Le
componenti del movimento antiglobal.
Una
rassegna sulle principali caratteristiche delle diverse componenti del movimento,
perché anche chi si avvicina per la prima volta abbia gli strumenti
per comprendere nelle innumerevoli assemblee e dibattiti che si stanno tenendo
in ogni dove, il chi è chi del movimento. In questo scritto abbiamo
esposto francamente anche le nostre opinioni, dando la possibilità
comunque, attraverso i link ai vari siti, di farsi un'idea con la propria
testa. REDS. Agosto 2001.
I movimenti sociali sono degli organismi che hanno due componenti: le masse e le culture politiche che propongono loro obiettivi, stili, leadership. Per usare una metafora potremmo dire che un movimento assomiglia all'acqua di una diga che improvvisamente si rompe: essa scende a valle, e in ciò obbedisce a delle leggi che in qualche modo sono oggettive e immodificabili, prima fra tutte quella di gravità. Ma il cammino che percorre è dato dalle caratteristiche del terreno, dagli ostacoli che incontrerà, dagli avvallamenti, da eventuali argini che si saranno costruiti. Le vie che dunque l'acqua prende nella sua discesa e le modalità del suo cammino sono le culture politiche. A un movimento che esplode dunque si parano innanzi all'improvviso una serie di possibilità in cui veicolare il proprio corso impetuoso: queste possibilità sono preesistenti alla rottura della diga.
Le culture che si offrono al movimento antiglobalizzazione oggi sono il prodotto di esperienze e dibattiti che hanno per lo meno venti anni (la lunga genesi di queste culture e le esperienze che hanno fatto le abbiamo riassunte nel pezzo Venti anni di movimenti pacifisti e di solidarietà internazionale).
Qui di seguito riassumiamo in termini necessariamente un po' succinti, le diverse culture politiche di questo movimento e i loro referenti organizzativi.
IL BLOCCO ROSA
Viene così definito l'insieme di forze che, tra le altre cose, propone mezzi di protesta non violenti. In Italia è composto soprattutto dalla Rete Lilliput, nata nel 1999 su iniziativa di Alex Zanotelli, con una prima Assemblea Nazionale tenuta il 6-7-8 ottobre 2000 a Massa, promossa tra gli altri da: COnsumatori COnsapevoli RIciclanti COmpatibili, Cooperazione Terzo Mondo, Nigrizia, Manitese, Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, Pax Christi, Beati i costruttori di pace, Rete Radie Resch, WWF-ITALIA, Associazione Botteghe del Mondo, Bilanci di Giustizia, Centro Nuovo Modello di Sviluppo.
Nel manifesto della rete si indicano le ragioni, i metodi e le aspettative dei promotori: "NOI associazioni, gruppi e cittadini impegnati nel volontariato, nel mondo della cultura, nella cooperazione Nord/Sud, nel commercio e nella finanza etica, nel sindacato, nei centri sociali, nella difesa dell'ambiente, nel mondo religioso, nel campo della solidarietà, della pace e della nonviolenza diamo avvio alla Rete Lilliput per unire in un'unica voce alle nostre molteplici forme di resistenza contro scelte economiche che concentrano il potere nelle mani di pochi e che antepongono la logica del profitto e del consumismo alla salvaguardia della vita, della dignità umana, della salute e dell'ambiente. Come i piccoli lillipuziani riuscirono a bloccare il gigante Gulliver, legando ciascuno un singolo capello del predone, così noi cerchiamo di fermare il tiranno economico conducendo ciascuno la nostra piccola lotta in collegamento con gli altri."
Un ruolo centrale di stimolo l'ha svolto sino ad ora il Tavolo delle campagne, anche se la forma organizzativa deve ancora essere studiata. A livello locale è strutturata in "nodi", a loro volta costituiti da associazioni e gruppi di base locali. Le adesioni ai nodi cittadini vede spesso la presenza di circoli ARCI (una associazione "ricreativa" un tempo controllata dal PCI, oggi assai libera) e ACLI (una associazione "ricreativa" ed "educativa" fondata negli anni cinquanta dalla gerarchia cattolica in funzione anticomunista, poi radicalizzatasi nel corso degli anni settanta, oggi ha una composizione interna assai variegata).
Di questo blocco possiamo dire che fanno parte anche settori del mondo ambientalista, come la Lega Ambiente: rispetto agli anni ottanta è molto più debole, ma molti gruppi la "usano" come veicolo per iniziative di difesa dell'ambiente a livello locale. Vi troviamo anche altri settori, pacifisti, provenienti dagli anni ottanta: la LOC, ad esempio, e i gruppi legati alla rete Peacelink. Il sito di Unimondo è uno dei punti di riferimento informativi dell'area.
La composizione sociale di questo blocco è assai varia, ma, rispetto alle altre componenti, si caratterizza per una presenza probabilmente dominante dal punto di vista numerico di donne, mentre gli altri blocchi hanno una schiacciante maggioranza di attivisti maschi. La composizione etaria è la più varia. Probabilmente si tratta del blocco con il livello di istruzione medio più alto.
Dagli altri blocchi è considerata come la componente più moderata perché difende l'utilizzo di mezzi d'azione non violenta (ma che implicano assai spesso azioni di disobbedienza). Un'altra critica che le viene mossa è quella di contenere associazioni e ong che vivono di finanziamenti governativi, con tante piccole burocrazie di funzionari più o meno inamovibili. Alcune organizzazioni che si definiscono marxiste alla sinistra del PRC considerano un'attività quasi reazionaria quella del commercio equo e solidale o della finanza etica. A loro volta molti attivisti della Rete vedono con diffidenza gli altri blocchi, dominati da componenti organizzate della sinistra, accusati di essere troppo attaccati a giochetti di vertice e manovre di corridoio o facili a strumentalizzazioni politiche, poco competetenti nelle questioni che riguardano la globalizzazione, scarsamente interessati alla presenza tra la gente comune.
A noi pare che uno dei principali meriti di questa componente sia stato quello di aver dato continuità, con altri mezzi, ai movimenti degli anni ottanta. Mentre la sinistra organizzata si ritirava sconfitta dai temi dell'antimilitarismo e della solidarietà internazionalista, questa componente ha trovato delle modalità, certo non usuali per la sinistra, per mantenere un'attenzione costante, anche se al di fuori dei riflettori delle manifestazioni di massa, nei confronti dei popoli oppressi del Sud del mondo. Migliaia di attivisti, spesso giovanissimi, spesso provenienti dalle parrocchie, si sono formati ad esempio nei turni di gestione delle Botteghe del Mondo, occasioni queste anche per prendere iniziative di sensibilizzazione sul territorio. Un altro merito è nella costante attenzione alla presenza sul territorio, nel tentativo di coinvolgimento diretto delle persone "comuni". Anche il tipo di attività proposte, si situano sempre ad un livello di estrema praticabilità da parte di chiunque, nello sforzo costante di superare la distanza tra il discorso e i comportamenti quotidiani. Apprezziamo poi il fatto che in questa componente, pur non essendo assente, il grado di leaderismo e burocratizzazione è inferiore a quello tipico delle organizzazioni sindacali e politiche di sinistra. Tuttora risulta piuttosto difficile identificare ad esempio i "leader" della Rete Lilliput. Gli attivisti di questa componente lavorano per campagne, utilizzano spesso modalità di riunione partecipative, sono caratterizzati da un basso tasso di settarismo.
Le caratteristiche che invece ci lasciano perplessi sono diverse. La prima è una certa diffidenza da parte di questo settore nei confronti dei lavoratori organizzati. Più precisamente abbiamo l'impressione che questi vengano ignorati. Non si tratta solo del fatto che non si cerchi alcun rapporto con loro (potremmo capire la diffidenza nei confronti dei sindacati di massa, ma perché ignorare le RSU?), ma anche del discorso, tutto centrato sul consumo, che ai lavoratori dà l'impressione di essere espressione di preoccupazioni da classe media sazia e con qualche senso di colpa di troppo. La cosa è tanto più paradossale se si pensa che invece questo settore è forse quello che più di tutti mantiene e ricerca i rapporti coi lavoratori del Sud del mondo. Un altro elemento di perplessità riguarda la pesante ideologizzazione del concetto di non violenza. Questa non viene considerata un mezzo ma una sorta di fine in sé, e spesso ciò impedisce a diversi settori di questa componente, di fronte ad un conflitto, di saper prontamente distinguere chi sia l'oppresso e chi l'oppressore. Avvertiamo così a volte un certo imbarazzo nei confronti di quelle lotte che fanno uso di violenza (Palestina). Ultima perplessità: ci pare che una fetta di questo settore abbia qui e là civettato con la privatizzazione dei servizi sociali, via terzo settore e no-profit, in questo accompagnato da una parte dei centri sociali.
IL BLOCCO GIALLO
Si tratta dei disobbedienti. Si tratta di una evoluzione del movimento delle Tute Bianche, basato su centri sociali del Nord Est e altri, tra i quali il Leoncavallo di Milano. Sono stati tra i principali animatori della solidarietà alla lotta zapatista promuovendo tra l'altro la rete delle associazioni Ya Basta!.
I disobbedienti dicono che è necessario forzare i blocchi delle città che vengono imposti, anche se occorre farlo in modo non violento, e "protetto", attraverso imbottiture, scudi, caschi, maschere antigas. Nel linguaggio è evidente l'influsso zapatista. Nella loro "Dichiarazione di guerra ai potenti dell'ingiustizia e della miseria" che ha preceduto il loro arrivo a Genova affermano tra l'altro: "La scelta di usare le vostre forze armate e i corpi speciali contro l'umanità, vi rende più vicini ai vostri alleati che nel Sud del mondo quotidianamente uccidono, affamano, perseguitano chi non accetta lo sfruttamento del neoliberismo. In ogni parte di questo pianeta i vostri militari intervengono con i fucili contro le idee e i sogni di un mondo diverso, un mondo che contenga molti mondi. Il mondo che voi volete imporre anche nella vostra riunione di Genova, è un mondo unico, dove esiste un pensiero unico, dove l'unica ideologia sia quella del denaro, dei profitti, del mercato, delle merci e dei corpi.. Il vostro mondo è un impero, voi gli imperatori, miliardi di esseri viventi semplici sudditi. Dalle periferie di questo impero, dai molti mondi che resistono e crescono con il sogno di un'esistenza migliore per tutti, oggi, noi, piccoli sudditi ribelli, vi dichiariamo formalmente guerra."
A livello locale sono rappresentati da un portavoce, il Consiglio dei portavoce rappresenta il movimento.
La stessa area esprime diverse iniziative e forme organizzative. Tra queste menzioniamo l'ADL Cobas, presente nel Veneto, fondata nel 1992, legata fino al 1999 allo SLAI cobas e oggi invece legatasi alla CUB-RdB. Molto conosciuto il sistema mediatico (sito, rivista online, radio, ecc.) Sherwood.
Socialmente ha una composizione fatta prevalentemente da giovani e giovanissimi, a parte i quadri provenienti dall'area dell'autonomia. In complesso è la componente più giovanile del movimento, costituita da studenti e lavoratori precari.
Da Praga in poi anche la maggioranza dei Giovani Comunisti ha scelto la tattica della disobbedienza e si è legata strettamente a questo blocco.
Questo settore è visto con molta diffidenza da una parte del blocco rosa che trova inutilmente provocatorie le "dichiarazioni di guerra" e il "gusto per lo scontro" con le cosiddette forze dell'ordine, anche se quasi sempre simulato. Parte del blocco blu invece considera masochista una tattica tesa ad attirarsi le botte della polizia senza reagire e difendersi e trova grottesco che si inscenino degli scontri che spesso sono concordati con le questure. Trova irritante inoltre la prontezza con cui i disobbedienti riescono ad inserirsi sui grandi media per farsi pubblicità.
Pensiamo che questo blocco abbia il merito di canalizzare una forte spinta radicale proveniente dalla rabbia giovanile dirigendola verso uno scontro tutto sommato (sino a Genova) simulato. Rispetto all'origine politica di quest'area è positiva l'apertura ai contatti internazionali, e la continuità con cui si mantentiene la relazione con il Chiapas. Vi è in questo blocco inoltre una forte curiosità intellettuale, ed una certa disponibilità al confronto con settori di diversa provenienza.
Gli aspetti che non condividiamo riguardano il fatto che questa apertura confina con una certa indeterminatezza ideologica e una forte attrazione per un "nuovismo" dietro al quale non vediamo contenuti forti. Da qui deriva anche la tendenza a considerare "cosa vecchia" la contrapposizione capitale/lavoro e dunque a sottovalutare fortemente (più del blocco rosa) il rapporto coi lavoratori. Permane all'interno, favorito dall'assetto assembleare, un forte leaderismo.
BLOCCO BLU
Chiamato anche degli inflessibili. In Italia può essere identificato con il Network per i diritti globali. E' il coordinamento che comprende in Italia la Confederazione Cobas, diversi centri sociali del centro sud (ad esempio Officina 99) e del Piemonte, alcuni circoli del PRC. Un media vicino a quest'area è Tactical Media Crew. E' un blocco che, teoricamente, si pone in piazza in modo determinato, deciso, a parole, ad autodifendersi dalla polizia.
Nella presentazione rintracciabile sul loro sito si legge che questo "non è IL punto di riferimento telematico di un gruppo organizzato, ma è UN punto di riferimento di una pluralità di esperienze che si riconoscono all'interno dei percorsi dell'autorganizzazione sociale e che vogliono contribuire alla riuscita delle mobilitazione internazionali di luglio a Genova." Vuole partire "dai conflitti reali dei nostri territori per coniugare il carattere globale delle scadenze contro gli organismi sovranazionali alle battaglie quotidiane per i diritti negati". "Anche noi andremo a Genova a partire da questi tre terreni di lotta che ci vedono impegnati nei nostri territori: il lavoro, per il diritto al reddito lavoro/non lavoro, contro le vecchie e nuove forme di sfruttamento, la flessibilità imposta e la precarizzazione; l'immigrazione, per la libertà di circolazione e la parificazione dei diritti per tutti/e; l'ambiente, contro la devastazione e l'inquinamento dei territori, dell'acqua, dell'aria e degli alimenti, contro i brevetti delle forme di vita e le manipolazioni genetiche a beneficio delle multinazionali. Per questo crediamo possibile e necessario costruire una grande mobilitazione a partire dalla realizzazione di una rete di tutte le realtà antagoniste e autorganizzate, con tutte le diverse espressioni di un movimento nazionale e internazionale che ha nell'anticapitalismo il proprio minimo comun denominatore. Per la costruzione dal basso di una reale e radicale alternativa allo stato di cose presente, rifiutando la subalternità all'illusoria alternanza fra differenti forme, di destra o di "sinistra", di gestione dello stesso sistema sociale." La caratterizzazione in senso anticapitalista è quel che spiega l'adesione anche di gruppi che si considerano "comunisti" dentro e fuori il PRC.
Socialmente vi troviamo un'età media più avanzata rispetto agli altri due blocchi, e una consistente presenza di lavoratori sindacalizzati (i cobas sono soprattutto presenti nella scuola).
Per quanto riguarda i temi della globalizzazione, i meriti di questo blocco ci paiono quelli di stabilire un legame netto tra le lotte degli oppressi del Nord del mondo e quelle del Sud del mondo, e sono tra i pochi a farlo con una certa chiarezza. Il limite sta in un certo settarismo con cui affrontano proprio questo legame. Le lotte che difendono sono infatti prevalentemente quelle da loro stessi organizzate. Della vecchia formazione autonoma mantengono un secco rifiuto a considerare la differenza tra basi e vertici delle organizzazioni sindacali di massa, e del resto anche con quelle più piccole i rapporti non sono certo idilliaci. Al pari del blocco giallo, l'assemblearismo ha prodotto la sedimentazione di leader piuttosto inamovibili.
Le altre componenti e soggetti del movimento
ATTAC
ATTAC è una organizzazione fondata in Francia (dove conta più di sessantamila iscritti) e con sezioni in molti Paesi e che è nata per imporre la Tobin Tax, una tassa sulle transazioni finanziarie il cui ricavato dovrebbe essere destinato in aiuti ai Paesi del Terzo Mondo. Poi l'arco dei suoi interessi si è di molto allargato. Dopo un primo tentativo di lanciare ATTAC in Italia portato avanti soprattutto dall'area della rivista Bandiera Rossa, della sigla se ne è "appropriato" il gruppo dirigente dell'Associazione Punto Rosso. Questa associazione ha vari gruppi sparsi per l'Italia spesso impegnati in attività di riflessione su temi di carattere internazionale. Il suo gruppo dirigente (ma generalmente non i gruppi locali) ha funzionato da canale organizzativo per tenere unita la componente di DP confluita all'interno del PRC. Per tutti questi anni ha svolto comunque prevalentemente attività di formazione, di informazione (rivista Altreuropa), ecc. Con l'avvio del movimento antiglobalizzazione il suo gruppo dirigente si era posizionato piuttosto vicino al blocco rosa, dal quale sembra essersi autonomizzato in occasione della fondazione, appunto, di ATTAC Italia un paio di mesi fa a Bologna. A Genova ATTAC gestiva una piazza tematica in proprio, insieme a FIOM, PRC, ecc.
Sul terreno della lotta contro la globalizzazione il merito di quest'area è quello di essersi spesa, con attività di studio e riflessione collettive, prima di altri. Dati i rapporti più o meno cordiali che mantiene con diverse componenti, assume spesso il ruolo di "cerniera" tra le varie anime. I limiti del suo gruppo dirigente sono la tendenza ad un approccio tutto intellettualistico alla lotta alla globalizzazione, con un sostanziale disinteresse per le attività concrete che si possono intraprendere qui ed ora. Pensiamo poi che ATTAC avrebbe maggiori chance di crescita se venisse lasciata crescere dal basso e non "occupata" a partire dall'alto.
LA FIOM E LA SINISTRA CGIL
La sinistra CGIL (Lavoro e Società) impegnata nel movimento è quella che fa riferimento al settore ex-DP e a quello legato a Cremaschi. L'adesione al movimento è stata un po' estemporanea e per nulla consolidata. Questa corrente ha il merito di aver condotto con continuità una presenza dissidente dentro la CGIL e il demerito di averlo fatto con un eccesso di prudenza, dovuto in buona sostanza, alla volontà di mantenere pezzi di apparato. Ciononostante ad essa fanno riferimento moltissimi delegati delle RSU che con queste logiche c'entrano assai poco. Anche la dirigenza della FIOM ha dato in passato prove poco gloriose di sé, ma oggi si trova stretta in un angolo a causa della determinazione governativa a farla sparire dallo scenario sindacale. Sono alla ricerca di alleati sociali, ma per adesso l'adesione al movimento è qualcosa di un po' superficiale, che ancora non mette in gioco la massa dei delegati.
CUB e SLAI cobas
La CUB e lo SLAI Cobas sono state sempre molto ben disposte alla partecipazioni a movimenti di ambito non strettamente sindacale. Si tratta di piccole organizzazioni sindacali presenti in alcune fabbriche e nei trasporti, nate all'inizio degli anni novanta. Il loro limite sta in un certo settarismo non solo verso la CGIL ma anche nei confronti degli altri piccoli sindacati, settarismo che, come abbiamo visto, è volentieri ricambiato. A Genova hanno dato vita il 20 ad un corteo autonomo, l'unico non attaccato dalla polizia, insieme al Network antimperialista. Al corteo hanno partecipato diverse migliaia di lavoratori in sciopero politico. Era presente anche una componente anarchica, soprattutto FAI, nello spezzone "Anarchici contro il G8".
NETWORK ANTIMPERIALISTA
Il Network antimperialista è formato da gruppi che negli ultimi anni si sono caratterizzati per una forte difesa di Milosevic e del nazionalismo serbo. Comprende alcune associazioni ed alcuni piccoli partiti, ma conta di raccogliere in Italia simpatie anche all'interno del PRC. Si considerano il "blocco rosso".
PRC
Il PRC non costituisce un blocco a se stante per la semplice
ragione che non è in grado di farlo. Il PRC è una sorta di federazione
di componenti che allo scoppio dei movimenti seguono ognuno le proprie logiche.
Il risultato concreto è che nel movimento gli iscritti e i simpatizzanti
del partito sono probabilmente la maggioranza, ma sentono come elemento identitario
più forte l'appartenenza al relativo blocco che a quella alpartito.
Troviamo così in grande abbondanza appartenenti al partito in tutti
i blocchi, chi impegnati nelle botteghe del commercio equo e solidale e chi
nei cobas, chi nelle tute bianche e chi in ATTAC.
La dislocazione non è solo personale, ma anche per componente di partito.
Vediamo rapidamente le diverse dislocazioni delle componenti interne. La corrente
stalinista (rivista L'Ernesto) si tiene sostanzialmente fuori dal movimento
ed ha aperto una grossa polemica nei confronti dei bertinottiani accusati
di non preoccuparsi di una caratterizzazione autonoma del PRC nel movimento.
Il settore che fa riferimento a Bertinotti è sostanzialmente sciolto
nel movimento (come la maggioranza dei GC nelle tute bianche). Del settore
che fa riferimento in sostanza all'Associazione Punto Rosso abbiamo già
detto. L'area di Bandiera Rossa si è impegnata negli ultimi anni nella
costruzione di un piccolo sindacato, il Sincobas (scissione dello SLAI cobas)
che oggi sta confluendo nel COBAS, dunque nei fatti quest'area si ritrova
dentro il blocco blu, anche se la sua cultura politica è piuttosto
estranea a quell'ambiente. A nostro giudizio la minoranza interna del partito,
costituita da Progetto Comunista e Falce e Martello, si è mantenuta sino a Genova sostanzialmente
estranea al movimento e con modalità che abbiamo già criticato
(vedi: I comunisti e il movimento Seattle e "Come i comunisti
devono stare nei movimenti").
INDYMEDIA
Alcuni media
alternativi sostengono il movimento, tra questi Indymedia. Si tratta di una rete di media indipendenti,
che è partita da Seattle e si è diffusa in tutto il pianeta
(il suo motto: Don't hate the media - Become the media). Anche in Italia
è attiva con un collettivo di organizzazioni, centri sociali, radio,
media, giornalisti, fotografi e videomaker che offre una copertura degli eventi
italiani indipendente dall'informazione istituzionale e commerciale e dalle
organizzazioni politiche. Indymedia italia ha rifiutato di identificarsi con
un nucleo redazionale ed ha una gestione orizzontale delle decisioni e della
discussione che si svolge interamente in rete attraverso la mailing list,
aperta in iscrizione e scrittura [http://lists.indymedia.org/mailman/listinfo/italy-list].
La mail: italy@indymedia.org
CONCLUSIONI
Lo scopo che ci prefiggevamo con questo scritto è molto semplice. Migliaia di giovani stanno avvicinandosi al movimento. A noi pare poco democratico che costoro non abbiano gli strumenti per comprendere nelle innumerevoli assemblee e dibattiti che si stanno tenendo in ogni dove, il chi è chi del movimento. La chiarezza è un presupposto di una partecipazione democratica. In questo scritto abbiamo esposto francamente anche le nostre opinioni, dando la possibilità comunque, attraverso i link ai vari siti, di farsi un'idea con la propria testa.
A chi non
ha mai partecipato a dei movimenti magari sarà venuto il mal di testa
ad accorgersi di quanti pezzi esso è composto. E forse si domanderà:
ma dove diavolo sono finito? Sulla base dell'esperienza dei movimenti passati
però possiamo dire che è la prima volta che vediamo insieme,
a discutere e a progettare, e magari anche a litigare, tante componenti e
così diverse tra loro. Ci sembra un elemento distintivo di questo movimento,
che è importante valorizzare. Abbiamo già verificato che spesso
dentro questo movimento i limiti delle sue diverse componenti, e che abbiamo
impietosamente indicato, vengono superate in avanti dalla conoscenza reciproca,
dallo scambio, e dalla lotta contro un comune avversario.