ROMPETE LE RIGHE

foglio periodico antimilitarista





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Numero 1

 
 

 

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                                        ROMPETE LE RIGHE

 

                               foglio periodico antimilitarista n._1

 

Suppl. al n.72/1997 di Senzapatria-Aut.Trib.SO n.156-Dir.Resp. Piero Tognoli

 

 

 

DEL PERCHE' 21 PERSONE VERRANNO PROCESSATE IL 12 MARZO.

 

Era freddo quella mattina di dicembre del '95. E qualcuno ci voleva scaldare...

 

Vita dura per chi rifiuta di indossare la divisa. Non che le cose siano cambiate molto,

ma quel periodo ce lo ricordiamo come tra i pi¨ difficili che gli antimilitaristi e le

antimilitariste di Verona hanno attraversato.

L'ANTEFATTO.

 

 Il venticinque novembre viene arrestato Stefano Capuzzo e rinchiuso nel carcere di

Montorio. Deve pagare l'atroce delitto di non essersi sottomesso all'obbligo di servire

la patria. Per il rifiuto del servizio militare e civile si becca tre mesi e quindici

giorni di reclusione. Subito ci si mobilita perché almeno non passi sotto silenzio

(come purtroppo spesso accade) la situazione di chi, coerentemente con le proprie idee,

paga sulla propria pelle l'allergia all'istituzione militare. Infatti di solito si va in

piazza a manifestare contro la guerra, ma un gesto concreto, pratico di disobbedienza

individuale non colpisce l'immaginario di chi a parole si dice contrario alle guerre (che

le fanno gli eserciti, che sono composti da uomini). Noi si va in piazza lo stesso :pochi,

armati solo di rabbia e volantini. E' qui che pubblicizziamo la data di un processo per un

altro gesto di nonsottomissione, quello di Max Terzi la settimana dopo.

 

 TUTTI AL PRESIDIO.

 

 E' il primo dicembre '95 che si svolge presso il tribunale civile il processo a Max il

quale ha gentilmente declinato l'invito dello Stato e il militare, anche se in abiti civili,

non lo vuole fare. Per questo rifiuto del servizio civile l'Italia che costituzionalmente

ripudia la guerra, ma che non ripudia il suo esercito che le guerre le prepara, lo condanna

a cinque mesi di detenzione. Quel giorno fuori dal tribunale una trentina di persone si

ritrovano a manifestare tutto il loro appoggio a Max e Stefano. La polizia è lì

per impedirlo.

 

"QUANDO LA PATRIA CHIAMA..."

 

Si issa tra due alberi lo striscione "Quando la patria chiama...  rispondi signornò"

( portato più volte a presidi, banchetti, manifestazioni ). La questura lo considera

"sconveniente" e, al rifiuto di levarlo, decide di prenderselo con la forza. Inizia un tiro

alla fune che alla fine vede aver la meglio la squadra blu della polizia. Uno a zero.

 

IL FATTACCIO.

 

 

 

Ci sono i volantini, c'è un furgone con l'amplificazione e c'è un microfono

che viene usato  per leggere i testi dei volantini e un testo teatrale contro le istituzioni

repressive; il microfono Þ utilizzabile da chiunque voglia testimoniare il perché

si trova lì. Mentre una "donna in nero" parla al microfono e porta la solidarietà

sua e delle donne che rifiutano il concetto di patria e il suo strascico di dominazione/distruzione,

le forze dell'ordine ricevono l'ordine di caricare. E' subito parapiglia  intorno al furgone che

riceve le dovute attenzioni da parte dei funzionari di polizia, i quali fanno volare fuori dal

mezzo il mixer. Chiunque tenti di ostacolare l'operato poliziesco e cerchi di difendersi dalle

percosse o si prodighi per lo meno nell'evitare che altri vengano trascinati per i capelli o

sommersi da un nugolo di divise, viene ammanettato e arrestato. Otto persone vengono portate

in questura. Tre verranno liberate nel pomeriggio, le rimanenti cinque si faranno quattro

giorni di galera. Successivamente arrivano le denunce per chi Þstato identificato fuori

della questura, giunto per sapere che sorte attendeva gli otto fermati. Denunce anche per chi

non Þ nemmeno stato identificato sul posto, ma solo segnalato a vista. Manifestazione

non autorizzata, oltraggio e resistenza aggravata a pubblico ufficiale, istigazione a commettere

reato (per lo striscione) sono i reati di cui dovranno rispondere 21 persone il \12 marzo 1998.

 

LA SOLIDARIETA' NON SI PROCESSA.

 

21 persone rischiano mesi di galera e milioni di multe per essere tra i pochi ad aver

dimostrato un gesto di sostegno, di complicità, di affetto nei confronti di ragazzi

che hanno ancora il coraggio malgrado tutto di gridare signornò. Anche se le guerre

oggi si chiamano operazioni umanitarie, anche se andando a "restaurare la speranza" ci scappa

qualche stupro, anche se le forze armate non fanno più la guerra ma affondano navi

cariche di dolore, anche se gli aerei militari cadono e sotto c'è ancora chi non ha

imparato a spostarsi, anche se si spendono miliardi ogni anno in armamenti e si continuano

a produrre macchine destinate allo sterminio di massa. Anche se ancora oggi si incarcera

chi di guerre ed eserciti ne vuole fare volentieri a meno; anche se, nel disinteresse generale,

l'opinione pubblica Þ addomesticata a riconoscere solo le verità dei grandi numeri,

noi siamo ancora qui a rivendicare che quando la patria chiama...

 

                                       RISPONDI SIGNORNO'!

 

 

 

cassa di solidarietà antimilitarista

 
 

 

 

Casa circondariale "Montorio", 13/12/95

 

Sono stato punito con tre mesi  e mezzo di privazione totale della libertà (rispetto a quella parziale che normalmente ho a disposizione) perché sono antimilitarista e non ho voluto sottostare alla legge 772/72. Detta legge, quella che regolamenta il servizio civile alternativo, viene considerata alla quasi unanimità "un grosso passo verso la società civile", un riconoscimento da parte dello stato dell'antimilitarismo. A me non sembra. Antimilitarista Þ chi rifiuta l'esercito, perché è l'autore di fatto delle guerre. Esso Þ sostenuto e guidato dai governi degli stati, e combatte, e combatte (o si prepara a combattere) non per difendere il popolo che lavora, ma per difendere governanti che se fossero attaccati non governerebbero più.   Antimilitarista  poi, Þ anche chi si oppone all'esercito, perché vede in esso il modello perfetto dell' autoritarismo. Una piramide costruita su comando/obbedienza che non lascia spazio per le opinioni (l' ordine non si discute ). Il servizio civile era nato per dare un assoluzione alle lotte degli antimilitaristi, che pagavano con il carcere la loro fermezza contro l'esercito, ma di fatto ora si Þ trasformato in un' "imposizione alla bontà d'animo" (volontariato obbligatorio) che come riflesso esaspera ancora di più un malessere della società moderna: la perdita del sentimento di solidarietà (se una cosa da volontaria diventa obbligatoria ci si sottomette agli obblighi, ma finiti quelli ci se ne lava le  mani). Dando la possibilità di sviare la naja con qualcosa di più leggero, il servizio civile inoltre ha creato una valvola di sfogo per i sentimenti anti-guerraioli e anti-autoritari (per altro abbastanza diffusi a livello di pelle) che avrebbero potuto minare seriamente la base su cui si regge l'esercito, risolvendo così una potenziale critica verso di esso e dando via libera al rinforzo della sua immagine, fino ai limiti dell'assurdo dei giorni  nostri:" l'esercito umanitario" che armato fino ai denti porta in giro per il mondo la "pace". Tutto questo dovrebbe far riflettere i sostenitori dello stato democratico, secondo i quali un'idea che si oppone alle leggi correnti, se portata avanti con mezzi legali, trasforma lentamente ma inesorabilmente lo stato in maniera positiva verso le nuove idee. L'esempio dell'idea antimilitarista Þ emblematico: nel 1972 fa nascere una legge che la riconosca, 23 anni dopo questa legge ha completamente svilito l'idea, creando nei fatti, una situazione radicalmente opposta alle aspettative. Per chi vuole un mondo senza eserciti e, per conseguenza naturale, senza guerre e lo afferma con chiarezza, il suo posto nella società rimane, a tutt'oggi, la galera.

 

Ciao. Stefano Capuzzo             

 

 

 

Vr, 5/5/1992

 

Io sottoscritto Massimiliano Terzi, dichiaro di non essere intenzionato né ora né mai a svolgere qualsiasi tipo di servizio impostomi, sia esso servizio militare di leva che servizio civile sostitutivo. Io sento il bisogno, forte, sempre, di esprimere me stesso, le mie idee, i miei sentimenti, le mie esperienze , il mio modo di vivere associandomi liberamente a persone che rispettino le mie scelte e che per questo non mi obblighino a seguire modelli che considero falsi ed ingiusti, perché non lo voglio e non ne sarei capace. Ritengo ogni individuo "padrone"  della propria vita, ma non della vita della vita delle altre persone o di altri esseri. Per questo odio ogni forma di autorità. Ritengo la struttura organizzata statale letale per la libertà di ogni persona, in quanto data la sua conformazione gerarchica e repressiva, vincola le scelte dell'individuo al mantenimento di se stessa, del suo potere e dei suoi falsi valori. Non c'è bisogno di essere chiusi in quattro mura per sentirsi privati della libertà. Voi mi tenete in una cella in ogni momento della vita con il vostro autoritarismo, con le vostre morali che puzzano di carneficina e che ritenete valide per tutti, con i vostri controlli sulla mia vita, con le vostre stupide frontiere che stabiliscono il nome dei diversi padroni, con i vostri eserciti con cui imponete il consenso e difendete violentemente il vostro potere e i vostri privilegi. Voi rappresentate tutto quello che io odio e rinnego. Per questo ora non vi riconosco il diritto di rubarmi anche un solo istante della mia vita per i vostri sporchi interessi. Io non voglio essere un vostro complice.

 

Massimiliano Terzi         

 

 

 

 

 

  NON UN UOMO NE' UN SOLDO ALL' esercito:

 

             LE    RAGIONI    DELLA   NONSOTTOMISSIONE

 

  

 

Vengono definiti obiettori totali o, termine che preferiamo, nonsottomessi coloro i quali, una volta pervenuta la cartolina,  non sottostanno all'obbligo di prestare un servizio,  militare o civile che sia, per la patria. Le motivazioni che stanno dietro ad un gesto che attualmente viene condannato con una pena variabile dai tre ai sei mesi di reclusione, sono essenzialmente due. La prima, ovvio, Þ la convinzione che se si vuole combattere l'essenza e l'esistenza degli eserciti, la cultura del dominio, della gerarchia, della violenza che le forze armate di ogni  nazione inoculano nelle giovani menti, non si può fare a meno di sottrarsi in prima persona al principio di comando-obbedienza che alimenta la logica militarista. La seconda ragione per cui, oltre a non voler indossare la divisa, ci si rifiuta di prestare il servizio civile, Þ che spesso l'opzione civile non Þ altro che un'"obiezione di convenienza", la quale non lede minimamente gli interessi della struttura militare. Il servizio civile secondo l'opinione dei nonsottomessi si affianca quindi all'istituzione delle forze armate: Þ complementare,  non antagonista all'esistenza degli eserciti.                                    

 

                                                  

 

 La guerra dei militari,

 

la guerra dei civili

 

la guerra dei banchieri

 

voi l'accettate,

 

la guerra contro le anime,

 

voi l'accettate,

 

non c'è che il nutriente scandalo

 

di coloro che non vogliono

 

alcuna guerra

 

che voi non accettate.

 

A. Robin

 
 
CASSA DI SOLIDARIETA' ANTIMILITARISTA
 

La cassa di solidarietà antimilitarista nasce nel 1985. Costituita per sostenere la causa degli antimilitaristi che si rifiutavano di svolgere il servizio militare e quello civile sostitutivo, la Cassa appoggia le scelte dell'obiezione totale contribuendo economicamente alle spese legali dei processati, inviando soldi ai detenuti, aiutando tutti coloro che,  per le proprie idee ed azioni, subiscono la repressione militare e statale. Ma non svolge solo la funzione di "sportello":"La cassa non vuole limitarsi ad espressione di semplice solidarietà economica o assistenziale ma vuole servire anche a centro di propaganda attiva antimilitarista". Alla solidarietà si aggiungono le campagne propagandistiche atte a rendere pubblica la scelta di rifiuto dei compagni latitanti, carcerati o in attesa di processo. In più di dieci anni, affiancati dal lavoro del periodico "Senzapatria", la Cassa ha ideato, promosso, organizzato manifestazioni e incontri sul tema della nonsottomissione e tramite la diffusione di diverso materiale stampato ha garantito un supporto concreto agli obiettori in carcere. Dall'aprile del '96 viene gestita da un gruppo di compagni veronesi. I propositi della nuova gestione sono quelli di tentare un rilancio dell'attività evidenziando nella Cassa una delle possibilità di fatto ed in prospettiva per ampliare la lotta al militarismo. Ora più che mai riteniamo sia necessario ritessere legami di collaborazione: il numero di nonsottomessi Þ andato negli ultimi tempi costantemente aumentando, segno che sempre più persone denunciano nel servizio civile i limiti di una scelta complementare e non antagonista a quella del servizio militare. Il rifiuto della "obiezione di convenienza" viene ad essere il modo più diretto per contrastare individualmente la coscrizione militare. L'obiettore che si nega alla coscrizione civile attacca i meccanismi e i principi della logica militarista: autorità, comando, obbedienza, accettazione del proprio ruolo, mettendo in discussione l'esistenza stessa degli eserciti. Di fronte all'ascesa di una cultura militarista che prevede professionalizzazione dell'esercito, impiego delle donne, servizio civile obbligatorio, aumento delle spese militari, operazioni propagandistiche atte a presentare le forze armate come portatrici di pace, sicurezza e democrazia, l'impegno della C.S.A. sarà quello di CONTROINFORMAZIONE, AZIONE SOLIDALE VERSO GLI ANTIMILITARISTI, PROPAGANDA A FAVORE DELLA DISOBBEDIENZA. Solo il sostegno economico attraverso sottoscrizioni, serate e materiale benefit permette alla Cassa di avere un fondo grazie al quale seguire le cause dei nonsottomessi. Per ora la cassa redige un foglio di collegamento mensile utile per l'aggiornamento su tutto ciò che riguarda obiettori totali,  manifestazioni antimilitariste,  processi, incontri e concerti. Vi compare il bilancio della cassa aggiornato mese per mese. La sua semplicità è un invito a farne fotocopie e a diffonderlo. Per ricevere "il disertore" è sufficiente scrivere alla Cassa inviando un bollo per un numero o versare 10.000 lire sul conto corrente come quota d'abbonamento annuale. 

 

 

 

IL DISERTORE

 

Foglio di collegamento della Cassa di Solidarietà Antimilitarista

 

Il disertore si propone come veloce mezzo di collegamento, circolazione di notizie (processi, manifestazioni, incontri, serate benefit...), un contenitore e spazio aperto di confronto di cui speriamo usufruiscano soprattutto quei compagni che intendono propagandare il loro gesto di insubordinazione, comunicarsi e scambiarsi idee/progetto in proposito.                          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
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Numero 2

 
 

 

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ROMPETE LE RIGHE

 

Foglio antimilitarista veronese

 
 

Giugno 1998

 

Suppl. al n°77 di "Germinal" - aut. trib. TS n°200, Dir. resp. Claudio Venza

 
 

I tribunali militari, e quello di Verona non è certo fra quelli di rilevanza secondaria, continuano a processare ed a condannare i nonsottomessi al servizio militare e civile, pur comminando condanne più lievi rispetto a qualche anno fa. La cosa non è indice di particolare clemenza: si vuole semplicemente evitare di creare casi clamorosi e permettere che la macchina repressiva-dissuasiva della giustizia militare continui ad assolvere il suo compito di supporto al militarismo italiano. Non a caso nessuna delle proposte di legge per la riforma del servizio di leva ha all’ordine del giorno la non punibilità di chi sceglie la nonsottomissione.

 

Così come - nel più completo silenzio - continua a condannare per il reato di diserzione ed a sbattere nelle galere militari decine e decine di ragazzi che "sgarrano" le norme imposte nelle caserme per andare a trovare la persona che amano, per accudire dei parenti in difficoltà, per la semplice voglia di gestire liberamente qualche ora del loro tempo. Anche per questi ragazzi vale la pena di esserci e di manifestare la nostra solidarietà a chi combatte il militarismo con le proprie scelte di vita.

 

 

 

Rinviato il processo ai 21 antimilitaristi veronesi

 

Il 12 marzo scorso si doveva tenere a Verona il processo contro 21 antimilitaristi accusati dei reati di manifestazione non autorizzata, oltreggio e resistenza aggravata a pubblico ufficiale, istigazione a commettere reati. Forse non tutti ricordano che il primo dicembre 1995, in occasione del processo a Max Terzi (condannato a cinque mesi di reclusione per nonsottomissione) e mentre un altro nonsottomesso veronese, Stefano Capuzzo, era stato da pochi giorni arrestato, una trentina di compagni e compagne presenti davanti al Tribunale per manifestare la propria solidarietà venivano caricati dalla polizia, con il risultato di otto fermi in questura (di cui cinque convertiti in arresti protrattisi per quattro giorni) e delle successive denunce per 21 persone.

 

Il processo è stato spostato al maggio del 1999 per indisponibilità del giudice

 

Verona:

 

Come sono messi i nonsottomessi ?

 

 

 

Emanuele Del Medico, è stato condannato dal tribunale militare di Napoli il 15 ottobre 1996 a quattro mesi di carcere. Emanuele sta attualmente scontando la condanna in affidamento sociale, una alternativa alla pena detentiva che prevede diversi obblighi ma che evita la carcerazione.

 

Max Terzi è stato condannato l’1 dicembre 1995 dal Tribunale civile di verona a 5 mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena. E’ in attesa di un secondo processo.

 

Michele Barini ha reso pubblica la sua scelta di nonsottomissione con una dichiarazione nel giugno 1997.

 

Altri nonsottomessi veronesi che hanno terminato l’iter giudiziario sono Stefano Capuzzo, che ha scontato la sua condanna a tre mesi e mezzo fra la fine del 1995 e l’inizio del 1996, per due terzi nel carcere di Montorio e per il rimanente periodo in affidamento sociale, e Michele Pircher, che ha scontato la condanna a quattro mesi di carcere nell’estate del 1996, per tre quarti nelle carceri di Sulmona (AQ) ed Altamura (BA) e per il rimanente periodo in affidamento sociale.

 

 

 

Rifiuto ogni esercito ...

 

- La dichiarazione di Fabio -

 

 

 

Trieste, gennaio 1997

 

 

 

Il 6 agosto '96 avrei dovuto presentarmi nella caserma di via Rossetti (TS) per prestare il servizio di leva. Al mio posto ho spedito una lettera con cui "declinavo l'invito". Con questa scelta ribadisco il mio essere antimilitarista e anarchico: renitente non solo a una divisa ma a tutta la societa' autoritaria.

 

Rifiuto ogni esercito in quanto strumento di morte, dominio, oppressione e struttura che esiste con lo scopo di salvaguardare gli interessi di Stato e padroni. Il servizio militare è utile per far capire chi e' che comanda, per ribadire l'esistenza di regole e obblighi a cui sottostare. E' utile per far rinunciare ai propri sogni e desideri, intruppando gli individui in un gregge. Solo rifiutando anche il servizio civile penso si riesca a mettere in discussione tutta la macchina statale, di cui l'esercito e' solo una parte, anche se tra le piu' palesemente autoritarie e gerarchiche. Il servizio civile puo' benissimo esserne parte integrante, tant'e' che chi ci governa parla di una leva civile obbligatoria per tutti - uomini e donne - rendendo cosi' l'esercito professionale: una cricca di assassini a pagamento. Rifiutando lo Stato, cosa che non si fa servendolo per un anno, si mette in discussione la pace sociale da esso imposto. Una pace sociale - spacciata per pace tout court - che si fonda sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sull'esistenza di chi comanda e chi obbedisce, di chi e' padrone e chi servo. Se rifiuti lo sfruttamento e chi lo produce lo Stato ti apre una porta: quella della galera. Sicuramente non una bella e auspicabile prospettiva, ma di una cosa sono certo: se mi vogliono devono venirmi a prendere. Le possibilita' sono di finire prigioniero dello Stato o dichiararsi suo docile suddito!

 

Fabio

 

 

 

NONSOTTOMISSIONE ANCORA A PROCESSO

 

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Lunedì 8 gennaio si terrà a Verona, presso il Tribunale militare di Corso Porta Palio, il processo d’appello contro Fabio Sgarbul, nonsottomesso anarchico triestino, già condannato dal tribunale militare di Padova il a .

 

Fabio si era rifiutato nell’aprile 1996 di presentarsi in caserma, inviando al suo posto una dichiarazione pubblica che riproduciamo in ultima pagina.

 

Oltre a rifiutare il servizio militare, Fabio aveva rifiutato inoltre la possibilità offerta di svolgere un servizio civile. Il servizio civile, infatti, è sempre di più un’istituzione complementare alle necessità ed esigenze del servizio militare: vi convive tranquillamente accanto senza contrastarlo o metterlo in discussione, riproducendo anzi, in quanto servizio coatto allo Stato, i meccanismi tipici del militarismo: gerarchia, sistema di comando/obbedienza, sudditanza alle decisioni dell’autorità.

 

 

 

Lunedì 6 Giugno 1998, dalle ore 9.00

 

davanti al Tribunale Militare in Corso P.ta Palio

 

PRESIDIO DI SOLIDARIETA’

 

contro il processo a Fabio Sgarbul,

 

nonsottomesso anarchico triestino

 

 

 

 

 

ENTRA LA CORTE...

 

 

 

CONDANNATO AD OTTO MESI DI CARCERE (CON LA CONDIZIONALE) UN ANTIMILITARISTA ANARCHICO VERONESE PER AVER CONTESTATO LA SENTENZA DI UN GIUDICE CONTRO UN ALTRO ANTIMILITARISTA.

 

 

 

Isola della Scala. La mattina del 25 gennaio 1995 Michele Pircher veniva condannato dal Tribunale civile ad un anno e quattro mesi - con la condizionale - per aver rifiutato il servizio civile oltre che quello militare. Era una condanna pesante, visto tra l’altro che lo aspettava un altro processo per lo stesso reato, questa volta presso un tribunale militare. Una ventina di persone avevano seguito il processo con un presidio di protesta. Qualcuno, al momento della sentenza, fece sentire ad alta voce la sua contrarietà. "L’Arena", il giorno dopo, parlò di "assedio degli anarchici al tribunale".

 

Per quel grido in aula il 27 gennaio di quest’anno Giovanni, antimilitarista ed anarchico di Verona, è stato condannato dal tribunale di Trieste ad otto mesi di carcere con la condizionale per "vilipendio a magistrato".

 

 

 

Per la Giustizia di Stato esprimere la propria opposizione a quella che si ritiene - e a ragione - un’ingiustizia viene considerato un’offesa, da condannare con dure pene.

 

Il reato, infatti, prevede pene che vanno da uno a quattro anni. I vari reati di vilipendio (alle autorità, alla bandiera, alle istituzioni, alle forze armate, alla religione, ...), anche in base alla loro assoluta discrezionalità - come si decide che qualcosa di scritto, disegnato, detto, rappresenta vilipendio? - sono in realtà un grande strumento in mano al potere per condannare qualsiasi tipo di critica che gli risulti scomoda. Sono quindi un deliberato attacco alla libertà di opinione e di espressione.

 

Addirittura Amnesty International, recentemente, si è interessata alle leggi italiane sul vilipendio ipotizzandone una violazione dei diritti umani.

 

Il fatto che Giovanni sia stato condannato con la condizionale non fa venire meno la gravità della cosa: chi si ritiene in diritto di esprimere le proprie idee anche se vanno contro gli interessi del potere ha un’alta probabilità di venire ancora incriminato, processato e condannato.

 

Questi otto mesi si andrebbero quindi ad aggiungere ad eventuali altre condanne. Diciamolo in altre parole: chi lotta per un profondo mutamento di questa società è esposto ai costanti arbitrii, ricatti e ritorsioni della legge e del potere: ma di quale libertà ci dicono che godiamo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
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