LA DONNA ALBANESE NELLA TRANSIZIONE: EDUCAZIONE, ASSOCIAZIONISMO, IMPRENDITORIALITA' FEMMINILE
COME LA VITA DELLE DONNE E' INVESTITA DAI PROCESSI DI GLOBALIZZAZIONE: IL CASO DELL'ALBANIA


gennaio 2001, stralci dalla tesi di laurea di Stefania Maggioni

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4.4 L'educazione

Un altro fenomeno preoccupante, in questo clima di estrema insicurezza, è quello dell'abbandono scolastico, soprattutto femminile. La campagna di alfabetizzazione, fiore all'occhiello del regime e importante strumento per l'emancipazione femminile, sta conoscendo un brusco arresto indebolendo così la posizione della donna albanese nella nuova società che si sta difficoltosamente formando.
Nei primi anni '90 molte scuole sono state distrutte e saccheggiate, molti insegnanti qualificati hanno lasciato il loro incarico e sono emigrati all'estero (per via dei bassi stipendi, ma soprattutto per la mancanza di prospettive e di un reale cambiamento nel paese), molti studenti hanno terminato la scuola dopo il periodo dell'obbligo (in Albania è di 8 anni) e altri invece l'hanno abbandonata anche prima.
La situazione è ancora più critica nelle campagne dove le difficili condizioni economiche obbligano i bambini ad aiutare i genitori nei campi. Inoltre l'emigrazione degli insegnanti e di intere famiglie verso le aree urbane ha portato alla chiusura di molti edifici scolastici.
"Nel '91-'92 il tasso di abbandono scolastico è stato del 6.34%, sceso poi al 4.1% nel '92-'93. Nel '98 è stato stimato un tasso di abbandono del 2.7% anche se in alcuni distretti il fenomeno raggiunge dimensioni preoccupanti" (Kuçovë 12.9%, Kukes 8.2%, Elbasan 5%, Durazzo 8.8%) . Secondo il rapporto delle Nazioni Unite nel 1997 il numero degli studenti diplomati è calato del 16.6% rispetto al 1990. Ancora più preoccupante è il dato relativo alla scuola dell'obbligo: quasi il 29% non ha terminato nemmeno gli studi obbligatori . Solo il 61% degli studenti che hanno finito le scuole dell'obbligo hanno deciso di proseguire gli studi, il 30% in meno rispetto al 1990.
Le ragazze incontrano maggiori difficoltà nel frequentare la scuola rispetto ai ragazzi quando le strutture sono lontane dall'abitazione, i mezzi di trasporto scarsi e diventa rischioso percorrere lunghi tragitti da sole. Le ragazze delle zone di campagna finiscono la scuola dell'obbligo e si iscrivono alla scuola superiore in percentuale minore (28%) rispetto alle ragazze di città (52%).
Attualmente in Albania ci sono 11 università perché alcuni istituti superiori hanno ottenuto lo status di sede universitaria. Negli ultimi anni il numero di ragazze iscritte è cresciuto, ma anche se in Albania ci sono più donne laureate che uomini questi ultimi continuano a trovare lavoro con più facilità.

4.5 La nascita dell'associazionismo

Alcuni mesi dopo l'introduzione del sistema multipartitico l'Unione delle donne albanesi è stata sciolta e associazioni femminili, affiliate e non ai partiti politici, sono sorte numerose soprattutto nelle aree urbane.
La forte spinta all'associazionismo può essere vista come una reazione alla politica di emancipazione della donna concessa dal regime, in maniera paternalistica. Le organizzazioni femminili esprimono la volontà della donna di diventare soggetto attivo e soprattutto la consapevolezza che i diritti femminili devono essere prima di tutto rivendicati e difesi dalle donne stesse. Ma soprattutto vogliono attirare l'attenzione del governo sulle problematiche di genere e indurlo a promuovere lo status politico, economico e sociale della donna all'interno della nuova società democratica.
Nel 1991 è stata legalmente riconosciuta la prima organizzazione non governativa (ONG) di donne; secondo il Women's Center di Tirana nel 1998 erano state censite 46 ONG femminili. Di queste, 4 sono affiliate a partiti politici (Socialist Women's Forum, Democratic Women's League, Republican Women's Forum, Social-Democratic Women's Organization), una è di orientamento religioso, 3 hanno scopi affaristici (Business Women Associations) e le altre sono alla ricerca di spazi autonomi di azione (Independent Forum of Women, Association "Useful to Albanian Women, Association "Refleksione", Women's Legal Group) , in una fase in cui il livello di politicizzazione della vita è molto alto.
Lo scopo comune di queste organizzazioni è comunque quello di raggiungere una reale parità tra i sessi e di eliminare le discriminazioni nei confronti della donna a livello politico-legislativo, economico e sociale. Sono così impegnate a promuovere la donna nella vita pubblica, a combattere il patriarcato e i valori sessisti dominanti, a denunciare le violenze domestiche, gli abusi sessuali e offrire assistenza alle vittime, a richiedere l'attivazione di strutture sociali efficienti e a sostenere la riqualifica professionale e l'inserimento nel nuovo mercato del lavoro.
L'associazionismo femminile oggi, anche se più dinamico e indipendente rispetto al passato, ha comunque dovuto superare alcune difficoltà. In primo luogo la società albanese non era preparata ad accettare e comprendere lo sviluppo di un settore terziario come alternativa allo stato e ai partiti politici. Secondariamente poi l'attività di volontariato, necessaria per il funzionamento delle organizzazioni, è stata screditata dalla lunga esperienza dei "lavori volontari forzati" imposti alla gente dallo stato. Nella fase iniziale quindi lo sforzo delle associazioni è stato quello di diffondere un'immagine nuova, positiva del volontariato e di sostenere la partecipazione femminile che, in questi 10 anni, nonostante la libertà di associazione, rischia di diminuire sensibilmente, anche a causa, come è già stato detto, della radicalizzazione e violenza della vita politica. Il basso livello di partecipazione pubblica è un problema che coinvolge le associazioni femminili così come l'intera società civile.
Inoltre, essendo una realtà nuova, le ONG sono rimaste per alcuni anni sconosciute al grande pubblico e le loro attività non hanno avuto uno spazio adeguato nei media albanesi. Sono state quindi necessarie campagne di sensibilizzazione e coinvolgimento dell'opinione pubblica .
Nell'arena politica poi le associazioni di donne sono rimaste pressochè invisibili. Le problematiche di genere non sono mai state poste all'ordine del giorno delle questioni politiche da affrontare e le attività delle ONG femminili sono state a lungo ignorate dal governo albanese. Sono comunque riuscite a sollevare questioni importanti come il divorzio, l'aborto, l'assistenza sociale, la pianificazione demografica, la salute riproduttiva delle donne e comunque non hanno rinunciato a esprimere un loro giudizio sulla situazione politica del momento .
Un altro problema che devono risolvere è poi quello della scarsa presenza nelle zone rurali del paese dove risiede ancora la maggioranza della popolazione femminile.
In Albania oggi è ancora difficile poter disporre di studi specialistici sulle differenze di genere, sulla condizione della donna nella società, sull'evoluzione del movimento femminile. Le associazioni femminili stanno cercando di colmare queste lacune e diverse indagini su problematiche poco conosciute dall'opinione pubblica e ignorate dal governo (come lo sfruttamento della prostituzione e dei minori, la violenza domestica, i diritti riproduttivi delle donne, l'imprenditorialità femminile, etc.) si stanno diffondendo.

4.5.1 L'imprenditorialità femminile

Le informazioni riportate in questo paragrafo sono state tratte da uno studio effettuato dal Women's Center di Tirana con il supporto della Netherland Development Organization sull'imprenditorialità femminile in Albania. Lo scopo della
ricerca è stato quello di identificare il tipo di attività economica intrapresa dalle donne e le difficoltà che hanno dovuto affrontare. La ricerca è stata condotta in 6 distretti dell'Albania su due campioni di donne: le donne d'affari che sono alla guida di un'impresa economica e le potenziali donne d'affari che sono intenzionate ad avviare un esercizio, ma che non hanno ancora avuto modo di farlo.
Nella società tradizionale albanese, patriarcale, con influenze religiose e "caratterizzata da un sistema monarchico-feudale in cui l'80% della popolazione viveva nelle campagne" , la donna occupava i gradini più bassi della scala sociale. A partire dal 1991 però, i passi avanti fatti dal regime enverista sulla strada dell'emancipazione femminile rischiano di svanire. La disoccupazione, caratteristica di questi dieci anni di transizione, ha colpito soprattutto le donne che sono tornate così ai loro ruoli tradizionali di mogli e madri.
Dalla ricerca emerge che la maggioranza delle donne d'affari ha un'età compresa tra i 30 e i 50 anni, sono sposate, hanno due o più figli e un elevato livello di scolarizzazione (studi superiori o universitari). Il commercio al dettaglio e i servizi (avvocato, notaio, dentista, parrucchiera, interprete) sono le aree su cui le donne rivolgono maggiormente la loro attenzione, mentre il settore della produzione e delle costruzioni rimane una prerogativa maschile. La partecipazione femminile ad attività economiche è stata, secondo statistiche ufficiali, la seguente nel 1996 (tab. 3).

Tipo di attività economica

Donne

Uomini
   numero  %  numero  %
 agricoltura  31 2,1 1434 97,8
 industria  560  10,7 4663 89,1
 edilizia  93 6,6 1322 93,3
 commercio  6501  21,1  24208 78,7
 trasporti  150 1,7 8964 98,3
 servizi  2342 24,1 7377 75,8
 totale  9677 16,8 47967 83,1
Tabella 3: Occupati nei diversi settori economici distinti per sesso
Fonte: INSTAT, Settembre 1996 (Tratto da: Women's Center, Netherlands Development Organization, op. cit., p. 11).

 

Il commercio al dettaglio è considerato attività ideale per una donna. "Durante il regime comunista gran parte del personale addetto alle vendite erano donne e negli anni delle privatizzazioni (1993-94) molte di loro hanno rilevato il negozio in cui lavoravano" . Il più delle volte si tratta di un'attività a conduzione familiare in cui la donna si occupa delle vendite in negozio mentre gli uomini trattano con i fornitori e si occupano del trasporto del denaro (per via della mancanza di un efficiente sistema bancario), attività reputate rischiose per una donna. E' evidente quindi che le attività economiche delle donne sono attività di piccole dimensioni che, solo in rari casi, impiegano personale dipendente e che richiedono un capitale iniziale abbastanza esiguo. Delle 57.712 attività economiche registrate in Albania, l'83,1% delle licenze sono intestate a un uomo e solo il 16,8% a una donna.
Tra le ragioni che si sono riscontrate per spiegare la minor presenza femminile alla guida di un'impresa economica troviamo: la tradizionale divisione del lavoro in famiglia e la scomparsa di strutture pubbliche che hanno così ridotto il tempo a disposizione di una donna non solo per svolgere un lavoro remunerato, ma anche per amministrare un'azienda; minor accesso alle informazioni e ai capitali; restrizioni a viaggiare per il rischio di subire violenze o furti; mancanza di fiducia in se stesse e sfiducia degli uomini nelle capacità femminili. C'è poi da considerare che molti uomini sono emigrati all'estero lasciando in Albania la moglie, i figli e i genitori anziani. Le donne dovendo così farsi carico da sole della famiglia hanno poco tempo e sostegno per avviare una attività in proprio e forse, con le rimesse del marito, non ne avvertono nemmeno la necessità economica.
Nonostante negli ultimi anni il commercio al dettaglio sia andato incontro a una crescita della competitività e ad un brusco calo dei profitti (oltre la metà delle donne d'affari lavorano in questo settore economico), le donne continuano comunque a preferire questo tipo di business. Questo sicuramente perché dispongono di un'esperienza precedente nel campo e poi perché si tratta di un'attività relativamente semplice da avviare che non richiede ingenti capitali e particolari conoscenze tecniche. Nel 1994 però è stato registrato un calo, non solo per l'elevata competitività, ma perché iniziava il fenomeno delle finanziarie in cui sembrava più redditizio investire soldi.
Le fonti a cui ricorre la maggioranza delle donne per finanziare l'attività sono i risparmi propri o della famiglia, le rimesse degli emigrati o il prestito di parenti o amici. Pochissime sono le donne che si rivolgono in banca e molte sono quelle che non dispongono nemmeno di un conto corrente bancario. In Albania non ci sono programmi speciali di credito per le donne imprenditrici e i dati raccolti dai vari istituti di credito confermano che la percentuale di prestiti concessi a donne è molto bassa (oscilla tra lo 0.2% e il 24%) . Il più delle volte, quando si tratta di un'attività a conduzione familiare è il marito che richiede il prestito; le donne non hanno tempo per visitare le banche, valutare le condizioni e sbrigare le lunghe pratiche burocratiche. Ma soprattutto non vogliono, come emerge dalla ricerca, essere implicate in pratiche corruttive o illecite che si possono nascondere dietro il prestito bancario.
La principale ragione per cui le donne hanno deciso di avviare un'attività in proprio è di carattere prettamente economico: avere un reddito e soddisfare così le esigenze della famiglia. L'alto tasso di disoccupazione maschile, i bassi salari e soprattutto l'impossibilità per una donna di trovare un posto di lavoro in questa difficile fase transitoria la spingono a tentare la via dell'imprenditorialità. Questa "motivazione negativa", questa scelta dettata dalle difficoltà del momento può in un certo senso limitare le possibilità di successo . C'è poi anche il desiderio di essere economicamente indipendenti e di migliorare così la propria posizione all'interno della famiglia.
Tra i problemi principali che le donne devono affrontare troviamo: la carenza di infrastrutture (le linee telefoniche ed elettriche sono malfunzionanti, l'acqua potabile è insufficiente), la difficoltà a coordinare il lavoro con gli impegni domestici, il rapporto con la pubblica amministrazione (soprattutto in materia di licenze e tasse) e, con la crisi del '97, il clima di insicurezza che non gli permette di viaggiare da sole per il paese senza il rischio di essere aggredite. Le donne non si sentono protette dalla legge.
Le associazioni affaristiche femminili sono impegnate a sostenere e richiedere assistenza tecnica, finanziaria e fiscale per le donne imprenditrici e soprattutto a rendere le donne d'affari più sicure di sé e delle proprie capacità realizzative e professionali.

 

(continua sul prossimo numero di Iemanja': violenza domestica e prostituzione)