Parte V - Bang culturale

CINEMA STUPEFACENTE
di Dominique Antonin

Tre recenti pellicole (Ritorno dal nulla, Delirio e paura a Las Vegas, Trainspotting) propongono punti di vista paralleli sulla droga, in chiave di racconto morale

 

 

 

Il primo elemento contestuale comune ai tre film è costituito dal precedente letterario. Ritorno dal nulla è tratto dai Basket-ball Diaries di Jim Carrol, Delirio e paura a Las Vegas dal racconto di Hunter S. Thompson, e Trainspotting dal romanzo di Irvine Welsh. Se ci si ricorda dell’adattamento del romanzo di Nelson Algren L’uomo dal braccio d’oro (Otto Preminger, 1955), di Bright Lights, Big City (James Bridges, 1988), tratto dal romanzo di Jay McInerney, o ancora del burroughsiano Pasto nudo (David Cronenberg, 1991), i nostri tre film non fanno che confermare la regola secondo cui un lungometraggio che tratti di droga deve necessariamente basarsi su di un’opera letteraria, scritta da un fruitore esperto. Lo scrittore tossicomane conferisce così legittimità (necessaria?) al cinema della stupefazione. Di solito i registi negano di assumere droghe anche quando lo fanno, perché ciò li mette in difficoltà presso gli studios. Il rischio economico rappresentato da un regista strafatto è enorme, mentre quello d’utilizzare l’opera di uno scrittore tossicodipendente, qualche anno dopo lo scandalo, è nullo. Hunter S. Thompson, Jim Carrol, Irvine Welsh (autore di Acid House ed Ecstasy) sono senza dubbio degli specialisti in materia di droga. Non si potrebbe dire altrettanto di Terry Gilliam, Scott Kalvert e Danny Boyle. Ritorniamo al contesto dei tre film. In Ritorno dal nulla siamo negli anni Sessanta con un eroe preadolescente, Leonardo di Caprio. Delirio e paura a Las Vegas è ambientato nel 1971 e vede come protagonista Hunter S. Thompson, all’epoca trentaquattrenne, interpretato da un Johnny Depp, più giovane di cinque anni. Infine, in Trainspotting, l’azione si svolge ai nostri giorni, e il personaggio di Mark «Rent-boy» Renton (Ewan McGregor) può avere ventiquattro o venticinque anni.
È evidente che la giovane età degli attori, la loro notorietà, le rispettive interpretazioni, hanno contribuito al successo delle pellicole presso un pubblico giovane, se non addirittura giovanissimo. Di fatto, siamo di fronte a tre racconti morali rivolti ai giovani, anche se ciò appare paradossale nel caso di Delirio e paura a Las Vegas, che sembra voler conciliare un pubblico che va dai più giovani fans di Johnny Depp ai reduci degli anni psichedelici, oggi prossimi alla sessantina.


Ritorno dal nulla

La ricostruzione dell’universo di Jim Carrol in Ritorno dal nulla ha dato luogo a una seria ricerca della «misura», con un triplice obiettivo: calibrare la personalità dell’eroe in modo che il pubblico vi si identifichi, far confluire gli eventi della sua vita in un’unica storia esemplare e, infine, addolcire il più possibile i contorni delle scene di sesso raccontate nel suo diario. Nel film, piuttosto che ritrovare i personaggi originali, per quanto riguarda gli amici di Jim ci si deve accontentare di Mickey, che ne riassume i tratti positivi, e di Pedro, che incarna tutti gli amici pericolosi. I personaggi di Reggie e Neutron non hanno il loro omologo nel libro. Questa redistribuzione dei ruoli è specifica di Ritorno dal nulla, visto che gli altri due film ripropongono grosso modo i personaggi originari. Il personaggio di Jim Carrol perde gran parte del suo carattere, fino ad apparire come un patetico giocatore di basket, mentre era una star nazionale. Il suo talento poetico è messo in secondo piano, mentre, nel testo, riesce a farsi pubblicare fin dall’età di sedici anni.
Il suo ruolo nella banda è relativamente banale, mentre nel libro è chiaro che Jim è dotato di un potere carismatico. Alcune scene sono state aggiunte per dare un’immagine di miseria: Jim che vomita davanti a sua madre, la sua cacciata dalla squadra e lo sfottò di una vecchia prostituta.

 

Delirio e paura a Las Vegas

Delirio e paura a Las Vegas si svolge in un fuori-contesto. Prima di tutto perché Las Vegas è una non-città, e poi perché la corsa di Raoul Duke è un non-evento. Se Duke e dr. Gonzo vanno a Las Vegas, è soprattutto un’occasione in più per calarsi. Non c’è solo la roba per provocare l’ebbrezza, ci sono anche gli alberghi di lusso e gli spettacoli. Il legame tra la fascinazione delle scenografie urbane e quella degli effetti dell’acido è evidenziato in una scena in cui i motivi architettonici costituiscono il punto di partenza delle visioni. È inutile domandarsi se Duke e dr. Gonzo si droghino solo occasionalmente. Evidentemente si calano anche a casa loro. Il breve viaggio in Delirio e paura a Las Vegas appare così come una parentesi nella noia, un ultimo tentativo di godimento fantasmatico nel momento in cui le utopie degli anni Sessanta svaniscono.

 

Trainspotting

In Trainspotting si avverte l’influenza del cinema social-realista britannico, benché Danny Boyle ne prenda abilmente le distanze. Il film riflette lo squallore di un suburbio scozzeseÉ che l’eroina, a seconda dei momenti, rende accettabile o intollerabile. L’ambiente è veritiero, potente e quasi brutale come in Zola. Ma questo non riuscirebbe a giustificare la tendenza del film a fare dell’eroina il capro espiatorio del degrado. Come negli altri due film, lo sfondo politico è totalmente eliminato. Peggio, il film rappresenta un mondo diviso in due, tra marginali e cittadini integrati.
I tipi di droghe differiscono sensibilmente da un film all’altro. In Ritorno dal nulla, troviamo, in ordine di apparizione, dello smacchiatore da sniffare, cocaina, eroina, anfetamine che risultano essere dei sedativi, poi ancora dell’eroina. In Delirio e paura a Las Vegas c’è da perdersi con i mix, tanto che è meglio riprendere l’elenco iniziale di Duke, posto in esergo: acido, anfetamine, cocaina, etere, marijuana, mescalina, nitrato d’amile (popper), tranquillanti. Infine, in Trainspotting ci si limita all’eroina e ai suoi vari sostituti, che a loro volta costituiscono una impressionante sequela. Aggiungiamo che questi cocktail sono più o meno tutti mescolati a birra e talvolta ad alcolici strong, di cui Duke è particolarmente amante. Quel che emerge da questi elementi è, prima di tutto, la quasi totale assenza della cannabis e la preminenza dell’eroina nei due film. La cosa sorprendente è che, di fronte all’eroina, non si incontra mai il benché minimo eroe.

 

Tra decadenza e purificazione

Veniamo dunque ai risultati. Delle due l’una: il regista dirige l’attore, e si ottiene una rappresentazione di terza mano, o l’attore si dirige da solo, e si ha diritto di aspettarsi almeno un’interpretazione convincente. Nicolas Cage, per Via da Las Vegas (Mike Figgis, 1995), ha adottato con successo la seconda soluzione. Idem Leonardo di Caprio. Johnny Depp ha scelto d’imitare Duke nel pieno senso del termine, cioè nei fatti. Ha passato sei mesi in casa sua a vivere proprio come lui.
Per quanto riguarda Trainspotting, per non caricare un solo attore di tutta la tensione, Danny Boyle filma l’estasi sul volto dei quattro personaggi. Gli attori del film riconoscono volentieri, considerando il loro passato, di non aver avvertito l’esigenza di farsi di eroina per girare il film. Johnny Depp, dal canto suo, ha il vantaggio di impersonare Duke, e non un qualunque altro divoratore di acidi. Il problema non è più quello di apparire credibile, bensì di creare un atteggiamento coerente con i pensieri del personaggio sotto l’effetto delle sostanze. Ne risulta che Johnny Depp recita la «para» da maestro e riesce, assistito dal dr. Gonzo, a creare il malessere che pervade progressivamente tutto il film.
Le droghe usate da Duke hanno come effetto d’insieme lo stravolgimento del sistema nervoso. Al contrario, l’eroina di Jim e di Rent-boy placa. Le une orientano il soggetto verso il futuroÉ Questa differenza nel rapporto del soggetto col tempo si ritrova anche nel film. Tanto in Trainspotting quanto in Ritorno dal nulla, si tratta di rompere il circolo vizioso, perfino mortale, dell’eterno riciclaggio del presente eroinomaniaco. Il che, nei due film, sfocia nella vecchia dialettica tra decadenza e purificazione: quando Rent-boy si immerge nel water della toilette, invece di annegare in un torrente di merda, scivola in un’acqua azzurra luminosa. Quanto a Jim, lui trova dappertutto sul suo cammino da una parte gli indizi del suo tracollo e dall’altra i segnali che gli consentirebbero di interromperlo. Basket-ball Diaries e Trainspotting propongono entrambi una via di scampo contro l’eroina, attraverso l’astinenza. Una volta di più, i cineasti si rivelano incapaci di interrogarsi sulla presenza dell’eroina nelle strade e sulla sua assenza nelle farmacie, sulle ambiguità politiche connesse al proibizionismo, sulle complicità intorno al traffico.
Dopo la rivolta e il disgusto, è l’amarezza che domina in Delirio e paura a Las Vegas. Nonostante la grande creatività degli effetti speciali e la bravura degli attori, questo film «uscito troppo tardi» non mantiene tutte le promesse. In particolare, non trasmette niente, non fa capire nulla della disperazione politica che pervade il racconto, la fedeltà al quale avrebbe consentito al film di divenire una metafora. Un quarto di secolo dopo, la maggioranza silenziosa, i politici irresponsabili e la guerra sono sempre lì: retrospettivamente c’era e c’è ancora qualche ragione per essere paranoici.

 

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