La Stampa - 06.12.97

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"Il carcere duro è costituzionale"

Soddisfatto Flick: "Deve garantire sicurezza verso l'esterno"

La Consulta: basta applicarlo correttamente

ROMA. I giudici di Palazzo della Consulta hanno confermato la costituzionalità dell'articolo 41 bis dell'Ordinamento penitenziario, la norma che prevede un più severo trattamento carcerario per i detenuti colpevoli di reati associativi di stampo mafioso. Con una sentenza depositata ieri si afferma che, se correttamente interpretato e applicato, il "41 bis" non contrasta con i principi costituzionali che sanciscono l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, l'inviolabilità della libertà personale, il diritto alla difesa, l'umanità della pena, il suo fine rieducativo, il divieto di retroattività delle pene.

A rivolgersi ai giudici della Consulta erano stati i Tribunali di sorveglianza di Napoli e di Firenze. Una delle accuse mosse alla norma era che agli organi competenti viene impedito di prendere in considerazione domande di misure alternative o di liberazione anticipata avanzate da detenuti sottoposti al carcere duro. Più in particolare alla Corte era stato fatto rilevare che lo speciale regime detentivo non consente l'acquisizione di dati sufficienti per la formulazione del giudizio di effettiva partecipazione all'opera di rieducazione dei detenuti sottoposti al regime speciale. Di qui l'impossibilità, per tali detenuti, di ottenere la liberazione anticipata. Ebbene, dopo aver osservato che sin dalla sua introduzione la norma "ha dato luogo a incertezze in sede applicativa", i giudici della Consulta hanno risposto che se interpretata nei sensi indicati dalla stessa Corte in passate pronunce, "non è costituzionalmente illegittima".

Soddisfatto il ministro Flick. "Sono lieto che la Corte Costituzionale abbia confermato la legittimità del regime penitenziario speciale per i detenuti ad alta pericolosità su cui vi è il pericolo concreto che mantengano i legami con la criminalità organizzata". "Naturalmente il 41 bis - ha proseguito il Guardasigilli - continuerà ad essere applicato nel rispetto delle indicazioni che la stessa Corte Costituzionale aveva già dato in passato e che ha ribadito nella sentenza di ieri. In particolare sul fatto che questo speciale trattamento debba garantire la sicurezza verso l'esterno e non, invece, per limitare i diritti fondamentali della persona, ancorché detenuta".

Contro il "41 bis" si è scagliato invece il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene e dei trattamenti disumani o degradanti (Cpt). "Una misura - si legge nel documento - suscettibile di provocare nei detenuti alterazioni delle facoltà sociali e mentali, spesso irreversibili". [r. cri.]

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