La lotta dei sans papiers

18 marzo - 23 agosto 1996: la Francia è attraversata da un nuovo scossone sociale del tutto inatteso. La questione immigrazione, per anni oggetto di legislazioni sempre più restrittive, diventa protagonista in carne ed ossa, attraverso la mobilitazione dei sans papiers, i senza documenti, immigrati africani diventati clandestini grazie alle leggi Pasqua dopo anni di soggiorno legale in Francia. I sans papiers costringono la società a schierarsi e a spaccarsi trasversalmente tra chi difende i diritti di cittadinanza di tutti e chi vuol chiudere le frontiere e le proprie coscienze. Costringono lo Stato a mostrare la sua faccia violenta, svelando l'ipocrisia del suo impianto legislativo.

Sei mesi di lotta che hanno determinato uno spartiacque tra un prima e un dopo. Perché un altro soggetto sociale ha ripreso la parola. La lotta dei sans papiers di Saint-Ambroise (poi Saint-Bernard), degli immigrati irregolari che in Francia dal 18 marzo hanno deciso di uscire dalla clandestinità per assumere una visibilità assumendo una dimensione pubblica, è una lotta esemplare per molti versi. Innanzitutto è una lotta autonoma, completamente autorganizzata, rincorsa a posteriori dalle associazioni umanitarie, religiose e del volontariato, dai vari gruppi che difendono i diritti civili. In questo modo questa lotta ha aperto tensioni e lacerazioni proprio per il suo carattere dirompente, per l'efficacia di quel gesto, l'occupazione di chiese nel pieno cuore di Parigi da parte di circa quattrocento africani, tra i quali centosedici bambini. Una lotta che rivendica il diritto all'esistenza legale, ad una vita dignitosa e non sotterranea, che sfida la paura e l'arroganza del potere e per questa sfida è pronta a pagare anche caro. E' una lotta esemplare per la sua estensione, per la determinazione nel rimanere uniti, nella consapevolezza che solo una mobilitazione unitaria e collettiva può aprire spazi di libertà, che non sono permesse scorciatoie individuali. E' una lotta ad alta densità mediatica che rompe uno squarcio di luce nel tetro clima determinato da un governo di destra che gioca la carta della criminalizzazione dell'immigrato per coprire il degrado sociale che le politiche neoliberiste (giscardiane o socialiste) lasciano alle proprie spalle.

La Francia ha una lunga storia che la lega ai suoi immigrati e un rapporto del tutto particolare con questi: tradizionalmente terra d'asilo, un passato coloniale che pesa ancora oggi, un legame stretto con l'Algeria, un'immigrazione di seconda generazione, una destra che ha fatto dell'identità nazionale, della francesità, una battaglia politica. E ancora basta ricordare la Marche pour l'égalité et contre le racisme del 1983 che seguivano due anni di rivolte nelle banlieues, le periferie urbane degradate delle metropoli francesi, l'esproprio mediatico dell'autonomia di queste lotte attraverso lo sviluppo di SOS Racisme, un'organizzazione spettacolare controllata dai partiti che si muove a suon di megaconcerti e che riesce a dislocare una lotta per l'égalité des droits su un piano di un antirazzismo puramente morale. La rivolta nelle periferie guidate dai beurs costellano gli anni '80 e '90 fino alla rivolta del marzo 1994 contro i salari d'ingresso (il CIP) voluto dal governo Balladur. E ancora il piano Vigipirate contro il terrorismo di marca islamica e il panico che si diffonde nelle città francesi nell'estate del 1995 prepara una nuova ondata di leggi antimmigrati, peggiorative di quelle leggi Pasqua, che prendono il nome dal famigerato ministro degli interni del governo di destra, che già minavano il dettato costituzionale. Leggi e decreti che nascono da un bisogno interno di individuare un caprio espiatorio per la crisi sociale e la delegittimazione politica dei governi che si succedono, e per adeguare il proprio armamentario legislativo all'appuntamento dell'Europa di Schengen, gli Accordi del 1990 che determinano i vincoli della costruzione della "fortezza Europa", un'entità sovranazionale con frontiere aperte all'interno ma chiuse all'esterno.

La lotta dei sans papiers di Saint-Bernard nasce da questo groviglio e contro tutto questo. Contro l'arroganza di leggi che non rinnovano un permesso di soggiorno a genitori con figli che hanno la nazionalità francese, leggi discriminatorie, ingiuste, incivili. Leggi che cercano di arrestare il flusso della vita bloccando la libera circolazione delle persone. Ma il significato della lotta dei sans papiers va oltre . Un nuovo paradigma si apre con l'apparire di un nuovo soggetto frutto della dialettica inclusione/esclusione che domina la società di oggi: il soggetto dei "senza", i senza documenti, i senza fissa dimora, i senza lavoro, i senza assistenza. I sans papiers sono diventati il simbolo di tutto questo, dei soggetti che non si riconoscono per l'appartenenza ad un settore produttivo, a un luogo, o perché hanno in comune competenze o comportamenti, ma che legano la produzione della propria identità sulla mancanza di qualcosa, sull'essere "sans". E per noi, quell'essere senza ci regala il sogno di una speranza. La speranza che arrivi il giorno in cui si possa vivere senza documenti, senza lavoro, senza miseria, un giorno in cui Stato e mercato inizino a invertire la loro corsa, per ritirarsi fino a sparire dalle nostre vite.

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