Polemica interna ai circoli della sinistra governativa? Introduzione agli articoli comparsi su Repubblica nell'ultima settimana di febbraio 2001
Riproduciamo due articoli comparsi sul quotidiano La Repubblica nell'ultima settimana di febbraio. Il primo è di Mario Pirani, Se studiare è un optional; il secondo di Tullio De Mauro, Quello sfogo in difesa della scuola.
Dopo anni di difesa spesso acritica da parte del quotidiano Repubblica delle iniziative del governo in campo scolastico, negli ultimi tempi qualche voce comincia a differenziarsi dal coro. Una di questa è quella di Pirani (del quale non intendiamo affatto prendere le parti per svariati motivi), che ha cominciato a farlo sollevando la questione del 7 in condotta. Anche in questo articolo critica l'eccessivo spazio e l'eccessiva considerazione data ai giovani, la mancanza di serietà e disciplina, la confusione di ruoli, che sono secondo lui causa del degrado morale e culturale della scuola (e non solo). La novità è che il richiamo alla severità degli studi, di stampo classico, qui si accompagna ad un apprezzamento di alcune voci critiche che si richiamano anch'esse alla cultura classica, laiche o cattoliche che siano (Manifesto dei 500 e Prisma), ma soprattutto a una critica feroce dei nuovi modelli pedagogici tanto cari alla sinistra, e della "casta potente quanto autoreferenziale di pedagogisti, in buona misura anonimi, abbarbicati attorno al ministero della Pubblica Istruzione e negli Istituti regionali per la didattica (Irrsae), che hanno imposto la loro dittatura sull'ordinamento scolastico, grazie alla acquiscenza dei ministri che si sono succeduti".
Queste parole hanno fatto imbestialire De Mauro, che ha risposta qualche giorno dopo davanti a una platea di insegnanti (quella del famoso pianto) e una settimana dopo con una lettera a Repubblica. I due articoli, pertanto, con il loro corredo di accuse tra parentesi o meno, esplicite o meno, segnano e sintetizzano una diversità di posizioni che non si davano un anno fa. E' l'attuazione del riordino dei cicli che ha sollevato il coperchio e dato la stura alle polemiche (Si vedano anche nella sezione stampa gli interventi di Cacciari, Camilleri, Hack, ecc. ospitati nel mese di novembre, ai tempi dell'approvazione dei cicli). Segno anche questo del fatto che l'intero disegno riformistico è stato pensato e organizzato da pochi intimi all'insaputa e sulla testa dei più (studenti, genitori, lavoratori e lavoratrici della scuola), checché ne dica e si ostini a ribattere il ministro.
Comunque la si voglia mettere, anche da questo, come da svariati altri interventi del ministro della P.I., si ricava che l'imput all'intero impianto delle riforme proviene da un calcolo economicistico: l'investimento di risorse in un determinato settore (la scuola) deve produrre un utile, che in questo caso è un apprendimento più qualificato e misurabile. Ma come si misura un apprendimento se non in relazione a qualcos'altro? Apprendimento di che cosa per quale scopo? Per lor signori questo apprendimento si "spende", si mette in pratica essenzialmente sul piano lavorativo e produttivo. In ultima analisi è il sistema economico capitalistico e aziendale quello che funge da punto di riferimento dell'apprendimento. Ma è anche l'ambito da cui provengono la richiesta, gli stimoli, il sostegno e le indicazioni per le riforme scolastiche fatte in nome di una "maggior qualità".
Illusi noi che abbiamo sempre pensato che la principale finalità educativa della scuola fosse quella di favorire la crescita armonica di bambine, bambini e giovani, cercando di fornire loro gli strumenti necessari per esercitare lo spirito critico e diventare "buoni cittadini"!
Dopodiché è legittimo cercare di creare un sistema di valutazione coerente e omogeneo su piano nazionale, va bene formare le commissioni per definire saperi e curricoli, ma non se le premesse sono quelle che abbiamo sinteticamente descritto. Non se alla educazione di cittadini coscienti e responsabili, che non compare neppure più in nessun discorso che proviene dagli ambiti ministeriali (se dici burocratici, si offendono e si mettono a piangere!), si preferisce, si antepone e si persegue unicamente la formazione di lavoratori-consumatori detentori di abilità e competenze diversificate, perché diverse e improntate alla flessibilità saranno le occasioni in cui i giovani andranno a collocarsi sul mercato del lavoro. In mancanza di queste garanzie reali di democrazia ogni difesa d'ufficio dell'operato dei governi ulivisti, dell'autonomia in cui trovano spazio "le competenze dei docenti" e "l'abilità dei dirigenti" (sic!) suona vuota e beffarda.
Buona lettura, si fa per dire!
Mario Pirani, Se studiare è un optional, La Repubblica, 20 febbraio 2001
Tullio De Mauro, Quello sfogo in difesa della scuola, La Repubblica, 27 febbraio 2001.