Tutto diventa luogo del conflitto.

La trasmissione dell’informazione si approssima alla velocità della luce. La condotta del conflitto in ogni epoca dipende dal livello raggiunto dai mezzi di produzione e comunicazione.

L’informazione è parte integrante delle strategie e delle tattiche militari. Essa stessa diventa un’arma bellica "la CNN ha impiegato militari statunitensi specializzati in operazioni psicologiche (psypos), nell’ambito del programma dell’esercito U.S.A. "formazione nelle industrie", nella sua sede di Atlanta durante la guerra del Kossovo. Come ha riferito il maggiore della U.S.T Collins al giornale olandese Trow: è possibile che questi militari abbiano "aiutato" a preparare i materiali informativi sulla guerra del Kossovo…. Il personale militare dislocato alla CNN apparteneva al 4 gruppo per le operazioni psicologiche, con base a Fort Bragg nella Carolina del nord. Il compito principale di questo gruppo è diffondere "informazioni selezionate"….

Le "notizie" sono una modalità organizzativa degli eventi, dei fatti non solo in termini "razionali". Porsi il problema della loro "verità" o "falsità" ha una rilevanza relativa: in primo luogo perchè esse veicolano sentimenti/affetti/propensioni.

La scelta di un’inquadratura è un problema politico/morale, non tecnico: "la distanza fisica della telecamera rappresenta il distanziamento psicologico che si vuole trasmettere rispetto alla situazione … il primo piano valorizza l’individualità, l’intimità o l’identificazione con il soggetto, mentre i piani lunghi e le panoramiche accentuano l’aspetto collettivo, l’anomia o la non-familiarità….

Far vedere le cose non significa far "vedere veramente" le cose; l’operatore sceglie con che occhio guardare: è differente registrare le immagini di una manifestazione come se fosse lo sguardo del poliziotto che cerca di gestire i dimostranti, o dei dimostranti che cercano di gestire le azioni dei poliziotti".

Come diceva Godard "qualche volta la lotta di classe è lotta di un’immagine contro un’altra immagine, di un suono contro un altro suono… di un suono rivoluzionario opposto a un’immagine imperialista".

Il manovale col cellulare continua ad impastare calce e a trasportare mattoni: è probabile che in gran parte il lavoro resti "fatica": sempre più immateriali invece diventano le reti di controllo intessute dal comando. La "reperibilità" e la "disponibilità" totale è la norma. Il controllo raggiunge le pieghe del quotidiano. Tutto è lavoro, il tempo libero non esiste: non c’è un luogo dove possa cominciare la nostra vita.

Lo spazio pubblico-sensibile e locale è colonizzato dai significati fabbricati da un’elite globale che non ha vincoli di carattere territoriale e linguistico. Ogni giorno, 24 ore su 24, mezzi di comunicazione diffondono il comando gestendo le nostre angosce, paure, desideri ci fanno cooperare in quest’immensa catena di montaggio che è la società. Ma lungo questa catena immateriale restano uomini e donne con i loro corpi…. Chi governa e chi è governato…chi schiaccia e chi è schiacciato. Il conflitto non è virtuale, non è simulato, ma il "virtuale" è costitutivo dell’umano. Viviamo in un mondo fatto di linguaggio, dentro spazi fisici e affettivi e dentro uno spazio simbolico. Non c’è nessuna perdita di "realtà" c’è solo una sovrapposizione continua di spazi. Nella provincia di Bangalore (India) si calcola che il dieci per cento della popolazione è composta di ingegneri informatici. In una zona della città vengono assemblati i computer e i software Ibm, Digital, Hewlet, Packard, Texas Instruments, Motorola, Bull… ma solo una piccolissima parte della popolazione indiana è coinvolta nella diffusione delle nuove tecnologie. Quasi un miliardo di persone entreranno nel 21 secolo incapaci di leggere un libro o di scrivere la propria firma, tanto meno di capire un semplice modulo o usare un computer. Miseria e sviluppo di nuove tecnologie sono complementari. L’informazione prolifera con una velocità che annichilisce: ma la sua proliferazione non si risolve in una maggiore possibilità di controllo della realtà, anzi suscita la sensazione opposta: quella della perdita di senso, del "disorientamento". Se alle elite globali è permesso di azzerare il tempo e lo spazio e di acquisire la "mobilità" come opportunità, ai globalizzati per forza non resta che circoscriversi in piccole sfere dell’esperienza e del senso: non rimane che cercare di costruire spazi "sicuri" in cui illudersi di non diventare "obsoleti" (attualmente un lavoratore deve cambiare circa 15 posti di lavoro nel corso della sua vita, contro i due o tre finora ritenuti normali.) Si vive, si guarda, si consuma, si ama e si odia lungo una filiera immateriale della produzione, ma persino i cosiddetti mercati finanziari hanno un "corpo": strutture fisiche d’interconnessione…..materia non digitale e assai vulnerabile… 

La "globalizzazione della comunicazione" dà la possibilità di annullare la lontananza geografica, lo spazio e il tempo come limiti, ma lo può solo imponendo ad una moltitudine di uomini e donne sparsi sul pianeta "l’immobilità", il legame e il vincolo con un luogo determinato dove il tempo non passa mai e le distanze si ampliano indefinitivamente ..qui il movimento è illegale, al massimo si può correre con le Nike… o navigare con un gommone.

La trasmissione dell’informazione si approssima alla velocita’ della luce.

Bisognerebbe sottrarsi…

Le parti di una macchina sono strettamente coordinate, ma non comunicano. Il termine comunicazione indica anche "vita con altri", partecipazione reciproca.
Il comando viaggia sulle reti telematiche, la comunicazione nel rapporto diretto fra soggetti. La "globalizzazione della comunicazione" e le nuove tecnologie telematiche dissolvono le differenze culturali, omogeneizzano, annullano i contesti spazio-temporali, ma il nostro corpo continua ad esservi legato.

Non c’è un contesto sociale nel quale le identità collettive "globali-transnazionali" sostituiscono le "identità locali". C’è invece un permanente movimento da un livello all’altro. Il "locale", il luogo fisico del desiderio, della corporeità, del tempo e della morte è continuamente inglobato, usato produttivamente, ma non per questo uniformato e totalmente standardizzato. L’omologazione dei comportamenti sul piano del lavoro e della comunicazione induce un livellamento in direzione del conformismo sociale, ma dentro questo "conformismo" c’è anche una potenzialità dell’esistenza concreta: possibilità di affrancarsi da qualsiasi rapporto rigidamente precostituito all’interno di una specifica collocazione strutturale.

 

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