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Numero 2

Decima Conferenza Internazionale sulla Riduzione del Danno

Ginevra, 21 - 25 marzo 1999

Si è aperta domenica a Ginevra la Decima Conferenza Internazionale sulla Riduzione dei danni correlati all’uso di droghe; erano presenti 600 delegati provenienti da oltre 40 nazioni di tutti i continenti. Non vi è dubbio che con questa edizione la conferenza supera definitivamente la propria fase "pionieristica" e si pone come un evento annuale in grado di inteloquire con le istituzioni internazionali al massimo livello.

Infatti ad aprire la conferenza è stato Peter Piott, direttore generale dell’UNAIDS (l’Agenzia dell’ONU che si occupa di Aids), che ha sottolineato la centralità di interventi di riduzione del danno.

Attività che sono fondamentali nella lotta all’Aids, non solo nei paesi occidentali, ma anche nel sud del mondo se si pensa che su oltre 1 milione di persone sieropositive, circa un quarto sono tossicodipendenti per via endovenosa.

Piott si è spinto oltre citando come esempio le scelte operate dalla Confederazione Elvetica, che ormai da tre anni ha attivato un programma di somministrazione controllata di eroina.

Resta un mistero come possano convivere all’interno dell’ONU strategie simili insieme con le politiche rigidamente proibizioniste realizzate dall’agenzia delle Nazioni Unite per la lotta alla droga, coordinata dall’italiano Pino Arlacchi.

Ed è stata proprio Ruth Dreifuss, ora presidente della Svizzera, e precedentemente Ministro della Sanità, a illustrare come attraverso l’articolazione di progetti di riduzione del danno i decessi per overdose siano calati del 50% negli ultimi 6 anni.

Dal giugno 1999 quando terminerà il trial di ricerca, l’eroina sarà prescrivibile per i tossicodipendenti che rientreranno in specifici indicatori sociali e sanitari; entro il 2001 il governo svizzero intende rivedere, alla luce di questa esperienza, complessivamente la legge sulla droga.

LA RIDUZIONE DEL DANNO IN CARCERE

Fin dal primo giorno la Conferenza si è misurata con un altro territorio "proibito": ossia gli interventi di riduzione del danno nelle carceri.

L’Università di Oldenburg, in Germania, ha realizzato un progetto sperimentale di distribuzione di siringhe nel carcere di Vechta, coinvolgendo 169 donne, e nel carcere di Lingen 1, con 63 uomini. A Vechta, per garantire maggiormente l’anonimato funzionato 5 macchine scambiatrici di siringhe, mentre a Lingen 1 le siringhe vengono fornite direttamente dal personale addetto al counselling con i detenuti tossicodipendenti.

Il 50% della popolazione coinvolta è sieropositivo; in due anni sono state distribuite complessivamente oltre 21.000 siringhe, con una restituzione media del 98%. Non solo sono così diminuite le overdose e l’uso promiscuo di materiale iniettivo, ma in due anni non si è verificato un solo caso di infezione da Hiv, ne di Epatite B o C, ed è aumentata la richiesta e l’utilizzo delle atlre pratiche disponibili all’interno dell’Istituto Penitenziario.

Inizialmente vi era una forte resistenza da parte del personale penitenziario, che temeva per la propria incolumità, ma in due anni non si sono verificati episodi di aggressione verso gli operatori penitenziari.

Ad Amsterdam è stato realizzato il primo progetto "Outreach Working in Prison" (quello che noi definiremmo "lavoro di strada in Prigione"): un gruppo di attivisti, ex-tossicodipendenti, dell’associazione Mainline che da anni opera nelle strade della città, per 4 ore alla settimana, da oltre 6 mesi, sostituisce alla strada i "bracci del carcere".

Negli incontri tra operatori e detenuti, facilitati dal comune background, si discutono le pratiche di safer shooting (buco pulito), di come evitare gli episodi di overdose, che spesso tendono a verificarsi nella prima settimana dopo il rilascio; i risultati non consistono unicamente nel miglioramento delle condizioni sanitarie e psicologiche di vita in carcere, ma anche nella possibilità di realizzare già dento il carcere, un "aggancio", che si può protrarre anche una volta tornati in libertà, cosa che accade nel 57% dei casi.

PROSTITUZIONE A BOSTON

Un interessante e audace ricerca, condotta nella città di Boston, ha cercato di verificare l’impatto delle azioni repressive della Polizia nei confronti delle donne coinvolte nel mondo della prostituzione, dedite in alcuni casi all’uso di stupefacenti.

Tali azioni, oltre a non aver ottenuto risultati apprezzabili nella riduzione del consumo di droghe o delle attività relative alla prostituzione, hanno fatto registrare risultati negativi inattesi:

del totale delle donne incarcerate, che non avevano mai consumato sostanze prima dell’incarcerazione, circa il 50% ha cominciato ad usare droghe in cella sviluppando dipendenza che diviene drammatica al momento del rilascio; quando si entra nella distruttiva spirale di chi si prostituisce per "farsi" e si "fa" per narcotizzarsi e reggere la vita sulla strada.

OVERDOSE

La presentazione del Prof. Musty, che opera nel New South Wales (NSW), in Australia, riguarda una ricerca sugli episodi di decessi tossicologicamente correlati all’uso di stupefacenti, avvenuti nel NSW nell’ultimo anno.

Le figure tracciate dal Prof. Musty sono inquietanti, poiché risultano per molti aspetti sovrapponibili alla situazione nel nostro paese.

Dei 953 decessi registrati:

il 46%

è avvenuto in casa propria

il 15%

in casa di amici

il 15%

in strada o nel "Bushland", all’aperto

il 7%

in prigione

il restante 22%

si divide fra ospedale, automobile, strazione o in treno e in hotels o clubs

Il tempo medio fra l’ultima assunzione di stupefacenti e l’avvenuto decesso risulta essere:

nel 15% dei casi

all’istante

nel 25%

entro 1-2 minuti

nel 12%

entro 15 minuti e 1 ora

nel 3%

fra 1 e 2 ore

in un altro 3%

fra le 2-3 ore

nel 20%

dopo più di 3 ore

per il restante 25%

il tempo è incerto e non definibile

 

Rispecchiando i nuovi trendes nei consumi di sostanze illecite il 46% dei casi di decesso aveva tracce di alcool nel sangue, maggiori dei livelli di stupefacenti riscontrati (di questa percentuale in particolare il 49% era maschio ed il 24% era femmina), mentre i 2/3 dei casi esaminati mostrava anche tracce di altre sostanze, in particolare:

il 7%

di anti-depressivi (farmaci normalmente prescrivibili)

un altro 7%

di cocaina

il 6%

di metadone

un altro 6%

di amfetamine

il 2%

di barbiturici

il restante 27%

tracce di Benzodiazepine (come Tavor, Darkene etc.). Di questo 27% la maggioranza erano donne

 

Le conclusioni, che rispecchiano notevolmente la situazione italiana, dicono che è stato registratro un aumento della overdose fatali, e la popolazione a maggior rischio è rappresentata da maschi tossicodipendenti lunga data.

La novità, introdotta nei primi mesi del 1999, e che ha contribuito ad una prima flessione delle cifre relative alle morti per overdose nel NSW, paradossalmente non riguarda direttamente i problemi del consumo di stupefacenti ma è di ordine legislativo: le chiamate di emergenza (quello che per noi è il 118) per legge non devono più essere obbligatoriamente segnalate alle forze dell’ordine; tale segnalazione viene effettuata dal personale dell’ambulanza solo nel caso se ne ravvisi la necessità una volta giunti nel luogo ove prestare soccorso (in caso di episodi di violenza, per esempio).

Questa piccola modifica nella gestione delle emergenze ha in realtà un grosso impatto sull’immaginario dei tossicodipendenti, maggiormente motivati così a chiamare i soccorsi e a non lasciare solo un compagno in difficoltà, anche solo per il tempo necessario all’arrivo dell’ambulanza.

Solo con questo presupposto è possibile poi istituire corsi di formazione veramente credibili ("corsi di sopravvivenza" come vengono comunemente definiti dagli operatori) verso gruppi di consumatori, mirati al miglioramento delle conoscenze e delle pratiche relative al soccorso per overdose sui loro stessi amici (non a caso l’iniziativa australiana si chiama Look after tour mate! - stai attento ai tuoi compagni!).

Una simile iniziativa, promulgata dalla Ecole des ambulanciers e monitorata dall’Università di Ginevra, consiste in sessioni di "addestramento" specifiche e mirate, nei differenti contesti di contatto con la popolazione dei consumatori: sulla strada attraverso una Unità mobile, nella struttura stessa del servizio e in un centro residenziale.

Le sessioni, svolte a partire dal 1997 sono così strutturate:

1° incontro

  • introduzione;
  • questionario in entrata;
  • effetti delle sostanze sull’organismo;
  • segni tipici dell’overdose;
  • dimostrazioni pratiche (con l’ausilio di manichini) di rianimazione.

2° incontro

  • come chiamare aiuto (chi chiamare, cosa dire, cosa fare aspettando i soccorsi);
  • una sessione con un video;
  • esercizi pratici (con tecniche di role play)

3° incontro

  • sequenza delle azioni, in caso di overdose e discussione (sulla traccia data dal materiale audiovisivo della 2° sessione);
  • valutazione della performance di ogni partecipante;
  • questionario in uscita e distribuzione di materiale informativo e di intervento (maschere per la respirazione bocca-a-bocca).

Ogni gruppo viene richiamato, dopo 6 mesi, per una sessione aggiuntiva, a ulteriore verifica delle conoscenze acquisite.

I metodi di insegnamento utilizzati quindi sono strettamente legati al rispetto dei saperi della strada e della percezione che i singoli partecipanti hanno del problema delle overdose.

Naturalmente a partire dall’overdose, questo metodo, definito di "insegnamento interattivo", può essere ampliato per includere altri argomenti tipici: come prevenire le patologie correlate al consumo di stupefacenti (Hiv in testa).

Un indicatore positivo viene dalla drastica riduzione del numero di overdose fatali nell’area di Ginevra:

1996

26 casi di overdose

1997

7 casi di overdose

1998

5 casi di overdose

 

Da Ginevra, a cura del dottor Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale della Lila e di Paolo La Marca, Responsabile Area Riduzione del Danno Lila Nazionale.

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CANNABIS

Alcune sessioni della Decima Conferenza Internazionale sulla Riduzione del Danno che si sta svolgendo in questi giorni a Ginevra, sono state dedicate all’uso medico della cannabis sativa sperimentato in Inghilterra, Olanda e in alcuni stati degli USA e le patologie particolarmente indicate per un tale trattamento sono: quelle polmonari come l’enfisema, la sclerosi multipla, i dolori cronici postoperatori, il glaucoma, le sindromi gastrointestinali e la nausea (specialmente per coloro che sono sottoposti a chemioterapia).

Sono stati realizzati veri e propri trials clinici che confrontavano la prescrizione di THC (Delta 9 tetraidrocannabinolo, uno dei principi attivo dei derivati della cannabis sativa) orale o inalata (per aerosol), cannabis (Marijuana) fumata, THC somministrato per via orale, con la somministrazione di farmaci antiemetici "classici".

E’ di notevole interesse verificare come, fra i gruppi di controllo di tali trials, quello con il maggiore impatto (con il migliore beneficio e con il più alto grado di partecipazione) risulti essere quello della marijuana fumata, con un grado di partecipazione da parte degli individui coinvolti, più alto che ogni altro gruppo (farmaci antiemetici, THC somministrato per via orale, rettale o inalato).

ASSOCIAZIONISMO E USERS’ GROUPS

In Australia si è stabilito un nesso funzionale tra le attività di alcune associazioni di consumatori (Users’ Groups) e gli obiettivi di sanità pubblica, che si concretizza in finanziamenti del Governo per l’organizzazione e le attività di tali gruppi. In Francia, dai primi anni ‘90, è attiva una associazione a cui non aderiscono solo "ex", ma anche consumatori "attivi".

ASUD (Auto support pour les usager des drogues), che annovera 13 sedi sparse sul territorio francese, ha fatto dell’auto-aiuto, del supporto tra pari e del rispetto dei saperi esperienziali, i suoi pilastri per sostenere programmi di riduzione del danno mirati alla prevenzione dell’Hiv, campagne informative rivolte ai consumatori a proposito degli effetti desiderati e indesiderati derivanti dal consumo di stupefacenti.

Il fine ultimo di ASUD è però molto più ambizioso; attraverso la pubblicazione bimestrale di un giornale di strada, omonimo dell’associazione, si propone non solo di informare, ma soprattutto di creare il consenso fra i consumatori, per trovare un terreno comune, un’unione atta a costruire gruppi di interesse e di pressione culturale, sociale e politica sui temi relativi alle droghe.

Un’unione che possa mettere veramente in discussione gli attuali assetti normativi e giuridici in tema di consumo di sostanze illecite.

Il cambiamento dell’immagine culturale delle persone tossicodipendenti (la "rivoluzione di pensiero" che deve precedere ogni rivoluzione sociale) è lo stesso obiettivo dell’associazione di consumatori rappresentata dalla canadese Raffi Balian: la Toronto Harm Reduction Task Force. Questa modifica dell’immaginario collettivo della figura del tossicodipendente (violento, aggressivo, delinquente e votato al suicidio) secondo la Balian deve necessariamente "alzare il tiro" collegandosi con la problematica più vasta e generale del rispetto del diritto di scelta individuale e dei diritti umani inalienabili.

La lotta alla stigmatizzazione e all’esclusione sociale e culturale di cui i consumatori di droghe sono vittime, diventa un aspetto peculiare nell’era dell’Aids, basti pensare alle strade di tutte le città del mondo.

In questo senso appuntamenti come questo di Ginevra diventano il punto di incontro di una sempre più vasta "rete" internazionale di gruppi di interesse e di Users’ Groups, per ottimizzare lo scambio delle esperienze e stimolare il confronto e la trasferibilità dei modelli e degli approcci, in particolar modo verso i paesi in via di sviluppo per adeguare le politiche di intervento alle reali dimensioni del consumo di droghe e delle problematiche correlate.

Durante la sessione è stata proposta l’istituzione dell’International drugs users’ day (la giornata mondiale dei consumatori di droghe), con l’obiettivo dichiarato di sensibilizzare prima di tutto le Forze dell’ordine e gli operatori socio-sanitari

ANCHE L’ECONOMIA EVIDENZIA DI BENEFICI DELLA RIDUZIONE DEL DANNO

Dopo 10 anni di interventi rivolti a ridurre i danni correlati al consumo di droghe è venuto il momento dei bilanci; il parametro costo-beneficio viene così inserito nella valutazione dei diversi programmi che in tutto il mondo vengono realizzati allo scopo di migliorare la qualità della vita dei consumatori e insieme quella delle Comunità locali, e più complessivamente dell’intera società.

La valutazione non avviene più solamente sulla base di indicatori epidemiologici, ma anche sulla base di variabili di stampo economico e finanziario.

Due studi in particolare hanno suscitato un notevole interesse: quello della Prof.ssa Christina Godfrey dell’Università di York (Inghilterra) e quello del Dr. Martin Killias, criminologo dell’Università di Losanna. Le sempre più esigue risorse che affluiscono alla sanità pubblica impongono a tutti i policy makers una attenta valutazione, per un uso "etico" di queste, nel rispetto dei bisogni dei diversi gruppi sociali.

La scelta tra diversi modelli di intervento è molto spesso carente riguardo i vantaggi di una più precisa analisi dell’impatto sociale che questi procurano.

Una elaborazione più approfondita potrebbe invece orientare le attività, comprese quelle mirate alla riduzione dei danni, non solo verso la possibilità di "salvare" un numero maggiore di vite, e non solo all’obiettivo più ambizioso e a lungo termine di apportare un miglioramento della qualità della vita globale dei tossicodipendenti, ma anche di tradurre questo miglioramento a favore dell’intera comunità (riduzione della criminalità correlata, riduzione e contenimento della tensione sociale tra gruppi marginalizzati, riduzione dei costi di ospedalizzazione e/o trattamento, contenimento dei costi dovuti alla perdita di capacità produttive ecc.).

Occorre modificare la prospettiva con cui si guarda a questi interventi, considerati "solo" un costo aggiuntivo a quanto già speso normalmente per il settore sanitario.

Un interessante integrazione di questa analisi è stata inclusa nella presentazione del Dr. Killias che ha confrontato i costi e i benefici prodotti dalla somministrazione controllata di oppiacei per persone tossicodipendenti.

Le variabili utilizzate nella presentazione (riduzione del tasso di criminalità, riduzione dei costi sociali sostenuti dal sistema ospedaliero e penitenziario, riduzione dei costi inerenti le conseguenze dei crimini correlati, tra cui quelli indiretti sopportati dalle vittime) sono state così confrontate con i costi diretti derivanti dall’assistenza sociosanitaria fornita alle persone tossicodipendenti.

Il confronto è avvenuto sulla base di dati relativi ad un gruppo di 300 persone, tra il 1994 e il 1997 ed ha evidenziato un beneficio netto, per ogni persona inserita nel programma, di circa 22 Franchi svizzeri al giorno (Lit. 28.000), da moltiplicare per il numero di pazienti rimasti in trattamento per oltre un anno (in media 1.000).

E’ stato stimato che tale risparmio per la Svizzera rappresenta un abbattimento di quali l’80% dei costi rispetto ad un percorso di trattamento "tradizionale".

Il Prof. Philippe Lehmann, responsabile delle politiche in materia di droghe, per il Ministero della Sanità Svizzero ha dimostrato, sempre in termini di analisi costo-beneficio, gli effetti della nuova politica nazionale adottata negli anni ’90 dalla Federazione Elvetica.

Pur rimanendo ancorati ad un quadro legale di proibizione per tutte le droghe e di penalizzazione dei consumatori, l’analisi dei danni provocati in termini umani, sociali, economici e sanitari ha portato a scegliere il modello dei "4 pilastri": prevenzione del consumo e riduzione della domanda, facilitazione dell’accesso alle terapie, riduzione dei rischi e dei danni e repressione della vendita illegale.

Anche questa analisi è stata confrontata con una stima dei costi sostenuti a livello statale per le attività correlate a tutti i settori di cui sopra.

In un’indagine effettuata nel periodo 1992/1994 è stato evidenziato, sulla base di una spesa annua di 1 miliardo di Franchi Svizzeri, che il 50% dell’intero budget viene assorbito dal sistema giudiziario e legale, il 25% per le terapie, il 18% per le attività di riduzione dei danni, il 4,4% per la prevenzione e il 2,6% per la ricerca scientifica.

Poiché le analisi socioeconomiche relative all’impatto sociale delle diverse strategie di intervento sono ai primi passi (e non a caso iniziano proprio in quei Paesi nei quali la scelta di una politica più pragmatica in materia di droga ha scatenato tanti dibattiti e contrasti sociali!), non si possono ancora trarre conclusioni certe e definitive da questi studi, ma è comunque fondamentale l’acquisizione di un valore aggiunto legato alla considerazione che il benessere individuale (il miglioramento nella durata e nella qualità di vita del consumatore) non può essere scisso dai vantaggi economici, di ordine sociale e di sanità pubblica.

Uno dei messaggi forti che esce da questa conferenza è che non solo la Sanità e gli Affari Sociali e il Sistema Giudiziario devono cooperare per integrarsi nell’ottica di un Piano di intervento complessivo, ma anche l’Economia può evidenziare i fattori strategici che devono condurci ad un uso più equo e razionale delle risorse, soprattutto quando se ne avverte la crescente limitatezza.

 

Da Ginevra, a cura di:

Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale Lila,

Paolo La Marca Responsabile Area Riduzione del Danno Lila Nazionale,

Mariella Orsi - Lila, Sociologa ASL Firenze

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OVERDOSE, RIDUZIONE DEL DANNO E SISTEMA PENITENZIARIO

Le condizioni penitenziarie dei tossicodipendenti e il rapporto tra Harm reduction (riduzione del danno) e strategie repressive continua ad essere uno degli argomenti più discussi alla Conferenza di Ginevra.

Il rischio di overdose nella settimana seguente alla scarcerazione è otto volte superiore ai rischi a cui è sottoposto quotidianamente un tossicodipendente per via endovenosa che non proviene dalla detenzione; questo è il risultato di una ricerca condotta in Scozia da Sheila Gore dell’Istituto di Salute Pubblica di Cambridge; il 20% dei detenuti è risultato inoltre positivo alla epatite C ma tale percentuale sale al 49% tra i detenuti tossicodipendenti.

Secondo una ricerca realizzata da Bauer Pierre del Superintendencia de Saude nello stato di Rio de Janeiro il 43% degli uomini e il 60% delle donne sono detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti e l’80% di costoro sono accusati di spaccio. Se prima della detenzione le sostanze utilizzate erano in ordine decrescente alcool, marijuana e cocaina, durante la detenzione l’uso delle sostanze si è modificato a seconda della loro disponibilità: il 27% degli uomini e il 16% delle donne ha fatto uso di marijuana, rispettivamente il 19% e il 13% di cocaina e il 9% e il 5% di alcool.

L’uso di droghe in carcere è una condizione comune a tutte le nazioni, cambia solo il tipo di sostanza disponibile nel mercato nero del carcere. Anche alla luce dei dati che emergono da questa Conferenza risultano ancora più insostenibili le dichiarazioni di molti direttori dei penitenziari italiani quando affermano che le droghe non entrano nelle nostre carceri. Va assolutamente superata l’attuale politica dello struzzo ed è urgente avviare anche in Italia strategie di riduzione del danno rivolte ai detenuti tossicodipendenti.

Molto più pragmaticamente il prof. Alex Wodak direttore del Servizio per l’alcool e le droghe dell’Ospedale St. Vincent di Sydney ha illustrato uno studio randomizzato controllato di somministrazione di metadone in carcere in una situazione ove il 77% dei tossicodipendenti detenuti aveva dichiarato di fare uso di eroina durante la detenzione. Non solo tale uso è risultato più che dimezzato in seguito all’intervento realizzato, ma è stato anche dimostrato che in carcere è addirittura possibile realizzare un trial scientifico.

In Italia a tutt’oggi in nessun carcere è disponibile un trattamento di mantenimento metadonico e i tossicodipendenti rappresentano il 30% della popolazione detenuta!

SOMMINISTRAZIONE CONTROLLATA DI EROINA E ABUSO DI COCAINA

L’84% della popolazione tossicodipendente coinvolta a Zurigo nel progetto di somministrazione controllata di eroina faceva uso contemporaneo di cocaina; questa assunzione eseguita dall’Istituto per la ricerca sulle droghe di Zurigo e presentata da Richard Blatter è emerso che dopo 18 mesi di somministrazione controllata di eroina l’uso quotidiano di cocaina è calato dal 30 al 6,5% e quello occasionale dal 54 al 42%. Non si conoscono i motivi per cui si è verificato tale calo.

Una ipotesi potrebbe essere che la motivazione di permanere all’interno del trial sviluppi il desiderio di migliorare complessivamente la propria qualità di vita, anche se la non assunzione di cocaina non è una condizione necessaria per permanere nel protocollo sperimentale.

La presenza di una mobilità psichiatrica non è predittiva a priori di un fallimento terapeutico nel trial di somministrazione di eroina; è quanto emerso da una ricerca svizzera presentata da Miguel Marset. Per mantenere nel progetto tali pazienti è d’altra parte necessario adeguarne i tempi e le modalità, nonché la composizione dello staff in considerazione del target specifico.

NUOVE TENDENZE NEI CONSUMI

Tarcisio Andrade, del CEMAD di Bahia (in Brasile) ha illustrato le modificazione sull’uso delle sostanze che si stanno verificando in una città di 3 milioni di abitanti, con l’80% di persone di colore.

La diffusione del crack è iniziata nel 1996 e ha modificato profondamente le modalità di consumo della cocaina che, precedentemente, veniva principalmente iniettata; attualmente fumare crack è la pratica più diffusa con la conseguenza che il progetto di scambio di siringhe avviato nel 1996 risulta attualmente non più utile, ed è necessario adeguare le strategie di riduzione dei danni in conseguenza.

Nella stessa direzione si è mosso l’intervento di Paul Dillon, del centro nazionale su droghe e alcool di Sydney che ha disegnato il primo studio sulla Ketamina, sostanza comunemente usata in medicina ed in veterinaria come anestetico, e contemporaneamente utilizzato per uso ricreazionale in varie parti del mondo (Italia compresa).

Lo studio è tuttora in fase di svolgimento e sarà possibile avere una prima serie di dati a partire dalla prossima Conferenza che si terrà l’anno prossimo nelle Jersey Island, a ridosso del Canale della Manica.

Lybby Tobb, dell’Università di Sydney ha riferito a proposito di una ricerca svolta su 300 consumatori di ecstasy in tre città Australiane, con l’obiettivo di indagare i disturbi riferibili a tale consumo.

Fra i dati di maggior interesse è emerso che: il 40% del campione riportava problemi di riduzione della performance scolastica e/o lavorativa, il 41% denunciava gravi episodi di disidratazione.

Ciò nonostante il 94% degli intervistati descriveva il proprio uso personale come "non dannoso"; d’altra parte 1/5 del campione aveva ricevuto almeno un trattamento per uno dei sintomi correlati all’uso di metaamfetaminici e il 7% era attualmente in trattamento.

Il 25% riferiva il desiderio di ridurre l’uso, soprattutto a causa dei problemi finanziari, relazionali e psicosociali derivanti; il 15% richiedeva di essere assistito da strutture pubbliche e l’85% aspirava ad informazioni più qualificate sui rischi connessi all’uso di tali sostanze. Il forte aumento del consumo tra le giovani generazioni e la contemporanea sottovalutazione dei rischi rende estremamente complesso individuare strategie pragmatiche di intervento.

Destano preoccupazione i dati che emergono dalla ricerca presentata da Ali Judd del Centro di ricerca sui comportamenti legati al consumo di droghe di Londra, che ha indagato l’incidenza dello scambio di siringhe in una popolazione tossicodipendente mai afferita ai servizi pubblici e privati.

Il 52% della coorte contattata in diverse città inglesi ha dichiarato di aver scambiato almeno una volta una siringa, nelle ultime quattro settimane, di questi il 32% con il partner, il 37% con amici e l’11% con sconosciuti; il restante 20% non ha risposto esaurientemente. Il 74% dell’intero campione, pur non condividendo la siringa, ha utilizzato il materiale iniettivo insieme con altre persone (il 61% ha condiviso il cucchiaino e il 62% i filtri).

La percentuale di coloro che riferiscono un frequente scambio di siringhe è del 16% e per quanto riguarda il frequente uso promiscuo di materiale iniettivo la percentuale sale al 32%.

Tale ricerca evidenzia la necessità di rifocalizzare le azioni di prevenzione su tali gruppi, dal punto di vista della correzione di comportamenti relativi non solo alla scambio delle siringhe, ma anche dell’uso in comune di materiale preparatorio all’iniezione, il quale sostituisce un vettore di infezione di eguale gravità per quanto riguarda la trasmissione delle epatiti B e C.

USO DI STEROIDI ANABOLIZZANTI

Una serie di indagini operate fra i giovani frequentatori di palestre e Gym Centers in Australia ha evidenziato alcuni aspetti inediti relativi all’uso di steroidi anabolizzanti per via endovenosa.

Lo studio, formulato con interviste in profondità, prende in considerazione gli aspetti relativi alle motivazioni che stanno dietro all’uso di tali droghe Performance enhancing, dal punto di vista di giovani uomini e donne con differenti orientamenti sessuali (homo, bi e eterosessuali).

L’(ab)uso di steroidi sembra essere strettamente collegato alla componente iconica ed estetica della percezione del corpo che trova la sua origine soprattutto nei media ("entrare in un club, essere ammirati per il proprio corpo e poter scegliere fra molti partners sessuali"...).

Fra le motivazioni più frequenti, fra i maschi eterosessuali, troviamo affermazioni come:

  • smettere di apparire magrolino e "uscire dalla folla";
  • emulare i "campioni" del fitness e del cinema,
  • aumentare la massa muscolare modificando così la taglia del proprio corpo;
  • essere ammirati e più popolari.

Nell’immaginario dei maschi eterosessuali prevale l’idea che alle donne piaccia il "tipo tutto muscoli", che le faccia sentire più "femminili".

Paradossalmente (ma forse non troppo...) le stesse domande poste a giovani donne eterosessuali trovano risposte diametralmente opposte: l’immagine della bellezza corporea non passa a tutti i costi per le dimensioni e la tonicità della massa muscolare; il 100% delle intervistate ha affermato di preferire qualità come la comprensione e la dolcezza, piuttosto che la forza fisica o il diametro dei bicipiti.

Analoghe ricerche condotte comparando popolazione di usufruitori di steroidi maschi, homo ed eterosessuali, oltre a rivelare che circa il 2% dell’intera popolazione Australiana ha iniettato steroidi almeno una volta, riflettono le differenze della percezione del corpo in relazione all’orientamento ed all’identità sessuale: anche se in entrambi i gruppi la soddisfazione derivante dalle modifiche del corpo riveste un ruolo di prim’ordine, fra i giovani eterosessuali ciò è soprattutto relativo all’aumento della forza fisica, mentre fra gli intervistati omosessuali tale desiderio è relativo a aumentare la propria bellezza il proprio appeal.

 

Da Ginevra: a cura del Dottor Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale Lila e

Paolo La Marca, Responsabile Area Riduzione del Danno Lila

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SALUTE PUBBLICA VERSUS ORDINE PUBBLICO

Le preoccupazioni per l’ordine pubblico spesso vengono contrapposte alle iniziative di riduzione del danno finalizzate alla tutela della salute pubblica (e non solo al benessere di target specifici, è bene ricordarlo!) per questo motivo la conferenza ha correttamente scelto di confrontarsi con questa falsa contraddizione.

Bebier Marcel, funzionario di polizia della città di Zurigo addetto alla programmazione degli interventi per la sicurezza urbana, ha illustrato i profondi cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni nella politica sulle droghe . Nel 1987 vi erano in trattamento metadonico meno di 1000 persone nonostante vi fossero in città diverse migliaia di tossicodipendenti dei quali circa il 50% erano sieropositivi, l’allarme sociale cresceva quotidianamente parallelamente al costo dell’eroina.

Alla fine degli anni 80 per rispondere alle proteste di ampi strati della popolazione cittadina che chiedevano "pulizia nelle strade", ossia di sottrarre alla vista pubblica i tossicodipendenti, specialmente nelle aree residenziali e nel centro commerciale. Il parco cittadino venne considerato "zona libera" dove concentrare i tossicodipendenti e, contemporaneamente, rinunciare all’intervento delle forze dell’ordine. Il risultato fu la costituzione di un supermarket della droga con una forte crescita della microcriminalità e con l’assenza all’interno del parco di qualsiasi struttura sanitaria organizzata.

Nell’89 fu attivato un servizio medico in grado anche di distribuire vestiti e cibo; tale provvedimento tampone fu vissuto da una parte della popolazione tossicodipendente come una scelta di silenziosa liberalizzazione. Nel 1990 i tossicodipendenti che vivevano nel parco erano tra i 2 e i 4000 dei quali solo il 20% proveniva dalla città di Zurigo. Se nell’89 venivano distribuite 2600 siringhe al giorno nel ‘91 il numero delle siringhe quotidianamente diffuse nel parco superò le 10.000 ;il risultato fu una diminuzione del 20% dell’incidenza dell’infezione da Hiv.

Ma, secondo Babier, la situazione di criminalità diffusa aveva superato nel parco la soglia di attenzione, il 15/2/92 il parco fu chiuso dallo polizia e nel frattempo non era stata attivata alcuna misura di supporto psicosociale né sanitario. Il risultato fu che migliaia di tossicodipendenti si riversarono nella città in cerca di eroina ma anche di posti di ricovero, oltre che di soldi per sopravvivere e per acquistare la sostanza.

A poco servirono gli interventi repressivi e l’espulsione forzata degli stranieri. Nel ’93 venivano distribuite dai progetti di strada oltre 15.000 siringhe al giorno. Non solo l’area attorno alla stazione ma anche il centro finanziario della città era frequentato da molti tossicodipendenti e tale situazione produceva forti tensioni sociali. Nel giugno ‘94 "uno sciopero degli spacciatori" rese il clima ancora più teso e di difficile controllo da parte delle forze dell’ordine. Quell’anno si ebbe un aumento impressionante di incarcerazione di tossicodipendenti.

Fu in questo contesto che si avviò, sia a livello sociale che nel mondo politico svizzero, un dibattito che si concluse con una profonda modifica dell’approccio complessivo al mondo della tossicodipendenza.

Il 14 febbraio 1995, a Zurigo, fu avviato il primo programma di distribuzione di eroina che coinvolse inizialmente 100 persone. Le forze dell’ordine non condividevano tale iniziativa, temendo un aumento del numero di tossicodipendenti e un ulteriore ampliamento del mercato nero.

A quattro anni di distanza tali timori non si sono dimostrati reali e, anzi, si è creata una forte collaborazione fra le forze dell’ordine e i servizi sociosanitari impegnati nelle strategie di riduzione del danno.

E’ significativo che ad illustrare questa collaborazione sia proprio Bebier, funzionario della polizia di Zurigo, il quale proprio mentre afferma che ciò nonostante anche a Zurigo il problema della tossicodipendenza non è risolto, soprattutto perché sono ancora molti i tossicodipendenti clandestini, ribadisce che la soluzione non potrà, anche nel futuro, essere ricercata in un ulteriore intervento repressivo delle forze dell’ordine. Queste ultime, ormai da quattro anni, hanno inserito nel loro curriculum formativo percorsi di collaborazione con gli operatori sanitari.

Le strategie svizzere sin qui illustrate hanno tratto la loro origine da spinte e motivazioni fra loro esternamente differenti: da quelle finalizzate a tutelare l’ordine pubblico, a quelle centrate su politiche di solidarietà; la diminuzione della criminalità ed il miglioramento della qualità di vita delle persone inserite nei programmi sanitari sembrano dimostrare che gli obiettivi sono stati almeno parzialmente raggiunti.

Nicole Maestracciresidente de la Mission Interministerielle de lutte contre la drogue et la toxicomanie ha illustrato la situazione francese. Nel ’92 i programmi di scambio di siringhe hanno provocato un vero scontro politico tra il Ministero degli Interni e quello della Sanità nonostante i primi progetti fossero attivi dall’87. Il clima proibizionista imperava e l’unico farmaco sostitutivo utilizzato era il Subutex; nel ’94 le persone in mantenimento metadonico erano infatti solo 50 .

La legge sugli stupefacenti è del ’70 ed è considerata ormai non più attuale, ma le modifiche realizzatesi finora si sono verificate nella pratica quotidiana lasciando immutato il contesto legislativo. Attualmente sono circa 6000 i tossicodipendenti in mantenimento metadonico; dal ’96 tale trattamento è garantito anche negli istituti di pena. L’80% dei tossicodipendenti detenuti viene in contatto per la prima volta col servizio sanitario pubblico (che dal ’94 opera regolarmente anche nelle carceri) durante la detenzione. Attualmente le forze dell’ordine non interferiscono più con l’attività dei progetti di strada.

Paulo Texeira, deputato dello stato di Sao Paulo, impegnato nella difesa dei diritti delle persone sieropositive, ha illustrato le modificazioni legislative avvenute in quel territorio negli ultimi anni, che sono culminate nella recente approvazione di una legge specifica sulla riduzione del danno.

Di fronte al forte aumento della sieropositività fra i consumatori di droghe, nel 1989 vengono avviati i primi progetti di riduzione del danno. Tali progetti che consistevano nell’attività di equipes di strada, finalizzati alla distribuzione e scambio di siringhe, vengono bloccati poiché ritenuti in contraddizione con la legge sui narcotici.

I progetti ripartono nel 1995 approvati dallo stato di Sao Paulo e con un finanziamento della Banca Mondiale, ma anche questa volta vengano bloccati con la medesima motivazione.

Contro tale divieto sono insorti gran parte dei media, del mondo sanitario e del mondo politico; le strategie di riduzione dei danni sono diventate parte integrante del programma del PT (Partido deu trabacadores), il maggior partito dell’opposizione.

Contemporaneamente vi è stata una forte azione di pressione di lobby da parte di diverse NGO (Organizzazioni non governative) e della stessa UNAIDS (l’agenzia ONU che si occupa della lotta all’Aids).

Queste azioni congiunte si sono sommate al timore derivante dall’aumento delle infezioni da Hiv e da epatiti, e alla pubblicazione degli ottimi risultati ottenuti dai progetti di riduzione del danno attivi in altre nazioni.

In seguito a queste pressioni sono stati ottenuti risultati significativi: dal 1995 i farmaci anti-Hiv sono disponibili gratuitamente (quelli attualmente utilizzabili sono gli stessi inseriti nella farmacopea ufficiale italiana, anche se la loro disponibilità quotidiana funziona ‘a singhiozzo’ e la loro diffusione sul territorio nazionale non è omogenea), dal 1997 tute le malattie compresa l’Aids devono poter essere coperte economicamente dalle Assicurazioni che per legge non possono rifiutarsi di stipulare tali polizze (Health insurance plan regulation).

L’approvazione di una legge specifica sulla riduzione del danno, nel 1998 nello stato di Sao Paulo, costituisce non solo un grande successo per chi da anni ha avviato progetti di Harm reduction, ma anche un ulteriore stimolo a codificare la legge federale sulla droga che sale al precedente regime militare.

Nello stato di Sao Paulo dal 1992 al ’97 l’incidenza dei nuovi casi di infezione, segnalati tra i tossicodipendenti è diminuita dell’1,5%, mentre nel resto del Brasile (ove non sono stati attivati progetti i riduzione del danno fino al 1997) vi è stato un aumento oscillante tra il 6,5 ed il 18%.

MODELLI INTEGRATI DI INTERVENTO: THE DANISH DRUG USERS’ UNION

Nonostante il modello olandese sia chiamato sempre a pietra di paragone delle politiche anti-repressive e pragmatiche in materia di droghe, nell’ambito dell’Europa unita anche altre nazioni sviluppano modelli di intervento integrato fra la strada, le associazioni di users e le istituzioni politiche, sanitarie e di ordine pubblico.

E’ il caso della municipalità di Copenaghen (Vesterbro, il mercato illegale più vasto dell’intera Danimarca), che con l’avvallo del Mistero per gli affari sociali, delle forze dell’ordine e la collaborazione attiva di operatori sociosanitari pubblici e privati, e delle associazioni di consumatori, ha implementato un progetto che vede tutti questi attori in gioco nel costruire politiche i mediazione fra i bisogni e le esperienze di consumatori, le esigenze sanitarie e terapeutiche e le necessità di controllo dell’ordine pubblico.

Gli strumenti operativi individuati annoverano l’utilizzo di una unità mobile che fa da riferimento ad un centro clinico dove, nel pieno rispetto delle politiche di riduzione del danno, si distribuiscono strumenti di profilassi, si danno informazioni e consigli sulla prevenzione delle patologie correlate al consumo di stupefacenti per via endovenosa e si costruiscono relazioni tramite tecniche di counselling.

Fra i tossicodipendenti che afferiscono a questo servizio vengono così individuati gli opinion leaders, gli operatori ‘pari’, capaci di gestire relazioni significative con la popolazione target, forti di saperi esperienziali mixati con le corrette informazioni sanitarie.

 

MIRO Methods Impact Research Outreach

La Lila presenta il progetto MIRO, co-finanziato dalla Comunità Europea e mirato a valutare l’impatto delle strategie informative utilizzate dai progetti di riduzione del danno nell’area del sud Europa (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia).

Dopo la costruzione di un questionario/intervista, sviluppato nel corso della prima fase di scambio e di confronto delle esperienze, il progetto è attualmente nella fase di somministrazione ad un campione costituito da 1.600 utenti dei progetti di riduzione del danno coinvolti nei cinque paesi partners.

La tipologia dei servizi coinvolti, ed le modalità di intervento variano a seconda dei contesti nazionali, politici e sociosanitari; il partner francese ad esempio è un’associazione parigina di consumatori di sostanze che somministrerà i questionari attraverso progetti di unità mobile, mentre per la Grecia la raccolta dati avverrà tramite l’ambulatorio della Scuola Nazionale di Salute Pubblica di Atene.

Il questionario, studiato per rispondere alle differenti esigenze territoriali di lingua, tradizione, cultura e patterns di consumo, contiene:

  • una parte iniziale socio-demografica;
  • una parte relativa all’accessibilità, alla conoscenza e all’utilizzo di materiali informativi e di profilassi;
  • una parte relativa all’autovalutazione dei materiali, delle modalità di acquisizione di tali materiali (distribuzione ‘fredda’, colloquio, counselling, etc...) e alla customer satisfaction, cioè il grado di soddisfazione e gradimento da parte degli utenti;
  • una ultima parte ‘sensibile’ relativa alla valutazione della qualità della vita, all’uso di sostanze e ai comportamenti a rischio.

La terza fase di MIRO, comprendente la raccolta, la sistematizzazione e l’elaborazione dei dati partirà da giugno 1999, ed i risultati saranno disponibili a partire dall’ultimo quarto del 1999.

DRUGS BOOK: A RAVERS’ HANDBOOK

La seconda presentazione della LILA è un poster del booklet chiamato Drugs Book, co-finanziato dal COA e rivolto ai giovani (potenziali) consumatori di stupefacenti.

Sulla scia delle esperienze di questi anni, e di fronte al diffondersi di ‘nuove’ sostanze, Drugs book, affronta temi quali, la prevenzione sessuale dell’HIV, gli effetti desiderati ed indesiderati delle droghe meta-amfetaminiche (erroneamente raccolte tutte sotto la voce ‘ecstasy’) e delle sostanze che vanno per la maggiore fra i giovani (14-25 anni): Speed, Ketamina, popper, LSD e acidi, funghetti ‘magici’, etc....

Concepito per trasmettere informazioni per stimolare l’uso ‘corretto’ (cioè, cosciente e meno rischioso possibile) di queste sostanze in completo accordo con le politiche di riduzione dei danni, Drugs book fornisce altri elementi di rilievo ai lettori, relativi al consumo per endovenosa, a come comportarsi in caso di overdose e di ‘Bad trip’ da metaamfetaminici e ‘acidi’, fino alle conseguenze legali e giuridiche previste per il possesso ed il consumo di queste sostanze.

Drugs book, che è stato distribuito a tutti i Ser.T. d’Italia e a tutte le esperienze di riduzione del danno inserite nella directory LILA, costituisce anche un interessante esperienza anche dal punto di vista metodologico, in quanto il testo definitivo è stato costruito in due incontri nazionali, tenutisi a Roma e a Rimini nell’estate del 1998, i quali hanno visto la partecipazione di circa 100 delegati provenienti da oltre 50 realtà nazionali, pubbliche e private, attive sul nostro territorio.

L’alto grado di adattabilità alle differenti realtà italiane, agli interventi nelle scuole, nei centri sociali, nei locali da ballo e nei ‘raves’ è appunto il risultato di derivante da questo lavoro di rete teso a concretizzare lo scambio e il confronto delle esperienze e dei modelli operativi utilizzati nel nostro paese.

Si è conclusa a Ginevra
la Decima Conferenza Mondiale sulla Riduzione del Danno

Quattro sono i punto conclusivi emersi dopo giorni di intenso lavoro:

  • la riduzione del danno rappresenta anche un vantaggio economico per le nazioni che hanno avuto il coraggio di inserirla come elemento stabile nella propria politica sanitaria, e questo rappresenta un’opportunità in particolare per il sud del mondo, le cui risorse destinate agli interventi sociali sono sempre più strangolate dalle politiche della Banca Mondiale.
  • La Riduzione del danno nata nell’epoca dell’Aids, come strumento primario per la riduzione dei rischi di infezione da Hiv e delle morti da overdose tra i tossicodipendenti, oggi può essere applicata anche al mondo della prostituzione, del disagio psichico, dell’alternativa alla carcerazione oltre che nel campo della prevenzione primaria nelle politiche sociali ed educative rivolte agli adolescenti.
  • La diffusione crescente dell’uso degli steroidi anabolizzanti, la pericolosità dei quali è stata illustrata dalle prime ricerche presentate, si somma alla necessità di indagare ulteriormente sui rischi connessi all’uso di solventi, funghi psichedelici, crack e, ultima sostanza usata a scopo ricreativo, la Ketamina.
  • La soddisfazione espressa dalle autorità Svizzere per i risultati positivi, ormai scientificamente validati, ottenuti dalla somministrazione controllata di eroina, si spera stimoli un salto qualitativo nella Comunità Europea per scelta di interventi più pragmatici e rispettosi dei bisogni di salute delle centinaia di migliaia di tossicodipendenti che tuttora soffrono per gli effetti di discriminazione sociale.

 

Da Ginevra: a cura del Dottor Vittorio Agnoletto, Presidente Nazionale Lila e

Paolo La Marca, Responsabile Area Riduzione del Danno Lila

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