di Luciano Locci, novembre 2000. E' arduo, oggi, parlare dei mali e dei problemi che affliggono la scuola; difficile, persino, distinguere le insidie più gravi, le più profonde minacce. Giustamente, abbiamo impiegato molte delle nostre energie nella lotta contro il pedagogismo e il didattichese, abbiamo contestato con fermezza i principi meritrocratici del concorsone, abbiamo finalmente rivendicato un salario più dignitoso, e ci accingiamo ora ad opporre una dura resistenza al riordino dei cicli.
Purtroppo, problemi ancor più gravi minacciano la società e la scuola. Chi crede in una scuola di tutti e per tutti i cittadini, in un'istruzione, laica, pubblica e democratica, chi è avverso all'estensione dell'aziendalismo ad ogni ambito dell'esperienza umana, è naturale che provi verso l'idea di scuola promosso dal governo di centro sinistra un profondo disprezzo e una profonda indignazione. Certamente, ci si sente traditi, beffati, ingannati dalla politica del centro sinistra. Da chi si dice "di sinistra", infatti, ci si attenderebbe, per restare nell'ambito delle politiche scolastiche, un'idea della cultura e dell'istruzione laica e democratica, al servizio della libertà e della formazione di un cittadino dotato di spirito critico, sicuramente libera da ogni aziendalismo e da ogni servitù verso le richieste pragmatiche e produttivistiche delle imprese.
La politica scolastica della sinistra di governo non può che rattristarci: aziendalismo, poteri a presidi menager, ossessioni pedagogistiche che hanno come unico obiettivo un demagogico "successo formativo" con il conseguente incremento della "produttività scolastica". E gli esempi delle nefandezze promosse dal centrosinistra in materia di riforme scolastiche, purtroppo, si possono moltiplicare.Ma se oggi noi diciamo soltanto "no al riordino dei cicli" pecchiamo d'ingenuità. Le destre, assolutamente prive di dignità e di scupoli, non esiteranno a strumentalizzare il nostro dissenso, la nostra indignazione nel modo più spregiudicato. Di questo noi oggi dobbiamo essere consapevoli e prendere immediatamente dei provvedimenti, elaborare una precisa strategia di lotta e di contestazione.
Gli insegnanti delle regioni del Nord Italia che hanno contestato con fermezza il concorsone, l'aziendalismo, i presidi menager, la meritocrazia, il riordino dei cicli ecc., hanno un problema in più rispetto ai loro colleghi marchigiani, sardi o campani.
La parola "scuola" ricorre ormai da troppo tempo nei discorsi delle destre nel Nord Italia. Il folle piano della "devolution" riguarda direttamente la scuola, la sanità e la sicurezza. Altro che concorsone! Altro che riordino dei cicli! Ogni ritardo, ogni silenzio al riguardo sarà colpevole.
Vorrei ricordare ai colleghi che la devolution promossa dalle destre non è soplo una riforma federalista dello Stato; essa è portata avanti da una destra arrogante, fascistoide e xenofoba, caratterizzata da una preoccupante irriverenza istituzionale. La devolution minaccia il principio di uguaglianza tra i cittadini italiani, i diritti sociali. Con la devolution il welfare nel Nord Italia verrà drammaticamente travolto in nome di un rozzo aziendalismo, della tragica estensione degli squallidi principi della riorganizzazione produttiva postfordista che vede nella celebrazione della precarizzazione del lavoro uno dei suoi caratteri più evidenti.
Con arroganza e prepotenza, la Regione Lombardia ha promosso il buono scuola che, di fatto, segna una prima drammatica tappa della voluta crisi della scuola pubblica a favore della scuola privata. Il buono scuola, la messa all' indice di libri di testo che affermano che il fascismo fu un atto di profonda barbarie, sono solo le prime avvisaglie di quello che ci attende.In realtà la destra non ha una politica scolastica. Ma molti di noi insegnanti non hanno dimenticato gli attacchi di Bossi contro gli insegnanti meridionali, le recenti affermazioni sul fascismo "minore dei mali"; e troppo recenti sono le polemiche sui tentativi si revisionismo e di cancellazione della libertà di insegnamento.
Gli insegnanti devono dire no al riordino dei cicli ma con altrettanta forza e vigore devono lottare contro la devolution della scuola, contro le destre revisioniste e fascistoidi, contro la mortificazione dello stato sociale e la crisi della democrazia nel Nord Italia, contro la xenofobia e il razzismo. Occorre distinguere con chiarezza il nostro radicale dissenso dalle posizioni ostruzionistiche e disfattiste dell'irresponsabile opposizione delle destre; occorre affermare forte e chiaro che noi non abbiamo veramente nulla a che fare con le destre (al contrario del centro sinistra...).
Se non si prendono le distanze dalle destre, il dissendo dei docenti verrà facilmente strumentalizzato e servirà soltanto a spianare la strada a tempi molto, molto più bui.
Si veda anche: Lettera aperta ai colleghi.