GIUSEPPE PITITTO
 
Nel pi recente clima di revisionismo storico tendente a criminalizzare i partigiani e la Resistenza nel suo insieme, la questione foibe  tornata ad avere un'eco nazionale, soprattutto grazie all'inchiesta portata avanti dal P.M. romano Giuseppe Pititto, il quale ha dovuto rifare tutta la richiesta di rinvio a giudizio per un vizio di forma (aveva completa- mente sbagliato a notificare gli avvisi di garanzia agli indagati).
In quest'inchiesta,ereditata dall'avvocato Sinagra, Pititto, il quale aveva dichiarato di avere scoperto "la veritˆ sulle foibe" aveva chiesto l'incriminazione di tre partigiani (due fiumani ed uno istriano) per "genocidio", mentre a leggere la richiesta di rinvio a giudizio si vedeva chiaramente che i primi due erano accusati di essere responsabili della morte di tre persone, mentre il terzo veniva accusato dell'uccisione di sette persone...

Del resto l'onestà intellettuale non é attribuibile a chi, come Pititto, si occupa di revisionismo: non a caso, il consulente storico di questo P.M. per la sua causa sulle Foibe é nientepopodimeno che il pordenonese Marco Pirina.

Mentre si prodiga nel perseguitare ipotetici autori di genocidi, é molto più accomodante, a quanto pare, quando si tratta di insabbiare cause sotto lauto compenso: Pititto lo si ritrova, nel 1998, al centro di un'inchiesta per corruzione legata a case farmaceutiche:

Il Messaggero
Mercoled“ 5 Agosto 1998
Nuova bufera sul Palazzo di Giustizia di Roma.
La Procura di Perugia: tangente da centinaia di milioni
Corruzione, indagato il pm Pititto:
"Soldi per insabbiare il fascicolo sulla casa farmaceutica Angelini"


di ITALO CARMIGNANI e CRISTIANA MANGANI ROMA

- Da Pubblico ministero della Procura di Roma a indagato per corruzione.
LÕestate calda dei magistrati perugini punta ora a Giuseppe Pititto, sostituto procuratore della capitale, titolare delle inchieste sulle coop rosse, sulle foibe, e sulle FFSS.
Il suo nome compare nei registri con lÕaccusa di corruzione e il reato non pu˜ che far pensare a presunte tangenti, a denaro preso in cambio di promesse di insabbiamento.
I giudici umbri gli affiancano Luisa Angelini, figlia del capostipite della holding farmaceutica, e il collegamento riconduce a unÕinchiesta per frode fiscale sulla grossa azienda di farmaci, aperta qualche anno fa proprio dalla magistratura romana, e mai conclusa da Pititto.
In tutto questo si inseriscono gli immancabili Pacini Battaglia e Rocco Trane.
In un loro dialogo, naturalmente intercettato, il sostituto procuratore dalla folta chioma, risulterebbe "abbordabile", un "giudice amico", di quelli a cui il banchiere italo-svizzero avrebbe promesso soldi in cambio di un proscioglimento nellÕinchiesta sulle FFSS.
La Procura di Perugia non intende chiudere un occhio e parte a tutta velocitˆ nellÕindagine.
Pititto viene tenuto sotto stretta osservazione. LÕUcigos controlla ogni suo passo e ogni sua telefonata, finchŽ il sostituto procuratore perugino Paolo Vadalˆ non lo iscrive nel registro degli indagati insieme con Luisa Angelini, e gli contesta il reato di corruzione.
Il pm avrebbe lasciato parecchie tracce, parecchi elementi su cui costruire lÕaccusa. Ieri mattina, poi, negli uffici del sostituto procuratore umbro viene ascoltato proprio Rocco Trane, ed  facile intuire che lÕargomento Pititto sia stato al centro dellÕinterrogatorio.
Nel voluminoso fascicolo che lo riguarda compaiono altri tre nomi, ma si tratterebbe di parti lese: dallÕavvocato Fiore, al pm Pietro Catalani, fino al procuratore della Repubblica di Roma, Salvatore Vecchione. Tra Giuseppe Pititto e Salvatore Vecchione da tempo non corre buon sangue e i loro pessimi rapporti sono cosa nota nel palazzo di piazzale Clodio.
Il capo dei pm capitolini avrebbe sollevato il suo sostituto dallÕinchiesta sullÕomicidio di Ilaria Alpi per via dei poco incisivi sistemi investigativi.
Lo scontro sarebbe proseguito nel novembre dello scorso anno, quando il procuratore ha fatto prelevare dallÕufficio di Pititto delle carte riguardanti lÕinchiesta sulle "traversine dÕoro".
Anche in quel caso lÕesigenza di controllo sarebbe nata dalla denuncia dellÕavvocato Emilio Ricci, legale del Pci-Pds, che ha espresso i suoi dubbi sulla corretta conduzione dellÕindagine e li ha elencati in una lunga istanza.
Il cinquantasettenne pubblico ministero di origini calabresi ha reagito allÕiniziativa denunciando il suo capo al Csm per il presunto abuso.
La vicenda si  conclusa con un nulla di fatto, ma il rapporto tra i due non  certo migliorato.
Ora arriva lÕaccusa di corruzione per Pititto e il Procuratore non poteva che essere parte lesa nellÕinchiesta.