La
questione dei Black Bloc.
Una
componente che contava a Genova poche centinaia di persone ha assunto un ruolo
sproporzionato nelle analisi successive. Mettiamo le cose a posto. REDS. Agosto
2001.
In qualche
settore di movimento riguardo alla questione del ruolo svolto dal Black
Bloc ci pare si stiano diffondendo interpretazioni che potrebbero oscurare
la terribile responsabilità della destra nel massacro di Genova. Vediamo
per punti. Il Black
Bloc non è una invenzione dei carabinieri o di un qualche superservizio
segreto internazionale. Esso rappresenta una tattica nella quale si
riconoscono diversi gruppi negli USA, in Germania, in Spagna, e un po' in
Italia. Sono gruppi diversi tra loro, con gradi differenti di politicizzazione,
ma uniti nella tattica di presenza nelle manifestazioni. Questa tattica
è stata inaugurata già dalle manifestazioni di Seattle quando
i commentatori parlarono all'epoca di personaggi "vestiti come ninja". La tattica
consiste nell'essere presenti nelle manifestazioni di massa indette da altri,
spesso senza cercare alcun accordo con questi altri. Arrivano sul posto,
si vestono di nero coprendosi interamente il volto, e, utilizzando in gran
parte materiale trovato sul posto, cercano di compiere le più ampie
devastazioni possibili di luoghi e merci ad alto valore simbolico: auto di
lusso, banche, sedi di multinazionali. Si muovono in piccoli gruppi, velocemente,
e in maniera estremamente determinata. Non sempre cercano rapporti con il
movimento, non hanno alcuna responsabilità nei confronti dei manifestanti,
e riescono in generale a dileguarsi rapidamente. Non fanno una gran fatica:
non devono proteggere alcun settore, e approfittano della relativa lentezza
della polizia che si muove in gruppi numerosi e "pesanti". Anche se
gran parte di loro si definisce anarchica e, purtroppo, si sta diffondendo
nel movimento la pessima abitudine di denominarli "gli anarchici",
quelli del Black Bloc, in realtà con l'anarchismo classico,
e con i gruppi storici dell'anarchia in Italia, hanno ben poco a che spartire.
Quando passavano vicino ai manifestanti venivano subissati di fischi (il giorno
20 nella piazza tematica dei Cobas, in quella della Rete Lilliput, ad esempio,
e lungo la manifestazione del 21), tutti hanno notato che la cosa li lasciava
altamente indifferenti: ridevano e mostravano il medio in segno di scherno.
Tutto ciò per un anarchico classico, sarebbe abbastanza traumatico:
non sottovaluterebbe mai l'impatto del proprio discorso sulla massa, non rinuncerebbe
mai a cercare di convincere gli altri della giustezza delle proprie idee.
Sono dunque, un tipo "molto particolare" di anarchico (vedi l'origine
storica dei Black nell'articolo Chi sono i Black Bloc) che si ispirano per quanto riguarda
la prassi a gruppi come ad esempio i tedeschi Autonomen (noti per l'estrema
decisione con cui affrontano polizia e gruppi neo-nazisti) e per ciò
che concerne la teoria ad una superficiale interpretazione dell'anarchismo. Lo spirito
di fondo di questo mix culturale, con un grosso contributo della cultura
punk, è l'avversione totale per il sistema, in ogni suo
aspetto, ma anche verso la massa, vista in maniera ostile per la sua passività
e il suo conformismo. Non sono interessati ad alcun discorso riguardo la prospettiva
politica, perché in generale fanno fatica a muoversi nella dimensione
temporale del futuro. Sono animati da un forte spirito di banda,
con un atteggiamento di orgogliosa consapevolezza del proprio isolamento e
della propria radicale diversità. Detto questo
non vorremmo che si diffondesse nel movimento una sorta di atteggiamento razzista
verso i punk. Alcuni segni preoccupanti li abbiamo notati in questi
giorni a Genova quando vari compagni insultavano dei giovani solo perché
avevano il classico look dei punk. Generalmente i punk
non appartengono al Black Block, anche perché la maggior parte
dei punk non è politicizzata. Che il Black
Block abbia degli infiltrati è assai probabile, anche se ci si
permetta di dire che, come la storia dei servizi segreti in Italia dimostra
(a partire da quelli fascisti), essa riguarda, con ogni probabilità,
ogni gruppo politico di sinistra quindi non possiamo limitarci a queste considerazioni
nel trarre un giudizio sull'operato di un gruppo. E' certamente
da condannare la tattica adottata dai Black, perchè la guerriglia
urbana da essi scatenata è stata usata come pretesto dalla polizia
per poter massacrare, più tranquillamente, i partecipanti alla manifestazione.
Alle stesse banche non importa un fico secco se viene devastata una qualche
filiale: pagano le assicurazioni, o lo stato, e lo stato e le assicurazioni
si rifanno sui cittadini. Il governo ne ha avuto invece un guadagno ben maggiore:
senza grande fatica ha potuto giocare una carta in più nel tentativo
di screditare l'intero movimento per scongiurare un possibile consenso di
massa. A nostro
avviso il movimento, come argomentiamo in un altro articolo (Genova: gli errori di gestione da parte del movimento), deve
dotarsi di mezzi pratici che impediscano fisicamente a questi gruppi di agire
in prossimità dei cortei durante le nostre manifestazioni. Il loro
ruolo è negativo per le ragioni scritte sopra. Questo, autonomamente,
senza ricorsi a delazioni e men che meno ad incentivi alla loro repressione
da parte della polizia. E' un problema "interno" al movimento, che
deve, al suo interno, trovare una soluzione. Detto questo
occorre precisare alcune cose. La violenza
del Black Block non va in alcun modo equiparata a quella delle forze
del cosiddetto ordine. A parte alcuni rari episodi di attacco nei confronti
dei manifestanti, il Black Bloc distrugge banche, cioè cose,
la polizia ha spaccato la testa delle persone e ucciso. E per noi la differenza
non è poca. Deve essere chiaro che se a Genova c'è stato un
massacro esso non è stato causato dalle cosiddette forze dell'ordine
e dal Black Bloc. Ma dalla determinazione della destra
a screditare ed annientare il movimento. Pur nelle
oggettive condizioni di difficoltà, se possibile, si deve provare a
stabilire un dialogo con i Black, è un tentativo che si deve
fare e che non deve essere scartato a priori. Un'ultima
precisazione. Il Black Bloc vero e proprio ha compiuto numerose azioni
il 20 e 21. Ma attenzione: ad affrontare la polizia in varie parti della città
sono state anche migliaia di giovani che con il Black Bloc non c'entravano
nulla, e che anzi fischiavano coloro che si accanivano contro le vetrine.
La reazione di questi giovani, tra i quali c'era anche Carlo Giuliani, è
stato direttamente il prodotto dell'indignazione nei confronti della spietata
repressione poliziesca. Centinaia
di ragazzi si sono visti aggrediti senza alcuna ragione, hanno visto i propri
amici rapiti dai cellulari, rovinata quella che per loro non doveva essere
una guerra, ma una festosa manifestazione di resistenza. Questi giovanissimi
hanno così sfogato la propria rabbia reagendo alla violenza della polizia,
ma, in alcuni casi, si è trattato, semplicemente, di autodifesa, poiché
chi è stato a Genova sa che i pomeriggi del 20 e del 21 non c'era spazio
dove uno potesse sedersi senza temere che si fermasse un cellulare a malmenarti
e a portarti via. Erano giovani che affrontavano la polizia senza spaccare
vetrine. E' bene non nascondersi questo dato, altrimenti ci sfuggirà
la percezione di un pericolo che incombe sul movimento. La destra ha mostrato
tutta la sua determinazione nella volontà di spazzare via ogni movimento
autonomo delle masse: batosta dopo batosta, può formarsi in strati
della gioventù un atteggiamento mentale che era tipico nel '77, quando
si pensava che si dovesse rispondere colpo su colpo e sullo stesso piano alle
forze della repressione, nella più totale assenza di prospettiva politica.
Per questo diviene urgente costruire un fronte di massa, ampio, unitario,
di lotta contro la destra. Non servirebbe a nulla che una nuova generazione,
isolata, rabbiosa, generosa, si dissolvesse nello scontro con forze preponderanti.