Liberazione omosessuale
e liberazione femminile.
Riflessione sulle possibilità di
un'alleanza tra due soggetti sociali oppressi. Di Lorenzo Bernini, del GLO di
Milano. Gennaio 2000.
L'omosessualità
è per natura o per scelta? Poco importa, ciò che importa è
che l'omosessualità non è soltanto un dato, ma è anche
la possibilità per intraprendere percorsi di rinnovamento nella vita
personale e nella società. Ciò che vorremo qui tentare, è
una riflessione sulle potenzialità di rinnovamento che l'omosessualità
contiene rispetto all'ordine sociale patriarcale e maschilista.
L'omosessualità, se vissuta con consapevolezza politica, è occasione
per rifiutare i codici comportamentali stabiliti per l'uomo e per la donna e
per fondare tipologie nuove di rapporti amorosi ed affettivi che sfidino la
polarizzazione dominante-dominato, attivo-passivo, servo-padrone tipici dei
rapporti classici della famiglia patriarcale. Non è un caso che una società
in cui il potere si basa su un'omosocialità maschile richieda come contraltare
una spietata omofobia maschile: l'affermazione dell'identità maschile
passa attraverso la rimozione di elementi caratteriali femminili e attraverso
la persecuzione dell'omosessualità maschile. Fin da piccoli i bambini
che vengono designati come omosessuali vengono derisi nel gruppo dei maschi,
e spesso subiscono forme simboliche o concrete di violenza sessuale: il gruppo
dei maschi "ha bisogno" di trovare al proprio interno un capro espiatorio
omosessuale. Inoltre le barzellette sui "culattoni", così come
le battute sulle "fighe", fanno parte del repertorio obbligatorio
di ogni conversazione da maschi al bar: il maschio deve dimostrare di essere
dominatore di donne e repressore di uomini omosessuali, perché deve dimostrare
di meritarsi il potere maschile.
L'omosessuale maschio minaccia il maschio eterosessuale perché simboleggia
le sue potenzialità femminili, che devono essere ridotte al silenzio
per mantenere il proprio potere: la repressione dell'omosessualità maschile
rappresenta per il maschio eterosessuale una sorta di rito esorcistico: reprimendo
"l'uomo-donna" (perché è così che l'omosessuale
maschio viene percepito) il maschio eterosessuale afferma la propria presa di
distanza da un tal modo di vivere la mascolinità e al tempo stesso ribadisce
la supremazia maschile sulla donna.
E' vero che l'omosessuale maschio, "l'uomo-donna", resta pur sempre
un uomo ed ha la possibilità, se non si rivela o non è riconoscibile
da comportamenti effemminati, di godere dei privilegi che spettano al propio
genere. Tuttavia nel vissuto degli omosessuali maschi fin da giovane età
generalmente si riscontra il rifiuto di alcune modalità maschili - come
il gioco violento e le manifestazioni di forza fisica - e la ricerca di un'amicizia-alleanza
con le femmine, mentre rari sono i rapporti di vera amicizia con i maschi. Spesso
i bambini omosessuali giocano con le bambole assieme alle bambine, e spesso
acquisiscono quelle capacità di introspezione e di intimità che
caratterizza le donne e di cui gli uomini sono di solito incapaci. Non a caso
nelle famiglie spesso si stringono rapporti di alleanza tra la madre e il figlio
omosessuale contro le prepotenze paterne (questa relazione di alleanza è
molto ben documentata dal romanzo "Seminario sulla gioventù"
di Aldo Busi).
Naturalmente non vogliamo stabilire alcun rapporto deterministico di causa-effetto
tra l'omosessualità maschile e questi comportamenti di "femminilizzazione"
o di alleanza con le donne: quanto detto si basa solo su esperienze, vissuti,
impressioni.
In un saggio intitolato "Epistemology of the closet", Eve Kosofsky
Sedgwick, che è un'autrice legata al femminismo americano, tra le altre
cose accenna una breve storia della comprensione che la cultura occidentale
ha dato dell'omosessualità, mostrando come il modello dell'inversione,
che accosta i gay alle donne e le lesbiche agli uomini, sia solo uno dei modelli
interpretativi possibili dell'omosessualità.
Richiamandosi agli studi storici di Michel Foucault, Sedgwick sostiene che fino
al diciannovesimo secolo "omosessualità" non definisce un'identità
specifica, una categoria di persone, ma soltanto una questione di isolati atti
genitali. Solo nel diciannovesimo secolo nasce la distinzione tra omosessuali
ed eterosessuali come diverse categorie di persone, distinzione che viene utilizzata
non in modo neutro, ma per definire una minoranza da perseguitare per preservare
il moderno ordine eterosessuale, capitalista e patriarcale.
Nonostante il passare del tempo e nonostante la nascita di un movimento mondiale
di liberazione gay e lesbica dopo i fatti di Stonewall (New York) del 1969,
la comprensione dell'omosessualità non è, secondo Sedgwick, molto
cambiata dal diciannovesimo secolo, restando fondamentalmente organizzata attorno
ad una doppia incoerenza: una prima incoerenza riguarda la definizione di orientamento
sessuale, una seconda incoerenza riguarda la definizione di genere.
Sull'orientamento sessuale esistono infatti due ipotesi differenti: quella minorizzante,
secondo cui esiste una popolazione distinta di persone "realmente"
omosessuali, che costituiscono appunto una minoranza; e l'ipotesi universalizzante,
secondo cui il desiderio sessuale non è stabile, e non può pertanto
definire un'identità: il desiderio omosessuale, come quello eterosessuale,
appartiene a tutti (un esempio di questa ipotesi è l'interpretazione
che Freud da dell'omosessualità come potenzialità presente in
tutti i bambini, che può essere usata in senso omofobico se si contrappongono
uno sviluppo sano e uno perverso della sessualità a partire da una comune
base di desideri).
Analogamente esistono due ipotesi differenti riguardo alla definizione di genere:
l'ipotesi dell'inversione - che è la più diffusa nel senso comune
- secondo cui i gay sono donne in corpi maschili e le lesbiche sono uomini in
corpi femminili (questa ipotesi confonde omosessualità e transessualità);
e l'ipotesi del separatismo di genere, secondo cui è la cosa più
naturale del mondo che persone dello stesso genere e quindi simili affettivamente
e sessualmente, si incontrino anche sul piano della relazione sessuale e amorosa:
appartiene a questa seconda ipotesi la sussunzione del lesbismo sotto le questioni
di genere di un certo femminismo, ma anche l'autorappresentazione dell'omosessualità
maschile come chiusa in un universo totalmente virile - e per questo anche violento
- di un autore come Jean Genet o dei gruppi gay "leather".
Seguendo il separatismo di genere le lesbiche hanno cercato alleanza con le
donne in generale, e i gay potrebbero cercarla con gli uomini in generale (ad
esempio nel 1902 Benedict Frieländer teorizza che il "vero uomo omosessuale",
distinto dal tipo effemminato, è il fondatore della società patriarcale,
caratterizzato da tendenza alla leadership e da eroismo). Secondo la teoria
dell'inversione, i gay hanno invece mirato ad identificarsi ed allearsi con
le donne, le lesbiche con gli uomini.
Anche le più recenti teorizzazioni sull'omosessualità, secondo
Sedgwick, si trovano impigliate questa doppia impasse, che a nostro avviso non
può essere risolta scientificamente, ma semmai solo arbitrariamente con
un decisione che scelga una ipotesi per ogni coppia di opposti.
Come Sedgwick, anche noi riteniamo che non abbia molto senso cercare di risolvere
la doppia contraddizione tra visione minorizzante ed universalizzante da un
lato e tra teorie dell'inversione e del separatismo di genere dall'altro, come
non ha molto senso elaborare teorie sulla causa dell'omosessualità: per
noi è sbagliato legare deterministicamente comportamenti umani all'appartenenza
di genere o all'orientamento sessuale, perché significherebbe negare
la libertà e l'autodeterminazione dell'agire umano. È invece utile
analizzare la percezione e l'autopercezione dell'omosessualità nella
cultura occidentale per denunciarne le incoerenze e per evidenziare attraverso
queste un nodo cruciale della nostra società: il maschilismo, che reprime
le donne - e con esse gli omosessuali - e depriva gli uomini.
L'omosessualità maschile e femminile provoca i ruoli tradizionali uomo-donna
e può essere occasione per elaborare rapporti nuovi tra uomini e donne
più liberi e più consapevoli di sé che tentino di agire
le proprie relazioni senza trasformarle sempre e comunque in rapporti di potere.
L'alleanza che tentiamo di stabilire tra liberazione femminile e liberazione
omosessuale non muove da dati di fatto o da ricerche empiriche (anche se, come
dicevamo prima, non prescinde da vissuti ed esperienze personali): si tratta
invece di un programma di azione che il GLO (Gruppo di Liberazione Omosessuale)
di Milano vorrebbe promuovere all'interno del partito della Rifondazione Comunista
e delle associazioni politiche e culturali che gli sono vicine, un programma
di azione che donne e uomini omosessuali ed eterosessuali dovrebbero assumere
insieme per preparare un mondo più accogliente per tutti.