carcere.

In otto articoli, il disegno di legge dal complicato titolo "Misure alternative alla detenzione volte alla tutela della relazione tra detenute e figli minori" rivoluziona l'ordinamento carcerario che già era stato riformato dalla legge Gozzini. Romano Prodi lo ha inserito tra gli ultimi punti dell'ordine del giorno, per cui non si esclude che, visto il nutritissimo programma di oggi, il ddl della Finocchiaro possa slittare alla prossima seduta.

Un provvedimento pieno di sorprese: la bozza che Repubblica anticipa contiene anche un comma che potrebbe aprire le porte del carcere a migliaia di detenuti e non solo alle cinquantuno donne oggi detenute in Italia assieme ai loro cinquantasei bambini. Vediamo.

Il ddl fa molte distinzioni sulle madri detenute, partendo dall'età dei figli. L' articolo 1 afferma infatti che la pena può essere rinviata non solo se una donna è incinta - come già avviene - ma anche se è madre di un bimbo di età inferiore a un anno. Se la donna ha compiuti reati gravi, il cosiddetto "differimento" della pena opera fino a che il bambino non abbia compiuto i sei mesi: a meno che non ci siano parenti cui affidare il bambino.

Le vere novità partono dall'articolo 2, quello che istituisce la detenzione domiciliare. Chi deve espiare una pena "non superiore a quattro anni", "nonché la pena dell'arresto", può andare a casa. Il disegno di legge fa alcuni casi concreti e allarga il discorso anche agli uomini: la donna deve essere incinta o madre di figli con meno di dieci anni; può beneficiarne il padre se la madre è morta "o altrimenti impossibilitata a dare assistenza alla prole" (una possibile fonte di abusi?); può scontare la detenzione domiciliare chi è in gravi condizioni di salute o ha più di 60 anni ed è inabile, o ha meno di 21 anni "per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro o di famiglia".

E' il comma 1 bis che potrebbe contenere le maggiori novità del provvedimento, quando afferma che se un qualsiasi detenuto - uomo o donna - che abbia da scontare fino a due anni (o anche gli ultimi due anni) di reclusione e non possa essere assegnato ai servizi sociali, può ugualmente scontare il residuo della pena a casa. Potrebbe essere questo il grimaldello per risolvere, all'italiana, il problema delle carceri affollate. Ma forse il provvedimento sarà cambiato in ultima stesura.

Così come potrebbe cambiare la formulazione dell'articolo 3 allorquando concede l'espiazione della pena a casa anche alle ergastolane che abbiano già scontato dieci anni, ma che abbiano figli di età non superiore agli otto. Una eventualità impossibile, a meno di non restare incinta in carcere. Nello stesso articolo si dispone che in generale la misura del carcere a domicilio possa essere comunque concessa "dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena".

Ci sono ovviamente regole precise per chi benefici della detenzione a casa. Non dovrà commettere altri reati e il suo comportamento di madre e di cittadina sarà controllato dai servizi sociali. L'articolo 5 si sofferma sui vari casi. Se l'allontanamento è a le tre e le dodici ore, la detenuta potrebbe perdere la possibilità di espiare la pena in casa. Se l'assenza supera le dodici ore, siamo al reato di evasione e la condanna può arrivare a cinque anni di reclusione.

Ma come farà una madre costretta a stare in casa ad assistere un figlio piccolo, che dovrà anche andare a scuola e fare una vita quanto più possibile normale? Soccorre l'articolo 6 sull a "assistenza all'esterno dei figli minori". Le condannate, si legge, "possono essere ammesse alla cura e all'assistenza all'esterno dei figli di età non superiore agli otto anni", applicando le norme sul lavoro all'esterno del carcere. In altri termini, alla detenuta sarebbero applicate alcune norme sulla semilibertà.

WB01343_.gif (599 bytes)