Parte II - Pensieri disintossicanti

DROGA & ALCOL:
L’INVADENZA DELLA MEDICINA

di J.-P. Géné

 

Il 19 aprile 1999 è stata depositata a palazzo Matignon una petizione firmata da 20 mila persone contro la confusione contenuta nel famoso “Rapporto Roques”, consegnato a Bernard Kouchner nel giugno 1998, tra produttori di vino e alcolici da una parte e produttori di droga dall’altra. Secondo i firmatari, tra cui si annoverano un certo numero di chef raccomandati dalla Guida Michelin, il paragone fatto dal rapporto tra i danni delle droghe pesanti e quelli dell’alcol è «un duro colpo a tutta una cultura, quando invece la maggioranza dei consumatori fa un uso ragionevole e conviviale del vino, i cui benefici effetti sulla salute sono oggi riconosciuti». Sostituite la parola vino con la parola cannabis e tutti i fumatori sono pronti a sottoscrivere.
Ma restiamo alle droghe pesanti. Il dossier che accompagna la petizione, con 40 mila decessi all’anno imputabili all’alcol, è difficilmente difendibile dal punto di vista statistico contro le circa 350 overdose in Francia del 1998. I promotori dell’iniziativa lo sanno, e non contestano queste cifre. Ciò che li indigna è l’assimilazione alle droghe e alla peggiore tra esse, quella che comporta la maggiore dipendenza psicologica, la maggiore neurotossicità e la maggiore pericolosità sociale. «Il mio vino come l’eroina», una tale atrocità sull’alcol muore in gola tra i viticci, benché si sappia che esso è all’origine dell’80% delle risse e delle violenze familiari. I piccoli viticoltori come la lobby dell’alcol rifiutano il paragone e l’implacabile logica delle cifre, in nome del diritto a un uso ragionevole e conviviale dei loro prodotti. E auspicano un altro atteggiamento da parte della Medicina e del Governo.

Hanno ragione, e la loro battaglia si affianca a quella degli antiproibizionisti in materia di droga. In fondo, cosa dicono? Che un prodotto il cui abuso può causare la morte di una minoranza non può essere rifiutato se la maggioranza sa farne uso. In breve, non è bevendo un bicchiere di beaujolais che si prende la cirrosi. Sostituite beaujolais con joint e cirrosi con overdose e, di nuovo, tutti i fumatori sono pronti a sottoscrivere.

I governanti attuali, e ancora di più l’Eliseo, sono sordi a questo discorso. Neanche la cannabis, che pure non ha al suo attivo alcuna vittima, ha diritto alle attenuanti. Per evitare di trarre le conseguenze legali della non pericolosità della cannabis riconosciuta dal “Rapporto Roques”, le autorità politiche e sanitarie preferiscono aggravare il quadro generale includendo alcol e vino tra gli stupefacenti. È la verità scientifica a uso variabile sul piano politico.

Estendendo all’alcol, al tabacco e ai medicinali le competenze di Nicole Maestracci, la tredicesima Madame Antidroga, il Primo ministro ha rafforzato la confusione e confermato che, rispetto a questi prodotti, la sua politica era dettata dalla Medicina. Ci si trincera nella posizione rispettabile e valorizzante del terapeuta che sempre ha fatto comodo nei confronti della droga e che diventa oggi dominante verso l’alcol. Compito dei medici non è di gestire il piacere della maggioranza ma di trattare le sofferenze della minoranza. Quando questo atteggiamento diventa una politica, ci si può interrogare sulla qualità dell’ordinanza. Finora le leghe antialcoliche non hanno dominato la politica viticola della Francia. Sarebbe tempo che in materia di droga ai medici fosse riconosciuto il loro ruolo ma solo quello.

Il vino, come lo sballo, è un problema politico e l’invadenza della Medicina non è altro che il rifiuto in stile «compassionevole» di affrontare in profondità il dibattito sulle droghe lecite o illecite.

 

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