Riflessioni di un maestro sul riordino dei cicli
di Giovanni Cocchi, Scuola elementare San Vitale, Calderara di Reno (Bologna), dicembre 2000

 

Sul riordino dei cicli le cose da dire sarebbero tante, ma mi permetto di intervenire solo sugli aspetti che riguardano la fascia d'età con la quale da quasi vent'anni mi confronto.
Nella mia - ahimè ormai lunga - esperienza di maestro, credo di aver capito poche cose, ma di due o tre sono fermamente convinto: senza educazione non c'è istruzione; qualunque messaggio e contenuto è rinvigorito od ostacolato dalla qualità della relazione che intercorre tra chi insegna e chi gli sta di fronte; la relazione non dipende solo dalla buona o cattiva qualità del docente, ma molto anche dalle "architetture" che la possono favorire o rendere più faticosa; per costruire e rafforzare la relazione occorre tempo e spazio, una certa dose di rilassatezza, la possibilità anche di fermarsi e ricominciare daccapo, di correggersi, magari ripartendo da un altro punto di vista.
È da tempo risaputo che nei confronti internazionali gli italiani da bambini sono ai primi posti, da ragazzi sono già scesi a metà classifica, da giovani irrimediabilmente scivolati agli ultimi posti. Credo che ciò non abbia a che fare con una qualche superiorità degli insegnanti elementari, ma proprio con le diverse architetture nelle quali si opera: i maestri hanno ancora, ma sempre meno, la fortuna di intravedere la persona nella sua interezza e non, come succede spesso poi, di confrontarsi solo con pezzi di lei, con le sue abilità matematiche, o fisiche, o linguistiche, ecc. hanno ancora la possibilità di entrare in contatto anche con la loro affettività.
Per fortuna e sempre meno, però, dicevo.
Fino a qualche hanno fa io insegnavo in un tempo pieno, programmavo insieme alla mia collega, ognuno continuava da dove l'altro aveva interrotto, dovevamo occuparci al massimo di venti bambini, potevamo partire dalle loro esperienze, fare accoglienza, fermarci a chiedere, se il caso, "come va?", stabilire delle priorità, approfondire alcune cose, saltarne altre
Poi c'è stata l'introduzione dei moduli, la specializzazione disciplinare, l'inglese, la religione cattolica, l'educazione stradale, tecnologica, sessuale, europea, tecnico-costruttiva, economica, ecc. Velocemente e per legge i bambini sono diventati anche 28 per classe e già oggi hanno a che fare con sei o sette insegnanti che frullano loro intorno, ognuno col proprio programmone da far entrare dentro quelle teste in quell'orario. Credo purtroppo di non estremizzare raccontando che le cose oggi funzionano così: l'insegnante entra di corsa, sibila un "subito fuori il quaderno", va avanti con "solo due o tre domande, è già tardi" e tira a fregare un po' di tempo o ai colleghi che seguono o, ancor peggio, alla ricreazione dei bambini. In queste condizioni, come è facile intuire, viene sempre più complicato sostenere i deboli e valorizzare gli eccellenti Ci capiamo se dico, per fare solo due esempi, che noi maestri oggi non sappiamo bene chi sono i Pokèmon, o che spesso ci accorgiamo solo dopo mesi che i genitori di un nostro bambino si sono separati? Certo, abbiamo "innovato", ma non so con quanti aspetti positivi.
Con questo tipo di riordino dei cicli si rischia un'ulteriore radicale "secondarizzazione" della scuola primaria: già da piccolissimi, i bambini si troveranno di fronte non più educatori-maestri che utilizzano gli "ambiti disciplinari" in maniera adattabile nei tempi e nei contenuti, in un insegnamento che tenda alla crescita complessiva della personalità e delle competenze di ciascuno, ma tanti affollati specialisti di singole "discipline", affollate in trenta ore settimanali. Risultati prevedibili: tempi ulteriormente accelerati, superficialità e sempre minore spazio alla capacità di riflessione, la vera grande assente del processo formativo dei nostri tempi. Questa riforma rischia di esaltare il modello manualistico-enciclopedico-trasmissivo del sapere, di ridurre ulteriormente gli spazi sempre più esigui per il gioco, le amicizie, la socializzazione, la vita Non sarebbe invece l'ora di finirla con questa aggressione all'infanzia e questo correre senza "senso"?
Vorrei tornare alla mia esperienza, a premessa di un'ultima considerazione. Cinque anni fa ho concluso un ciclo con 15 bambini: non avevo ancora i computer, ma ho avuto la possibilità di seguirli uno ad uno, in ogni momento; ho avuto anche il "lusso" (non dovrebbe essere la norma?) di poter scoprire e correggere per tempo gli errori compiuti. Negli ultimi cinque anni, nella stessa aula, ho dovuto "infilarci" 5 banchi, 5 sedie, ma soprattutto 5 bambini in più (è andata bene, avrebbero potuto essere tredici!). Quando piove, per "ricrearsi", muoversi, socializzare e accrescere la "tolleranza" devono dividersi uno spazio, al netto degli arredi, di circa 3-4 mq. (e la mia scuola ha aule molto più spaziose rispetto alla media). Ma soprattutto, mi devono dividere in venti: il mio cuore, la mia testa, le mie capacità, la mia pazienza. Mi si creda: ci ho messo lo stesso amore, la stessa passione, persino una maggiore competenza; eppure questa volta (e avevo anche i computer!) mi sono scoperto io un po' più cerbero e loro un po' più nervosi e lontani dei miei bambini "vecchi"; ma soprattutto - e lo dico con la morte nel cuore - questi miei bambini saranno istruiti, tolleranti e buoni cittadini "un po' (tanto?) meno" dei loro predecessori.
Ecco allora l'ultima considerazione, come promesso, sul riordino dei cicli. C'è chi dice, mi pare con una non poi difficile dose di buon senso (almeno matematico, essendo 7 minore di 8), che ci saranno licenziamenti. C'è invece chi pensa e ha il coraggio di dirlo in giro (pochini, per fortuna: De Mauro e la Cgil) che gli insegnanti in esubero saranno riassorbiti dai pensionamenti. A parte il fatto che è prossima la revisione delle attuali regole pensionistiche (chissà da qui a qualche anno fino a quale veneranda età saremo costretti ad insegnare; sai che fortuna per i bambini!) perché invece, se ci saranno insegnanti in esubero (o ancora meglio, posti per qualche giovane che faccia apparire la futura scuola un po' meno simile ad una casa di riposo) non si propone di utilizzarli per tornare finalmente ad abbassare il numero degli alunni per classe, la riforma più semplice e più efficace per migliorare radicalmente la qualità della nostra scuola?

Domanda retorica, purtroppo, poiché la risposta, è molto semplice: costa. E nonostante tutti gli ultimi governi si siano sempre insediati promettendo la "centralità della scuola" (state tranquilli che risentiremo il ritornello da entrambe le parti anche nelle prossime elezioni), la scuola "al primo posto", la "destinazione di risorse eccezionali", ecc. ecc. ecc.; nei fatti poi, gratta gratta, siamo arrivati ai 28 alunni per classe (con un tasso d'immigrazione sempre maggiore) e alle riforme, come questa - che non ci si vergogna neppure più a definire pubblicamente - "a costo zero".

 

N.d.R. Dello stesso autore e sullo stesso tema vedi anche Lettera a Luigi Berlinguer del 29 gennaio 1997.

 

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