LA NUOVA SCUOLA DI FRONTE AL TEMA DELLE COMPETENZE
di Giuseppe Cosentino, dirigente del MPI

Riportiamo questo intervento sulla competenza (l'autore ha partecipato al convegno CEDE di Frascati), non perché ne condividiamo il contenuto, tutt'altro!, ma perché a suo modo, nonostante il burocratese, getta ulteriore luce sulle ambiguità e le pesanti ricadute sulla qualità dell'istruzione pubblica e sulla professionalità del corpo docente prodotte dal disegno strategico di integrazione scuola-lavoro che sta dietro alla "nuova scuola".

I nostri illuminati governanti e i loro esperti fanno grosso modo questo discorso: bisogna legare la scuola al lavoro e alla società; la "colla" sono le competenze. Ma cosa sono le competenze? Boh! Ricerchiamole con coraggio ed entusiasmo. Noi del ministero abbiamo tracciato il quadro, e ora mettiamo a disposizione di chi sarà impegnato in questa operazione "utili suggestioni", stimoli per sperimentare, "snodi problematici".

Che dire? Grazie della bontà! Ma chi saranno questi valorosi e intrepidi eroi? Una "équipe" di "studiosi qualificati", "dirigenti e ispettori del Ministero", "associazioni professionali e disciplinari ", "scuole storicamente più pronte e attrezzate sul terreno della sperimentazione". Non sarà mica una riedizione rivista e corretta del famigerato 20%! Il grosso degli insegnanti, la manovalanza, non può essere coinvolta in questa ricerca perché non è affidabile, è troppo "garibaldina": mica si può affidare "un'operazione ardua e complessa (...) allo spontaneismo diffuso della scuola"!

Forse le nostre sono solo indebite illazioni, collegamenti privi di fondamento; ma non dimentichiamo cosa prevede l'intesa del 15 dicembre scorso tra governo e sindacati come indirizzo per il prossimo quadriennio contrattuale: che si tenga conto delle "ricadute contrattuali relative all'attuazione dei cicli scolastici, con la priorità di definire una nuova dinamica di carriera che consenta (...) di raggiungere anche qualitativamente i parametri europei. Obiettivo fondamentale, quindi, sarà quello di operare per la valorizzazione professionale dei docenti e del loro ruolo attraverso la definizione di una carriera professionale". (Il neretto è nostro).

Preparatevi quindi voi insegnanti, che pensate di essere degli intellettuali o di svolgere una professione intellettuale, a essere nello spirito e nella lettera dei meri esecutori sottopagati, delle scimmiette ammaestrate che dovranno ammaestrare altre scimmiette. I salari europei saranno solo per gli insegnanti qualificati e di qualità, il cui valore e le cui competenze sono accertati... dalla storia!


1. LA COMPETENZA COME SNODO DI SISTEMA

Nell'intreccio di iniziative in corso nel cantiere-scuola si comincia a individuare con sufficiente chiarezza il filo rosso che le riconduce tutte nell'alveo di un progetto sostanzialmente coerente e unitario. In sostanza, questo disegno si configura come il tentativo - ed è la prima volta che accade nella storia del nostro paese - di mettere in rapporto aree formative tra loro da sempre separate quali quella scolastica, quella professionale, quella postscolastica e universitaria. Non si tratta però di un'adesione acritica - per ansia di nuovismo - a questo o quel modello d'oltralpe o d'oltre oceano. Si tratta al contrario di fare finalmente i conti con un impianto scolastico che rivela apertamente i suoi limiti, sia sul terreno della formazione dei nostri giovani, sia su quello di un loro inserimento nell'ambito della società civile e del mondo del lavoro.
Le ipotesi per costruire un collegamento compiuto e articolato tra sistemi finora sostanzialmente impermeabili l'uno all'altro sono ormai in campo da tempo. Tra le soluzioni previste, una appare particolarmente significativa: quella, appunto, che tende a stabilire una rete capace di connettere scuola, formazione e lavoro attraverso lo scambio non episodico, né marginale di "crediti certificati" in grado di "capitalizzare" tutte le esperienze a cui un individuo può accedere nell'arco della propria esistenza di studio e di attività.
Non a caso, cominciano a essere numerose le norme legislative che contengono riferimenti, diretti o indiretti, alla nozione di competenza. Ben noti sono i richiami contenuti nella disciplina del nuovo Esame di Stato o dell'innalzamento dell'obbligo, come quelli previsti nel Regolamento dell'autonomia didattica e organizzativa. Merita però di ricordare anche altri atti e leggi significativi.
In primo luogo, il "Patto per lo sviluppo e l'occupazione" del 22 dicembre 1998, che - rilanciando e approfondendo i temi dell'"Accordo per il lavoro" del 24 settembre 1996 - assume tra l'altro l'impegno di istituire l'obbligo di frequenza ad attività formative fino a 18 anni. Questo adempimento è stato successivamente onorato nell'articolo 68 della Legge n. 144 del 17 maggio 1999, nel quale appunto esplicitamente si dice che "le competenze certificate in esito a qualsiasi segmento della formazione scolastica, professionale e dell'apprendistato costituiscono credito per il passaggio da un sistema all'altro".
Va inoltre ricordata la Legge 196 del 24 giugno 1997 ("Norme in materia di promozione dell'occupazione"), che affronta i temi della formazione professionale nel quadro dei nuovi rapporti tra Stato e Regioni. Essa disciplina tra l'altro il rapporto tra apprendistato e formazione professionale, la riordina e la valorizza anche attraverso la pratica dello stage, contemplando al tempo stesso la possibilità che le regioni e/o le province "svolgano attività di formazione professionale pure in convenzione con istituti di istruzione secondaria".
È poi in via di conclusione l'iter procedurale del Regolamento che attua l'articolo 17 della Legge 196. In esso, si prevede non solo la definizione dei criteri e delle modalità di certificazione delle competenze acquisite per assicurare la "omogeneità delle certificazioni su tutto il territorio nazionale e il loro riconoscimento in sede di Unione Europea", ma anche l'istituzione del "Libretto formativo del cittadino" per documentare il curriculum e le competenze acquisite, nonché la validità dei crediti formativi riconosciuti nella formazione professionale "ai fini del conseguimento di un titolo di studio o dell'inserimento in un percorso scolastico".
In un tale complessivo contesto la certificazione delle competenze si presenta dunque come uno snodo decisivo. In realtà, proprio una certificazione siffatta diventa lo strumento essenziale, la vera e propria articolazione operativa, attraverso cui non solo si può garantire - sia con lo scambio dei "crediti", sia con le cosiddette "passerelle" - la effettiva mobilità dei giovani all'interno del sistema scolastico, ma si può favorire altresì il raccordo tra sistemi diversi e, in prospettiva, lo stesso decollo di un "portfolio delle competenze" di valenza europea.
Dalla processuale messa a regime di un simile progetto ci si attende una serie di risultati tra di loro strettamente collegati, a cominciare - come si diceva - dall'attivazione di un rapporto finalmente organico (e virtuoso) tra formazione scolastica e formazione professionale e tra queste e il mondo della società civile e del lavoro. Pensiamo poi al superamento dell'irrisolto limite di fondo del nostro sistema scolastico, che ancora oggi finisce per sacrificare - strada facendo, ma soprattutto nella fascia d'età compresa tra i 14 e i 16 anni d'età - una quota inaccettabile (più di un terzo) di ogni generazione giovanile. Pensiamo infine all'adeguamento del sistema italiano ai migliori standard CEE e al suo inserimento a pieno titolo in quel concerto dell'education europea nel cui ambito si giocano non poche delle grandi scommesse dell'imminente millennio.

2. UNA RICERCA A PIÙ VOCI

Se le cose stanno così, risulta evidente che la questione delle competenze si pone come uno degli elementi costitutivi della riforma della scuola italiana. Da quanto si è detto si intravede infatti che esiste una oggettiva connessione di questo tema con la piena attuazione dell'autonomia, con la riflessione sui saperi e con il compimento della struttura ordinamentale prevista dal riordino dei cicli.
Al tempo stesso, vuoi per motivi di natura politica, vuoi per ragioni d'ordine culturale e organizzativo, la soluzione delle questioni implicate dal complessivo processo di rinnovamento, pur tra loro strutturalmente correlate, richiede una diversificazione nei tempi di adempimento, nelle modalità operative, nei soggetti da coinvolgere. Occorre cioè prevedere un percorso che proceda lungo binari in qualche modo paralleli, ma pur sempre intersecati da veri e propri snodi problematici, i quali possano agire da puntuale collegamento. In questo modo, verrebbero salvate sia le esigenze specifiche dei vari problemi sul tappeto, sia la necessità che quanti sono a vario titolo impegnati nell'iter innovativo non perdano di vista il senso complessivo dell'intera operazione, sia infine l'urgenza di cominciare a rispondere ad alcune esigenze più ravvicinate.
È appunto nel novero di queste ultime che ci sembra vada collocata la questione delle competenze. Affrontare da subito e operativamente un tale tema (già maturo, come abbiamo visto, a livello legislativo) comporta difatti l'indubbio vantaggio di cominciare a fornire alle nostre scuole, ormai impegnate nella sperimentazione dell'autonomia, utili suggestioni anche in vista della prospettiva di fondo del riordino ordinamentale e del rinnovamento di programmi e curricoli.
Come è noto, il lavoro dei cosiddetti "saggi" si è concretizzato in due documenti, teso il primo a individuare "le conoscenze fondamentali per l'apprendimento dei giovani nella scuola dei prossimi decenni", il secondo "i contenuti essenziali per la formazione di base". Entrambi i testi segnalano - in forma più o meno esplicita - l'esigenza di definire quei saperi in senso lato, quei valori, quelle conoscenze che possono oggi, coniugati tra loro, costituire gli assi portanti di una nuova enciclopedia. Essi si configurano cioè come una sorta di telaio mobile e/o ­ se si vuole ­ di flessibile rete sui quali saranno chiamate a disegnarsi e ad articolarsi ­ in un contesto di dialettiche interrelazioni ­ la trama e le maglie concettuali dei saperi specifici e delle singole discipline.
A loro volta, gli articoli 12 e 13 del Regolamento sull'autonomia didattica e organizzativa disciplinano modalità di sperimentazione e di ricerca metodologica della fase transitoria che andrà dalla pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" del Regolamento fino alla sua piena attuazione. Per quanto riguarda la sperimentazione, l'articolo 12 prevede fra l'altro la possibilità "di compensazioni fra le discipline [...] entro il 15 per cento del loro monte orario annuale". L'articolo 13 prevede poi che le scuole possano "contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8, riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze". Al Ministero della Pubblica Istruzione è attribuito il compito di "favorire la raccolta e lo scambio di tali ricerche ed esperienze".
Porre mano a una procedura tanto delicata - che con il richiamo all'articolo 8 del Regolamento immediatamente prefigura gli scenari della scuola prossima ventura - non è con tutta evidenza cosa da affrontare alla garibaldina. Si tratta difatti di un'operazione ardua e complessa; rimane pertanto difficile immaginare che possa essere affidata sia allo spontaneismo diffuso della scuola, sia alla elaborazione di pochi esperti nel chiuso di qualche stanza ministeriale. Appare indispensabile invece che la ricerca comune sul tema coinvolga un'ampia e qualificata pluralità di soggetti, in grado di fornire, in tempi ragionevolmente rapidi, un quadro di riferimento riconoscibile e riconosciuto attraverso l'individuazione di parametri e di "paletti" largamente condivisi. La via maestra sembra dunque quella di sollecitare un articolato lavoro d'équipe capace di far interagire non solo studiosi qualificati, dirigenti e ispettori del Ministero, ma anche associazioni professionali e disciplinari nonché le scuole storicamente più pronte e attrezzate sul terreno della sperimentazione.
È appunto in quest'ottica che vanno letti i "Dossier" sulla questione delle competenze che vengono pubblicati a partire da questo fascicolo degli "Annali della Pubblica Istruzione". Il primo di tali dossier rende conto di una parte certamente rappresentativa della giornata di studio che - per iniziativa del CEDE e del Coordinamento nazionale per l'autonomia del M.P.I. - si è tenuta a Villa Falconieri lo scorso 5 marzo sul tema "Definire le competenze per la scuola dell'autonomia". Alla testimonianza di questo momento di riflessione - dall'input per così dire più istituzionale - si affiancherà nel prossimo dossier quella della voce di numerose Associazioni disciplinari che - su invito di "Progetto scuola" - si sono incontrate a Bologna l'8 maggio in occasione del seminario "Quali competenze per i nuovi curricoli?". Seguirà poi un terzo dossier con i contributi della giornata di Frascati curati sia da esponenti di Associazioni professionali, sia da docenti e da dirigenti scolastici impegnati in significativi percorsi sperimentali.
Il panorama che in tal modo viene offerto ai lettori è ben lungi - ovviamente - dal voler essere in qualche modo esaustivo. I Seminari di Frascati e di Bologna costituiscono, in ogni caso, due momenti a loro modo emblematici del dibattito che, intorno al tema dei saperi e dei curricoli, è in corso in varie sedi e a vario titolo nel mondo della scuola e non solo in esso. Con questi "Dossier" degli "Annali" intendiamo offrire dunque uno strumento e un'opportunità di più, con l'augurio che pure su questa rivista possa ulteriormente allargarsi e definirsi una discussione alta e, al tempo medesimo, concreta su un nodo problematico al cui positivo scioglimento è affidato non poco del futuro del nostro sistema formativo.

 

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