La nuova scuola di base presenta molte potenzialità e molti rischi.Chi la rifiuta in blocco spesso lo fa in difesa di un'idea di istruzione retriva nei contenuti, nei metodi e nella figura di insegnante che presuppone. Altri, in buona fede, cogliendo i rischi reali presenti nelle ipotesi applicative, arrivano indebitamente a rigettare il nucleo fondamentale del progetto con le grandi potenzialità positive che contiene.
Noi, insegnanti elementari, principali interessati a questo cambiamento, mentre critichiamo il mancato coinvolgimento dei docenti nell'elaborazione delle proposte e dei relativi percorsi applicativi, vogliamo qui esprimere il nostro punto di vista nell'intento di individuare le linee che permettano di fare sostanziali passi in avanti.
Intendiamo far sentire la nostra voce di soggetti coinvolti contro le proposte di politici i quali, parlando talvolta di cose poco conosciute e ancor meno capite, affermano demagogicamente di riconoscere la scuola di grande qualità prodotta dagli insegnanti elementari con l'intento, neanche troppo nascosto, di mantenerli in condizione di inferiorità disattendendo quanto anni d'impegno e di autoformazione dovrebbero garantire.
La nuova scuola di base potrebbe essere finalmente la risposta a esigenze professionali dei docenti e a necessità oramai ineludibili della didattica.
Potrebbe garantire la realizzazione delle aspirazioni degli insegnanti elementari, portando a conclusione il percorso di cui devono essere ricordati i cinque anni di aggiornamento, unico esperimento nel suo genere all'interno della categoria docente, e l'introduzione oramai a regime della formazione universitaria.
Potrebbe essere una risposta di qualità alla fine della figura del maestro tuttologo, sancita, oltre che dalle innovative esperienze del tempo pieno insieme all'introduzione degli ambiti disciplinari, dalla coscienza della complessità del processo educativo e delle molteplicità delle competenze in esso necessarie per rispondere a una domanda di formazione più ricca e più rispondente alle differenti potenzialità dei diversi alunni.
Potrebbe permettere finalmente il superamento di quelle fratture e discontinuità all'interno della scuola dell'obbligo responsabili riconosciute di gran parte dell'insuccesso formativo e della dispersione scolastica.
I tentativi di parte del mondo sindacale e di alcune forze politiche di cavalcare le proteste corporative di parte di insegnanti delle medie, che errando, temono di essere declassati, sottintendono talvolta un'idea di scuola ottocentesca in cui l'insegnante lungi dall'essere un professionista dell'educazione ricade nella condizione d'inferiorità ben simboleggiata dalla maestra-mamma.Anche a causa dello scarso coinvolgimento degli insegnanti nel dibattito, si rischia di pervenire, dopo l'emanazione dei decreti applicativi, in risposta alle richieste dei vari gruppi di pressione, a soluzioni non condivisibili.
È reale il rischio che si possa arrivare a una mera divisione della scuola di base in due parti, ancora separate, con l'aspetto esteriore del "sistema unitario" ma non "scuola unitaria" nel senso pieno.
Le dichiarazioni che si susseguono sui giornali confermano questo dubbio quando eminenti rappresentanti del governo esprimono l'intenzione di mantenere la netta distinzione tra maestre e professori (Berlinguer) o esplicitano il rifiuto del ruolo unico docente (Zecchino).
Ciò non è accettabile perché al di là delle dichiarazioni di facciata trasporrebbe in un contesto diverso le difficoltà di collaborazione tra soggetti diversi che già oggi sono responsabili delle discontinuità dell'attuale sistema.
La scuola di base dovrebbe, viceversa, consentire un effettivo miglioramento del contesto di apprendimento, attraverso:
- un'articolazione interna che renda fluido il percorso formativo, attuando quella progressività e gradualità del curricolo che eviti il ripetersi e il sovrapporsi degli stessi contenuti senza organico collegamento;
- la realizzazione di condizioni professionali omogenee per gli insegnanti, tali cioè da consentire oltre ad ugual titolo di formazione, uguale impegno orario e uguali impegni collegiali di progettazione e programmazione.
Al riguardo un reale coinvolgimento degli insegnanti permetterebbe, per quanto ci riguarda, la valorizzazione di importanti esperienze delle scuole elementari che hanno applicato un'ampia riforma e ottenuto ampi riconoscimenti in sede internazionale.
Il tema della continuità verticale, per esempio, elemento critico della struttura dell'attuale scuola dell'obbligo, è un indicatore della qualità e del sistema formativo fortemente ricercato in questi anni dalla scuola elementare. Questa è stata un laboratorio per l'innovazione e per la costruzione di un'idea unitaria di scuola di base.
In particolare l'esperienza del tempo pieno può essere di grande aiuto per individuare con più precisione le caratteristiche pedagogiche della scuola di base - modalità dei saperi, articolazione in cicli didattici con curricoli, organizzazione della didattica e contenuti propri per ogni fascia d'età.Riteniamo utile indicare qui, seppur in via provvisoria, alcune linee irrinunciabili per un'articolazione della scuola primaria capace di evitare situazioni critiche sia delle attuali elementari sia delle medie.
Occorre pensare una scansione dell'organizzazione della didattica che tenga conto del bisogno per il bambino, di procedere gradualmente da un apprendimento per ambiti a quello strutturato per discipline.
Occorre garantire un percorso omogeneo e non ripetitivo di identici programmi in spazi temporali ristretti (si pensi all'esempio della storia: tre anni di elementari e tre anni di medie per studiare daccapo, dalla preistoria alla seconda guerra mondiale, tutti gli eventi) che consentirebbe la costruzione di percorsi meno compressi, con possibilità maggiori di sviluppo, arricchimento e approfondimento, nel rispetto dell'evoluzione cognitiva dell'alunno.
Occorre, comunque, che in ciascuna fase del processo educativo tutti i docenti coinvolti, siano chiamati a considerare in modo globale le dimensioni implicate nello sviluppo (cognitive, affettive, relazionali), verso l'obiettivo di una formazione integrale della persona. Ciò nell'attuale ordinamento resta una prerogativa della scuola elementare, ma nella scuola riformata potrebbe finalmente trovare una realizzazione senza discontinuità.
È necessario dunque modificare l'orario degli insegnanti con una ridefinizione dell'orario di cattedra verso un orario standard e un aumento delle attività di programmazione per tutti. È una scelta decisiva per garantire la tanto conclamata unitarietà dell'insegnamento, poter monitorare costantemente la maturazione globale di ogni alunno, organizzare attività individualizzate e di piccolo gruppo, uniformare stili educativi e criteri di valutazione, progettare interventi correttivi sia sui contenuti che sui metodi per garantire un clima stimolante, accogliente e solidale per tutti e soprattutto condizioni di pari opportunità reali.
Il ruolo unico docente è una precondizione dell'unitarietà della scuola di base. La riproposizione degli attuali ruoli distinti risulterebbe inaccettabile e minerebbe alla radice il progetto, riproponendo gli steccati che oggi impediscono non solo un'unitarietà d'intenti, ma la possibilità stessa di comunicare tra docenti.
La riforma non può avere successo senza investimenti che permettano, tra l'altro, la riduzione del numero di alunni per classe, il ripristino dei limiti per le classi con alunni handicappati e un'inversione di tendenza decisa delle politiche che hanno determinato la riduzione dei posti di sostegno.
Per questi motivi, pur nutrendo perplessità e obiezioni di fondo su altri aspetti del riordino dei cicli, chiediamo al ministro e agli organismi preposti alla definizione dei contenuti della riforma della scuola di base che venga avviata una vera consultazione degli insegnanti da realizzarsi non in forma estemporanea ma attraverso la costituzione di organismi rappresentativi delle esperienze più avanzate della scuola elementare.