Dibattito sulle possibilità
di un'alleanza tra soggetti sociali oppressi.
Risposta di Lorenzo Bernini a Michele Corsi.
Febbraio 2000.
Reds si rivela per il GLO (Gruppo di Liberazione Omosessuale di Rifondazione Comunista) una grande occasione. "La questione della liberazione omosessuale non riguarda solo gli omosessuali, riguarda tutti": una bella affermazione di principio, che di solito rimane lettera morta. Di solito: perché la risposta di Michele Corsi al mio articolo "Liberazione omosessuale e liberazione femminile" è una riflessione sulle possibilità di un'alleanza tra due soggetti sociali oppressi apre finalmente un confronto reale sulle questioni dell'omosessualità che non si limita alle pacche sulle spalle o ai riconoscimenti formali cui i compagni del GLO sono purtroppo abituati. Un confronto reale con un maschio eterosessuale che, consapevole dei propri privilegi, ha deciso di "tradire" il gruppo dei maschi oppressori per allearsi con gli omosessuali (lesbiche e gay) oppressi.
Ma tale alleanza
non la troviamo preconfezionata da nessuna parte, e sta a noi costruirla, con
confronti e anche scontri. Rifondare il comunismo oggi, e farvi rientrare anche
la liberazione sessuale, è un compito arduo che richiede, a mio avviso,
la messa in discussione, e non solo la piena assunzione, di alcune categorie
marxiste. Una di queste è la visione del potere, o dell'oppressione,
come un gioco che risponde a una logica binaria, dove sempre è riconoscibile
un solo oppressore e un solo oppresso, dove ad esempio la "vera" identità
di un giovane laureato costretto a lavori alienanti deve essere riconosciuta
nella classe operaia e deve pertanto essere giocata all'interno della lotta
sindacale. E se il sindacato, e se i partiti, non hanno invece alcuna risposta
per la nuova proletarizzazione flessibile, per quei giovani che lavorano senza
diritti e senza maturare una pensione, e a cui i lavoratori di venti o dieci
anni fa sembrano dei "privilegiati"? Forse il potere economico, sociale,
politico, istituzionale, sessuale - ha una logica più complessa di quella
binaria: è fatto di situazioni diverse, di tanti punti di applicazione
diversificati, di tanti nuclei di lotta (perché dove c'è potere
c'è anche resistenza) che è difficile ricondurre a due schieramenti
contrapposti. Questo non significa che non si debba lavorare per costruire questi
schieramenti, nel nostro caso per costruire alleanze tra chi oppone resistenza
al potere; ma difficilmente tale alleanza può passare per un progetto
unitario di cui qualcuno si fa detentore: forse al laureato flessibile che lavora
50 ore a settimana a ritenuta d'acconto non possiamo dire: "Tu appartieni
alla mia stessa classe, anche se non lo sai, e quindi devi batterti per le 35
ore di chi ha il posto fisso!"
Questo nulla toglie all'importanza strategica di una lotta per le trentacinque
ore, ma pone l'esigenza di pensare anche a soluzioni nuove per un lavoro che
assume forme nuove. Forse la classe non c'è già: forse va costruita
attraverso intrecci e alleanze che tengano conto di situazioni molto diverse.
Ma affermare che il potere non è un gioco che risponde a una logica binaria, che non sempre è riconoscibile un solo oppressore e un solo oppresso, significa anche che l'oppressore e l'oppresso sono sempre in una situazione di potere che determina e attraversa entrambi, che si esercita dall'alto al basso ma che poi rimbalza verso l'alto. Ad esempio il controllo medico, psichiatrico, pedagogico sulla sessualità infantile funziona come oppressione dei bambini da parte degli adulti, ma ha anche effetti di rimando sulla sessualità degli adulti, che viene controllata e limitata anch'essa (non solo nel caso-limite della pedofilia, ma in tutti i comportamenti quotidiani dei genitori e degli educatori). E ad esempio l'oppressione delle donne (eterosessuali e omosessuali) e degli uomini omosessuali ha effetti di rimando sugli uomini eterosessuali, che si negano la possibilità di determinati comportamenti, e che spesso sono sessualmente ed emotivamente deprivati: credo che i bambini omosessuali imparino molto dai loro giochi di bambole (e in questo so di essere d'accordo con Corsi). Ciò che il GLO auspica è che da qualche parte, prima o poi nella Rifondazione del comunismo rientri anche una riflessione dei maschi sulla propria sessualità non solo di oppressori, ma anche di soggetti agiti dall'oppressione che essi stessi agiscono.
Dire che un'identità, e in particolare l'identità omosessuale, derivi dall'oppressione è al tempo stesso dire troppo e troppo poco. Molti, forse non io, risponderebbero a Corsi che l'identità omosessuale è innanzitutto questione di orientamento (preferenza) sessuale, e che quindi è questione di desiderio prima che di oppressione: lo stesso Corsi, del resto, distingue tra identità e coscienza. Ma se l'identità omosessuale passa dalla sfera privata del desiderio a quella pubblica della politica attraverso la presa di coscienza dell'essere soggetti oppressi, questa coscienza può trasformarsi in tante cose diverse; l'identità non è solo qualcosa che si scopre, ma è anche qualcosa che si costruisce attraverso un processo creativo. Per me essere soggetto oppresso significa tentare alleanze con chi sento oppresso come me (anche con i maschi eterosessuali), ma significa anche rifiutare la categoria del "dover essere", cioè l'imposizione di un modello "normale" di sessualità liberata: non dirò mai che un maschio omosessuale non è liberato se non ha almeno per una volta indossato una parrucca, o che un maschio eterosessuale non è liberato se non ha mai sperimentato almeno per una volta le gioie del rapporto anale passivo. Non si può essere tutto, e darsi un'identità è prima di tutto un'esigenza psicologica individuale: non sapremmo come governare le nostre vite se non avessimo almeno qualche punto fermo su noi stessi. E darsi un'identità è darsi dei limiti.
Liberazione è la soppressione di quegli ostacoli che rendono non libera la scelta dei propri limiti, non è la libera espressione di qualcosa come una "natura umana", che non sappiamo se esiste: la nostra "natura" è in gran parte fatta di cultura, e anche dei modelli culturali di mascolinità e femminilità con cui dovremmo poter essere liberi di giocare per compiere le scelte che più ci si attagliano, nel pieno rispetto della diversità altrui. Per evitare appelli alla "natura umana", al "dover essere", che non è opportuno prendere partito per l'ipotesi minorizzante o per quella universalizzante dell'omosessualità. Cosa che invece, nonostante mille cautele, Corsi alla fine fa. Perché affermare: "Se non esistesse l'oppressione contro gli omosessuali, le persone potrebbero essere collocate per il loro orientamento sessuale secondo un continuum dove tra i due estremi, degli etero e degli omosessuali esclusivi, vi sarebbero in mezzo innumerevoli sfumature e casistiche variabili in diversa misura e secondo le diverse epoche della propria vita. Tutte queste sfumature intermedie renderebbero assai difficile l'individuazione di categorie separate. In assenza di oppressione tutti troverebbero abbastanza bizzarro fondare la propria identità sui diversi orientamenti sessuali." Equivale a prendere partito per l'ipotesi universalizzante, ed equivale a dichiarare di conoscere qual è la "natura umana" che si nasconde sotto la nostra sessualità repressa.
Con tutto questo, questo articolo e il precedente non hanno alcuna intenzione di "tirare via" i gay "dall'appartenenza a un soggetto sociale oppressore": i gay sono maschi, come le lesbiche sono femmine, e fin qui non ci piove. Ma se non vogliamo fare teoria, se vogliamo discutere non in senso assoluto, ma a partire da esperienze e vissuti personali, resta il fatto che molti gay, nell'infanzia, nell'adolescenza, e anche nell'età adulta non si sentono assolutamente appartenere al consesso dei maschi, innanzitutto perché non vi sono ammessi: è in questo senso che un gay sperimenta l'esclusione. Nelle nostre discussioni "interne", alcuni gay del GLO si sono sentiti "maschi oppressori" per la prima volta nella loro vita attraverso il confronto con quelle lesbiche secondo cui "i gay sono prima maschi, e poi omosessuali". Se l'alleanza che per istinto i gay sentono con le donne stenta a essere riconosciuta da quelle donne, lesbiche ed eterosessuali, che si richiamano a una certa esperienza di femminismo e al pensiero della differenza; e se un maschio eterosessuale "illuminato" come Corsi dà loro ragione, dei motivi sicuramente ci saranno, e questo deve aprire una riflessione tra i gay del GLO, e deve indurli a riflettere assieme ai maschi eterosessuali, non solo sulla sessualità omosessuale, ma prima di tutto su quella maschile. Si potrebbe inaugurare una nuova stagione di autocoscienza e nuovi percorsi di separatismo maschile sul modello di quello femminile (un separatismo limitato, limitatissimo a dei momenti di confronto e riflessione tra maschi gay ed eterosessuali), cui per primo Corsi, ma con lui anche tutti i compagni di Reds devono sentirsi parte integrante!
Liberazione omosessuale e liberazione femminile