L'infanzia nel mondo e nel nostro paese
Prima parte di "Rendere capaci", di Marco Rossi-Doria


All'inizio di questo anno scolastico, l'ultimo del millennio, avrei voluto distribuire a scuola e davanti a scuola una sorta di descrizione sommaria della situazione dell'infanzia nel mondo. Volevo che sembrasse un pamphlet semiclandestino - come un samizdat - perché quasi clandestini sono questi pensieri entro il nostro normale quotidiano scolastico. Quanto siamo tutti presi dalle nostre piccole riforme, dai dibattiti e dagli scandaletti educativi della provincia Italia... Mi piacerebbe da molti anni poter condividere con i miei colleghi una pausa di riflessione proprio un giorno prima dell'inizio dell'anno. Una pausa con un tema: in quale mondo siamo chiamati a esercitare il nostro mestiere? Forse avremmo tutti bisogno di un qualche spaesamento che rimetta il nostro lavoro entro una cornice più vasta. Almeno una volta forse vorremmo poter mettere in relazione i nostri problemi di educatori di qui, i successi e gli insuccessi che viviamo qui ogni giorno, con quelli più globali, per misurare meglio, con maggiore relatività e qualche distanza, il nostro stesso lavoro. Avrei passato questo pamphlet quasi furtivamente alle mie colleghe e ai miei colleghi di scuola, alla direttrice e ai bidelli, ai genitori che si accalcavano come ogni anno all'ingresso. Mi rendevo conto del delirio che mi aveva preso e tuttavia, per un paio di giorni, mi sono voluto sentire fuori posto, ho messo insieme le mie carte e ho scritto queste pagine che non ho distribuito.

I genitori nel mondo sono oltre quattro miliardi di persone.
Un decisivo tratto distintivo della specie umana rispetto alle altre specie è rappresentato dalle lunghe cure parentali che vivono in tutte le culture.
Alcune centinaia di milioni di persone nel mondo si occupano professionalmente di bambini e adolescenti: pediatri e altri medici, insegnanti di ogni ordine e grado, educatori, puericultrici e infermieri, psicologi, psicoanalisti, zii e zie, nonni e nonne, fratelli e sorelle maggiori, ricercatori, pedagogisti, operatori e assistenti sociali, allenatori, mediatori culturali, giudici, avvocati, tutor, babysitter, animatori, sacerdoti e religiosi eccetera. Si tratta di veri e propri eserciti di donne e di uomini addetti ad aiutare a crescere, tanto che qualcuno ha notato che si tratta di uno dei più estesi settori economici e della voce più importante del mercato del lavoro in moltissimi paesi.
Le conoscenze scientifiche intorno alle prime età della vita umana si sono estese e approfondite in modo impressionante, la letteratura scientifica intorno all'infanzia e all'adolescenza e al crescere e all'educare è in costante aumento e largamente divulgata; lo scambio di vedute e il dibattito internazionale sono ampi e intensissimi e attraversano i paesi ricchi come quelli poveri e spesso vedono gli uni e gli altri insieme nell'affrontare quesiti e problematiche emergenti. Il corpus dei diritti sanciti internazionalmente e in ogni paese a protezione dell'infanzia e dell'adolescenza - e a cui ci si può richiamare nelle continue battaglie a loro difesa - si è molto esteso e fortemente precisato e articolato. Sono cresciuti gli organismi e le agenzie sovranazionali con compiti di tutela e di empowerment delle prime età della vita. E' in atto da anni, quasi ovunque nel mondo, un lavoro enorme di empowerment: la singola parola inglese indica una moltiplicazione di azioni e pratiche concrete, tese all'effettiva protezione, alla partecipazione, alla dischiusura e al potenziamento delle occasioni per bambini e ragazzi. Rendere capaci: le scuole, i bambini, gli insegnanti, le istituzioni. Rendere capaci le risorse umane. Vengono investiti a tale fine ogni anno miliardi di dollari, che non sono sufficienti secondo molte persone, ma che tuttavia sono miliardi di dollari.
E tutto questo non è senza risultati: è soprattutto vero che il tasso di mortalità infantile è in netta diminuzione quasi ovunque, anche nei paesi più poveri e che è in crescita ovunque l'aspettativa della durata della vita, che è un indicatore di importanza primaria; è in crescita anche la scolarizzazione e l'alfabetizzazione, sia pure con ritmi molto differenziati e lenti a fronte dei propositi enunciati; i diritti di bambini e ragazzi, spesso negati anche formalmente per anni, ora vengono almeno riconosciuti de iure quasi dappertutto, a partire da quelli alla sicurezza, al cibo, alla casa, alle cure parentali, all'identità, alla salute e all'istruzione.
Ma per quanto forti ed estese siano tutte le forze positive messe in campo, è parimenti riconosciuto da tutti gli esperti e operatori che a spinte in avanti rispondono ritorni indietro e che nascono continuamente nuovi fattori di crisi. E tutti sono concordi nel rilevare che siamo di fronte a un gigantesco e crescente attacco alle prime età della vita, un attacco macroscopico nel Sud povero del mondo ma che certo non risparmia il Nord ricco.
Del resto la nostra comune esperienza diretta di fare scuola, da molti anni, in un quartiere socialmente svantaggiato, conferma che a x passi in avanti quasi sempre si oppongono un numero y di passi indietro, di scacchi, di arresti o crisi.
Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, prima del 2000, saremo sei miliardi di persone sulla terra. Nel 2005 oltre metà della popolazione vivrà nelle città e la maggioranza di questa parte dell'umanità starà in megalopoli di oltre dieci milioni di abitanti, dove è dimostrato che è più difficile procurarsi acqua e cibo, peggiorano le condizioni igieniche e aumentano gli allarmi sanitari e le epidemie: i primi e più colpiti sono i bambini.
Inoltre chi vive nelle grandi città viene sradicato dalle proprie origini e dalle culture tradizionali: sarà più rapida e radicale una sovversione senza appello di molti valori e di un grande numero di pratiche a cui, in ogni cultura, è riferibile l'educare.
Ogni mondo tradizionale era chiuso, privo di ampie possibilità, circoscritto entro orizzonti e futuri noti e molto limitati, angusti, spesso fondati sulla discriminazione di classe, di casta e sulla violenta oppressione di genere. Aveva in sé anche la miseria materiale insopportabile e la crudeltà. Sappiamo che non è legittimo pensare al mondo tradizionale come a qualcosa di buono o di accettabile in eterno per l'umanità. Non è ragionevole esaltarne il valore in faccia a questo nostro mondo. E poi, semplicemente, non esiste più.
In tutto il mondo odierno avviene quel che accadde nell'Inghilterrra della rivoluzione industriale e da noi nel corso di questo secolo. La definitiva unificazione planetaria del modo di produzione e dei mercati secondo le logiche caotiche del profitto sconvolge anche gli assetti esistenziali, mostra e contemporaneamente toglie beni e possibilità, minaccia l'equilibrio e le sicurezze materiali, affettive e psichiche di intere comunità a partire dalle sue parti meno strutturate, i bambini e i giovani. L'inurbamento accelerato di enormi masse di uomini e donne colpisce innanzitutto le persone in formazione e i più fragili perché sconvolge le cornici entro cui la crescita segue modalità comunitariamente condivise.
Il mondo inurbato tutto intero è molto simile alla Londra descritta da Dickens.
Posti dove resiste una presa in carico dell'infanzia da parte di tutto il villaggio, come è stato per millenni ovunque nelle società umane, non esistono quasi più nel villaggio globale. E nuovi o migliori modelli non sono stati trovati.
Molti tra noi insegnanti, genitori ed educatori vedono nell'aria quella che qualcuno ha chiamato la polvere di Dio. Sono gli ultimi raggi dorati che vengono a noi dal passato millenario, che vorrebbero forse indicarci qualcosa di prezioso che è stato distrutto. Ma è una luce fioca, che non passa, che in qualche modo riconosciamo ma che non possiamo fare nostra perché ci è oramai estranea. Di questi raggi non godremo mai più e essi si riducono a pulviscolo residuo nel nostro mondo. Cosa sono questi raggi? Sono tutto quello che l'umanità, in mille e mille diverse forme, ha costruito lentamente e sapientemente preservato per dare un senso comune alla crescita dei suoi figli.
Sono la stabilità delle figure adulte di riferimento, i giochi che si ripetono e si trasmettono di generazione in generazione, i riti di iniziazione e di passaggio graduati per età e le prove protette eppure vere di vita e di sfida nel mezzo dell'infanzia e dell'adolescenza, sono le liturgie prese seriamente e i tanti gesti replicati secondo ritmi rallentati lungo le giornate, le settimane, i mesi, gli anni. E sono le occasioni per l'ascolto di storie e memorie raccontate entro un tempo circolare fatto di molte ripetizioni rassicuranti e da parte di persone di diversa generazione con cui gli incontri dei bambini e dei ragazzi sono cosa stabilita e accettata naturalmente da tutti, marcata dalla costanza. Sono cose che probabilmente strutturavano la persona, davano a ognuno identità e posto al mondo, e contribuivano a creare in ciascuno uno spazio interno a sé sufficientemente largo per poter contenere le speranze e le pene della vita. Ecco cosa sono. E sono cose che, in forma "naturale" e generalizzata per tutti i bambini e gli adolescenti che crescono nelle mille città del mondo, non ci sono più e per le quali spesso proviamo una nostalgia acuta, disperante, inconsolabile. Per quanto ci sforziamo a ri-crearle, queste cose difficilmente rinasceranno. E nei luoghi del mondo dove hanno resistito fino ad adesso stanno per morire. Impotenti, a volte restiamo attratti e inebetiti dall'ultimo pulviscolo di tutto questo. Questa polvere d'oro del passato che si frantuma ovunque, infatti, vorrebbe dirci qualcosa sugli assetti educativi, comunitari e sapienti, che stanno morendo per sempre e sulla loro funzione ricca e difficilmente sostituibile. Ma non può più. E noi siamo presi da una pena che spesso non sappiamo neanche riconoscere e a cui non si vede rimedio.
Intuiamo che - oltre a tutto il resto - le giovani generazioni, nel mondo intero, avranno da vivere anche con questa luttuosa perdita, a lungo.
Tuttavia siamo adulti e ci misuriamo con la realtà del nostro inondo; siamo educatori davanti a un altro mondo da quello passato. Così dobbiamo riconoscere che con la scomparsa definitiva di quello vecchio qualcosa di importante, probabilmente qualcosa di fondante è andato via per sempre. Lo dobbiamo fare con pena ma senza cadere nell'insensato desiderio del ritorno o nel delirio di voler tutto resuscitare. Giocare e fingere intorno agli atti e alle maniere praticati per millenni per crescere le giovani generazioni, e che ora sono morte, è un esercizio dubbio. Al massimo, con umiltà, cautela e fatica artigianale, con grande senso di rispetto per il passato, per il presente, peri bambini e per noi stessi, attraverso la laboriosa opera di introspezione che deve accompagnare ogni scavo delicato e complesso, possiamo conservare, nel mondo educativo nuovo, dei frammenti di pulviscolo d'oro, che dobbiamo sapere nutrire e trasformare: l'arte del narrare, una minima conservazione dei riti, la conservazione della regola, l'attenzione a stabilire costanze nella referenza adulta dei nostri figli...
Ma quel che di concreto ma anche di difficilmente definibile sta avvenendo nel mondo dei valori e dei riferimenti necessari a educare, ad aiutare i bambini e i ragazzi a crescere, non può farci dimenticare o mettere in ombra la portata, nel mondo, dei grandi e nudi fatti che riguardano centinaia di milioni di bambini e di adolescenti.
Secondo la Fao, il numero di persone sottoalimentate nel mondo è 822 milioni e si sta lievemente riducendo, mentre, secondo il World Development Report, pubblicato dalla Banca mondiale nel settembre del 1999, un miliardo e mezzo di persone - di cui il 60 per cento vive già in città - resistono con meno di un dollaro al giorno. Quasi la metà sono bambini. Nel 1987 vivevano con meno di un dollaro al giorno un miliardo e 200 milioni di persone. E anche vero che in alcune zone di recente sviluppo, come nel Sud-Est asiatico, la percentuale di poveri sul totale della popolazione è diminuita, dal 45,4 per cento al 43,1 per cento in pochi anni; ma in altre zone, come l'Africa sub-sahanana questa percentuale è cresciuta daI 38 al 39 per cento.
La forbice tra ricchi e poveri nel mondo va aumentando: se nel 1987 il reddito pro capite medio in un paese povero era stato calcolato pari al 3,1 per cento del reddito medio pro capite di un paese ricco, ora la percentuale è scesa all'1,9 per cento. Divaricano sempre di più le aspettative, i bisogni, le percezioni del mondo dei bambini dei paesi ricchi e di quelli dei paesi poveri; è sempre più difficile trovare parametri e linguaggi comuni.
Nel mondo oltre 6 milioni di bambini all'anno muoiono di fame e malnutrizione: 17 mila ogni giorno. E oltre 2 milioni muoiono di sete e disidratazione: 6 mila al giorno.
Nella sola America Latina il 60 per cento dei morti per denutrizione, che interessa a sua volta il 44 per cento della popolazione totale, sono bambini. Si tratta di 3 mila bambini denutriti che muoiono ogni giorno in quel continente.
E' utile raffrontare queste immani tragedie con i costi, in dollari, che potrebbero evitarle e così dare una speranza di futuro a milioni di bambini. A fare questi calcoli è la United Nations Development Programme, un settore delle Nazioni Unite i cui tecnici hanno redatto, nel 1998, un rapporto che quantizza i costi annuali dello sviluppo umano sostenibile e mirato mettendolo anche in relazione con alcune voci di consumo privato nel mondo ricco. Acqua e infrastrutture igieniche per tutti in tutto il mondo: 9 miliardi di dollari l'anno. Salute di base e nutrizione per tutti: 13 miliardi di dollari. Spesa per la salute riproduttiva delle donne: 12 miliardi di dollari...
Spesa annua per consumo di profumi in Europa e Stati Uniti: 12 miliardi di dollari. Spesa per consumo di gelati solo in Europa: 11 miliardi di dollari. Spesa di consumo per preparati alimentari per cani, gatti e animali domestici: 17 miliardi di dollari. Per non dire della spesa per consumo di droghe nel mondo: 400 miliardi di dollari; o del totale delle spese per armi nel mondo: 780 miliardi di dollari...
Secondo una stima per difetto dell'organizzazione mondiale della sanità, muoiono almeno 11 milioni di bambini ogni anno nel mondo per malattie infettive banali e perfettamente curabili, direttamente legate alla miseria: oltre 30 mila al giorno. Si tratta di polmoniti, diarrea, malaria nel 70 per cento dei casi. Nel 1990 il summit per l'infanzia delle Nazioni Unite si era posto entro il 2000 l'obiettivo di diminuire questo tipo di mortalità del 50 per cento, senza riuscirci e di debellare la poliomielite che invece resiste in molti paesi e non riuscendo a ridurre drasticamente il tasso di mortalità dovuto alla malaria e alla tubercolosi. Va aggiunto che molte malattie scomparse sono ritornate e colpiscono soprattutto bambini, anche nei paesi ricchi. E nuove malattie o malattie antiche in forma nuova colpiscono ovunque soprattutto l'infanzia.
Sono 40 milioni i bambini all'anno che noti vengono neanche registrati alla nascita tanto che non posseggono alcuna identità ufficiale, dimostrata e riconosciuta: crescono senza un nome, né una data di nascita né una paternità né una maternità né una nazionalità. In Asia sono 23 milioni, nell'Africa sub-sahariana sono 9 milioni eccetera. Spesso, a causa di ciò, non possono accedere ai pochi servizi sanitari, all'assistenza e all'istruzione.
La prima causa dell'analfabetismo è, secondo tutte le fonti, la povertà materiale ma la conta dei bambini analfabeti registra stime molto diverse. In generale lo stesso difetto di precisione nelle stime ci dice molto sul livello di attenzione per l'oggetto della stima, in questo caso per i bambini. Nei paesi della fascia più povera del pianeta, secondo l'Unesco, sono 93 milioni i bambini completamente analfabeti e secondo l'Unicef sono oltre 130 milioni i bambini che non hanno alcuna istruzione; 70 per cento degli analfabeti sono donne e bambini. Ovunque, nei paesi poveri, le bambine sono sfavorite nel diritto all'istruzione di base rispetto ai bambini. La Conferenza episcopale cattolica delle Americhe sostiene che la diserzione scolastica effettiva nell'America Latina arriva al 50 per cento dell'intera popolazione nell'età scolare.
E, anche qui, basterebbe poco per fare qualcosa. Secondo il rapporto Unicef sulla condizione dell'infanzia del 1999, basterebbe che si investissero nell'istruzione nelle aree più povere del mondo 7 miliardi di dollari per 10 anni. Sembra una cifra enorme: è l'equivalente di ciò che si spende ogni anno per i cosmetici negli Stati Uniti.

Secondo stime delle Nazioni Unite, nel mondo i bambini profughi sono circa 50 milioni, 12 milioni sono vaganti senza in tetto, 10 milioni sono psicologicamente traumatizzati gravemente per perdita violenta di genitori, violenze e atrocità, almeno 6 milioni sono mutilati e invalidi.
Alcune centinaia di migliaia di bambini sono sottoposti ogni anno a torture e detenuti senza accusa né processo, spesso in condizioni proibitive e in situazione di abuso sessuale grave.
Nel mondo 2 milioni di bambine e bambini sono sottoposti a varie forme di sfruttamento sessuale legato esclusivamente al turismo proveniente dai paesi ricchi. Ma solo nell'America Latina lo sfruttamento sessuale a vario titolo interessa 2 milioni di bambine.
Non sono disponibili dati precisi sui bambini civili morti recentemente nel fuoco delle guerre; è sicuro che si tratta di varie decine di milioni morti nelle guerre locali, dopo la Seconda guerra mondiale e che rappresentano la percentuale più elevata rispetto al resto della popolazione civile deceduta a causa di conflitti armati. Ma le guerre portano sempre con sé ogni orrore. Un solo esempio: nel conflitto civile algerino, dal 1992, sono stati uccisi 3 mila bambini e feriti 27 mila. Inoltre, dei 50 mila morti adulti, oltre l'80 per cento sono stati uccisi e spesso torturati a morte e mutilati davanti ai propri figli. Fenomeni simili sono molto comuni - secondo i Tribunali Internazionali e gli osservatori delle Nazioni Unite. Nei dopoguerra si aggiungono altre sofferenze. L'embargo anti-Iraq ha prodotto un aumento sensibile della percentuale, per mille abitanti, di mortalità infantile: da 24 a 92. Quest'anno si calcola che 60 mila bambini ruandesi mantengano le famiglie a causa della morte dei genitori in guerra, che 300 mila siano costretti all'accattonaggio e il 90 per cento non abbia accesso a sanità né a istruzione. La guerra è seguita da nuovi preparativi di guerra. I bambini combattenti non sono meno di 250 mila secondo le Nazioni Unite e i bambini soldati feriti e morti in guerre locali sono in vertiginoso aumento in tutti i paesi poveri in conflitto. In Congo vi sono 18 mila arruolati tra i 9 e i 16 anni; in Uganda sono 10 mila. L'Unicef ha contato 4 mila bambini arruolatì forzatamente in Sierra Leone quest'anno.

Non ci sono modelli di società né sistemi economici che oggi, o nel corso dello sviluppo economico di questo secolo, sono stati immuni dall'attacco ai bambini.
Bambini costretti al lavoro: il tratto più significativo del lavoro minorile nel mondo, denunciato dalla Global March, sta nel fatto che un numero importante di multinazionali dei paesi ricchi chiedono a comunità intere di paesi poveri una notevole quantità di produzione di merci per il mercato mondiale in modo che siano le comunità stesse nei paesi poveri a imporre lavoro, in regime schiavistico o semi-schiavistico, ai propri bambini per garantire, da un lato, un profitto aggiuntivo anche ai detentori di potere economico entro le comunità e, dall'altro lato, per salvaguardare l'immunità delle multinazionali che si assicurano profitti enormi senza che abbiano una responsabilità diretta nell'aver violato la legislazione internazionale contraria al lavoro minorile. La linea seguita dalle multinazionali va espandendosi a molte piccole e piccolissime imprese americane, europee e anche italiane che sfruttano manodopera minorile e anche infantile soprattutto nell'Asia e nell'America Latina. Quanti sono i bambini a lavorare nel mondo è difficile saperlo. Le stime dell'Unicef indicano un numero di 250 milioni ma è probabilmente una indicazione per difetto.

I paesi ricchi dedicano enormi risorse all'infanzia che partecipa largamente ai mercati ed è parte attiva nell'immenso flusso di consumo privato. Noi paesi ricchi rappresentiamo solo un quinto degli abitanti del mondo ma incidiamo per l'86 per cento sulla spesa privata di consumo mondiale. Siamo solo il 20 per cento di abitanti ma consumiamo, insieme ai nostri figli, il 60 per cento di energia globale, il 46 per cento di proteine animali, l'84 per cento di carta eccetera.
Ma anche nei paesi ricchi, in proporzioni certamente molto minori, vi sono nuove miserie che colpiscono soprattutto bambini e adolescenti, e altre ragioni di acuto allarme.
Secondo il Children Defence Fund - l'agenzia statunitense di difesa dell'infanzia - nei territorio degli Stati Uniti, che è la prima potenza economica del mondo, vivono in povertà 14 milioni di bambini, pari al 20 per cento circa della popolazione infantile. Il fenomeno è in lento ma costante aumento, nonostante la contingenza economica favorevole: nel 1969 era il 14 per cento. Secondo il Fund di questi bambini in povertà, circa 2 milioni e 600 mila vivono in estrema miseria.
Negli Stati Uniti, gli indici di omicidi, stupri e aggressioni violente è passato da 161 reati ogni 100 mila abitanti nel 1961 a 757. Di questi, molti interessano i ragazzi e in percentuale sempre crescente. Tra il 1979 e il 1991 circa 50 mila bambini e adolescenti statunitensi hanno perso la vita a causa di colpi di arma da fuoco. Ogni giorno 13 bambini muoiono per un colpo di arma da fuoco; è questa la causa di morte di un adolescente su 4 e la maggioranza delle uccisioni avvengono entro le mura di casa o nel proprio quartiere. Ed è una cifra equivalente al numero di soldati statunitensi morti nella guerra del Vietnam. La media delle ore settimanali passate dai bambini statunitensi davanti alla televisione è 28. La Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti ha calcolato che entro l'età di 18 anni avranno visto, in media, alla Tv 200 mila atti di violenza e in particolare 10 mila omicidi di cui nel 58 per cento dei casi il colpevole che appare sullo schermo non viene punito. I minorenni detenuti sono 100 mila, una percentuale elevatissima della popolazione di questa età a confronto di altri paesi ricchi. E ancora prevista in vari stati dell'Unione la possibilità di applicare la pena di morte per reati commessi dai minori: è un primato diviso con Iraq, Arabia Saudita, Bangladesh, Iran, Yemen, Nigeria, Pakistan. Il tasso di suicidi di ragazzi tra i 14 e i 18 anni negli Stati Uniti è di 11,1 su 100 mila nel 1992 ed è in costante crescita.
I bambini e i ragazzi vaganti in Europa, secondo stime imprecise, sarebbero più di un milione e in continuo aumento, soprattutto in Russia, Romania, Germania ma anche in Francia, in Olanda, nel Regno Unito eccetera.

E in Italia?
L'Italia, secondo i dati del rapporto del Consiglio d'Europa del 1998, è uno dei paesi con il minore tasso di fertilità del mondo e la popolazione infantile decresce a ritmi ancora più marcati di quelli degli altri paesi ricchi. Il bilancio nazionale tra morti e nascite è negativo: muoiono più italiani di quanti ne nascono con un differenziale di 25 mila. Questo dato è in parte controbilanciato, fino a raggiungere un tasso lievemente positivo, dall'arrivo di immigrati, secondo il Consiglio d'Europa. Secondo le stime del rapporto Charitas, pubblicato nel 1999, i bambini e gli adolescenti immigrati sarebbero 180 mila e alzerebbero il tasso di crescita della popolazione in misura maggiore.
L'aspettativa di vita dei nostri bambini è in costante crescita ed è tra le più alte del mondo: 74,3 anni per i maschi e 80,7 per le femmine. Nel 1971 si sposavano prima dei 18 anni 187 mila ragazze, nel 1995 solo 36.600. La quantità di donne che partoriscono un quarto figlio è passato da 175.375 nel 1960, pari al 19 per cento, a 10.281, pari al 2,1 per cento. E enormemente aumentata la percentuale delle famiglie con figli unici o con due figli che, insieme, rappresentano l'87 per cento delle famiglie italiane. E', inoltre, incredibilmente alto lo standard di protezione familiare prolungata per i giovani italiani: il Centro studi e ricerche dell'Università Cattolica indica la famiglia italiana, insieme a quella spagnola, come la più lunga d'Europa e forse del mondo. In Italia il 44,1 per cento dei giovani tra i 25 e i 29 anni abita ancora la casa d'origine mentre i dati esteri sono: in Francia 11,4 per cento, in Germania il 12,7 per cento, nel Regno Unito il 10,8 per cento e la percentuale si abbassa di molto per gli Stati Uniti.
In tutti questi anni, insomma, sia pure a fasi alterne, da noi sono fortemente aumentati la ricchezza prodotta e i consumi, insieme alla protezione familiare. L'arresto del tasso di crescita della popolazione e lo sviluppo economico hanno certamente migliorato le condizioni generali di vita secondo i parametri internazionalmente riconosciuti, tra cui spicca il dato sull'aspettativa di vita.
Eppure in Italia persiste l'esclusione sociale secondo un trend che è comune a tutti i paesi ricchi e che penalizza soprattutto i bambini e i ragazzi. Infatti vi sono in Italia 10 milioni e 300 mila persone sotto i 18 anni, solo il 17,8 per cento della popolazione totale. Il nostro è un paese sempre più fatto di vecchi, con sempre meno bambini. Eppure, di questi il 15,2 per cento vive al di sotto della soglia di povertà mentre la percentuale degli adulti che vivono sotto tale soglia è del 12,2 per cento. Si tratta di un milione e 560 mila bambini e ragazzi. Ma il dato non è territorialmente omogeneo: la vita sotto la soglia di povertà riguarda circa il 20 per cento dei bambini e ragazzi meridionali e il 7 per cento del Centro-nord. La metà dei bambini che nasce nel Sud con un genitore senza titolo di studio non migliorerà il suo stato; la percentuale sale al 70 per cento nelle grandi aree urbane.
E 6 giovani meridionali italiani su 10 sono senza lavoro.
Altri dati disegnano un panorama ancora più inquietante.
Secondo la Commissione speciale per l'infanzia del Senato, nonostante la diffusione di cifre più ottimistiche, prima dell'estensione, quest'anno, dell'obbligo scolastico, la percentuale di ragazzi/e italiani che, al 1998, non ha completato la scuola dell'obbligo era non meno deI 5 per cento, un tasso scandalosamente alto rispetto agli altri paesi dell'Ue e che con il nuovo obbligo a sedici anni immancabilmente salirà.
Per quanto riguarda l'alfabetizzazione di base reale, poi - quella che viene in Europa codificata entro test standard incentrati sulle competenze minime di base che tutti devono raggiungere e di cui molto si parla da noi e da molti anni ma senza che si sia mai proceduto a un sistema di verifica standardizzato - sappiamo solo che, per esempio, nell'anno scolastico 1995/96, il 46 per cento degli alunni di scuola media ha ottenuto il voto minimo, "sufficiente", il che non prova nulla, in mancanza di parametri standard, ma qualcosa pure dice. Oppure sappiamo che l'Abacus, per conto dell'Unione Europea, ha trovato che i ragazzi italiani sono i lettori più pigri dell'Unione: legge regolarmente solo il 25 per cento dei ragazzi e il 50 per cento delle ragazze e, intervistati, il 36 per cento accusa la scuola di aver rovinato il piacere della lettura.
E sappiamo che ben 4 ragazzi su 10 iscritti alla scuola superiore non la completano; di questi, 100 mila, pari al 17 per cento, vengono bocciati il primo anno. Nel resto dell'Unione Europea il numero è di 8 o 9 su 10.
Gli incidenti domestici, in moltissimi paesi ricchi, compresa l'Italia - nonostante la normativa in materia di sicurezza si faccia sempre più rigorosa - sono, in assoluto, la prima causa di morte per i bambini tra O e 14 anni.
Il rapporto Censis sull'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori in Italia rileva che - su 21 mila abusi denunciati, registrati lo scorso anno, di cui la metà riguardanti violenza carnale e l'altra metà molestie sessuali gravi e che interessano un ragazzo ogni 1000 - il 90 per cento degli abusi vengono consumati in ambito familiare soprattutto da parte dei genitori sui figli e in particolare da parte dei padri, l'8 per cento si verifica in ambito extrafamiliare ma con abusatori già conosciuti, il 2 per cento riguarda abusatori ignoti.
La vera e propria prostituzione regolare di minorenni riguarda 2.500 bambine e ragazze in Italia di cui 2.300 immigrate.
I bambini e ragazzi in istituto in Italia sono circa 16 mila.
Nel 1997 in Italia si sono attivate ricerche per 2.412 bambini e ragazzi scomparsi. Sono andati via da casa per poche ore, per giorni, per settimane, per mesi, sono fuggiti dagli istituti, sono stati trascinati via da un genitore contro l'altro, in taluni casi sono presunti erranti; di questi 1.673 sono stati rintracciati entro alcuni mesi, 739 sono ancora dispersi. Si sa che nel 1998 molti di questi ultimi saranno a loro volta ritrovati; ma altri spariranno. Per poco, per molto. Nei soli primi cinque mesi del 1998 gli scomparsi sono stati 1.419; di questi sono stati poi rintracciati 796 ma ne mancano 623. E così via. Spesso - ma anche questo è un segno - le denunce per la scomparsa non vengono neanche ritirate. Quale che sia la tipologia delle scomparse, che queste siano gravi o meno gravi o per nulla gravi c'è un dato costante: come nel resto d'Europa e negli Stati Uniti, tende ad aumentare il numero degli allarmi e dell'attivizzazione della ricerca dei ragazzi scomparsi e cresce la percentuale dei non trovati in pochi mesi. Alcuni osservatori delle scomparse di adolescenti da casa in Europa ritengono che questo trend sia l'anticamera del diffondersi del vagabondaggio adolescenziale.
In Italia il tasso di suicidi era di dieci volte inferiore nello stesso anno, 111.992, a quello altissimo degli Stati Uniti: 1,16 morti suicidi ogni 100 mila adolescenti invece di 11. Ma cinque anni più tardi, nel 1996, era già aumentato a un tasso di 2,3 e anche da noi il numero assoluto è in costante aumento. Nel nostro paese, ogni anno, tra maggio e giugno - alla fine dell'anno scolastico - 100 ragazzi e ragazze tentano di togliersi la vita, in più della metà dei casi annunciando le loro intenzioni in anticipo, a scuola pubblicamente o attraverso chiarissime manifestazioni di angoscia.
Secondo uno studio dell'Università Federico II di Napoli, i casi di anoressia sono in netto aumento in tutti i paesi ricchi compresa l'Italia, soprattutto per le adolescenti. E in Italia come altrove l'età in cui l'anoressia si manifesta va anticipandosi per un verso, con alcuni casi a 8 anni, e per altro verso prolungandosi fino a 30 anni con il prolungarsi della fase adolescenziale.
Secondo Telefono arcobaleno, un'agenzia italiana di protezione dei minori abusati da maghi e sette sataniche, 61 ragazzi avevano chiesto aiuto contro sette occulte e circa 400 minori in un anno avevano agganciato continuativamente via internet cultori di satanismo.
Secondo dati del Centro di neuropsichiatria infantile dell'Università La Sapienza di Roma, l'adolescenza vissuta con sintomi significativi di disagio interessa il 17 per cento dei ragazzi tra i 14 e 119 anni; il 4 per cento accusa disturbi psicopatologici e alterazioni delle relazioni familiari tali da consigliare un sostegno terapeutico mentre il 2 per cento arriva alla patologia psichiatrica grave: 20 ragazzi ogni 1000.
Per qualche mese ho ritagliato articoli di giornali, ho frugato tra queste statistiche e altre ancora e nella cronaca quotidiana alla ricerca di dati. Ho chiamato questa raccolta "descrizione sommaria della situazione".
Nel raccogliere questi dati mi è spesso venuto in mente un passo scritto oltre settecento anni fa da Maimonide. Diceva:

Da quando non esistono più o non sono più riconosciuti i profeti e la profezia non si manifesta più in forma chiara, l'arte della profezia è affidata ai bambini e ai pazzi a cui bisogna prestare attenzione.

 

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