
Levidenza
scientifica, i risultati positivi qua e là raggiunti nel mondo,
lungo i percorsi della liberalizzazione-legalizzazione della cannabis
e dei suoi derivati, le esperienze ormai corpose delle politiche di
riduzione del danno, passano attraverso il tritacarne di una falsificazione
sistematica e di una spettacolarizzazione a volte indecente, certo utile
a tutti tranne che a coloro che consumano droghe.
La «sicurezza» è diventata il terreno sul quale governo
e opposizione si sono ripetutamente sfidati in un crescendo di misure
restrittive. La «tutela delle persone offese» sembrerebbe
necessariamente attraversare carceri, tabelle ministeriali, caserme,
centri di permanenza temporanea, comunità terapeutiche, commissariati
mobili, nonni sorveglianti i nipoti, braccialetti elettronici, fino
alla più seria modificazione della legislazione sui regimi alternativi
alla detenzione: non è stato tralasciato argomento, tranne ovviamente,
quelli più sensati.
Esistono infatti delle altre politiche riguardo alla sicurezza pubblica
che rappresenterebbero in realtà unalternativa vera e propria
a quanto oggi praticato.
Ma per affermarle concretamente occorre cambiare il paradigma culturale
e politico nel quale si muove lattuale discussione, uscire dal
ring nel quale il fallimento del proibizionismo sembra trascinarci.
Occorre ratificare levidenza di un disastro per poter avanzare
lidea che una diversa legislazione sulle droghe, antiproibizionista,
rappresenti non solo unalternativa possibile ma un esperimento
già in atto con successo, qua e là nel mondo.
Come del resto è necessario constatare il fallimento dellattuale
legislazione sui migranti per procedere verso una diversa, accogliente,
politica sullimmigrazione che garantisca la vivibilità
per tutti.
Droghe e migranti rappresentano oggi dunque un terreno dove si sfidano
progetti tra loro alternativi: da un lato le politiche del controllo
e della restrizione, dallaltro quelle dei diritti sociali e delle
libertà. Tocca principalmente a noi affermare lindisponibilità
a essere ulteriormente schiacciati tra lincudine del narcotraffico
e il martello dellattuale legislazione. A essere ulteriormente
ostaggi di una macchina che produce disastri sociali ed economici enormi.
Per chi non crede più alla favola, tanto diffusa anche a sinistra,
che le droghe siano un problema «sovrastrutturale» o «lultimo
dei problemi», i 40 milioni di consumatori di cannabis in Europa
e molte altre persone sensate, rappresentano oggi un riferimento obbligato:
forse la canapa non salverà il mondo, ma così tanti uomini
e donne, certamente rappresentano un buon aiuto.
Ma dobbiamo essere capaci di uscire dalla clandestinità e di
diventare, per fortuna sta già succedendo, un fatto e un movimento
politico. A cominciare dallaffermazione di unidea di politica
che, al di là di ogni schieramento, comincia, minuziosa e quotidiana,
a modificare la nostra vita.
Non resta che essere disobbedienti. Un movimento di massa di disobbedienza
civile che seppellisca finalmente il proibizionismo sotto il peso della
sua inutile follia.
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