Ho letto con attenzione quando scritto dai colleghi di Filirossi sul NO cubitale alla Riforma Berlinguer. Se avessero sorvolato su quel no avrei potuto sottoscrivere senza pensarci due volte l'appello. Le argomentazioni socio/pedagogiche e didattiche svolte, a mio avviso, non stridono per niente con l'impalcatura e le motivazioni di fondo che sottostanno all'idea di scuola. Anch'io parto dalle considerazioni fatte da voi, anche, se mi astengo dall'etichettare di sinistra l'opera di governo, che sinistra non può essere stata visto che da quello che mi risulta siamo stati governati da una coalizione di centrosinistra il che è altro. Ciò ha comportato una forte mediazione che ha fuso, se non confuso, posizioni storicamente divaricanti.
Ma checché se ne dica siamo riusciti a mettere assieme sullo stesso quadro comandi Washbourn ed Ermini e di lì abbiamo tirato fuori il meglio che il contesto poteva permettere. E non solo. Dobbiamo pure esserne custodi se vogliamo evitargli l'aggressione del signore delle tre I. Non credo che si poteva fare di più, di quello che è stato fatto.
Sicuramente potremo in qualità di militanti della scuola migliorarne lo spessore relazionale, sociologico, affettivo e disciplinare. Questo dipende solo da noi. Non può essere prescritto dai politici o dai legislatori. Non mi risulta che avere sbriciolato l'idea ascientifica, spiritualista e idealista di Gentile, sia stata poca cosa. Quale governo avrebbe potuto spingersi oltre?
Tra i tanti NO da voi esplicitati contro la Riforma Berlinguer non intravedo una distanza di merito che possa giustificarne l'appello.
L'aula/classe rimane pur sempre un riferimento imprescindibile di alfabetizzazione primaria, per l'acquisizione delle strumentalità di base. La flessibilità gruppale, semmai, è un'aggiunta, una miglioria, un tassello in più per non tenere la scuola ingessata su modelli obsoleti e ricettari che non riescono ad utilizzare al meglio le risorse che la scuola dentro e fuori mette a disposizione della sua utenza. Poter contare (facoltativamente) sulla flessibilità organizzativo/didattica non significa scivolare su percorsi selettivi o meritocratici. Tutt'altro. Quella se saputa gestire può rappresentare per i docenti un'occasione per promuovere dentro la scuola rapporti positivi e costruttivi di interrelazione basati sulla conoscenza e rispetto degli stili, dei ritmi, dei tempi apprenditivi di ciascun alunno che finalmente può sentirsi parte di una scuola circolare, in movimento ed aperta all'interclasse e ai laboratori che, in tal caso, possono essere fruiti da gruppi di alunni che cambiano in relazione agli interessi che la tematica svolta sollecita.
Ho difficoltà a pensarmi come docente di riferimento singolare di classi plurali in una società multiculturale e democratica. Su questo punto la distanza con voi si fa abissale e mi sorprende come possa tingersi di rosso una posizione decisamente conservatrice. Come si fa a sottendere al ragionamento da voi sviluppato che nella società del post-tecnologico il bambino e la bambina necessitano della figura unica del docente quando sappiamo bene che l'unicità è retaggio di una società patriarcale che non c'è più perché spazzata via dagli studenti e dai lavoratori tra la fine degli anni 60 e 70.
Con viva cordialità
Angelo Vita
P.S.: se volete conoscere i miei commenti sulle problematiche scolastiche potete collegarvi al sito www.pavonerisorse.to.it/commento/default.htm così anche voi potete farmi pervenire dei pareri.