Social
Forum: quello che non va.
I
social forum stanno spuntando ovunque come funghi. E' un fatto positivo che
indica la voglia di partecipazione. Ma nascono in diversi luoghi con serie
storture che ne minano le potenzialità di crescita. Ne parliamo consigliando
anche qualche antidoto. REDS. Ottobre 2001.
Nel numero
scorso abbiamo sostenuto la linea di creare ovunque dei social forum
come modalità per riunire i pezzi dell'opposizione sociale. Avevamo
anche scritto quelle che secondo noi erano le condizioni adatte per compiere
questo passo. Dall'inizio di settembre, su spinta di alcuni settori del movimento
soprattutto legati al PRC, i social forum sono cominciati a spuntare come
funghi: tutte le grandi città ne hanno uno e vanno diffondendosi anche
nei paesi. Questi ambiti coinvolgono molte persone, una parte delle quali
prima non era impegnata in un gruppo specifico. Si tratta dunque di un fenomeno
globalmente positivo, ma in questo articolo ci interessa sottolineare gli
elementi negativi di questo processo, perché possano rapidamente venire
corretti. 1. 2. 3. 4. 5. 6. Democratizzare
il movimento, o meglio "orizzontalizzarlo" comporterebbe a catena
tutta una serie di effetti positivi. Oggi ad esempio le basi delle
varie componenti hanno avuto ben poche occasioni per lavorare insieme senza
i colli di bottiglia rappresentati dai propri dirigenti. Lavorare insieme
significherebbe diminuire di molto la dose di settarismo e diffidenza reciproca
che esiste tra le varie aree. Significherebbe non perdere per strada nessuno
e guadagnare nuovi consensi. Si dovrebbero privilegiare il lavoro di lunga
durata intorno a una serie di tematiche o meglio di campagne con obiettivi
precisi: ciò obbligherebbe il movimento a non rinchiudersi in esercizi
totalmente interni (ad esempio le mediazioni interminabili su questo o quel
comunciato che tanto nessuno si leggerà) ma ad avere a che fare con
la massa delle persone che sono esterne al movimento. Non ci può sfuggire
infatti il percolo che grava su di noi dopo l'11 settembre: prima, tra il
movimento e la massa vi era una consistente area di simpatia, ora rischia
di sparire a causa della chiamata a difesa della tribù occidentale.
Per questo dobbiamo democratizzarci dentro per riuscire meglio fuori.
I social forum nascono spesso come aggregazione di gruppi preesistenti.
Si tratta certo di una caratteristica positiva: la frammentarietà che
caratterizzava certe esperienze di militanza viene così superata "verso
l'alto", mantenendo il particolare ma trovandone il senso ultimo nel
generale. Bene. Quel che accade però è che coloro che rappresentano
associazioni, sindacati, centri sociali, nella realtà mantengono con
il proprio gruppo di origine un rapporto di totale delega. Si dice che Tizio
rappresenta quella certa associazione, ma oltre a Tizio di quella associazione
non si vede mai nessun altro, e Tizio non riporta mai i dibattiti emersi nel
movimento nel proprio gruppo. Così, spesso, in iniziative che sulla
carta hanno guadagnato l'adesione di un mucchio di entità, nella realtà
poi coinvolgono solo i vari Tizio, e quando altri militanti del suo gruppo
vi partecipano è perché ne sono stati informati per vie traverse.
La cosa per ora non si nota molto, perché il movimento ha trascinato
all'attivismo molta gente che nella realtà non fa parte di alcuna associazione
e dunque per ora non mancano i partecipanti. Ma alla lunga questa situazione
è destinata a far sì che si costituisca una militanza specifica
da "social forum", quando invece a nostro avviso i social forum,
per chi non fa parte di alcun gruppo, dovrebbero costituire un ambito dove
vengono invogliati alla partecipazione in una qualche associazione, oppure
a crearne una nuova.
Per esempio in molte situazioni la FIOM e/o Lavoro e Società hanno
dato la propria adesione ai vari social forum cittadini. Molto bene:
siamo entusiasti e abbiamo sempre sostenuto l'importanza di questa partecipazione.
Il problema però è che nella gran parte dei casi si tratta di
una adesione formale: chi partecipa poi alla vita dei social forum sono singoli
dirigenti o funzionari, che in alcun modo coinvolgono la massa dei delegati
sindacali. Va meglio con l'area del sindacalismo di base? Purtroppo no. Solo
in rari casi il dirigente che partecipa alle istanze di movimento informa
regolarmente la propria base o cerca di coinvolgerla in qualche modo, magari
dando spazio ad altri. Non va certo meglio con la Rete Lilliput, all'interno
della quale vige esattamente lo stesso problema: non abbiamo il funzionario
sindacale, ma magari il funzionario della ong, con i gruppi di sostegno alla
base che sanno ben poco di quel che combina.
Dobbiamo dibattere apertamente il problema e chiedere esplicitamente alle
associazioni, centri sociali, sindacati, che si impegnino per intero nel movimento
senza delegare chi ha più tempo, o il funzionario, o il leader. Può
essere che i militanti delle associazioni siano già impegnati su altri
fronti e si trovino in difficoltà dunque a trovare tempo da dedicare
a organismi più ampi; cosa impedisce però che quella certa associazione
non deleghi una persona, ma varie che ruotano periodicamente?
In questo modo si costringerà l'associazione a rimanere costantemente
informata per poter mandare rappresentanti che, pur essendo nuovi, siano sempre
al corrente delle questioni. Infine da parte dei social forum vi deve
essere la consapevolezza che al proprio interno operano organizzazioni e che
dunque si deve dare il tempo a queste di discutere e riflettere. Si dovrebbe
cioè creare l'abitudine di prendere le decisioni in tre tempi: proposte
nei social forum, ritorno alle associazioni, discussione e decisioni
dei social forum. E' chiaro che dato che i social forum hanno
attratto, per fortuna, molta gente che per ora non è militante di nient'altro,
sarebbe poco opportuno che le assemblee si trasformassero in ratifica di ciò
che le associazioni hanno deciso in separata sede: si sentirebbero marginalizzati.
L'assemblea dunque deve decidere, tutta insieme. Ma con modalità che
permettano alle basi dei gruppi, in qualche modo, di parteciparvi. Altrimenti
risulteranno favoriti solo coloro che dispongono di molto tempo perché
non hanno null'altro da fare nella vita, oppure perché sono funzionari,
o senza figli.
Anche se in questo movimento si esprimono molte preoccupazioni al riguardo,
notiamo un certo accrescersi di tendenze leaderistiche. Vediamo un po' troppo
stesso gli stessi personaggi che "fanno le mediazioni", che gestiscono
la presidenza, che intrattengono rapporti coi media. Lo stesso ruolo di "portavoce",
inventato perché suonava meno burocratico di altri (dirigente, coordinatore,
presidente, rappresentante), nei fatti è divenuto una sorta di investitura
di leadership. Il contrario di ciò che fanno i nostri avversari: i
portavoce di Bush o di Berlusconi non contano davvero niente, i nostri contano
troppo. Non è una critica alla buona fede o alle capacità di
questo o quel portavoce, la nostra è una critica di principio, perché
ogni volta che alcune persone dispongono di potere, si è sempre verificata
una certa riluttanza da parte di queste a rinunciarvi. Del resto ad un ruolo
di relazione coi media e con le istituzioni non si può rinunciare sempre:
si correrebbe il rischio che tv e giornali se li inventerebbero loro i portavoce,
creando protagonisti che non sono stati eletti da nessuno. La soluzione è
semplice: stablire una rotazione continua di queste "cariche", in
modo tale da impedire che qualcuno cresca tanto in popolarità massmediatica
da poter aspirare ad essere leader (vedi "La rotazione: tabù organizzativo
di partiti, sindacati, movimenti"). Anche le presidenze delle assemblee
dovrebbero essere a rotazione, rotazione che non deve riguardare solo le persone,
ma anche i gruppi: non si può delegare a un gruppo il ruolo di gestore
e mediatore di una rete di gruppi. Elimineremmo anche le relazioni iniziali:
chi ha da dire cose imprescindibili può scriverle e distribuirle prima
dell'assemblea.
Abbiamo assistito a un po' troppe assemblee che si sono trasformate in passerelle
dei leader delle varie componenti. Il fatto in sé positivo di aver
riunito ciò che prima era frammentato infatti, ha comportato anche
conseguenze poco simpatiche: anni di militanza separata dei vari gruppi hanno
consilidato piccole leadership che trovano estremamente seccante non essere
protagoniste di qualcosa al quale partecipano (a volte le critiche al ruolo
di portavoce che abbiamo sentito, sospettiamo che fossero dovute non ad una
benemerita ansia orizzontalista, ma al dispetto di non essere stato scelto
per quel ruolo): si sfogano così in lunghi interventi assembleari.
Non hanno cose imperdibili da dire, dopo dieci minuti tutti si sono dimenticati
quel che avevano detto, ma parlano, perché ciò significa poter
dire: io esisto, e il mio gruppo pure, dovete fare i conti anche con noi.
A questi si sono poi aggiunti i capi supremi di microgruppi usciti di colpo
dalle catacombe, e che sino all'altro giorno dicevano peste e corna di questo
movimento "piccolo borghese", ma ora che s'è rimpolpato vi
si sono calati sopra dispensando rudi consigli e linee inossidabili. Molte
assemblee stanno divenendo dunque momenti estremamente passivizzanti dove
siamo costretti ad assistere ad una sfilata in cui al massimo ci è
consentito tifare per un oratore o per l'altro. Le persone "normali"
e che dunque non sono abituate a parlare in pubblico e tantomeno davanti ad
una assemblea numerosa si tengono in disparte, perché non si sono create
le condizioni per la partecipazione dal basso, ma solo per l'esposizione dei
leader, che non solo sono abituati a parlare in pubblico, ma posseggono una
struttura psicologica che fa loro desiderare intensamente quel momento: un
godimento che appare incomprensibile ai più. Ma è un godimento
privato che costa caro: sfilata dopo sfilata, la gente si sfila, perché
ben difficilmente una persona che partecipa a un movimento per cambiare le
cose, accetta un ruolo passivo in eterno. Noi crediamo che sia meglio, in
caso di assemblee molto ampie, procedere subito al lavoro per gruppi, dove
l'assemblea diviene il momento conclusivo in cui i gruppi presentano i risultati
dei propri lavori. Per le persone è molto più semplice intervenire
in piccoli gruppi. Nelle assemblee più piccole si dovrebbero utilizzare
dinamiche partecipative (di cui abbiamo già parlato in "Perché
nelle riunioni ci sono persone che non parlano?"): ad esempio eliminando
fisicamente la presidenza, dando la parola a tutti con il "giro"
degli interventi, impedendo che chiunque parli più di una volta, limitando
i tempi dell'intervento, ecc.
Abbiamo avuto troppo spesso l'impressione che molte cose si decidessero prima
delle assemblee e fuori da esse. Ad esempio se costituire o no un social
forum. Vi sono gruppi che, senza esserne stati delegati da nessuno, nei
fatti gestiscono le assemblee e le iniziative, tengono in maniera esclusiva
l'elenco dei contatti, ecc. Contromisure: indirizzario a disposizione di tutti
i gruppi, le riunioni già convocate non si rimandano all'ultimo momento,
le decisioni si prendono in assemblea, gli organismi delegati a prendere decisioni
tra una assemblea e l'altra devono essere composti a rotazione.
Riguardo alla prevalenza maschile nei ruoli dirigenti del movimento nonostante
l'ampia partecipazione femminile rimandiamo all'articolo specifico (Il
movimento antiglobal e le donne).
Assistiamo alla formazione di forum con modalità che ci lasciano
perplessi: che senso ha costituire un social forum semplicemente
cambiando nome ad un gruppo già esistente? Oppure dopo una sola prima
assemblea? Un forum dovrebbe essere un luogo di incontro tra diversi,
e soprattutto tra gruppi fisicamente esistenti e attivi in un determinato
territorio. Dato che però il nome "social forum" tira, notiamo
una certa fretta opportunista nell'appropriarsene, con ciò creando
anche danni politici: gruppi che vengono tirati dentro per i capelli in modo
poco convinto, altri che non sono stati nemmeno contattati. In molti casi
ci sembrerebbe più opportuno aspettare, non con le mani in mano certo:
con i gruppi contattati si può cominciare un percorso insieme, che
renda il futuro forum più omogeneo, senza diffidenze reciproche. E'
molto meglio misurarsi da subito nella gestione comune di iniziative, campagne,
ecc. e poi dopo, in un secondo tempo, tirare le fila organizzative
e quindi dar vita ad un social forum vero.