Il Kosova sotto l'occupazione NATO.
A quasi cinque mesi dall'occupazione militare NATO, il Kosova non è più sottoposto al dominio serbo, ma l'assunzione dei poteri da parte di soggetti stranieri i cui interessi sono del tutto estranei a quelli della popolazione kosovara ha creato un contesto in cui vengono sistematicamente violati i più elementari diritti del popolo del Kosova. Comunicato del Comitato di Solidarietà con il Kosova. Novembre 1999.


A quasi cinque mesi dall'occupazione militare NATO e dall'insediamento di un protettorato amministrativo dell'ONU, il Kosovo non è più sottoposto al dominio serbo, le forze di Belgrado si sono ritirate, tuttavia il bilancio della situazione rimane negativo sotto molti aspetti.

L'assunzione dei poteri da parte di soggetti stranieri i cui interessi sono del tutto estranei a quelli della popolazione kosovara ha creato un contesto in cui vengono sistematicamente violati i più elementari diritti del popolo del Kosova: il diritto all'autodeterminazione, alla democrazia, alla giustizia, al lavoro e all'accesso alle risorse economiche, il diritto alla sicurezza.

Si sottrae ai kosovari il diritto di potere decidere democraticamente i destini futuri del proprio paese, negando loro la possibilità di svolgere un referendum sull'indipendenza, la cui richiesta si era manifestata chiaramente nell'ultimo decennio con un referendum clandestino, con le mobilitazioni di lavoratori, donne, studenti e disoccupati, con la creazioni di strutture sociali autonome e, infine, con la partecipazione di massa al movimento armato di resistenza.

I destini del Kosova rimangono legati agli interessi delle grandi potenze, che li subordinano ai propri piani di stabilizzazione imperialista dei Balcani, obiettivo che appare comunque essere fallito, dati gli elementi di tensione ulteriore scatenati dall'intervento militare della Nato nel territorio della Federazione Jugoslava. E' significativo, a tale proposito, che le vaghe promesse di tenere in Kosova almeno delle elezioni politiche generali stiano ora ripiegando sull'organizzazione, entro termini ancora da definirsi, di elezioni amministrative, con lo scopo dichiarato di evitare ogni dibattito democratico sulla soluzione dello status del Kosova.

L'amministrazione delle Nazioni Unite sta governando la regione in maniera del tutto arbitraria: nessuna Costituzione né legge è in vigore; i poteri esecutivi e giudiziari degli organismi locali non sono definiti e tutto viene delegato alle Nazioni Unite.

E' grave che continuino a circolare ipotesi di cantonizzazione su base etnica, dagli intenti poco chiari; inoltre nelle cancellerie occidentali sono molti coloro che ribadiscono la necessità di fare dipendere i destini del Kosova dall'evoluzione politica interna in Serbia, cosa assolutamente inaccettabile.

Il popolo kosovaro non gode di alcun diritto democratico nell'amministrazione delle istituzioni e dei beni del paese: aziende, amministrazioni locali, università, televisione, forze di polizia e ogni altra realtà del paese, sono sotto il controllo assoluto del protettorato ONU e NATO.

Il diritto al lavoro e allo sfruttamento delle risorse economiche del Kosova è negato alla popolazione in maniera evidente: ai minatori di Trepca, licenziati in massa da Milosevic nel 1990, la Kfor impedisce il ritorno nelle miniere, e la possibilità di tornare a vivere del proprio lavoro.

Dopo l'immane tragedia di 17 mesi di guerra e di distruzioni, nonché di lunghi anni di oppressione poliziesca, non è stato avviato, né sembra essere all'orizzonte, alcun processo di giustizia teso a punirne i colpevoli in maniera pubblica e democratica. Migliaia di civili albanesi (studenti, professori, intellettuali, contadini) del Kosova sono ancora detenuti ingiustamente in Serbia, dove sono stati deportati e sottoposti a brutali maltrattamenti. Altre migliaia di essi risultano ancora "desaparecidos". Il disinteresse di ONU e NATO per le loro sorti è totale.

Il clima di incertezza sul futuro del Kosova contribuisce in maniera decisiva alla discriminazione alla quale vengono sottoposti le minoranze. Gli ultimi mesi hanno visto l'instaurazione di un clima indiscriminato di vendette violente e di emarginazione sociale nei confronti della comunità serba e di quella rom, che non può che essere condannato nella maniera più categorica. Questa situazione, ampiamente prevedibile dopo quanto è successo in Kosova dal 1998, è stata incentivata proprio dalla negazione del diritto alla giustizia e alla democrazia a opera di ONU e NATO, interessati tra l'altro, nella loro gestione del Kosova, a eliminare ogni fattore di complicazione. In questo modo la popolazione è portata ad agire di propria iniziativa, per mettere la comunità internazionale davanti al fatto compiuto.

Anche i dirigenti politici e militari albanesi del Kosova hanno contribuito in maniera decisiva al crearsi di questa situazione, smobilitando le forze della resistenza senza che il popolo kosovaro avesse alcuna voce in merito, delegando l'amministrazione politica e militare del paese all'ONU e alla NATO, inibendo ogni dibattito politico, con il chiaro scopo di crearsi un ambito di potere basato non sulla volontà democraticamente espressa del popolo, ma sul loro ruolo di interlocutori delle forze di occupazione e sulla situazione di caos e oppressione oggi ancora in atto in Kosova. Si tratta della conseguenza logica della decisione, presa dopo la conferenz
a di Rambouillet del febbraio scorso da una parte della dirigenza albanese, di delegare i destini del Kosova alle forze imperialiste della NATO.

E' necessario ripristinare immediatamente in Kosova i diritti democratici fondamentali, primi tra tutti quelli all'autodeterminazione tramite un referendum, alla libera espressione della volontà popolare in tutti i campi, alla giustizia, al lavoro e alla sovranità sulle risorse economiche del paese. Ciò non sarà possibile fino a quando il paese si troverà in situazione di occupazione militare e amministrativa: chiediamo quindi il ritiro della NATO e dell'ONU dal Kosova, con la possibilità per i kosovari di potersi dotare di adeguate strutture autonome di difesa del paese.
Chiediamo che alla popolazione del Kosova venga data la possibilità di usufruire degli strumenti per potere amministrare e governare il paese, sulla base del rispetto delle minoranze e della cessazione della discriminazione su base etnica. Perché ciò sia possibile, è necessaria anche una mobilitazione delle forze e dei soggetti della
sinistra internazionalista italiana mirata a sostenere i diritti democratici di tutto il popolo del Kosova e a combattere il ruolo della NATO e dell'ONU, nonché, al loro interno, quello di primo piano dell'Italia.