MANIFESTO DI GENITORI E INSEGNANTI PER IL RITIRO DELLA RIFORMA DEI CICLI promosso da 500 insegnanti e genitori di ogni ordine di scuola delle province di Torino, Milano e Lodi e già sottoscritto da 10.000 colleghi e genitori di tutta Italia. "La Riforma dei cicli non tocca solo la scuola elementare; essa mina alle fondamenta il sistema dell'istruzione, la formazione culturale, il futuro dei giovani e delle generazioni a venire". Con queste parole, il 28 ottobre 1999, 500 insegnanti e genitori delle province di Torino, Milano e Lodi lanciavano il "Manifesto per il ritiro della riforma dei cicli" (vedi interno).
Il 14 e il 15 dicembre una delegazione dei 10.000 firmatari composta da insegnanti e genitori delle province di Torino, Milano, Lodi, Latina, Bari, Avellino è stata ricevuta dalla VII Commissione del Senato, dai capigruppo di tutti i partiti e dalle segreterie nazionali dei sindacati.
Nonostante la mobilitazione; nonostante le migliaia di prese di posizione contro la legge; nonostante le perplessità e anche la contrarietà di molti senatori della maggioranza; nonostante la presa di posizione ufficiale della CISL, che si è espressa contro la "riforma", il Senato ha approvato questa legge.
Tuttavia, la rivolta degli insegnanti di febbraio che ha costretto il ministro a ritirare il "concorsone" è diventata lo spunto per aprire un vero dibattito nelle scuole, dibattito che sta unendo gli insegnanti e ha messo in evidenza l'avversione della maggioranza per le cosiddette "riforme" portate avanti in questi anni.
Inoltre, la manifestazione nazionale della CISL contro la politica scolastica del governo del 19 febbraio scorso, nella quale D'Antoni ha preso posizione per il ritiro della legge, apre grandi prospettive all'immensa maggioranza che rifiuta la "riforma".
Di fronte a questa situazione il "Comitato Nazionale del Manifesto" ha rilanciato la lotta per l'abrogazione del "Riordino dei cicli" con una "Lettera Aperta" al presidente del consiglio e al nuovo ministro Tullio De Mauro per l'abrogazione della legge. Sulla base delle migliaia di adesioni a questa lettera una delegazione di 21 insegnanti e genitori di 7 province è stata ricevuta dalla presidenza del consiglio e dal ministero il 4 luglio. Al termine degli incontri, il comitato nazionale ha approvato una dichiarazione con la quale si convoca per l'autunno una
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"Oggi, 2 febbraio 2000, nello stesso momento in cui il ministro Berlinguer viene costretto dalla rivolta degli insegnanti a sospendere il "concorsone" dei 6 milioni ideato per dividere la categoria e portare un colpo decisivo alla laicità della scuola, alla libertà d'insegnamento e alla scuola pubblica in generale, il Senato ha approvato la "Riforma dei cicli".
Si tratta di un atto gravissimo, rivolto direttamente contro la scuola pubblica, contrario ad ogni principio di sviluppo della istruzione e di libero dibattito, di disprezzo per il sentimento che sta maturando nelle scuole. (...) Questa legge viene approvata mentre l'intero Paese è sommerso dalle mozioni, dalle assemblee, dai comitati che nascono in ogni città per il ritiro del "concorsone" e che, costituendosi, pongono fin d'ora la questione più generale del rifiuto di questa politica di distruzione e liquidazione della scuola pubblica. Come numerosi insegnanti intervenuti in queste ore nelle assemblee di ogni città hanno detto: "Noi vogliamo il ritiro del concorsone, ma non solo. Noi poniamo un problema più grande, quello della politica distruttiva di questo governo. La riforma dei cicli che sta passando in queste ore ne è un esempio: che l'ha voluta? Chi l'ha discussa? Tutto ci passa sulla testa, tutto ci viene imposto. Non si può più accettare". (...)
Noi che abbiamo seguito giorno per giorno il dibattito parlamentare possiamo dire e documentare con certezza che esso rispecchia un vuoto di idee, di contenuti, di proposte e di analisi impressionante. Un vero, libero dibattito non c'è stato nel Paese, tra gli insegnanti e tra i genitori; un vero dibattito approfondito, che partisse dai reali bisogni dei ragazzi, dall'esigenza di sviluppo della cultura, non si è sviluppato nemmeno in Parlamento. Questo governo e questo Parlamento hanno approvato una legge che mira a creare il vuoto e il caos nelle scuole.
Questa legge è stata approvata come se gli insegnanti e i genitori fossero dei burattini da muovere a piacimento, da manovrare, da pilotare, da convincere. E' stata approvata senza alcun rispetto per le migliaia di insegnanti e genitori che si sono organizzati per difendere la scuola pubblica e il futuro delle generazioni a venire; è stata approvata senza alcun rispetto per la maggioranza degli insegnanti che subiscono con fastidio le "nuove" ricette di chi sta portando alla distruzione la scuola pubblica. (...)
Ora il ministro ci spiega che sarà necessario "spiegare bene i contenuti" perché questa legge possa essere applicata, perché questo abbassamento culturale possa realizzarsi.
Come per il concorsone, il ministro pensa che si tratti di convincere gli insegnanti, di manovrarli, di aggirarli. (...)
La legge è stata votata dal Senato: ma la scuola elementare, la scuola media, i licei e gli istituti superiori esistono ancora. Per distruggere questo grande patrimonio educativo e democratico non basta una legge: è necessario passare sulla testa di tutti coloro che dovrebbero subirne le conseguenze.
Per questo noi oggi, di fronte ad un atto così grave e dalle conseguenze ancora inimmaginabili rilanciamo con fermezza l'unica linea che può aprire delle reali prospettive per la difesa della scuola pubblica: RITIRO DELLA RIFORMA DEI CICLI.
Se noi, con le nostre sole forze, completamente autofinanziati, siamo risusciti a raccogliere migliaia di firme, a costituirci su scala nazionale, a farci ricevere al Senato, a organizzare manifestazioni con centinaia di persone, quale responsabilità è oggi nelle mani delle organizzazioni sindacali per impedire l'applicazione di questa legge distruttiva e il suo ritiro?
A tutte le organizzazioni sindacali, e in particolare al segretario generale della CISL, Sergio D'Antoni, che ha preso posizione contro la politica scolastica del governo, diciamo:
- è oggi più urgente che mai che la CISL si unisca al movimento che sta nascendo nel Paese e faccia appello agli altri sindacati in vista di una manifestazione nazionale di tutti gli insegnanti, i genitori, gli studenti, i comitati, per il ritiro delle "riforme" del governo.
- è oggi più urgente che mai che le altre organizzazioni rispondano a questo appello.
NO ai decreti applicativi. Abrogazione della "Riforma dei cicli". * * * ESTRATTI DEL "MANIFESTO PER IL RITIRO DELLA RIFORMA DEI CICLI" (...) Nel 1997 il Ministro Berlinguer scriveva che l'obiettivo della legge è quello di "delegare molta della preparazione degli studi superiori ai primi anni di Università come nei sistemi anglosassoni (Inghilterra e Stati Uniti), dove i primi anni di Università non si distinguono molto dalla formazione liceale italiana o francese".
In effetti la "Riforma dei cicli" già votata dalla Camera porterebbe alla soppressione di un anno di scuola, con la fusione della scuola elementare e di quella media, ma con la particolarità che si avrebbero solo 7 anni di studi, contro gli 8 (5+3) attuali. Questo fatto porterebbe inevitabilmente all'eliminazione di intere materie o parti di programma, con i ragazzi che si presenterebbero alla scuola superiore con una preparazione inferiore a quella attuale. Inoltre, il mescolamento delle classi, delle cattedre, delle competenze, degli orari, dei programmi, la distruzione del Tempo pieno, porterebbe alla disarticolazione completa del sistema e al caos. La scuola elementare e la scuola media sarebbero distrutte.
Il Provveditore di Torino, commentando l'approvazione del progetto da parte della Camera, ha dichiarato: "Sarà più difficile distinguere tra maestri e professori. Le classi esploderanno definitivamente. Prevarrà una struttura per moduli culturali in cui i gruppi classe si comporranno e scomporranno continuamente".
Questa "nuova" organizzazione, ripresa continuamente dai documenti ministeriali, avrebbe ripercussioni gravissime sui bambini e sui ragazzi. La classe, con maestri, professori e compagni ben definiti, non rappresenta solo un fatto puramente organizzativo, ma un riferimento affettivo per i bambini/ragazzi, per la costruzione di relazioni stabili con i coetanei e con gli adulti, con riferimenti certi e sicurezza.
La "Riforma dei cicli" porterebbe alla moltiplicazione delle figure di riferimento dei bambini delle elementari, con un grave rischio di destrutturazione della personalità, di disorientamento, con importanti ripercussioni sul piano affettivo, psicologico, culturale, con i più deboli che sarebbero abbandonati a se stessi. D'altra parte, il forzato impiego di insegnanti delle medie con alunni di età inferiore a quella di oggi e con programmi ridimensionati o, in alternativa, la riduzione della scuola media a soli due anni, porterebbero certamente ad un abbassamento culturale.
Il governo ha detto: "Questa legge è un grande passo avanti perché porta l'Italia al livello degli altri Paesi europei, dove non esiste la divisione tra scuola elementare e media e dove si terminano gli studi a 18 anni".
Ma in Francia, per esempio, esiste la scuola elementare di 5 anni e quella media, ben distinte, con organizzazioni simili alle nostre attuali. A prescindere dal fatto che in alcuni Stati europei ci si diploma a 18 anni e in altri a 19, noi affermiamo chiaramente quello che nessuno ha evidenziato: il diploma che i nostri ragazzi conseguirebbero a 18 anni non avrebbe nulla a che vedere con i diplomi attuali. I titoli di studio esistenti oggi e conseguibili a 17 e 19 anni (perito, geometra, ragioniere...) sarebbero annullati e spostati a 21 anni, con una frequenza universitaria, pagata con tasse universitarie (alcuni milioni all'anno) e con validità regionale.
Il ministro Berlinguer ha detto che questa legge mira a combattere l'abbandono scolastico, ma il risultato che si otterrebbe sarebbe l'esatto opposto: senza la prospettiva di un diploma, senza la prospettiva di un titolo, moltissimi giovani abbandonerebbero la scuola dopo la fine dell'obbligo, e cioè a 15 anni.
Questa legge avrebbe poi un'altra conseguenza molto grave: la distruzione dei programmi nazionali uguali per tutti in cui si indicano finalità, obiettivi e contenuti della scuola italiana, vera garanzia che non esistano scuole di "serie A" e di "serie B", vera garanzia di uguaglianza dei diritti dei cittadini. I programmi nazionali, inoltre, costituiscono un freno alla divisione del Paese. Approvando una legge che abolisce i vecchi programmi, non ne istituisce di nuovi e lascia intendere che ogni scuola dovrà incaricarsi di definirli largamente al suo interno, si porterebbe un colpo durissimo a tutto il sistema democratico.
Noi siamo d'accordo: il bambino e il ragazzo non vengono posti assolutamente al centro di questa legge.
Come commentare la dichiarazione del Ministro Berlinguer, "La mia riforma è nata dalla democrazia"?
Non si può discutere di una proposta di legge dalle così gravi conseguenze per il futuro dei giovani e delle generazioni a venire. Questa proposta di legge deve essere ritirata: è questa la premessa per un vero dibattito democratico che voglia davvero sviluppare la scuola italiana e l'istruzione.
Com'è nato il "Manifesto dei 500"?
Il 28 ottobre scorso, 300 insegnanti e genitori di 55 fra scuole materne, elementari, medie e superiori si sono riuniti a Torino per manifestare contro la "Riforma dei cicli" in discussione in Parlamento. Il 5 ottobre si era svolta ad Abbiategrasso (Mi) una assemblea simile, con 110 insegnanti e genitori presenti. Il 5 novembre una assemblea di 150 insegnanti e genitori si è svolta a Lodi.
L'invito per queste manifestazioni è stato lanciato dal "Comitato Nazionale dell'"Appello in difesa della scuola elementare". L'"Appello in difesa della scuola elementare", promosso nel marzo 1997 da 57 insegnanti di 22 scuole di Torino, ha preso posizione contro l'aumento degli alunni nelle classi, la soppressione delle supplenze, la diminuzione degli insegnanti di sostegno, il mescolamento delle classi in nome dei "gruppi flessibili" e la soppressione di un anno di scuola elementare prevista dal primo progetto del ministro Berlinguer; un "Comitato Nazionale" incaricato di mantenere i rapporti tra le province che aderiscono è stato formato il 28 giugno 1997 al termine di una "Conferenza Nazionale" dei sottoscrittori. Il 30 giugno 1998 una delegazione di 14 insegnanti e genitori di 6 province è stata ricevuta al Ministero della Pubblica Istruzione.
Su proposta di alcuni insegnanti delle medie e delle superiori intervenuti alle riunioni dell'Appello, si è arrivati a definire un testo allargato agli altri ordini di scuola. Al termine delle manifestazioni di Torino, Milano e Lodi, 500 insegnanti e genitori delle seguenti scuole materne, elementari, medie e superiori hanno sottoscritto e lanciato questo Manifesto e hanno deciso di costituire un Comitato dei 500 incaricato di coordinare ulteriori iniziative.
Il gruppo organizzativo del "Manifesto" mette a disposizione di tutti gli insegnanti, gli studenti, i genitori un Dossier "50 domande-50 risposte" sulle conseguenze della "Riforma dei cicli".