ESSERE A VISTA

TESI SUL CONTROLLO SOCIALE

di Aldo Pardi

claudio

 

Paradosso dell’epoca attuale è di affermare una totale trasparenza ed apertura, ma di costringere ad una difficile e complessa ridislocazione del punto di vista per afferrarne la logica intrinseca e le sue territorializzazioni. Per poter acquisire un ancoraggio del pensiero e dell’azione, occorre farsi altro, non solo nel senso di divenire "un" altro – lo sconosciuto indistinto che essendo nessuno può legittimamente stare ovunque -, ma anche d’essere "l’altro", l’assolutamente diverso, distante ed oltre, l’alternativo: l’altro luogo, l’altro punto di vista, l’altro movimento e pensiero. Siamo sicuramente di fronte al fallimento del progetto del neoliberismo di realizzare una società autoregolata, ma, d’altra parte, lo stesso è accaduto a quella social democratica come a quella sovietica. Probabilmente, questi tre diversi modelli hanno una loro ragione di affinità, che li ha portati ad essere sistemi intrinsecamente soggetti alla crisi. Seppur distinti da ragioni di carattere politico e storico, elementi paradigmatici comuni vi sono presenti:

- la totale visibilità della storia, la sua dimensione chiusa e dunque la sua fine;

- la ragione ciclica della storia, le cui forme ritornano costantemente;

- tali forme, si affermano come aggregati collettivi coesi ed omogenei, persistenti e omnipervasivi: lavoro e capitale, domanda ed offerta, Stato e mercato;

- queste forme, categorie trascendentali della ragione storica, sono dei soggetti. Ossia, non solo fondano e istituiscono la storia, perfettamente trasparenti a se stessi;

- i soggetti storici si definiscono intorno all’operatore storico – critico che è il lavoro (si veda: M. Revelli, oltre il novecento, Einaudi, To, 2000). Ciò che mette in relazione, definisce i ambiti di intervento, e i comportamenti di ciascun soggetto è il lavoro; il lavoro, in questo caso, letto come neutra attività organizzata e cooperativa di trasformazione;

- se il lavoro è lo snodo delle soggettività che esprimono la storia, e se per sua natura il lavoro necessita di organizzazione (divenendo dunque linguaggio), la società del lavoro deve essere soggetta ad un potere inclusivo ed esclusivo, cioè avere il controllo sociale come ragione ultima della sua funzionalità.

Ognuno dei tre sistemi sociali sorti nella modernità hanno attuato livelli e strumenti di controllo sociale differenziati, ma per tutti il controllo sociale è stato ciò per cui ne andava della loro stessa vita.

Molti sono stati gli studi sui dispositivi di controllo sociale, sia nelle società liberali, che in quelle social democratiche, che in quelle "comuniste", e basti qui citare Foucault, o Bettheleim. Però quello che a noi interessa è cercare di capire se, di fronte a un cambiamento radicale di paradigma produttivo, la globalizzazione post fordista, cosa sia cambiato. Infatti, molta propaganda mass mediatica ci dice che siamo entrati in un epoca di libertà, di trasparenza, di "fine del lavoro", di scomparsa dei poteri totalitari ed esclusivi. Lette nel loro valore simbolico, tali affermazioni ci dicono che le città e i territori sono disponibili allo sguardo sgombro e che non c’è nient’altro, ormai, da vedere. Non solo: tutti ora saremmo protagonisti di uno speciale evento della cui ribalta staremmo già godendo. E tanto più lo sguardo si focalizza su uno spettacolo già realizzato, già in corso, terminato ma sempre in replica, tanto più si percepisce solo la scena allestita, con le sue decorazioni e luci, i protagonisti e le comparse: non esistono più prove, preparazione e quinte.

In pratica, per vedere sempre lo stesso occorre che l’occhio venga immobilizzato, e che l’altro non emerga. Abbiamo dunque trovato una prima ragione di diffidenza nei confronti di questo nuovo mondo: c’è una selezione ed un’esclusione che tocca ciò che è altro, ciò che disarticola la visione, ne impedisce la chiusura in schemi predefiniti e ne ridisloca le posizioni, sottraendosi al controllo.

Il neoliberismo post fordista si distingue nettamente dai sistemi precedenti proprio perché assume alcune caratteristiche peculiari di ciascuno di essi, portandole all’estremo, e come tale si caratterizza come società del controllo totale.Pretende di impedirei completamente l’emergere con l’altro, sia cercando di escludere completamente la possibilità della sua manifestazione - e come tale è, di fatto, un totalitarismo -; sia producendo socialità già sotto forma di merce; sia sposando il criterio di regolazione pianificata della società, ma non nel versante della redistribuzione, ma proprio su quello del controllo sociale e della repressione.

Quali caratteristiche assume il controllo sociale nella società neoliberista? Importanti a questo proposito sono le analisi di David Lyon (D. Lyon: l’occhio elettronico, Feltrinelli Interzone, 1997, Milano). Una caratteristica consiste nella visibilità totale a cui tendono le società neoliberiste. Ogni cosa deve essere codificata e costantemente monitorata, così che possa continuamente essere a portata di vista: "Questo è il punto: non vediamo che numeri. Ci contrassegnano con un numero. Nell’adolescenza, siamo un numero di matricola a scuola, nella giovinezza aggiungiamo, ai 18 anni, il numero della tessera elettorale e il numero nel registro federale delle tasse. A partire da lì, la maturità ci raggiunge sommando ancora altri numeri: il numero della carta di credito, il numero del conto corrente bancario, il numero della patente, il numero del libretto di circolazione, il numero del telefono, il numero del domicilio, il numero del libretto della pensione, il numero dell’assicurazione sanitaria, il numero di detenuto dentro o fuori il carcere, il numero del cartellino d’identificazione sul lavoro, della bolletta della luce, del gas, dell’acqua.

Poi, saremo numeri nei sondaggi, nelle elezioni, nell’indice di povertà, nell’indice di analfabetismo, nella percentuale di incidenti, di malattie curabili, delle preferenze commerciali, degli ascolti radio, televisivi, di consumatori soddisfatti del detersivo "la briciola", che lava tutto tranne la coscienza.

Sì, se ci affacciamo al futuro che lassù ci promettono, non siamo quelli che siamo. Siamo un numero. Non una storia" (lettera del subcomandante Marcos, Carta, 6/12 dicembre 2001, anno III, n. 22).

In modo meno indiretto, la presenza costante di telecamere in ogni dove ci porta sempre sotto lo sguardo di qualcuno, ci scopre, ci avvista. Questo sembra rispondere ad una peculiare e contraddittoria ragione , la cui razionalizzazione è l’esigenza di sorveglianza e di sicurezza: da una parte, portarci lì vicino, non permettere che nulla e nessuno sfuggano, o possano permettersi di sfuggire a percorsi (che sono comportamentali, cognitivi, culturali ed affettivi) già predefiniti; dall’altra, di metterci alla distanza sufficiente per essere potenzialmente gli estranei pericolosi, gli altri cattivi perché sconosciuti, coloro che appaiono da lontano indistinti e che potrebbe portare minaccia. La vicinanza minacciosa, la conoscenza sempre dubbia di chi è comunque noto: l’antropologia della società neoliberale mostra con i tratti della paura, del tradimento e della difesa.

La codificazione e l’esposizione alla vista vorrebbero impedire la costituzione di un interno, di una piega d’ombra che impedisca la persecuzione degli sguardi. Il richiamo alla privacy è contraddittorio in un sistema che fa della scomparsa di luoghi - altri uno dei suoi obiettivi. Non possiamo neanche parlare di violazione, della rottura di uno spazio delimitato avvertito come proprio, ma di squadernamento e messa alla vista di tutti gli spazi. In pratica, più che spazi abbiamo dei territori, delle aree politico – economiche in cui case, strade, imprese, corpi e menti costituiscono un unico articolato panorama attraversato da linee e rilievi corrispondenti alle tipologie merceologiche. Ciò che è chiamato casa, nel doppio significato di essere a casa (con se stessi) e di avere una casa (un proprio luogo esclusivo segno e garante della propria specificità), non solo è sottratto perché subordinato alle necessità della valorizzazione del capitale, e dunque espropriato della sua possibilità e nel suo senso, ma è territorio aperto attraversato e segnato dalle mappe della merce, e come tale non vissuto da e per sé, ma soggiogato e comandato.

 

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