Scuola libera!
Appunti per la nascita di un movimento

Riproduciamo un documento sottoscritto da Ferdinando Adornato, Dario Antiseri, Antonio Augenti, Paolo Blasi, Carlo Bo, Dino Boffo, Pellegrino Capaldo, Innocenzo Cipolletta, Emma Marcegaglia, Antonio Martino, Letizia Moratti, Angelo Panebianco, Sergio Romano, Cesare Romiti, Giorgio Rumi, Paolo Savona, Lorenzo Strik Lievers, Marco Tronchetti Provera, Stefano Versari, Giorgio Vittadini, Sergio Zaninelli. Esso traccia le linee del programma scolastico confindustriale, che il nuovo ministro della P.I. presumibilmente si appresta a seguire.




Con questo documento intendiamo avanzare all'opinione pubblica una ipotesi di riforma della scuola italiana.
Essa non va confusa con un ennesimo tentativo di emendare come si può l'attuale sistema scolastico.
Proponiamo invece un cambiamento profondo e dunque, innanzitutto, un uovo orientamento nel modo di concepire il problema della formazione dei cittadini, dei lavoratori, delle classi dirigenti.
Proponiamo una autentica svolta culturale che consenta di costruire in Italia una scuola libera.

I VALORI

La nostra proposta è in primo luogo ancorata a una precisa visione di etica pubblica. Siamo convinti innanzitutto che compito prioritario della scuola sia quello di promuovere la maturazione della persona. Siamo del pari convinti che la libertà di scelta in ordine alla propria formazione da parte di ciascun individuo e della sua famiglia sia parte integrante ed essenziale della libertà di pensiero, e questa sia il presupposto di ogni ulteriore libertà e creatività della persona stessa: civile, sociale, economica, politica.
Perciò quando parliamo di scuola libera, noi pensiamo all'intero sistema scolastico del nostro Paese, statale e non, pensiamo che nell'intero sistema possano crearsi circostanze di maggiore libertà: per gli studenti e le loro famiglie da un lato e dall'altro per l'insieme del corpo insegnante, il quale dovrebbe sentirsi riconosciuto come un ceto di liberi professionisti.
Ma è chiaro che, affinché anche nella scuola statale si arrivi a questo, devono affermarsi i valori di una scuola non monopolio dello Stato.
Ecco perché oggi la nostra proposta mira essenzialmente e in primo luogo alla nascita di una scuola non statale.
In secondo luogo la nostra proposta guarda al futuro del Paese. È evidente infatti che cultura e formazione conteranno sempre di più per garantire il benessere materiale e morale di ogni nazione. La globalizzazione economica, del resto, richiede standard sempre più elevati di preparazione per ogni tipo di lavoro e professione. Riteniamo perciò doveroso dire ai nostri concittadini che, se l'Europa e in essa l'Italia vorranno mantenere i livelli di benessere raggiunti, dovranno portare la propria efficienza economica e tecnologica a livelli di eccellenza. Dovranno stare sempre 50 metri avanti rispetto agli altri nel campo dell'innovazione.
Ma questo è possibile solo realizzando più sapere, più cultura, più formazione. E a questo scopo serve una scuola più efficace. Il che significa una scuola in cui gli istituti siano indotti a una emulazione per proporre la migliore offerta formativa possibile.
La scuola, dunque, deve essere alla testa e non alla coda della modernizzazione della società italiana del 2000.


IL RUOLO DELLO STATO

Quasi ovunque, nel dibattito culturale e politico, si sostiene che lo Stato deve ritirarsi dalla gestione diretta di aziende e servizi. Perché questo non deve valere anche per la scuola?
Noi non pensiamo che lo Stato sia sempre e comunque sinonimo di inefficienza. In diversi campi e occasioni, in passato, ha dimostrato di non esserlo.
C'è da dubitare, ad esempio, che l'Italia avrebbe oggi una migliore rete autostradale o telefonica se a suo tempo non fosse intervenuto lo Stato. Questo vale senza dubbio anche per la prima, grande istruzione elementare e di massa del nostro popolo, realizzata appunto, sia pure non in modo esclusivo, dallo Stato.
Ma oggi? Noi facciamo in proposito due considerazioni. La prima di ordine storico. Negli scorsi decenni la scuola (e anche l'Università) italiana ha sperimentato una lunga serie di progetti di riforma che non hanno affatto risolto ma anzi penosamente aggrovigliato tutti i nodi che ne soffocano la vita e il funzionamento. E' lecito dunque pensare che, muovendosi in continuità con le ricette del passato, non si riuscirà ad evitare gli stessi errori e non si migliorerà la situazione presente. E' dunque necessaria una discontinuità.
La seconda considerazione è di ordine strutturale. Nonostante i meriti del passato sopra ricordati oggi, lo Stato, in ragione dell'accresciuto dinamismo della vita economica e sociale, mostra, come gestore di servizi, scarsa efficienza ed eccessiva burocratizzazione. Questo vale anche nel campo della scuola ed è sotto gli occhi di tutti.
Perciò noi proponiamo che lo Stato si ritiri almeno in parte dalla gestione del sistema scolastico.
Vuol dire questo che lo Stato deve disinteressarsi della formazione dei cittadini? Assolutamente e ovviamente no.
Lo Stato, al contrario, è chiamato ad adempiere sempre meglio a essenziali funzioni di garanzia e regolazione.
Lo Stato deve garantire a tutti la migliore istruzione possibile.
Esso deve avere una funzione regolativa nella definizione di standard qualitativi per tutti gli istituti formativi. Deve infine promuovere l'introduzione di strumenti volti a verificare i livelli di qualità di ciascun istituto.
Ma ancora di più: lo Stato deve indicare aree di programma comuni a ogni tipo si scuola, che consentano la trasmissione delle tradizioni culturali più profonde del popolo italiano, e la costituzione di una larga base culturale comune a tutti i cittadini italiani.


I PREGIUDIZI DEL PASSATO

Per favorire il processo da noi auspicato è utile sgombrare il campo dal retaggio di antichi pregiudizi ideologici che non hanno più motivo di essere e che sono solo paralizzanti e dannosi.
Più precisamente: la scuola di Stato ha rappresentato un vessillo per la edificazione stessa dello Stato unitario che, per i complessi motivi che tutti conosciamo, si è realizzata attraverso una dialettica conflittuale con la Chiesa. La scuola confessionale, dal canto suo, ha a lungo costituito un presidio della Chiesa in questa sua dialettica con lo Stato italiano.
Nel corso dei decenni, pur essendosi stemperate e infine venute a cessare le ragioni di quella dialettica conflittuale, il dibattito su scuola statale e non ha sempre subìto il riflesso di quell'antica contrapposizione, intrecciandosi e confondendosi con la questione storica del rapporto tra laici e cattolici nel nostro Paese.
Ebbene, i promotori di questa proposta pensano, e per la loro diversa estrazione culturale testimoniano, che il tema di una scuola libera, non gestita dallo Stato, esula oggi, per motivazioni e finalità, dalla questione del rapporto Stato-Chiesa e da quello tra laici e cattolici. Anche perché non vi sono più motivi per i quali le suddette relazioni possano essere interpretate in modo conflittuale.
Siamo al contrario persuasi che la proposta di una nuova scuola italiana, libera, potrà affermarsi e realizzarsi solo grazie al concorso di passioni, intelligenze e culture laiche e cattoliche.
La scommessa sulla nuova scuola sarà vincente se, al di là dei vecchi steccati ideologici, si saprà realizzare una efficace sintesi culturale del patrimonio morale e ideale che, a prescindere dalle loro appartenenze, i nostri padri ci hanno comunque trasmesso.
Noi non abbiamo di mira una parte ma la nazione. La nostra non è una proposta difensiva ma creativa, che guarda non al passato ma al futuro dell' Italia.


SETTE OBIETTIVI

Noi immaginiamo una nuova scuola nella quale:
1) lo Stato finanzi ma non gestisca l'istruzione di tutti i cittadini;
2) si affermi una pluralità di offerte e istituti formativi, statali e non, e una pluralità di opzioni possibili per il cittadino;
3) viga la pari dignità tra le diverse scuole e quindi l'assoluta irrilevanza del fattore economico nella scelta da parte dei cittadini;
4) si giunga all'abolizione del valore legale del titolo di studio, necessaria conseguenza di tale nuovo assetto.
5) A tal fine lo Stato deve fissare quanto intende spendere annualmente per la formazione di ciascun cittadino;
6) deve disporsi poi a riconoscere quella somma, diversificata a seconda del grado di istruzione, alla famiglia di ciascun alunno, utilizzando appositi bonus o altri analoghi strumenti;
7) si può infine prevedere che gli alunni iscritti a scuole non statali gravino sulle casse dello Stato per un 10% in meno di quelli che scelgono la scuola statale. C'è infatti da calcolare una serie di spese fisse che lo Stato è comunque chiamato a sostenere, ad esempio nei piccoli centri a scarsa popolazione scolastica e dove però l'istruzione va comunque garantita. C'è per converso da pensare che altri sussidi, familiari, di enti privati e imprese possano giungere alla scuola non statale.

Questi sono gli obiettivi finali. Siamo consapevoli che occorrerà del tempo per realizzarli pienamente. Due cose sono però essenziali: tener fermo il punto di arrivo; far sì che nel frattempo ogni atto legislativo in questo campo sia coerente e non contraddittorio rispetto al traguardo.


COME ARRIVARCI

Una cosa deve essere ad ogni modo ammessa: la scuola italiana, oggi, non funziona e conosce un crescente processo di dequalificazione. La nostra proposta nasce innanzitutto per rispondere a questa situazione.
Noi riteniamo che siano in coerenza con l'iniziativa che sollecitiamo e con il bene delle nostre strutture scolastiche:
a) ogni riforma che favorisca la differenziazione dei percorsi formativi contro la tendenza all'omogeneizzazione sin qui seguita;
b) la realizzazione, in particolare, di un serio canale di formazione professionale. La sua mancanza costuituisce un gap dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei. La sua realizzazione consentirebbe, tra l'altro, di riconquistare allo studio tanti giovani (la maggioranza) che oggi lo abbandonano;
c) ogni intervento volto a migliorare seriamente la qualità dell'insegnamento e la reintroduzione di criteri che valorizzino il merito nella scuola e la coerenza dei diversi percorsi scolastici;
d) l'introduzione di incentivi per la emulazione tra istituti sia all'interno del settore statale sia fra scuole statali e non statali.


LIBERTÀ, EFFICACIA, GARANZIE

Noi proponiamo dunque una scuola più libera ed efficace. A scapito della sicurezza di una buona istruzione per tutti? Assolutamente no. Tutti i cittadini, infatti, vedrebbero garantita dalla proposta qui avanzata la propria istruzione.
Quel che però deve esser reso chiaro, perché è vitale per ciascun individuo e per il Paese, è che i cittadini hanno interesse a veder garantita a ciascuno l'istruzione. Ma soprattutto hanno interesse che questa sia la più idonea a fornire loro una seconda garanzia: quella dell'ingresso nel mondo del lavoro.
Ebbene - è ormai chiaro a tutti -, una scuola statale dequalificata questo non lo garantisce. Essa quindi non è solo un impaccio per il Paese ma colpisce proprio i cittadini più deboli economicamente, coloro che non hanno possibilità di prolungare i propri studi e di andare a specializzarsi all'estero. Il mito della scuola uguale per tutti è l'alibi di una crescente inefficienza per tutti che si risolve in una formidabile fonte di ineguaglianza di opportunità.
Proprio in ragione di ciò, come si è detto, dichiariamo il nostro favore, come punto di arrivo, all'abolizione legale del titolo di studio che deprime la spinta all'eccellenza degli istituti spingendoli sempre più a diventare una sorta di esamificio. E dichiariamo la nostra contrarietà al metodo della convenzione, che non apre nessun processo di emulazione tra istituti, tra settore statale e non, non garantisce perciò efficienza e dunque sicurezza del valore dello studio fatto e non apre nuovi spazi di libertà a insegnamento e apprendimento.


I SOGGETTI:

GLI INSEGNANTI E I GENITORI

Siamo convinti che l'applicazione della nostra proposta costuituirebbe, per un corpo docente oggi spesso insoddisfatto, un forte motivo di stimolo, di dispiegamento di grandi energie presenti ma depresse.
Se nella fase di transizione, sulla base delle scelte degli alunni e delle famiglie, si creasse una situazione di esubero nel campo dell'insegnamento impiegato dallo Stato, si potrebbe pensare ad agevolazioni fiscali per quegli istituti non statali che assumessero personale docente dalla scuola statale. Anche per quanto riguarda gli edifici scolastici non più necessari al settore statale, si potrebbe pensare al loro trasferimento al campo non statale mediante contratti di affitto.
Del resto proprio gli insegnanti non possono non essere la prima risorsa per rendere effettiva e operante l'esistenza di una offerta di scuola alternativa a quella statale.
Immaginiamo che essi, riunendosi con altri soggetti in associazioni e cooperative, diano vita a nuovi istituti non statali.
Ma appunto, per rendere realistica la prospettiva che indichiamo, è necessario che, oltre agli insegnanti, si mobilitino altri soggetti.
Fermo restando il necessario rispetto del ruolo docente, genitori e figli sono chiamati a contribuire alla realizzazione del progetto educativo apportando la propria domanda di educazione e la propria esperienza di vita.
La nuova scuola non dovrà limitarsi soltanto alla ricerca dell'efficienza ma dovrà necessariamente radicarsi sul territorio anche attraverso le famiglie, affermandosi come scuola della società civile.
Una delle fonti di crisi del sistema scolastico nazionale consiste nell'allentamento e nella distorsione del rapporto tra famiglia e scuola. Si è deteriorato il rapporto tra due mondi vitali e due sistemi sociali quali la famiglia e la scuola. La stessa modalità partecipativa non risulta più sufficiente a qualificare il sistema scolastico e va dunque rafforzata con nuovi strumenti. Si tratta di costruire un nuovo modello relazionale che valorizzi la famiglia sostenendola nel suo primario compito educativo; d'altro canto la scuola è chiamata ad offrire valori, conoscenze, strumenti comunicativi alla persona. Tutto ciò può stabilire un rinnovato patto educativo.
Un patto che per sua natura richiede primariamente la possibilità di essere stipulato, ovvero esige che sia permessa ai genitori la libera scelta educativa, a pari condizioni economiche.


I SOGGETTI:

IMPRESA, NO PROFIT, VOLONTARIATO

Si tratta in proposito di rispondere a un'altra obiezione radicata alla nascita di una scuola libera. Essa suona: da dove verranno le risorse umane ed economiche necessarie a creare una vera offerta alternativa a quella dello Stato? La nostra proposta, come dovrebbe essere a questo punto chiaro, ha come obiettivo che sia lo Stato medesimo a garantire finanziariamente un nuovo sistema formativo pubblico misto, in cui possano convivere, quanto a gestione, istituti statali e non.
Noi diciamo però qualcosa di più. La scuola italiana ha e avrà bisogno in prospettiva di risorse crescenti e la nostra proposta vuole contribuire a mobilitarle.
Noi pensiamo che vi siano molte energie che possono progressivamente rafforzare il nostro apparato formativo. Esse vanno fatte scattare come una molla.
Il sapere è una risorsa. L'impresa deve quindi trovare proficuo e vantaggioso investire nella scuola. Da questo punto di vista gli Stati Uniti possono insegnarci qualcosa.
Particolarmente per le scuole professionali, snodo decisivo come si è detto del sistema formativo, le imprese, le aziende artigianali, le associazioni di categoria potrebbero essere interessate a partecipare alla gestione di istituti che hanno per scopo quello di preparare i lavoratori di cui esse hanno bisogno. Tutto ciò favorirebbe una maggiore osmosi tra mondo della scuola e mondo del lavoro.
Ma le energie che possono essere coinvolte non sono assolutamente riducibili a quelle legate all'impresa intesa in senso classico.
Oltre agli insegnanti e alle famiglie, pensiamo che anche le organizzazioni no profit e il volontariato debbano svolgere un ruolo decisivo.
Cittadini e famiglie vanno responsabilizzati. La svolta culturale di cui abbiamo parlato all'inizio deve significare innanzitutto questo. I cittadini italiani devono imparare a considerare la scuola, come in passato è avvenuto, il principale strumento di crescita personale, civile ed economica.
Se ciò avverrà, e siamo sicuri che nella nuova scuola libera avverrà, tanti uomini e donne, tante organizzazioni civili, tanti lavoratori che hanno tempo libero, che sono magari in pensione, potranno contribuire alla vita di ogni singolo istituto, rendendolo maggiormente un organismo vivo, un nucleo essenziale della società civile.
Anche per questa via il richiamo costituzionale ai corpi intermedi della società civile (che è decisivo ravvivare anche nella prospettiva della nuova società europea fondata sul principio della sussidiarietà e dell'organizzazione federale dello Stato) non resterà lettera morta.
Il nostro movimento guarda con grande interesse alle iniziative di alcune Regioni (legge della Regione Lombardia, proposta della Regione Emilia-Romagna) a favore di una effettiva parità scolastica da raggiungersi anche mediante l'erogazione di un buono scuola alle famiglie attraverso l'istituto del Diritto allo Studio, di competenza regionale.
La nostra, dunque, non è una fredda proposta tecnocratica. È una proposta che nasce dalla passione per l'Italia e dalla passione per l'Europa. Dalla convinzione che l'una e l'altra avranno futuro se sapranno tenere insieme la scienza e la vita il sapere e la vita, come hanno fatto in passato ma in forme nuove.
Questa capacità di sintesi è sempre stata uno dei più grandi talenti degli europei e di noi italiani. Riscopriamola.

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