Riconoscere la molteplicità di questo movimento è un tutt’uno con il comprenderne e prefigurarne le pratiche collettive capaci di attivare una tale moltitudine di soggetti. Moltitudine di soggetti, ciascuno l’agente materiale di un fare politica.
Insieme, gli operatori immaginifici di un muoversi politico.
Riconoscere l’agire, la materia, tanto quanto l’immaginare, il desiderio, come componenti cruciali di ogni movimento è un tutt’uno con il farlo crescere ancora piu’ forte.
Soggetti in movimento e di movimento, materiali e simbolici, fatti di volontà e desiderio, corpi in movimento su cui agiscono forze, passioni ed emozioni, un’intera sfera affettiva a sua volta modellata dalle interazioni di questa moltitudine di corpi.
Riconosciamo l’inerente politicità di questa sfera di affetti che ci muove, ci sospinge, ci fa desiderare, indignare, lottare, che da’ forma alle azioni e alle politiche della moltitudine.
Riconosciamo l’immaginazione come cruciale all’agire politico, e non perché vogliamo l’immaginazione al potere, ma perché vogliamo il potere di immaginare, di immaginarci diversi. Di immaginare imprendibili linee di fuga, grimaldelli per scalzare le formazioni di potere, le gerarchie, I micro e macrofascismi installati tra corpi, quelli umani e quelli non umani.
Per questo abbiamo bisogno di immagini per pensare i mondi possibili verso cui tendere. Abbiamo bisogno di immagini forti per attivare il progetto di un diverso presente. E abbiamo bisogno di azioni multiformi, inafferrabili che facciamo germinare le nostre visioni. Perché l’immaginazione non basta. Ci servono 10, 100, 1000 legami molecolari che facciano da ponte tra idee e pratiche, tra sogni e corpi, tra me e te.

Volevano una zona rossa che tenesse a bada la moltitudine.
Ma la zona rossa ora ce l’abbiamo impressa a fuoco nel cuore, nel corpo, negli occhi.
Volevano una zona rossa per tenerci lontani.
Una cittadella di sbarramento ed esclusione, una fortezza in cui nascondersi per paura delle moltitudini, una roccaforte dove chiudersi a difendere il loro potere, in una perversa e quanto mai esplicita ammissione del loro fallimento.
Ma la zona rossa ora ce l’abbiamo dentro, nelle passioni che ci animano, nella volontà di dare battaglia, nella furia che ci muove.
Perché il sangue ha generato migliaia di zone rosse. Le ha moltiplicate, le ha fatte proliferare come per contagio, come una slavina, come una colata di lava, piena e inarrestabile.
Sono migliaia ora le zone rosse, sono infinite e continuano a crescere.
Ogni goccia di sangue, un cuore in battaglia, ogni goccia una zona di rabbia, ogni goccia una zona di furia.
Ogni goccia una zona di resistenza, un granello di coscienza, un pezzettino di rivolta.
Volevano una zona rossa. Hanno avuto migliaia di zone rosse. E infinite altre ne avranno. Già non se scorgono più I confini, I loro bordi si mischiano, le loro intensità aumentano esponenziali.
Ma non è col sangue che vogliamo fare la rivoluzione.
Ma con la proliferazione di zone rosse si’.
Con il fare e il disfare di infinite zone di resistenza e creazione, zone capillari di solidarietà, gioiose di desiderio e immaginifiche di possibilità.
Dove l’agire politico esprima l’essere al mondo, dove la fluidità e la differenza generino le armi nuove con cui combattere, i cataloghi di sogni e gli inventari di desideri da trasformare in pratiche politiche.
E lo sappiamo, per fare occorre immaginare, e allora raccontare le storie si deve, non c'è altro modo, perché l'immaginazione sia fertilizzata da queste voci che parlano, perché I cuori siano riempiti da queste storie, perché l’intossicazione e la rabbia che la repressione induce trovino in queste voci un fuoco ancora più bruciante di cui ardere, un sentiero ancora più netto da percorrere, e insieme diventino una valanga ancora più potente che nel muoversi acquisti forza e intensità.
Che storie, voci e parole siano allora, per immaginare altri mondi, per agire veloci e leggeri come schegge di amori immediati e ribelli, per radunare desideri, per tenere vive le memorie, per trasformare speranze in creazioni.
Ci serve immaginazione quindi, ora più che mai, ci servono storie, voci e parole.
Ci serve ascoltare e partecipare con le nostre armi all’infinito muoversi di cui siamo testimoni e artefici.
Possa la nostra immaginazione di un mondo diverso essere fertilizzata da un’infinita’ di voci, straniere e amiche.
Che da queste semine nascano filari rossosangue su cui incamminarsi e sequoie solitarie sotto le quali radunarsi, perché noi tutti siamo fatti di materia e immaginazione ed è nel loro operare congiunto che si da' l'agire del soggetto politico, la sua espansione, il suo tendere, il suo muoversi, e allora la prima voce di un possibile catalogo di sogni, desideri, passioni, speranze, rivoluzioni non potra’ essere che una domanda, a che cosa tendiamo noi, che cosa ci fa muovere?
Mettiamo la materia del corpo e l'immaginazione del desiderio congiunti all'inizio della lista, facciamo dell'amore e del sentire e della creazione di felicita' un fatto politico.

Facciamo dell’amore/Un progetto politico.  Mettiamolo come progetto in cima alla nostra lista, che la sua forza ci sospinga, che ci nutra nei nostri viaggi, che ci faccia creare l’impossibile.

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july 001

 

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