Il "Manifesto" e il Kosova.
Il principale strumento di informazione della sinistra internazionalista e antagonista, conduce da mesi una politica di sistematica disinformazione sul Kosova. Esaminiamo qui alcuni esempi. Di Andrea Ferrario. 24 febbraio 2000.


"Il Manifesto", principale strumento di informazione della sinistra internazionalista e antagonista, conduce da mesi una politica di sistematica disinformazione sul Kosovo, che priva letteralmente migliaia di militanti e di persone semplicemente interessate a comprendere quanto sta accadendo nei Balcani, degli strumenti minimi per una presa di conoscenza in proprio, in un momento estremamente delicato di un'area a noi così geograficamente (e politicamente) vicina. Non si intende qui affrontare l'approccio politico de "Il Manifesto" rispetto al Kosovo, che pure non condividiamo, ma semplicemente esaminare alcuni esempi della sistematica falsificazione dei fatti da parte della testata "comunista". I numerosi "campioni" che riportiamo qui sotto si limitano per la maggior parte al periodo degli ultimi dieci-quindici giorni.

EMBARGO
Negli ultimi mesi "Il Manifesto" ha in numerose occasioni lasciato intendere che le sanzioni contro la Jugoslavia sono un vero e proprio embargo totale, comprendente il blocco commerciale, cosa assolutamente non vera, poiché le sanzioni, oltre a quelle contro i voli aerei, riguardano solo gli investimenti e le (poco influenti per la Jugoslavia) vendite di petrolio dai paesi NATO [ma non il transito, che per esempio c'è dall'Ungheria, paese NATO, alla Serbia]. Mentre nei mesi scorsi il giornale si limitava a frasi in cui si lasciava solo direttamente intendere tutto ciò, quando un paio di settimane fa sono state cancellate le sanzioni contro i voli aerei, "Il Manifesto" è passato ad affermare esplicitamente che l'embargo contro la Serbia riguarda anche gli scambi commerciali. Il 12 febbraio, nella notizia breve non firmata "Solana: stop all'embargo aereo" si scrive testualmente "[...] non è possibile comunque attendersi un alleggerimento del blocco commerciale e di materie prime verso la Serbia, che soffoca tutta la popolazione". Il 15 febbraio il "Manifesto" riporta la bugia addirittura già nel titolo: "Jugoslavia: ancora bloccato tutto l'export verso la Serbia", e all'interno del relativo articolo (di R. Es.) si ripete la stessa cosa: "[...] non viene toccato invece il blocco a tutte le esportazioni verso la Serbia, dal gasolio ai medicinali".

MITROVICA
Al centro dell'attenzione, la settimana scorsa, sono state le violenze a Mitrovica. Come sempre in queste occasioni, il "Manifesto" racconta alcuni fatti che sono enormemente falsi, cita poi come sicuri alcuni dati contestabili e assolutamente parziali, e condisce il tutto con insinuazioni senza prendersi la responsabilità di quello che dice, ma la cui "chiave di lettura" è assolutamente chiara. Anche se molti particolari sono ancora poco chiari, su un fatto tutte le fonti concordano con abbondanza di particolari e testimonianze: albanesi armati hanno sparato a distanza contro uomini della NATO in normale servizio presso uno dei due ponti della città e l'unico morto di questo "incidente" è stato un albanese, che per la NATO e le fonti serbe era un cecchino, per tutte le fonti albanesi un cittadino disarmato. Nell'articolo, sempre di R. Es., "Kosovo: cecchini contro la Kfor", del 15 febbraio, si scrive che "un gruppo di cecchini ha aperto il fuoco mentre la Kfor stava scortando alcuni serbi nel quartiere nord di Mitrovica, abitato quasi esclusivamente da serbi". Naturalmente è falso: nessuna, ma proprio nessuna, fonte riporta il particolare dei "serbi scortati". Perfino la delirante Tanjug, parla solo di colpi di cecchini albanesi contro soldati francesi. La funzione di questo travisamento dei fatti è chiara: il fatto che gli albanesi sparino a soldati NATO potrebbe portare alcuni lettori de "Il Manifesto" a porsi determinate domande, mentre invece con la bugia i colpi sparati contro la NATO si trasformano in colpi indirizzati contro dei serbi. Il 16 febbraio viene pubblicato un altro pezzo su Mitrovica ("KOSOVO/NATO-ONU"), a firma Tommaso Di Francesco. Nell'articolo si scrive che "le forze Kfor-NATO solo adesso difendono i serbi perché sono pochi i serbi - cinquemila - rimasti in tutto il Kosovo". Si tratta naturalmente di una bugia enorme. Non solo tutte le fonti, dalla NATO, all'ONU, all'OSCE e, soprattutto, allo stesso governatore serbo del Kosovo, Zoran Andjelkovic, formalmente ancora in carica per Belgrado, concordano sulla cifra approssimativa di 100.000 serbi presenti in Kosovo, ma i dati resi pubblici da svariate ONG, fonti giornalistiche e organizzazioni internazionali riguardo alla presenza serba nei singoli distretti, concordano nel loro insieme su un dato complessivo che si aggira intorno a tale cifra. Tra l'altro parlare di cinquemila serbi in tutto il Kosovo è ridicolo, perché nella sola municipalità di Mitrovica i serbi sono 10.000-15.000; è talmente ridicolo che nemmeno i giornali più schierati con Milosevic non sono mai arrivati a tali enormità. La cifra di 5.000 non è certo un errore di stampa: alcuni giorni prima "Il Manifesto" parlava addirittura di soli 3.000 serbi rimasti in Kosovo ("A Mitrovica c'è il più grosso bantustan di serbi in Kosovo (circa 3.000, erano 200mila)" - 9 febbraio)! Passano ancora alcuni giorni, e il "Manifesto" contraddice se stesso, quando nell'articolo "Venti di guerra a Mitrovica", a firma Ester Nemo, si scrive che Mitrovica "è l'ultimo centro del Kosovo dove ancora esiste una comunità di 5.000 serbi". Le cifre evidentemente sono un concetto assolutamente aleatorio, per il giornale: il 9 febbraio in tutto il Kosovo c'erano 3.000 serbi, rispetto ai 200.000 di prima, sette giorni dopo il loro numero era quasi raddoppiato, arrivando a 5.000, e passati altri sei giorni, all'improvviso, nella sola Mitrovica ce ne erano 5.000. Ma l'uso disinvolto delle cifre non si ferma qui: "[...] dopo una mattanza su cui si è spesso taciuto che ha visto 500 civili serbi morire ammazzati dopo l'ingresso della Nato..." - il numero di 500, sparato da Di Francesco con sicurezza (nemmeno un "circa", un "presunti") non ha nessun riscontro e la cifra più probabile è di meno della metà. D'altronde, poco più sotto Di Francesco scrive che "l'UCK in sette mesi ha cacciato dal Kosovo quasi 300.000 persone", cioè il dato assolutamente spropositato, sostenuto solo da Belgrado senza addurre alcun elemento a conferma. Oltre alle bugie vere e proprie, tutti i summenzionati articoli su Mitrovica contengono un vero e proprio lavaggio del cervello tramite ripetizione ossessiva degli stessi concetti: il "cecchino" albanese ucciso (in realtà, che era un cecchino lo diceva la NATO, la quale poi ha dovuto fare marcia indietro), scrive "Il Manifesto", era un "ex combattente dell'UCK, che come molti altri suoi compagni d'armi da giorni era a Mitrovica per riaccendere la miccia degli scontri con la minoranza serba", "la pressione su Mitrovica da parte dell'UCK è chiara", "la dirigenza albanese ex UCK e le sue propaggini malativose controllano di fatto la vita politico-economica del Kosovo, con l'eccezione di poche enclave", "l'UCK in Kosovo controlla tutto, dai comuni agli ospedali, dalle strade ai fondi elargiti a piene mani da ampie strutture - 400 Ong solo a Pristina - che fanno riferimento all'Onu". C'è poi il pallino de "Il Manifesto", il Kosovo Protection Corps, la forza di protezione civile in cui sono confluiti molti ex UCK, che non è assolutamente una forza di polizia, tranne che per "Il Manifesto", che ripete la falsità ossessivamente, quasi un articolo sì e uno no, ormai da mesi: nella settimana in questione, il 16 febbraio Di Francesco scrive: "l'UCK altro non è che l'attuale KPT (Kosovo Protection Corps), la nuova polizia voluta a tutti i costi da Kouchner e dalla NATO che ha così riciclato [...] le sue gerarchie di comando, i mezzi militari [??? il KPT ha in tutto solo 200 pistole per 2000 effettivi! - a.f.] e le milizie" e poco più sotto parla della "polizia emanazione dell'UCK". Il giorno dopo, 17 febbraio, subito gli fa eco R. Es.: "il Corpo di Protezione del Kosovo - una sorta di polizia in cui si sono riciclati molti guerriglieri UCK, creata con la benedizione della NATO e di Kouchner". Tra le altre chiare manipolazioni un articolo sempre di R. Es. del 17 febbraio intitolato "Thaqi minaccia ONU e NATO" e con sottotitolo riportante un'affermazione pesante: "L'ex capo dell'UCK: a Mitrovica contro i serbi ci penseremo noi", poi però se si legge l'articolo si vede che: 1) il giornalista constata scandalizzato che "Thaci [...] si permette [sic] di minacciare ONU e NATO", ma poco più sotto leggiamo che la "minaccia" consiste nella constatazione, da parte di Thaci, che "la violenza potrebbe diffondersi in altre parti del Kosovo", cioè una banalità che è evidente per tutti e che sulla stampa hanno constatato decine di altre persone; 2) la grave affermazione letterale affibiata all'ex capo dell'UCK nel titolo, "a Mitrovica contro i serbi ci penseremo noi", risulta in realtà nel testo un semplice: "E' tempo di mostrare prudenza e vigilanza, ma anche di preservare il nostro legittimo diritto all'autodifesa", che "Il Manifesto" 'traduce' una seconda volta per i propri lettori (evidentemente ritenuti insufficientemente intelligenti) aggiungendo subito di seguito il commento: "insomma, se non ci pensa la NATO a smobilitare l'enclave serba di Mitrovica, ci penseranno i kosovari albanesi". Nonostante tutto questo fiorire retorico, "Il Manifesto" non ha dato alcuna informazione reale su quanto accaduto a Mitrovica, sulla sua divisione a giugno dopo la cacciata della stragrande maggioranza degli albanesi dalla parte nord, né ha detto una parola sulla vera caccia all'uomo scatenatasi contro albanesi e musulmani (dieci uccisi, di cui otto albanesi e due turchi, ma "Il Manifesto" il 6 febbraio era l'unico quotidiano al mondo a scrivere, quando il conteggio complessivo degli scontri nella città era ancora a sette, che si trattava di tre albanesi, due turchi e... due serbi, naturalmente inesistenti).

BUGIE "MINORI"
C'è poi la quantità di bugie "minori", nel senso che sono citate più di sfuggita, ma non meno gravi. Per esempio, "Il Manifesto" in svariate occasioni ha parlato di "un progettato attentato a Milosevic" come di qualcosa di sicuro, mentre in realtà si tratta solo dell'affermazione (a chiari fini propagandistici interni) del Ministro dell'Informazione serbo Matic, che non si è mai sognato di avanzare nemmeno uno straccio, non dico di prova, ma di indizio (Di Francesco invece scrive, per fare solo uno dei possibili esempi sull'argomento: "il fallito attentato contro lo stesso Milosevic, sventato dal regime ma - come sappiamo dalle reazioni occidentali - non per questo [?!? - a.f.] meno vero" - 18 gennaio). In altri casi "Il Manifesto" sfiora il ridicolo, come quando con due articoli pubblicati in successiva a gennaio a firma Scotti e Di Francesco, si fa passare la tesi che Arkan fosse in realtà un uomo di Tudjman e naturalmente... dell'UCK! A conferma di tale ultima fantasiosa tesi Di Francesco si limita a dare la seguente informazione sibillina, sempre il 18 gennaio: "in Macedonia, pochi giorni prima della guerra, il governo di Skopje aveva aperto un'inchiesta su traffici d'armi, via Tetovo, tra settori dell'UCK e la malavita albanese-macedone collegata proprio ad Arkan". Naturalmente si tratta di una notizia che non trova riscontro da nessuna parte ed è in aperta contraddizione con le accuse, lanciate a più riprese dallo stesso "Manifesto" contro il regime di Skopje, di essere un sostenitore dell'UCK.

BUGIE SISTEMATICHE
Le bugie delle ultime due settimane non sono un'eccezione, ma una regola quotidiana. Basta fare un salto indietro e prendere il numero del 12 dicembre scorso. In un articolo di Angelo Mastrandrea, si gioca ancora disinvoltamente con le cifre. Mastrandrea infatti scrive testualmente: "Secondo gli esperti dell'OSCE [ci si riferisce al rapporto OSCE sul Kosovo, pubblicato a dicembre - a.f.], la media degli omicidi dalla fine della guerra sarebbe di 50 alla settimana [...]. Una cifra piuttosto allarmante, se si aggiunge a quella di 414 serbi, rom o albanesi collaborazionisti trucidati per rappresaglia". Facciamo un breve calcolo: dalla fine della guerra alla fine di novembre (scadenza alla quale si riferisce il rapporto OSCE) passano 22 settimane. Moltiplicato per 50 fa 1.100 morti, ai quali, tuttavia, ci dice Mastrandrea, vanno aggiunti i 414 "trucidati". Totale: più di 1.500 morti!! Perfino il regime di Belgrado, che triplica e quadruplica di norma i dati, è arrivato a un massimo di 750 morti, ma non a fine novembre, bensì a fine gennaio! Ma non è tutto. Se si prende il rapporto OSCE, che fa un elenco municipalità per municipalità, senza fornire dati complessivi per tutto il Kosovo, e si ha la pazienza di passare una mezz'oretta a fare addizioni, si vedrà che l'organizzazione parla di 105 morti accertati, più 5-10 ipotetitci, cioè ben dieci volte di meno di quello che le attribuisce Mastrandrea, il quale per giunta, non si sa perché, ne aggiunge altri 414! In realtà il rapporto OSCE è, per l'appunto, un rapporto che riferisce solo i dati riscontrati dall'organizzazione, pure diffusa sul territorio, che non pretendono di essere descrittivi della situazione generale, ma Mastrandrea lo fa e decuplica le cifre.
Nello stesso numero rispunta sotto altre spoglie una tesi ossessivamente sostenuta per più di un anno da "Il Manifesto" e cioè che Berisha sosteneva l'UCK, quando invece nella realtà ha sempre, fino all'estate scorsa, sostenuto apertamente Rugova, nelle parole e nei fatti. "Il Manifesto" ha continuato a sostenere questa falsità anche quando ormai era una cosa esplicitatasi e ampiamente chiara, nonché riportata da numerosissime fonti. Ora è diventata forse troppo evidente, o meno funzionale a certi discorsi. Ma "Il Manifesto" non abbandona il concetto, applicandolo in altri contesti. Sempre il 12 dicembre, infatti, compare un articolo di Tonino Perna ("Effetto Kosovo in Macedonia", sulle elezioni presidenziali in quest'ultimo paese) in cui si scrive: "gli albanesi di Macedonia, che rappresentano circa il 30% della popolazione totale, sono sempre stati i più accesi nazionalisti fra tutti gli albanesi dei Balcani. Non hanno mai condiviso la strategia pacifista di Rugova quando aveva un grande consenso nel Kosovo (fino al '97)", una falsità anche questa, perché i due partiti albanesi della Macedonia, fino al 1997 e oltre, hanno sempre rigorosamente appoggiato Rugova, essendo allo stesso tempo alleati con Berisha in Albania. Solo nel 1998 avanzato, quando la situazione è precipitata, il leader albanese Xhaferri (solo lui e il suo partito, a differenza di altri, e non "gli albanesi di Macedonia" come scrive Perna) ha cominciato a orientarsi verso settori della leadership UCK.

LE BUGIE SILENZIOSE
Ci sono poi i "silenzi" che valgono anche più delle bugie. Dall'estate scorsa è in corso il progetto Eurocorps, cioè il lancio in grande stile sullo scenario internazionale di una forza completamente europea e non NATO, già esistente, ma finora pressoché inattiva. Nel corso di importanti vertici franco-anglo-tedeschi (importanti perché del livello di Jospin-Blair-Schroeder), svoltisi tra ottobre e novembre, è stata ufficialmente varata la candidatura dell'Eurocorps ad assumersi il comando della missione Kfor. Ne hanno scritto molti articoli i giornali di tutto il mondo, da "Le Monde" al "Washington Post", ai giornali russi, e anche il "Corriere della Sera" e la "Repubblica", descrivendo nei dettagli l'importanza capitale di questa iniziativa nella politica europea e le resistenze (parziali) che ha incontrato negli USA. Venti giorni fa esattamente è stato deciso che dall'inizio di aprile l'Eurocorps prenderà il comando della Kfor per sei mesi, i primi effettivi arriveranno il 12 di marzo. Si tratta di una cosa importantissima, perché è la prima volta che una missione militare è interamente comandata da una struttura militare europea non NATO (anche se vincolata da precisi accordi con l'alleanza). Ebbene, ai lettori del "Manifesto" la cosa è stata tenuta finora sistematicamente nascosta, non una parola è stata scritta, se si eccettuano i due casi risibili che cito letteralmente: 9 dicembre - in fondo a un lungo articolo sul vertice UE di Helsinki, ben dopo le faccende "mucca pazza" e simili, si scrive: "a Helsinki verrà varata la Forza di azione rapida europea, forte di 50-60mila uomini, 'dotata di capacità necessarie di comando, di controllo e di informazione, della logistica e di altre unità di appoggio ai combattimenti e, in caso di bisogno, di elementi aerei e navali'. Verranno messe in piedi strutture politico-militari (il Comitato politico e di sicurezza permanente, il Comitato militare e lo Stato maggiore), che già esistono nella NATO e lasciano pensare a uno spiraglio di indipendenza dagli Usa", senza dire nemmeno una parola del progetto di comando della Kfor, ufficializzato proprio alcuni giorni prima, o anche solo un accenno al Kosovo. Quando venti giorni fa il progetto europeo viene approvato anche dagli USA e diventa ufficiale, "Il Manifesto" non scrive una parola in merito e da allora continua a tacere, se si eccettua la seguente criptica frase, nelle ultime righe di uno dei summenzionati articoli relativi a Mitrovica (17 febbraio): "il capo di stato maggiore USA Henry Shelton si è lamentato del fatto che i soldati USA e degli altri contingenti passano il tempo a 'guardare l'orologio' in Kosovo. E non vede l'ora di passare la patata bollente agli 'eurocorps', a un contingente cioè tutto europeo". Chi legge solo "Il Manifesto" ed è riuscito ad arrivare fino in fondo all'articolo, che parla di tutt'altro, non avrà compreso assolutamente a cosa si riferisce l'autore. Naturalmente, dopo avere sostenuto per mesi la tesi della guerra tutta USA mirata a indebolire l'Europa, "Il Manifesto" deve tenere accuratamente nascosto fino all'ultimo tale fatto ai suoi lettori.

CONCLUSIONE
Oltre a questa piccola rassegna di falsità, limitata ad alcuni campioni esemplari, va detto che "Il Manifesto" in realtà non dà alcuna informazione su quanto accade in Kosovo, se si eccettuano le uccisioni di serbi e l'"UCK che controlla tutto", e questo nonostante sia l'unica testata a pubblicare quotidianamente almeno un articolo in merito. Niente sulle spaccature politiche tra gli albanesi, ma nemmeno su cosa si muove politicamente all'interno alla minoranza serba in Kosovo, alla quale tanto si mostra interessato. Niente sull'economia, se non il fatto che "non arrivano i soldi ONU", ecc. ecc. Anche su quanto accade in Serbia o negli altri paesi confinanti con il Kosovo, il silenzio è assoluto, al di là dei testi su nebulosi complotti o sulle mafie albanesi. Tutto quello che viene offerto ai lettori de "Il Manifesto" è un quadro paranoico e martellante di "albanesi-UCK-narcotrafficanti invasati che trucidano serbi dalla mattina alla sera" e nulla più, il tutto in un contesto "protetto" da ogni notizia in contrasto con tale artificioso quadro, mediante una rigorosa censura.

 

* Andrea Ferrario è il curatore di "Notizie Est", una mailing list di notizie sui Balcani e l'Europa Orientale, pubblicata dal sito web "I Balcani" e archiviata su web all'indirizzo: http://www.ecn.org/est/balcani

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