Le
menzogne dellOMS e gli ordini dellOICS
In
febbraio, «New Scientist» scrive che lOMS ha censurato
uno studio il quale accerta che il consumo della cannabis è meno
pericoloso di quello dellalcol e del tabacco, droghe legali ovunque.
La rivista inglese afferma che lOMS ha subìto pressioni
per eliminare questo passaggio, che avrebbe potuto essere utilizzato
dai sostenitori della legalizzazione.
LOMS smentisce le pressioni, ma finisce per riconoscere che, non
disponendo di dati certi e comparabili sui rispettivi danni procurati
dalla cannabis, dallalcol e dal tabacco, ha preferito non dire
nulla.
Lo stato di clandestinità della cannabis impedirebbe ogni studio
attendibile? LOMS ci prende in giro. Se la cannabis fosse così
nociva per la salute come pretendono certi medici che si basano su esperimenti
truccati, gli esperti dellOMS si sarebbero gettati a pesce. Una
smentita così goffa non fa che confermarci nellidea che
le più alte istituzioni internazionali mentono, pur di conservare
una penalizzazione che fa loro comodo.
Loics (Organo centrale di repressione del traffico illecito di
stupefacenti) è a favore della generalizzazione dellarticolo
630 a livello planetario. Si scaglia contro «la cultura della tolleranza»
e «lincitamento al consumo», che passa attraverso «la
cultura popolare, specialmente la musica». Loics se la prende
con «alcune star della musica pop (sic) che incitano, esplicitamente
o implicitamente, a fumare marijuana o ad assumere altre droghe»,
mentre si tenta disperatamente di «arginare lenorme quantità
di messaggi che fanno lapologia delle droghe ricreative, con il
sostegno delle star della musica pop, dello sport, insieme ad altre
celebrità».
Nella foga, loics denuncia i media che, per «il gusto del
sensazionale, la voglia di provocare e la necessità di conquistarsi
il favore del pubblico», sono capaci «di giustificare, nel
corso di trasmissioni televisive, programmi indirizzati a una riforma
della legislazione sulle droghe, e perfino della loro legalizzazione,
specialmente della cannabis». Loics propone perciò
di «elaborare un codice di buona condotta».
Non apprezza neppure la tendenza a riconoscere gli effetti terapeutici
della cannabis, tendenza che crea «una diffusa atmosfera di tolleranza,
favorevole alluso delle droghe». Così, si chiede agli
Stati Uniti di «intraprendere programmi di ricerca più approfonditi
e scientificamente controllati» sulle proprietà terapeutiche
della cannabis.
Infatti, lIstituto di medicina statunitense si è interessato
al problema posto dallente nazionale di controllo degli stupefacenti.
E, nel marzo 1999, dopo un anno e mezzo di ricerca, lIstituto
ha affermato che la marijuana non crea una particolare dipendenza e
non costituisce un trampolino di lancio verso altre droghe. Riconosce
che «le droghe cannabinoidi» (è così che le
chiama) hanno un effetto benefico sul fisico e sulla psiche dei malati.
Il rapporto si prONUncia a favore della messa a punto di un nuovo medicamento
a base di THC, ma osserva che i pazienti non possono attendere oltre,
ragion per cui raccomanda lapertura di cliniche nelle quali i
pazienti, sotto controllo medico, possano darsi al medicamento che si
fuma.
Mister Droga della Casa Bianca, Barry MacCaffrey, ricorda che, rapporto
o non rapporto, luso terapeutico della marijuana non sarà
legalizzato e che i suoi scagnozzi continueranno ad arrestare tutti
coloro i quali fanno uso della cannabis per attenuare il dolore... anche
nei sette Stati in cui ciò è legale.
Sapevate che negli Stati Uniti la popolazione carceraria ammonterà
presto a 2 milioni di persone, e che, se siete un nero, avete una possibilità
su quattro di soggiornare per qualche tempo in galera? Circa il 60%
della popolazione delle carceri ci finisce per infrazioni alla legislazione
sugli stupefacenti... È «il gulag interno dellAmerica»,
secondo le parole del generale Barry MacCaffrey. Il solo argomento che
potrebbe rimettere in discussione questa politica è la grana.
LAmerica spende 30 miliardi di dollari lanno per mantenere
i suoi detenuti.
Sradicate
tutto!
Nel
giugno 1998, messa solenne dellONU a New York. Jacques Chirac
è evidentemente della partita e lancia lappello «a
una grande crociata contro la droga», invocando «fermezza
nel rifiutare la banalizzazione delle droghe». Lionel Jospin, di
rimando, dichiara: «Il divieto al consumo delle droghe è
funzionale sia alla prevenzione sia alla repressione...» («Le
Parisien»). Alla repressione, certamente... Quanto alla prevenzione,
è unaltra storia. Durante questa sessione straordinaria
Pino Arlacchi presenta il suo piano, il cui obiettivo è lo sradicamento
entro il 2008 delle coltivazioni di papavero, di cannabis e di coca
dallintero pianeta.
Le ong sono state escluse dal dibattito, dal momento che per la maggior
parte propugnano una politica pragmatica in materia di droghe e dunque
labbandono del proibizionismo. Più di 500 personalità,
tra cui Janvier Perez de Cuellar, ex segretario dellONU, Michèle
Barzach e Jean-Pierre Changeux, ex presidente del Comitato nazionale
di etica, o lex segretario di Stato americano George Schulz, hanno
fatto pervenire a Kofi Annan, che li ha bellamente ignorati, un appello
in cui affermano che la proibizione causa danni peggiori dellabuso
di droghe, e che limposizione a tutto il Pianeta del modello americano
è un fallimento strepitoso. Se la stampa non ha creduto opportuno
dare risalto a questo appello per una politica ragionevole, non ha nemmeno
sostenuto liniziativa di Legalize che, via Internet, ha organizzato
manifestazioni nel mondo intero, da Tel-Aviv a Praga, da Berlino a San
Francisco, per chiedere la fine della guerra alla droga.
A Parigi, il neonato Collectif pour labrogation de la loi de 1970
invitava a una manifestazione con una parola dordine comune: «Droga:
legalizziamo il dibattito». Circa 1500 persone hanno sfilato dalla
Bastiglia ai lungosenna.
Durante la sessione straordinaria dellONU, nonostante labbondanza
di dichiarazioni dintenti una più battagliera dellaltra,
non è stata decisa alcuna iniziativa concreta. La questione dei
finanziamenti è stata appena sfiorata, forse per evitare lurto
con gli Stati Uniti, che rifiutano di versare la loro quota allONU...
Ma non saranno certo i Paesi produttori, generalmente poveri, a finanziare
i programmi di sostituzione delle colture. Pino Arlacchi, che ha bisogno
di 500 milioni di dollari allanno, propone di prelevarli dalle
casse della Banca Mondiale. Cosa potranno fare i Paesi strangolati dal
Fondo Monetario Internazionale, se non lanciarsi nella coltivazione
delle piante da droga così da poter godere di un aiuto economico?
Tra i 125 rappresentanti di questo consesso buffonesco, ove sedevano
anche alcuni capi di Stato, una quarantina traevano, e traggono tuttora,
considerevoli profitti dalla produzione o dal commercio di stupefacenti.
È così che il nuovo ministro socialista degli Interni
marocchino ha negato, o quasi, che il suo Paese sia un grosso produttore
di kif, il fornitore accreditato dellEuropa quanto ad haschisch
di dubbia qualità e una zona di transito per leroina e
la cocaina.
French
Cannabis Embassy
« High Times», magazine americano
che, tra una pubblicità di afrodisiaci e una di altre sostanze
naturali, difende da oltre cinque lustri la legalizzazione della marijuana,
organizza ogni anno ad Amsterdam, simbolo della tolleranza cannabica,
una grande fiesta, nota col nome di Cannabis Cup.
Nel 1998, Fabienne Lopez
(ex presidente del circ Paris ėle-de-France) e Michka decidono di coinvolgere
la Francia in questo evento, che si svolge nellarco di una settimana
e attira attivisti da tutto il mondo.
Così è
nata la French Cannabis Embassy. Poiché il gioco, tra due visite
guidate ai coffee-shops e altre fiestas, è di eleggere le migliori
ganja secondo precisi criteri, le due ambasciatrici decidono di organizzare
una serata dedicata alla Francia, famosa per i suoi vini, i suoi formaggi...
e presto, quando il proibizionismo sarà solo un brutto ricordo,
per la sua cannabis.
Gli olandesi hanno il
dente avvelenato con la Francia. Non perdonano a Jacques Chirac la sua
ostinazione sul nucleare e larroganza verso la politica pragmatica
adottata dal governo olandese in materia di cannabis. Cartoline di vituperio
gli vengono indirizzate in gran numero. Lo scopo delle ambasciatrici
non era evidentemente quello di restituire lustro al blasone di Jacques
Chirac, ma di dimostrare, per esempio, che la repressione non impedisce
ai francesi di coltivare varietà di ganja gradevoli per il gusto
e per gli effetti.
Sono state preparate
alcune centinaia di spinelli e, durante la serata, sono state distribuite
confezioni su cui erano indicati, per le diverse specie, la provenienza
e il tipo di coltivazione. Lavvenimento altamente cannabico aveva
anche lambizione di attirare lattenzione sulla situazione
francese, nella quale, per dirla in breve, si braccano i consumatori
e chi anima il dibattito viene tormentato.
Un restauratore parigino
ha offerto una torta al cioccolato proprio così
decorata con una magnifica testa di clown... un dolce che basta ricordare
per averne lacquolina in bocca. È stata una bella festa,
un gran momento, ma negli Stati Uniti come nei Paesi Bassi esistono
attivisti per i quali cannabis non è sinonimo di denaro?
Le
"Raccomandazioni" del Rapporto Roques
La cannabis non possiede alcuna neurotossicità
così come è stata definita al capitolo III del presente
rapporto. La cannabis si differenzia completamente dallalcol,
dalla cocaina, dallecstasy e dagli psicostimolanti, così
come da certi farmaci utilizzati a fini tossicomaniaci. Oltre alla loro
neurotossicità, queste sostanze inducono alterazioni comportamentali
molto severe e una pericolosità sociale, nel caso dellalcol
e della cocaina, che non si riscontrano praticamente mai con la cannabis.
Il THC e certi derivati agonisti potrebbero al contrario diminuire la
frequenza di crisi epilettiche e proteggere da alterazioni neuronali
ischemiche, benché ciò richieda di essere confermato.
- La tossicità
della cannabis fumata nei confronti del sistema respiratorio
e cardiovascolare non deve essere sottovalutata benché essa
resti senza dubbio debole rispetto a quella del tabacco, per semplici
ragioni di quantità consumate, almeno tra i consumatori occasionali,
cioè il 90% della popolazione.
- I risultati di numerose
ricerche svolte tanto su animali che sulluomo mostrano unalterazione
temporanea delle prestazioni mnesiche, un difetto di attenzione e
uno stato di sonnolenza indotti dalla cannabis. Effetti che dipendono
dalle dosi utilizzate. Ci si augura che studi comportamentali in specie
animali appropriate (ratto e scimmia) siano intrapresi per oggettivare
queste alterazioni e misurarle durante letà dello sviluppo
e letà adulta. Ciò completerebbe gli studi elettrofisiologici
che restano necessari per studiare i meccanismi della diminuzione
nelle prestazioni mnesiche.
Tenendo conto delluso frequente della cannabis nella popolazione
scolastica o universitaria, e benché tale uso non paia condurre
a insuccessi più numerosi o a problemi di demotivazione, è
auspicabile che la popolazione scolarizzata sia informata di questi
particolari effetti della cannabis. La diminuzione, provocata dalla
cannabis, delle capacità di libera scelta, di spirito critico,
di autenticità e di spontaneità, potrebbe essere utilizzata
come argomento dissuasivo verso il consumo durante i corsi.
- Gli studi attuali
non accreditano lesistenza di una sindrome psichiatrica propria
della cannabis. Ci sarebbe comunque leventuale rivelazione
di uno stato schizofrenico soggiacente.
- Le alterazioni delle
funzioni riproduttive osservate su cellule o sui roditori rendono
opportuna una valutazione degli effetti della cannabis sulle cellule
e sui tessuti umani prima di ogni conclusione. Studi in questo senso
dovrebbero iniziare quanto prima.
La struttura chimica degli effettori endogeni dei ricettori ai cannabinoidei
lasciano intravedere un possibile ruolo (psicologico?, farmacologico?)
nel meccanismo infiammatorio. Ciò potrebbe rendere conto di
effetti spesso contraddittori del THC sulle cellule immunitarie, sullinfiammazione
bronchica, sulla riduzione dei processi infiammatori dolorosi, ecc.
Anche qui studi epidemiologici si rendono necessari.
- La pericolosità
dun composto in termini di assuefazione si misura non soltanto
dagli sforzi per procurarsi la sostanza ma dalla considerevole energia
consumata nel tentativo di sfuggire alla sua dipendenza.
- La cannabis ingenera
effetti edonici. È dunque suscettibile di indurre dipendenza.
Meno del 10% dei consumatori eccessivi diventano dipendenti dalla
cannabis, quota non trascurabile ma di molto inferiore al rischio
indotto dal consumo eccessivo di alcol o di tabacco. Bisogna aggiungere
che questa percentuale diventa inferiore al 2% se si considera linsieme
della popolazione dei consumatori di THC (il 90% dei quali sono occasionali).
Nessuno studio epidemiologico è stato intrapreso per paragonare
le difficoltà di abbandono tra i consumatori di cannabis, alcol
e tabacco, ma levoluzione del consumo in funzione delletà
mostra che la cannabis è la sostanza che dà meno assuefazione.
È del resto la ragione per cui la nida non ha giudicato utile
raccomandare degli studi sulla messa a punto di trattamenti sostitutivi
della cannabis.
- Linteresse della
ricerca sugli effetti del THC in vista di utilizzazione terapeutica
ha costituito loggetto di un rapporto molto recente prodotto
da esperti della British Medical Association.
- Viene messo in evidenza
che i lavori sulluso medico del THC restano aneddotici e non
danno risultati scientifici incontestabili, specialmente se paragonati
agli studi necessari per limmissione sul mercato di un nuovo
farmaco. Essi osservano altrettanto che i cannabinoidei, utilizzati
da molto tempo da un numero elevatissimo di consumatori, non hanno
dato luogo a effetti tossici maggiori e che essi si comportano dunque
come: «droghe notevolmente sicure, con un profilo degli effetti
collaterali superiore rispetto a molte droghe utilizzate per le stesse
indicazioni» (Therapeutic use of cannabis, British Medical Ass.,
1997. Harwood Academic Publishers, The Netherlands).
Anche noi pensiamo che lavvenire terapeutico
potenziale dei cannabinoidei (sintetici) passi attraverso una valutazione
delle loro proprietà secondo le norme usuali di immissione sul
mercato dei farmaci.
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