Decima
Conferenza Internazionale sulla Riduzione del Danno
Ginevra,
21 - 25 marzo 1999
Si
è aperta domenica a Ginevra la Decima Conferenza Internazionale
sulla Riduzione dei danni correlati all’uso di droghe; erano presenti
600 delegati provenienti da oltre 40 nazioni di tutti i continenti.
Non vi è dubbio che con questa edizione la conferenza supera
definitivamente la propria fase "pionieristica" e si
pone come un evento annuale in grado di inteloquire con le istituzioni
internazionali al massimo livello.
Infatti
ad aprire la conferenza è stato Peter Piott, direttore
generale dell’UNAIDS (l’Agenzia dell’ONU che si occupa di Aids),
che ha sottolineato la centralità di interventi di riduzione
del danno.
Attività
che sono fondamentali nella lotta all’Aids, non solo nei paesi
occidentali, ma anche nel sud del mondo se si pensa che su oltre
1 milione di persone sieropositive, circa un quarto sono tossicodipendenti
per via endovenosa.
Piott
si è spinto oltre citando come esempio le scelte operate
dalla Confederazione Elvetica, che ormai da tre anni ha attivato
un programma di somministrazione controllata di eroina.
Resta
un mistero come possano convivere all’interno dell’ONU strategie
simili insieme con le politiche rigidamente proibizioniste realizzate
dall’agenzia delle Nazioni Unite per la lotta alla droga, coordinata
dall’italiano Pino Arlacchi.
Ed
è stata proprio Ruth Dreifuss, ora presidente della Svizzera,
e precedentemente Ministro della Sanità, a illustrare come
attraverso l’articolazione di progetti di riduzione del danno
i decessi per overdose siano calati del 50% negli ultimi 6 anni.
Dal
giugno 1999 quando terminerà il trial di ricerca, l’eroina
sarà prescrivibile per i tossicodipendenti che rientreranno
in specifici indicatori sociali e sanitari; entro il 2001 il governo
svizzero intende rivedere, alla luce di questa esperienza, complessivamente
la legge sulla droga.
LA
RIDUZIONE DEL DANNO IN CARCERE
Fin
dal primo giorno la Conferenza si è misurata con un altro
territorio "proibito": ossia gli interventi di riduzione
del danno nelle carceri.
L’Università
di Oldenburg, in Germania, ha realizzato un progetto sperimentale
di distribuzione di siringhe nel carcere di Vechta, coinvolgendo
169 donne, e nel carcere di Lingen 1, con 63 uomini. A Vechta,
per garantire maggiormente l’anonimato funzionato 5 macchine scambiatrici
di siringhe, mentre a Lingen 1 le siringhe vengono fornite direttamente
dal personale addetto al counselling con i detenuti tossicodipendenti.
Il
50% della popolazione coinvolta è sieropositivo; in due
anni sono state distribuite complessivamente oltre 21.000 siringhe,
con una restituzione media del 98%. Non solo sono così
diminuite le overdose e l’uso promiscuo di materiale iniettivo,
ma in due anni non si è verificato un solo caso di infezione
da Hiv, ne di Epatite B o C, ed è aumentata la richiesta
e l’utilizzo delle atlre pratiche disponibili all’interno dell’Istituto
Penitenziario.
Inizialmente
vi era una forte resistenza da parte del personale penitenziario,
che temeva per la propria incolumità, ma in due anni non
si sono verificati episodi di aggressione verso gli operatori
penitenziari.
Ad
Amsterdam è stato realizzato il primo progetto "Outreach
Working in Prison" (quello che noi definiremmo "lavoro
di strada in Prigione"): un gruppo di attivisti, ex-tossicodipendenti,
dell’associazione Mainline che da anni opera nelle strade
della città, per 4 ore alla settimana, da oltre 6 mesi,
sostituisce alla strada i "bracci del carcere".
Negli
incontri tra operatori e detenuti, facilitati dal comune background,
si discutono le pratiche di safer shooting (buco pulito),
di come evitare gli episodi di overdose, che spesso tendono a
verificarsi nella prima settimana dopo il rilascio; i risultati
non consistono unicamente nel miglioramento delle condizioni sanitarie
e psicologiche di vita in carcere, ma anche nella possibilità
di realizzare già dento il carcere, un "aggancio",
che si può protrarre anche una volta tornati in libertà,
cosa che accade nel 57% dei casi.
PROSTITUZIONE
A BOSTON
Un
interessante e audace ricerca, condotta nella città di
Boston, ha cercato di verificare l’impatto delle azioni repressive
della Polizia nei confronti delle donne coinvolte nel mondo della
prostituzione, dedite in alcuni casi all’uso di stupefacenti.
Tali
azioni, oltre a non aver ottenuto risultati apprezzabili nella
riduzione del consumo di droghe o delle attività relative
alla prostituzione, hanno fatto registrare risultati negativi
inattesi:
del
totale delle donne incarcerate, che non avevano mai consumato
sostanze prima dell’incarcerazione, circa il 50% ha cominciato
ad usare droghe in cella sviluppando dipendenza che diviene drammatica
al momento del rilascio; quando si entra nella distruttiva spirale
di chi si prostituisce per "farsi" e si "fa"
per narcotizzarsi e reggere la vita sulla strada.
OVERDOSE
La
presentazione del Prof. Musty, che opera nel New South Wales (NSW),
in Australia, riguarda una ricerca sugli episodi di decessi tossicologicamente
correlati all’uso di stupefacenti, avvenuti nel NSW nell’ultimo
anno.
Le
figure tracciate dal Prof. Musty sono inquietanti, poiché
risultano per molti aspetti sovrapponibili alla situazione nel
nostro paese.
Dei
953 decessi registrati:
il 46%
|
è avvenuto in casa
propria
|
il 15%
|
in casa di amici
|
il 15%
|
in strada o nel "Bushland",
all’aperto
|
il 7%
|
in prigione
|
il restante 22%
|
si divide fra ospedale, automobile,
strazione o in treno e in hotels o clubs
|
Il
tempo medio fra l’ultima assunzione di stupefacenti e l’avvenuto
decesso risulta essere:
nel 15% dei casi
|
all’istante
|
nel 25%
|
entro 1-2 minuti
|
nel 12%
|
entro 15 minuti e 1 ora
|
nel 3%
|
fra 1 e 2 ore
|
in un altro 3%
|
fra le 2-3 ore
|
nel 20%
|
dopo più di 3 ore
|
per il restante 25%
|
il tempo è incerto
e non definibile
|
Rispecchiando
i nuovi trendes nei consumi di sostanze illecite il 46% dei casi
di decesso aveva tracce di alcool nel sangue, maggiori dei livelli
di stupefacenti riscontrati (di questa percentuale in particolare
il 49% era maschio ed il 24% era femmina), mentre i 2/3 dei casi
esaminati mostrava anche tracce di altre sostanze, in particolare:
il 7%
|
di anti-depressivi (farmaci
normalmente prescrivibili)
|
un altro 7%
|
di cocaina
|
il 6%
|
di metadone
|
un altro 6%
|
di amfetamine
|
il 2%
|
di barbiturici
|
il restante 27%
|
tracce di Benzodiazepine
(come Tavor, Darkene etc.). Di questo 27% la maggioranza
erano donne
|
Le
conclusioni, che rispecchiano notevolmente la situazione italiana,
dicono che è stato registratro un aumento della overdose
fatali, e la popolazione a maggior rischio è rappresentata
da maschi tossicodipendenti lunga data.
La
novità, introdotta nei primi mesi del 1999, e che ha contribuito
ad una prima flessione delle cifre relative alle morti per overdose
nel NSW, paradossalmente non riguarda direttamente i problemi
del consumo di stupefacenti ma è di ordine legislativo:
le chiamate di emergenza (quello che per noi è il 118)
per legge non devono più essere obbligatoriamente segnalate
alle forze dell’ordine; tale segnalazione viene effettuata dal
personale dell’ambulanza solo nel caso se ne ravvisi la necessità
una volta giunti nel luogo ove prestare soccorso (in caso di episodi
di violenza, per esempio).
Questa
piccola modifica nella gestione delle emergenze ha in realtà
un grosso impatto sull’immaginario dei tossicodipendenti, maggiormente
motivati così a chiamare i soccorsi e a non lasciare solo
un compagno in difficoltà, anche solo per il tempo necessario
all’arrivo dell’ambulanza.
Solo
con questo presupposto è possibile poi istituire corsi
di formazione veramente credibili ("corsi di sopravvivenza"
come vengono comunemente definiti dagli operatori) verso gruppi
di consumatori, mirati al miglioramento delle conoscenze e delle
pratiche relative al soccorso per overdose sui loro stessi amici
(non a caso l’iniziativa australiana si chiama Look after tour
mate! - stai attento ai tuoi compagni!).
Una
simile iniziativa, promulgata dalla Ecole des ambulanciers
e monitorata dall’Università di Ginevra, consiste in sessioni
di "addestramento" specifiche e mirate, nei differenti
contesti di contatto con la popolazione dei consumatori: sulla
strada attraverso una Unità mobile, nella struttura stessa
del servizio e in un centro residenziale.
Le
sessioni, svolte a partire dal 1997 sono così strutturate:
1°
incontro
-
introduzione;
-
questionario
in entrata;
-
effetti
delle sostanze sull’organismo;
-
segni
tipici dell’overdose;
-
dimostrazioni
pratiche (con l’ausilio di manichini) di rianimazione.
2°
incontro
-
come
chiamare aiuto (chi chiamare, cosa dire, cosa fare aspettando
i soccorsi);
-
una
sessione con un video;
-
esercizi
pratici (con tecniche di role play)
3°
incontro
-
sequenza
delle azioni, in caso di overdose e discussione (sulla traccia
data dal materiale audiovisivo della 2° sessione);
-
valutazione
della performance di ogni partecipante;
-
questionario
in uscita e distribuzione di materiale informativo e di intervento
(maschere per la respirazione bocca-a-bocca).
Ogni
gruppo viene richiamato, dopo 6 mesi, per una sessione aggiuntiva,
a ulteriore verifica delle conoscenze acquisite.
I
metodi di insegnamento utilizzati quindi sono strettamente legati
al rispetto dei saperi della strada e della percezione che i singoli
partecipanti hanno del problema delle overdose.
Naturalmente
a partire dall’overdose, questo metodo, definito di "insegnamento
interattivo", può essere ampliato per includere altri
argomenti tipici: come prevenire le patologie correlate al consumo
di stupefacenti (Hiv in testa).
Un
indicatore positivo viene dalla drastica riduzione del numero
di overdose fatali nell’area di Ginevra:
1996
|
26 casi di overdose
|
1997
|
7 casi di overdose
|
1998
|
5 casi di overdose
|
Da
Ginevra, a cura del dottor Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale
della Lila e di Paolo
La Marca, Responsabile Area Riduzione del Danno Lila Nazionale.
top
CANNABIS
Alcune
sessioni della Decima Conferenza Internazionale sulla Riduzione
del Danno che si sta svolgendo in questi giorni a Ginevra, sono
state dedicate all’uso medico della cannabis sativa sperimentato
in Inghilterra, Olanda e in alcuni stati degli USA e le patologie
particolarmente indicate per un tale trattamento sono: quelle polmonari
come l’enfisema, la sclerosi multipla, i dolori cronici postoperatori,
il glaucoma, le sindromi gastrointestinali e la nausea (specialmente
per coloro che sono sottoposti a chemioterapia).
Sono
stati realizzati veri e propri trials clinici che confrontavano
la prescrizione di THC (Delta 9 tetraidrocannabinolo, uno dei principi
attivo dei derivati della cannabis sativa) orale o inalata
(per aerosol), cannabis (Marijuana) fumata, THC somministrato per
via orale, con la somministrazione di farmaci antiemetici "classici".
E’
di notevole interesse verificare come, fra i gruppi di controllo
di tali trials, quello con il maggiore impatto (con il migliore
beneficio e con il più alto grado di partecipazione) risulti
essere quello della marijuana fumata, con un grado di partecipazione
da parte degli individui coinvolti, più alto che ogni altro
gruppo (farmaci antiemetici, THC somministrato per via orale, rettale
o inalato).
ASSOCIAZIONISMO
E USERS’ GROUPS
In
Australia si è stabilito un nesso funzionale tra le attività
di alcune associazioni di consumatori (Users’ Groups) e gli
obiettivi di sanità pubblica, che si concretizza in finanziamenti
del Governo per l’organizzazione e le attività di tali gruppi.
In Francia, dai primi anni ‘90, è attiva una associazione
a cui non aderiscono solo "ex", ma anche consumatori "attivi".
ASUD
(Auto support pour les usager des drogues), che annovera
13 sedi sparse sul territorio francese, ha fatto dell’auto-aiuto,
del supporto tra pari e del rispetto dei saperi esperienziali, i
suoi pilastri per sostenere programmi di riduzione del danno mirati
alla prevenzione dell’Hiv, campagne informative rivolte ai consumatori
a proposito degli effetti desiderati e indesiderati derivanti dal
consumo di stupefacenti.
Il
fine ultimo di ASUD è però molto più ambizioso;
attraverso la pubblicazione bimestrale di un giornale di strada,
omonimo dell’associazione, si propone non solo di informare, ma
soprattutto di creare il consenso fra i consumatori, per trovare
un terreno comune, un’unione atta a costruire gruppi di interesse
e di pressione culturale, sociale e politica sui temi relativi alle
droghe.
Un’unione
che possa mettere veramente in discussione gli attuali assetti normativi
e giuridici in tema di consumo di sostanze illecite.
Il
cambiamento dell’immagine culturale delle persone tossicodipendenti
(la "rivoluzione di pensiero" che deve precedere ogni
rivoluzione sociale) è lo stesso obiettivo dell’associazione
di consumatori rappresentata dalla canadese Raffi Balian: la Toronto
Harm Reduction Task Force. Questa modifica dell’immaginario
collettivo della figura del tossicodipendente (violento, aggressivo,
delinquente e votato al suicidio) secondo la Balian deve necessariamente
"alzare il tiro" collegandosi con la problematica più
vasta e generale del rispetto del diritto di scelta individuale
e dei diritti umani inalienabili.
La
lotta alla stigmatizzazione e all’esclusione sociale e culturale
di cui i consumatori di droghe sono vittime, diventa un aspetto
peculiare nell’era dell’Aids, basti pensare alle strade di tutte
le città del mondo.
In
questo senso appuntamenti come questo di Ginevra diventano il punto
di incontro di una sempre più vasta "rete" internazionale
di gruppi di interesse e di Users’ Groups, per ottimizzare
lo scambio delle esperienze e stimolare il confronto e la trasferibilità
dei modelli e degli approcci, in particolar modo verso i paesi in
via di sviluppo per adeguare le politiche di intervento alle reali
dimensioni del consumo di droghe e delle problematiche correlate.
Durante
la sessione è stata proposta l’istituzione dell’International
drugs users’ day (la giornata mondiale dei consumatori di droghe),
con l’obiettivo dichiarato di sensibilizzare prima di tutto le Forze
dell’ordine e gli operatori socio-sanitari
ANCHE
L’ECONOMIA EVIDENZIA DI BENEFICI DELLA RIDUZIONE DEL DANNO
Dopo
10 anni di interventi rivolti a ridurre i danni correlati al consumo
di droghe è venuto il momento dei bilanci; il parametro costo-beneficio
viene così inserito nella valutazione dei diversi programmi
che in tutto il mondo vengono realizzati allo scopo di migliorare
la qualità della vita dei consumatori e insieme quella delle
Comunità locali, e più complessivamente dell’intera
società.
La
valutazione non avviene più solamente sulla base di indicatori
epidemiologici, ma anche sulla base di variabili di stampo economico
e finanziario.
Due
studi in particolare hanno suscitato un notevole interesse: quello
della Prof.ssa Christina Godfrey dell’Università di York
(Inghilterra) e quello del Dr. Martin Killias, criminologo dell’Università
di Losanna. Le sempre più esigue risorse che affluiscono
alla sanità pubblica impongono a tutti i policy makers
una attenta valutazione, per un uso "etico" di queste,
nel rispetto dei bisogni dei diversi gruppi sociali.
La
scelta tra diversi modelli di intervento è molto spesso carente
riguardo i vantaggi di una più precisa analisi dell’impatto
sociale che questi procurano.
Una
elaborazione più approfondita potrebbe invece orientare le
attività, comprese quelle mirate alla riduzione dei danni,
non solo verso la possibilità di "salvare" un numero
maggiore di vite, e non solo all’obiettivo più ambizioso
e a lungo termine di apportare un miglioramento della qualità
della vita globale dei tossicodipendenti, ma anche di tradurre questo
miglioramento a favore dell’intera comunità (riduzione della
criminalità correlata, riduzione e contenimento della tensione
sociale tra gruppi marginalizzati, riduzione dei costi di ospedalizzazione
e/o trattamento, contenimento dei costi dovuti alla perdita di capacità
produttive ecc.).
Occorre
modificare la prospettiva con cui si guarda a questi interventi,
considerati "solo" un costo aggiuntivo a quanto già
speso normalmente per il settore sanitario.
Un
interessante integrazione di questa analisi è stata inclusa
nella presentazione del Dr. Killias che ha confrontato i costi e
i benefici prodotti dalla somministrazione controllata di oppiacei
per persone tossicodipendenti.
Le
variabili utilizzate nella presentazione (riduzione del tasso di
criminalità, riduzione dei costi sociali sostenuti dal sistema
ospedaliero e penitenziario, riduzione dei costi inerenti le conseguenze
dei crimini correlati, tra cui quelli indiretti sopportati dalle
vittime) sono state così confrontate con i costi diretti
derivanti dall’assistenza sociosanitaria fornita alle persone tossicodipendenti.
Il
confronto è avvenuto sulla base di dati relativi ad un gruppo
di 300 persone, tra il 1994 e il 1997 ed ha evidenziato un beneficio
netto, per ogni persona inserita nel programma, di circa 22 Franchi
svizzeri al giorno (Lit. 28.000), da moltiplicare per il numero
di pazienti rimasti in trattamento per oltre un anno (in media 1.000).
E’
stato stimato che tale risparmio per la Svizzera rappresenta un
abbattimento di quali l’80% dei costi rispetto ad un percorso di
trattamento "tradizionale".
Il
Prof. Philippe Lehmann, responsabile delle politiche in materia
di droghe, per il Ministero della Sanità Svizzero ha dimostrato,
sempre in termini di analisi costo-beneficio, gli effetti della
nuova politica nazionale adottata negli anni ’90 dalla Federazione
Elvetica.
Pur
rimanendo ancorati ad un quadro legale di proibizione per tutte
le droghe e di penalizzazione dei consumatori, l’analisi dei danni
provocati in termini umani, sociali, economici e sanitari ha portato
a scegliere il modello dei "4 pilastri": prevenzione
del consumo e riduzione della domanda, facilitazione dell’accesso
alle terapie, riduzione dei rischi e dei danni e repressione della
vendita illegale.
Anche
questa analisi è stata confrontata con una stima dei costi
sostenuti a livello statale per le attività correlate a tutti
i settori di cui sopra.
In
un’indagine effettuata nel periodo 1992/1994 è stato evidenziato,
sulla base di una spesa annua di 1 miliardo di Franchi Svizzeri,
che il 50% dell’intero budget viene assorbito dal sistema giudiziario
e legale, il 25% per le terapie, il 18% per le attività di
riduzione dei danni, il 4,4% per la prevenzione e il 2,6% per la
ricerca scientifica.
Poiché
le analisi socioeconomiche relative all’impatto sociale delle diverse
strategie di intervento sono ai primi passi (e non a caso iniziano
proprio in quei Paesi nei quali la scelta di una politica più
pragmatica in materia di droga ha scatenato tanti dibattiti e contrasti
sociali!), non si possono ancora trarre conclusioni certe e definitive
da questi studi, ma è comunque fondamentale l’acquisizione
di un valore aggiunto legato alla considerazione che il benessere
individuale (il miglioramento nella durata e nella qualità
di vita del consumatore) non può essere scisso dai vantaggi
economici, di ordine sociale e di sanità pubblica.
Uno
dei messaggi forti che esce da questa conferenza è che non
solo la Sanità e gli Affari Sociali e il Sistema Giudiziario
devono cooperare per integrarsi nell’ottica di un Piano di intervento
complessivo, ma anche l’Economia può evidenziare i fattori
strategici che devono condurci ad un uso più equo e razionale
delle risorse, soprattutto quando se ne avverte la crescente limitatezza.
Da
Ginevra, a cura di:
Vittorio
Agnoletto, Presidente Nazionale Lila,
Paolo
La Marca Responsabile Area Riduzione del Danno Lila Nazionale,
Mariella
Orsi - Lila, Sociologa ASL Firenze
top
OVERDOSE,
RIDUZIONE DEL DANNO E SISTEMA PENITENZIARIO
Le
condizioni penitenziarie dei tossicodipendenti e il rapporto tra
Harm reduction (riduzione del danno) e strategie repressive continua
ad essere uno degli argomenti più discussi alla Conferenza
di Ginevra.
Il
rischio di overdose nella settimana seguente alla scarcerazione
è otto volte superiore ai rischi a cui è sottoposto
quotidianamente un tossicodipendente per via endovenosa che non
proviene dalla detenzione; questo è il risultato di una ricerca
condotta in Scozia da Sheila Gore dell’Istituto di Salute
Pubblica di Cambridge; il 20% dei detenuti è risultato inoltre
positivo alla epatite C ma tale percentuale sale al 49% tra i detenuti
tossicodipendenti.
Secondo
una ricerca realizzata da Bauer Pierre del Superintendencia de Saude
nello stato di Rio de Janeiro il 43% degli uomini e il 60%
delle donne sono detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti
e l’80% di costoro sono accusati di spaccio. Se prima della detenzione
le sostanze utilizzate erano in ordine decrescente alcool, marijuana
e cocaina, durante la detenzione l’uso delle sostanze si è
modificato a seconda della loro disponibilità: il 27% degli
uomini e il 16% delle donne ha fatto uso di marijuana, rispettivamente
il 19% e il 13% di cocaina e il 9% e il 5% di alcool.
L’uso
di droghe in carcere è una condizione comune a tutte le nazioni,
cambia solo il tipo di sostanza disponibile nel mercato nero del
carcere. Anche alla luce dei dati che emergono da questa Conferenza
risultano ancora più insostenibili le dichiarazioni di molti
direttori dei penitenziari italiani quando affermano che le droghe
non entrano nelle nostre carceri. Va assolutamente superata l’attuale
politica dello struzzo ed è urgente avviare anche in Italia
strategie di riduzione del danno rivolte ai detenuti tossicodipendenti.
Molto
più pragmaticamente il prof. Alex Wodak direttore del Servizio
per l’alcool e le droghe dell’Ospedale St. Vincent di Sydney
ha illustrato uno studio randomizzato controllato di somministrazione
di metadone in carcere in una situazione ove il 77% dei tossicodipendenti
detenuti aveva dichiarato di fare uso di eroina durante la detenzione.
Non solo tale uso è risultato più che dimezzato in
seguito all’intervento realizzato, ma è stato anche dimostrato
che in carcere è addirittura possibile realizzare un trial
scientifico.
In
Italia a tutt’oggi in nessun carcere è disponibile un trattamento
di mantenimento metadonico e i tossicodipendenti rappresentano il
30% della popolazione detenuta!
SOMMINISTRAZIONE
CONTROLLATA DI EROINA E ABUSO DI COCAINA
L’84%
della popolazione tossicodipendente coinvolta a Zurigo nel progetto
di somministrazione controllata di eroina faceva uso contemporaneo
di cocaina; questa assunzione eseguita dall’Istituto per la ricerca
sulle droghe di Zurigo e presentata da Richard Blatter è
emerso che dopo 18 mesi di somministrazione controllata di eroina
l’uso quotidiano di cocaina è calato dal 30 al 6,5% e quello
occasionale dal 54 al 42%. Non si conoscono i motivi per cui si
è verificato tale calo.
Una
ipotesi potrebbe essere che la motivazione di permanere all’interno
del trial sviluppi il desiderio di migliorare complessivamente la
propria qualità di vita, anche se la non assunzione di cocaina
non è una condizione necessaria per permanere nel protocollo
sperimentale.
La
presenza di una mobilità psichiatrica non è predittiva
a priori di un fallimento terapeutico nel trial di somministrazione
di eroina; è quanto emerso da una ricerca svizzera presentata
da Miguel Marset. Per mantenere nel progetto tali pazienti è
d’altra parte necessario adeguarne i tempi e le modalità,
nonché la composizione dello staff in considerazione del
target specifico.
NUOVE
TENDENZE NEI CONSUMI
Tarcisio
Andrade, del CEMAD di Bahia (in Brasile) ha illustrato
le modificazione sull’uso delle sostanze che si stanno verificando
in una città di 3 milioni di abitanti, con l’80% di persone
di colore.
La
diffusione del crack è iniziata nel 1996 e ha modificato
profondamente le modalità di consumo della cocaina che, precedentemente,
veniva principalmente iniettata; attualmente fumare crack
è la pratica più diffusa con la conseguenza che il
progetto di scambio di siringhe avviato nel 1996 risulta attualmente
non più utile, ed è necessario adeguare le strategie
di riduzione dei danni in conseguenza.
Nella
stessa direzione si è mosso l’intervento di Paul Dillon,
del centro nazionale su droghe e alcool di Sydney che ha
disegnato il primo studio sulla Ketamina, sostanza comunemente usata
in medicina ed in veterinaria come anestetico, e contemporaneamente
utilizzato per uso ricreazionale in varie parti del mondo (Italia
compresa).
Lo
studio è tuttora in fase di svolgimento e sarà possibile
avere una prima serie di dati a partire dalla prossima Conferenza
che si terrà l’anno prossimo nelle Jersey Island, a ridosso
del Canale della Manica.
Lybby
Tobb, dell’Università di Sydney ha riferito a proposito
di una ricerca svolta su 300 consumatori di ecstasy in tre
città Australiane, con l’obiettivo di indagare i disturbi
riferibili a tale consumo.
Fra
i dati di maggior interesse è emerso che: il 40% del campione
riportava problemi di riduzione della performance scolastica e/o
lavorativa, il 41% denunciava gravi episodi di disidratazione.
Ciò
nonostante il 94% degli intervistati descriveva il proprio uso personale
come "non dannoso"; d’altra parte 1/5 del campione aveva
ricevuto almeno un trattamento per uno dei sintomi correlati all’uso
di metaamfetaminici e il 7% era attualmente in trattamento.
Il
25% riferiva il desiderio di ridurre l’uso, soprattutto a causa
dei problemi finanziari, relazionali e psicosociali derivanti; il
15% richiedeva di essere assistito da strutture pubbliche e l’85%
aspirava ad informazioni più qualificate sui rischi connessi
all’uso di tali sostanze. Il forte aumento del consumo tra le giovani
generazioni e la contemporanea sottovalutazione dei rischi rende
estremamente complesso individuare strategie pragmatiche di intervento.
Destano
preoccupazione i dati che emergono dalla ricerca presentata da Ali
Judd del Centro di ricerca sui comportamenti legati al consumo di
droghe di Londra, che ha indagato l’incidenza dello scambio
di siringhe in una popolazione tossicodipendente mai afferita ai
servizi pubblici e privati.
Il
52% della coorte contattata in diverse città inglesi ha dichiarato
di aver scambiato almeno una volta una siringa, nelle ultime quattro
settimane, di questi il 32% con il partner, il 37% con amici e l’11%
con sconosciuti; il restante 20% non ha risposto esaurientemente.
Il 74% dell’intero campione, pur non condividendo la siringa, ha
utilizzato il materiale iniettivo insieme con altre persone (il
61% ha condiviso il cucchiaino e il 62% i filtri).
La
percentuale di coloro che riferiscono un frequente scambio di siringhe
è del 16% e per quanto riguarda il frequente uso promiscuo
di materiale iniettivo la percentuale sale al 32%.
Tale
ricerca evidenzia la necessità di rifocalizzare le azioni
di prevenzione su tali gruppi, dal punto di vista della correzione
di comportamenti relativi non solo alla scambio delle siringhe,
ma anche dell’uso in comune di materiale preparatorio all’iniezione,
il quale sostituisce un vettore di infezione di eguale gravità
per quanto riguarda la trasmissione delle epatiti B e C.
USO
DI STEROIDI ANABOLIZZANTI
Una
serie di indagini operate fra i giovani frequentatori di palestre
e Gym Centers in Australia ha evidenziato alcuni aspetti inediti
relativi all’uso di steroidi anabolizzanti per via endovenosa.
Lo
studio, formulato con interviste in profondità, prende in
considerazione gli aspetti relativi alle motivazioni che stanno
dietro all’uso di tali droghe Performance enhancing, dal
punto di vista di giovani uomini e donne con differenti orientamenti
sessuali (homo, bi e eterosessuali).
L’(ab)uso
di steroidi sembra essere strettamente collegato alla componente
iconica ed estetica della percezione del corpo che trova la sua
origine soprattutto nei media ("entrare in un club, essere
ammirati per il proprio corpo e poter scegliere fra molti partners
sessuali"...).
Fra
le motivazioni più frequenti, fra i maschi eterosessuali,
troviamo affermazioni come:
-
smettere
di apparire magrolino e "uscire dalla folla";
-
emulare
i "campioni" del fitness e del cinema,
-
aumentare
la massa muscolare modificando così la taglia del proprio
corpo;
-
essere
ammirati e più popolari.
Nell’immaginario
dei maschi eterosessuali prevale l’idea che alle donne piaccia il
"tipo tutto muscoli", che le faccia sentire più
"femminili".
Paradossalmente
(ma forse non troppo...) le stesse domande poste a giovani donne
eterosessuali trovano risposte diametralmente opposte: l’immagine
della bellezza corporea non passa a tutti i costi per le dimensioni
e la tonicità della massa muscolare; il 100% delle intervistate
ha affermato di preferire qualità come la comprensione e
la dolcezza, piuttosto che la forza fisica o il diametro dei bicipiti.
Analoghe
ricerche condotte comparando popolazione di usufruitori di steroidi
maschi, homo ed eterosessuali, oltre a rivelare che circa il 2%
dell’intera popolazione Australiana ha iniettato steroidi almeno
una volta, riflettono le differenze della percezione del corpo in
relazione all’orientamento ed all’identità sessuale: anche
se in entrambi i gruppi la soddisfazione derivante dalle modifiche
del corpo riveste un ruolo di prim’ordine, fra i giovani eterosessuali
ciò è soprattutto relativo all’aumento della forza
fisica, mentre fra gli intervistati omosessuali tale desiderio è
relativo a aumentare la propria bellezza il proprio appeal.
Da
Ginevra: a cura del Dottor Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale
Lila e
Paolo
La Marca, Responsabile Area Riduzione del Danno Lila
top
SALUTE
PUBBLICA VERSUS ORDINE PUBBLICO
Le
preoccupazioni per l’ordine pubblico spesso vengono contrapposte
alle iniziative di riduzione del danno finalizzate alla tutela della
salute pubblica (e non solo al benessere di target specifici, è
bene ricordarlo!) per questo motivo la conferenza ha correttamente
scelto di confrontarsi con questa falsa contraddizione.
Bebier
Marcel, funzionario di polizia della città di Zurigo
addetto alla programmazione degli interventi per la sicurezza urbana,
ha illustrato i profondi cambiamenti che si sono verificati negli
ultimi anni nella politica sulle droghe . Nel 1987 vi erano in trattamento
metadonico meno di 1000 persone nonostante vi fossero in città
diverse migliaia di tossicodipendenti dei quali circa il 50% erano
sieropositivi, l’allarme sociale cresceva quotidianamente parallelamente
al costo dell’eroina.
Alla
fine degli anni 80 per rispondere alle proteste di ampi strati della
popolazione cittadina che chiedevano "pulizia nelle strade",
ossia di sottrarre alla vista pubblica i tossicodipendenti, specialmente
nelle aree residenziali e nel centro commerciale. Il parco cittadino
venne considerato "zona libera" dove concentrare i tossicodipendenti
e, contemporaneamente, rinunciare all’intervento delle forze dell’ordine.
Il risultato fu la costituzione di un supermarket della droga con
una forte crescita della microcriminalità e con l’assenza
all’interno del parco di qualsiasi struttura sanitaria organizzata.
Nell’89
fu attivato un servizio medico in grado anche di distribuire vestiti
e cibo; tale provvedimento tampone fu vissuto da una parte della
popolazione tossicodipendente come una scelta di silenziosa liberalizzazione.
Nel 1990 i tossicodipendenti che vivevano nel parco erano tra i
2 e i 4000 dei quali solo il 20% proveniva dalla città di
Zurigo. Se nell’89 venivano distribuite 2600 siringhe al giorno
nel ‘91 il numero delle siringhe quotidianamente diffuse nel parco
superò le 10.000 ;il risultato fu una diminuzione del 20%
dell’incidenza dell’infezione da Hiv.
Ma,
secondo Babier, la situazione di criminalità diffusa aveva
superato nel parco la soglia di attenzione, il 15/2/92 il parco
fu chiuso dallo polizia e nel frattempo non era stata attivata alcuna
misura di supporto psicosociale né sanitario. Il risultato
fu che migliaia di tossicodipendenti si riversarono nella città
in cerca di eroina ma anche di posti di ricovero, oltre che di soldi
per sopravvivere e per acquistare la sostanza.
A
poco servirono gli interventi repressivi e l’espulsione forzata
degli stranieri. Nel ’93 venivano distribuite dai progetti di strada
oltre 15.000 siringhe al giorno. Non solo l’area attorno alla stazione
ma anche il centro finanziario della città era frequentato
da molti tossicodipendenti e tale situazione produceva forti tensioni
sociali. Nel giugno ‘94 "uno sciopero degli spacciatori"
rese il clima ancora più teso e di difficile controllo da
parte delle forze dell’ordine. Quell’anno si ebbe un aumento impressionante
di incarcerazione di tossicodipendenti.
Fu
in questo contesto che si avviò, sia a livello sociale che
nel mondo politico svizzero, un dibattito che si concluse con una
profonda modifica dell’approccio complessivo al mondo della tossicodipendenza.
Il
14 febbraio 1995, a Zurigo, fu avviato il primo programma di distribuzione
di eroina che coinvolse inizialmente 100 persone. Le forze dell’ordine
non condividevano tale iniziativa, temendo un aumento del numero
di tossicodipendenti e un ulteriore ampliamento del mercato nero.
A
quattro anni di distanza tali timori non si sono dimostrati reali
e, anzi, si è creata una forte collaborazione fra le forze
dell’ordine e i servizi sociosanitari impegnati nelle strategie
di riduzione del danno.
E’
significativo che ad illustrare questa collaborazione sia proprio
Bebier, funzionario della polizia di Zurigo, il quale proprio mentre
afferma che ciò nonostante anche a Zurigo il problema della
tossicodipendenza non è risolto, soprattutto perché
sono ancora molti i tossicodipendenti clandestini, ribadisce che
la soluzione non potrà, anche nel futuro, essere ricercata
in un ulteriore intervento repressivo delle forze dell’ordine. Queste
ultime, ormai da quattro anni, hanno inserito nel loro curriculum
formativo percorsi di collaborazione con gli operatori sanitari.
Le
strategie svizzere sin qui illustrate hanno tratto la loro origine
da spinte e motivazioni fra loro esternamente differenti: da quelle
finalizzate a tutelare l’ordine pubblico, a quelle centrate su politiche
di solidarietà; la diminuzione della criminalità ed
il miglioramento della qualità di vita delle persone inserite
nei programmi sanitari sembrano dimostrare che gli obiettivi sono
stati almeno parzialmente raggiunti.
Nicole
Maestracciresidente de la Mission Interministerielle de lutte
contre la drogue et la toxicomanie ha illustrato la situazione
francese. Nel ’92 i programmi di scambio di siringhe hanno provocato
un vero scontro politico tra il Ministero degli Interni e quello
della Sanità nonostante i primi progetti fossero attivi dall’87.
Il clima proibizionista imperava e l’unico farmaco sostitutivo utilizzato
era il Subutex; nel ’94 le persone in mantenimento metadonico erano
infatti solo 50 .
La
legge sugli stupefacenti è del ’70 ed è considerata
ormai non più attuale, ma le modifiche realizzatesi finora
si sono verificate nella pratica quotidiana lasciando immutato il
contesto legislativo. Attualmente sono circa 6000 i tossicodipendenti
in mantenimento metadonico; dal ’96 tale trattamento è garantito
anche negli istituti di pena. L’80% dei tossicodipendenti detenuti
viene in contatto per la prima volta col servizio sanitario pubblico
(che dal ’94 opera regolarmente anche nelle carceri) durante la
detenzione. Attualmente le forze dell’ordine non interferiscono
più con l’attività dei progetti di strada.
Paulo
Texeira, deputato dello stato di Sao Paulo, impegnato nella difesa
dei diritti delle persone sieropositive, ha illustrato le modificazioni
legislative avvenute in quel territorio negli ultimi anni, che sono
culminate nella recente approvazione di una legge specifica sulla
riduzione del danno.
Di
fronte al forte aumento della sieropositività fra i consumatori
di droghe, nel 1989 vengono avviati i primi progetti di riduzione
del danno. Tali progetti che consistevano nell’attività di
equipes di strada, finalizzati alla distribuzione e scambio
di siringhe, vengono bloccati poiché ritenuti in contraddizione
con la legge sui narcotici.
I
progetti ripartono nel 1995 approvati dallo stato di Sao Paulo e
con un finanziamento della Banca Mondiale, ma anche questa volta
vengano bloccati con la medesima motivazione.
Contro
tale divieto sono insorti gran parte dei media, del mondo sanitario
e del mondo politico; le strategie di riduzione dei danni sono diventate
parte integrante del programma del PT (Partido deu trabacadores),
il maggior partito dell’opposizione.
Contemporaneamente
vi è stata una forte azione di pressione di lobby da parte
di diverse NGO (Organizzazioni non governative) e della stessa UNAIDS
(l’agenzia ONU che si occupa della lotta all’Aids).
Queste
azioni congiunte si sono sommate al timore derivante dall’aumento
delle infezioni da Hiv e da epatiti, e alla pubblicazione degli
ottimi risultati ottenuti dai progetti di riduzione del danno attivi
in altre nazioni.
In
seguito a queste pressioni sono stati ottenuti risultati significativi:
dal 1995 i farmaci anti-Hiv sono disponibili gratuitamente (quelli
attualmente utilizzabili sono gli stessi inseriti nella farmacopea
ufficiale italiana, anche se la loro disponibilità quotidiana
funziona ‘a singhiozzo’ e la loro diffusione sul territorio nazionale
non è omogenea), dal 1997 tute le malattie compresa l’Aids
devono poter essere coperte economicamente dalle Assicurazioni che
per legge non possono rifiutarsi di stipulare tali polizze (Health
insurance plan regulation).
L’approvazione
di una legge specifica sulla riduzione del danno, nel 1998 nello
stato di Sao Paulo, costituisce non solo un grande successo per
chi da anni ha avviato progetti di Harm reduction, ma anche
un ulteriore stimolo a codificare la legge federale sulla droga
che sale al precedente regime militare.
Nello
stato di Sao Paulo dal 1992 al ’97 l’incidenza dei nuovi casi di
infezione, segnalati tra i tossicodipendenti è diminuita
dell’1,5%, mentre nel resto del Brasile (ove non sono stati attivati
progetti i riduzione del danno fino al 1997) vi è stato un
aumento oscillante tra il 6,5 ed il 18%.
MODELLI
INTEGRATI DI INTERVENTO: THE DANISH DRUG USERS’ UNION
Nonostante
il modello olandese sia chiamato sempre a pietra di paragone delle
politiche anti-repressive e pragmatiche in materia di droghe, nell’ambito
dell’Europa unita anche altre nazioni sviluppano modelli di intervento
integrato fra la strada, le associazioni di users e le istituzioni
politiche, sanitarie e di ordine pubblico.
E’
il caso della municipalità di Copenaghen (Vesterbro,
il mercato illegale più vasto dell’intera Danimarca), che
con l’avvallo del Mistero per gli affari sociali, delle forze dell’ordine
e la collaborazione attiva di operatori sociosanitari pubblici e
privati, e delle associazioni di consumatori, ha implementato un
progetto che vede tutti questi attori in gioco nel costruire politiche
i mediazione fra i bisogni e le esperienze di consumatori, le esigenze
sanitarie e terapeutiche e le necessità di controllo dell’ordine
pubblico.
Gli
strumenti operativi individuati annoverano l’utilizzo di una unità
mobile che fa da riferimento ad un centro clinico dove, nel pieno
rispetto delle politiche di riduzione del danno, si distribuiscono
strumenti di profilassi, si danno informazioni e consigli sulla
prevenzione delle patologie correlate al consumo di stupefacenti
per via endovenosa e si costruiscono relazioni tramite tecniche
di counselling.
Fra
i tossicodipendenti che afferiscono a questo servizio vengono così
individuati gli opinion leaders, gli operatori ‘pari’, capaci
di gestire relazioni significative con la popolazione target, forti
di saperi esperienziali mixati con le corrette informazioni sanitarie.
MIRO
Methods Impact Research Outreach
La
Lila presenta il progetto MIRO, co-finanziato dalla Comunità
Europea e mirato a valutare l’impatto delle strategie informative
utilizzate dai progetti di riduzione del danno nell’area del sud
Europa (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia).
Dopo
la costruzione di un questionario/intervista, sviluppato nel corso
della prima fase di scambio e di confronto delle esperienze, il
progetto è attualmente nella fase di somministrazione ad
un campione costituito da 1.600 utenti dei progetti di riduzione
del danno coinvolti nei cinque paesi partners.
La
tipologia dei servizi coinvolti, ed le modalità di intervento
variano a seconda dei contesti nazionali, politici e sociosanitari;
il partner francese ad esempio è un’associazione parigina
di consumatori di sostanze che somministrerà i questionari
attraverso progetti di unità mobile, mentre per la Grecia
la raccolta dati avverrà tramite l’ambulatorio della Scuola
Nazionale di Salute Pubblica di Atene.
Il
questionario, studiato per rispondere alle differenti esigenze territoriali
di lingua, tradizione, cultura e patterns di consumo, contiene:
- una
parte iniziale socio-demografica;
- una
parte relativa all’accessibilità, alla conoscenza e all’utilizzo
di materiali informativi e di profilassi;
- una
parte relativa all’autovalutazione dei materiali, delle modalità
di acquisizione di tali materiali (distribuzione ‘fredda’, colloquio,
counselling, etc...) e alla customer satisfaction, cioè
il grado di soddisfazione e gradimento da parte degli utenti;
- una
ultima parte ‘sensibile’ relativa alla valutazione della qualità
della vita, all’uso di sostanze e ai comportamenti a rischio.
La
terza fase di MIRO, comprendente la raccolta, la sistematizzazione
e l’elaborazione dei dati partirà da giugno 1999, ed i risultati
saranno disponibili a partire dall’ultimo quarto del 1999.
DRUGS
BOOK: A RAVERS’ HANDBOOK
La
seconda presentazione della LILA è un poster del booklet
chiamato Drugs Book, co-finanziato dal COA e rivolto ai giovani
(potenziali) consumatori di stupefacenti.
Sulla
scia delle esperienze di questi anni, e di fronte al diffondersi
di ‘nuove’ sostanze, Drugs book, affronta temi quali, la prevenzione
sessuale dell’HIV, gli effetti desiderati ed indesiderati delle
droghe meta-amfetaminiche (erroneamente raccolte tutte sotto la
voce ‘ecstasy’) e delle sostanze che vanno per la maggiore fra i
giovani (14-25 anni): Speed, Ketamina, popper, LSD e acidi, funghetti
‘magici’, etc....
Concepito
per trasmettere informazioni per stimolare l’uso ‘corretto’ (cioè,
cosciente e meno rischioso possibile) di queste sostanze in completo
accordo con le politiche di riduzione dei danni, Drugs book fornisce
altri elementi di rilievo ai lettori, relativi al consumo per endovenosa,
a come comportarsi in caso di overdose e di ‘Bad trip’ da metaamfetaminici
e ‘acidi’, fino alle conseguenze legali e giuridiche previste per
il possesso ed il consumo di queste sostanze.
Drugs
book, che è stato distribuito a tutti i Ser.T. d’Italia e
a tutte le esperienze di riduzione del danno inserite nella directory
LILA, costituisce anche un interessante esperienza anche dal punto
di vista metodologico, in quanto il testo definitivo è stato
costruito in due incontri nazionali, tenutisi a Roma e a Rimini
nell’estate del 1998, i quali hanno visto la partecipazione di circa
100 delegati provenienti da oltre 50 realtà nazionali, pubbliche
e private, attive sul nostro territorio.
L’alto
grado di adattabilità alle differenti realtà italiane,
agli interventi nelle scuole, nei centri sociali, nei locali da
ballo e nei ‘raves’ è appunto il risultato di derivante da
questo lavoro di rete teso a concretizzare lo scambio e il confronto
delle esperienze e dei modelli operativi utilizzati nel nostro paese.
Si
è conclusa a Ginevra
la Decima Conferenza Mondiale sulla Riduzione del Danno
Quattro
sono i punto conclusivi emersi dopo giorni di intenso lavoro:
- la
riduzione del danno rappresenta anche un vantaggio economico per
le nazioni che hanno avuto il coraggio di inserirla come elemento
stabile nella propria politica sanitaria, e questo rappresenta
un’opportunità in particolare per il sud del mondo, le
cui risorse destinate agli interventi sociali sono sempre più
strangolate dalle politiche della Banca Mondiale.
- La
Riduzione del danno nata nell’epoca dell’Aids, come strumento
primario per la riduzione dei rischi di infezione da Hiv e delle
morti da overdose tra i tossicodipendenti, oggi può essere
applicata anche al mondo della prostituzione, del disagio psichico,
dell’alternativa alla carcerazione oltre che nel campo della prevenzione
primaria nelle politiche sociali ed educative rivolte agli adolescenti.
- La
diffusione crescente dell’uso degli steroidi anabolizzanti, la
pericolosità dei quali è stata illustrata dalle
prime ricerche presentate, si somma alla necessità di indagare
ulteriormente sui rischi connessi all’uso di solventi, funghi
psichedelici, crack e, ultima sostanza usata a scopo ricreativo,
la Ketamina.
- La
soddisfazione espressa dalle autorità Svizzere per i risultati
positivi, ormai scientificamente validati, ottenuti dalla somministrazione
controllata di eroina, si spera stimoli un salto qualitativo nella
Comunità Europea per scelta di interventi più pragmatici
e rispettosi dei bisogni di salute delle centinaia di migliaia
di tossicodipendenti che tuttora soffrono per gli effetti di discriminazione
sociale.
Da
Ginevra: a cura del Dottor Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale
Lila e
Paolo
La Marca, Responsabile Area Riduzione del Danno Lila
top
|