Parte IV - Grandiose ebbrezze

 

IL REVIVAL DELL’ASSENZIO
di Benoît Noël

Da qualche mese, sull’onda di una moda lanciata da una distilleria di Praga, la «Fata verde» impazza in tutto il mondo: particolarmente in Inghilterra, Paese che non l’ha mai bandita

 

 

 

Una bevanda sfinge

Non c’è pace per i miti. Un esempio è l’assenzio. Sarà dovuto in parte alla sua brutale proibizione nel 1915, in Francia. Eppure, consumato con moderazione, questo aperitivo non rendeva né folli né geniali. Solo l’abuso poteva assimilarlo a una droga! Certo, la «Fata verde» toccava i 68° circa, ma i distillatori seri, le cui bottiglie esibivano l’etichetta con la croce svizzera, marchio di qualità, raccomandavano di allungarla con cinque dosi d’acqua. Gli assenzi contraffatti, tagliati con alcolici di contrabbando, o i cocktail esplosivi di certi consumatori che non esitavano a miscelarli col solfato di rame o il laudano, erano assai più temibili di quella famosa gradazione alcolica. D’altronde, inutile negarlo, l’assenzio conteneva un terpene considerato da alcuni chimici dannoso per la salute; ma tutti erano concordi nell’affermare che da solo non portava alla demenza.
Così, il governo di Raymond Poincaré trovò un capro espiatorio nell’assenzio. Cedendo alle pressioni dei militari che l’accusavano di fiaccare le truppe al fronte, alla lobby vinicola, sin dal 1830 gelosa del successo folgorante di questo aperitivo, e alla Lega nazionale contro l’alcolismo, i deputati colsero soprattutto un’occasione per fare sfoggio della loro solerzia per l’igiene pubblica. Così facendo, speravano di distogliere momentaneamente gli sguardi dalle fetide trincee in cui s’impantanava la guerra o dalla tremenda carneficina di Verdun. Il trionfo della Lega fu tutto sommato breve, visto che l’alto comando francese ritenne opportuno inondare i fanti di vino, in nome, questa volta, della salvaguardia del loro morale. Nel 1917, al fronte, ne furono consumati dodici milioni di ettolitri.
Così, un tempo i pubblici poteri avevano considerato che un operaio dominato dall’assenzio avrebbe perso ogni velleità di sindacalizzarsi, poi lo proibirono col pretesto che giravano troppi alcolici, causando disordini. La messa al bando non ha però distrutto il mito: tutt’altro. Lo testimoniano i titoli d’attualità a caratteri cubitali, seguiti ancora una volta alla ricomparsa di questa enigmatica bevanda in Inghilterra, via Cecoslovacchia!

 

La miscela Hill’s Absinth

Boemia 1944. Radomil Hill prova a rilanciare la distilleria di famiglia attiva sin dal 1920, a 150 chilometri a sud di Praga, nei pressi del confine austriaco. Il vento o meglio una bottiglia di Absenta importata dalla Spagna gli ispira la soluzione. Produrre il suo assenzio! Purtroppo, Hill ignora tutto di questo aperitivo, tranne la sua sulfurea nomea. Tuttavia, malgrado i suoi 75 anni e passa, è un imprenditore dinamico e ben presto la moda della bottiglia si diffonde nei bar di Praga. È tanto più facile giacché l’assenzio non è mai stato proibito in Cecoslovacchia, avendovi fatto in passato soltanto timide apparizioni. Ripensiamo effettivamente alla repressione che Notre-Dame de l’Oubli ha imposto soprattutto in Francia e nelle sue antiche colonie, in Svizzera, a Londra, a Barcellona e a Lisbona, benché ciò non abbia impedito all’assenzio di diventare un mito mondiale proprio in virtù di questa natura enigmatica. Radomil Hill del resto conta sugli studenti portoghesi affascinati dalla vita bohemienne per lanciare la moda. Essendo Praga, al momento, la capitale più turistica dell’Est europeo, i giornalisti anglosassoni si avvicendano e moltiplicano le cronache piccanti. Praga brinda con l’assenzio e i turisti esaltano la piccola bottiglia verde, titola il «Sunday Times» nel 1996. Più cauto, il «Wall Street Journal» l’anno seguente smorza i toni: A Praga, l’assenzio rende il cuore più sensibile e la testa più pesante!.
Poco importa che l’«Hill’s Absinth Liguere» sia in realtà un orribile intruglio. La frenesia per l’ambrosia verde sopperisce all’inevitabile disgusto! Ahimè, le libertà godute faccia a faccia con particolari riti partecipando al consumo della bevanda sono ancora più dannose. Accade che l’Hill’s Absinth sia di un colore fluorescente psichedelico molto lontano dai toni verdi opalescenti del modello originario, ma si può immaginare che sia privo di aroma e non intorbidisca quando vi si aggiunge l’acqua?
Quest’operazione sapeva di alchimia. Come col pastis dei vecchi Pernod, i famosi fratelli marsigliesi, ognuno dosava l’acqua a proprio piacimento, chi imitando l’abilità dei camerieri nel servire con gesti rituali il tè alla menta, chi proibendo a chiunque di sostituirlo nell’amorevole atto di versarlo goccia a goccia.
L’uso improprio dello zucchero a Praga è, se possibile, più deplorevole. La tradizione vuole che si travasi sul fondo del bicchiere una ragionevole dose di assenzio, spesso indicata da una tacca sul vetro. Dopo aver poggiato sopra il bicchiere un cucchiaio traforato, in gergo «griglia» o «pala», vi si versa lo zucchero. L’acqua allora lo fa sciogliere fino a stemperarlo dolcemente nell’assenzio. Ispirata a un rischioso sincretismo, la modalità cecoslovacca rompe questa poesia. Si versa dello zucchero in polvere sul fondo d’un bicchiere contenente dell’«assenzio». Con un cucchiaio, lo si recupera e lo si fa scaldare come un banale pezzo di haschisch per caramellarlo. Questo caramello viene nuovamente immerso nella sgradevole miscela, naturalmente moltoÉ infiammabile, il che rende la faccenda inebriante eÉ inutilmente dannosa. Dunque, si raccomanda di versare l’acqua prima di riscaldare lo zucchero!
Nulla impedisce che turisti inglesi importino clandestinamente le bottiglie. Questo eccesso di precauzioni è inutile, visto che l’assenzio non è stato vietato in Inghilterra e in Cecoslovacchia per le ragioni che abbiamo ricordato. Tuttavia, alcuni si divertono a giocare al gatto e alla volpe con i doganieri. Stanco, nel 1998, Radomir Hill decide d’invadere lui stesso Londra con la sua singolare mistura di foglie e cime di assenzio, radici d’angelica, melissa, alcol ed essenza d’anice

 


L’Hill’s Absinth, spirito di Libertà

Cambia solo l’etichetta. Le lettere dorate spiccano ormai su un fondo nero anziché bianco. Dalla cultura della vodka, ci si avvicina a quella del whisky. La pubblicità nei bar di Soho si articola attorno a tre slogan. L’Hill’s Absinth, un’esclusiva di The Green Bohemia Group, è Il drink del terzo millennio e l’incarnazione dello Spirito della libertà. Target delle vendite diviene quindi la New Age, allargando e affinando la strategia di Radomir Hill. The Green Bohemia Group è la società di quattro amici tra cui George Rowley, manager di The Green Bohemia Beer House, un importatore di alcolici dalla Boemia; John Moore, musicista del gruppo Black Box Recorder, Tom Hodgkinson e Gavin Pretor-Pinney, giornalisti alternativi dell’«Idler Magazine».
Questo quartetto di animatori culturali poteva fallire il suo lancio mediatico organizzato alla grande nel London Groucho Club nel dicembre 1998? Certo che no! L’esperienza si è sviluppata prima delle feste di fine anno. The Fridge Bar and Night-club (Londra Sud), che serviva assenzio portoghese o Absinto da parecchi anni, è l’idolo dell’Hill’s Absinth. Anche The Detroit Bar e The Met Bar (Londra Centro) vi aderiscono, immediatamente imitati dall’Aquarius d’Edinburgo o dall’Oblomov di Glasgow. Ben presto, le rivendite di droghe più affermate si contendono la meraviglia. I 72° di questa lozione da barba abbagliano sia i creduloni «à la page» che i «fins de siècle», che pagano senza batter ciglio circa 120 mila lire il litro!
Le fanzine moltiplicano le ricette di cocktail e suggeriscono di allungare l’Hill’s Absinth con gin, brandy, peppermint, succo di limone, crema di menta eÉ molto ghiaccio tritato! Intanto, The Green Bohemia Group cancella di punto in bianco le serate culturali: omaggi a Henri Michaux ai concerti di The Black Box Recorder.
Ansiosi di valorizzare la propria iniziativa, i dirigenti della Green Bohemia fanno a gara nel ripetere che hanno approfittato di una falla nel diritto britannico per far conoscere di nuovo l’assenzio, proibito in Francia, Svizzera, Italia, Belgio, nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti. I giornali, allettati dall’eventuale scandalo, si lanciano sull’avvenimento. L’assenzio dà fuoco alle polveri! strilla «The Guardian», mentre Radomir Hill sogna di attaccare il potenziale mercato svedese.
Falsamente candido, John Moore a sua volta va in estasi: «È una bevanda formidabile dalle virtù straordinarie. Oltre a passare subito nel sangue, ha un potente e rapido effetto disinibente. Succede che ci si liberi rapidamente dei vestiti». Il capo barman del Groucho Club corregge il tiro: «Non ho sentito parlare di nessuno che abbia avuto allucinazioni, ma ho visto alcuni scagliarsi contro gli specchi». È il direttore del Detroit Bar che s’incarica di fare una sintesi: «Un bicchiere di assenzio equivale a quattro bicchieri di vodka, ma il suo irresistibile fascino deriva dalle sue origini e dalla favolosa leggenda che lo circonda».

 

L’assenzio di Czech Sebor

Questo «dolce profumo di successo» non ha si è perso nel vento. È il prezzo della gloria. All’inizio del 1999, il signor Sebor, distillatore a Jesenik, a 80 chilometri da Praga, tra i monti Sudeti, lancia «una bevanda complessa per una mente complessa». Sebor Absinth si beve ghiacciato, secondo la moda di New Orleans. D’altronde, conviene conservarlo in frigo. Una volta aggiunta l’acqua, il color verde scuro si trasforma in una fluorescente via lattea. L’aroma, fondamentalmente d’anice, lascia un pizzico d’amaro in bocca, il che, a dispetto di un ben radicato preconcetto, non avveniva nel caso dell’assenzio originario. Il sincretismo ha colpito ancora. Sarebbe meglio consumare l’assenzio di Czech Sebor con una pipa da assenzio in vetro, non si sa se più simile a quella per l’oppio o a una sigaretta di plastica da bambini. L’assenzio di Sebor gioca fino in fondo la carta della concorrenza. Un litro vale circa 40 mila lire presso il Sebor Absinth Ltd, il suo importatore in terra d’Albione. Con la pipa, vi costerà 30 mila lire di più.

 


“Wormwood: A Drama of Paris"

Giunti a questo punto del nostro racconto, è utile qualche richiamo storico. Naturalmente, non ignoriamo che sin dal 1915 si può trovare del «verde» nel Giura o del «blu» nella Val di Travers, in Svizzera, e sicuramente rifornirsi ad Andorra, in Spagna o in Portogallo. Tuttavia, è la prima volta che delle bevande chiamate «assenzio» approfittano di un tale lancio a livello internazionale. La campagna pubblicitaria dei media inglesi non poteva che essere superiore a quella cecoslovacca, in quanto Londra ha in realtà una tradizionale dimestichezza con l’assenzio, a differenza di Praga.
Il cattivo esempio viene da Oscar Wilde. Questi sapeva gustare l’assenzio da esteta e rese pubbliche due o tre sue osservazioni: «Un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo. Che differenza c’è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto? Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma, se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, cose strane e meravigliose»(1).
Non servirono meno di tre volumi a Marie Corelli, la scrittrice preferita dalla regina Vittoria di cui fu l’agiografa, per distruggere le posizioni di Wilde. Occorre precisare che i due si detestavano cordialmente? I tre volumi di Wormwood: A Drama of Paris (2), pubblicati nel 1890, raccontano il declino del banchiere Gaston de Beauvais a causa dell’assenzio. L’assenzio rappresenta per Maria Corelli tutto quello che detesta della Francia, Paese che amò abbastanza da scrivere nella lingua di Molière molti dei suoi libri. L’assenzio è nondimeno lo spauracchio assoluto e l’involontaria vetrina dei suoi fantasmi. Citiamo, alla rinfusa, il rigetto dell’irriverenza, della licenza sessuale e del naturalismo di Zola, un’altra delle sue bestie nere. Wormwood fu portato una sola volta sullo schermo all’epoca del muto, nel 1915. Il regista, Marshall Farnum, ricorse alla tecnica della doppia esposizione per rappresentare le allucinazioni di Gaston, cliente abituale della famosa Absinthe House di New Orleans. Nel 1893, la disputa del naturalismo s’infiamma al momento della presentazione alla Crafton Gallery di Londra de L’Absinthe di Edgard Degas, quadro ch’era a quel tempo di proprietà di uno scozzese. Spiriti reazionari intentarono a Degas lo stesso malvagio processo fatto a Émile Zola, fingendo di confondere la descrizione di un soggetto con la sua apologia. Più che mai, la modernità venuta dalla Francia, nello specifico l’eredità della pittura impressionista, è vilipesa oltremanica: l’assenzio diviene simbolo del diavolo. È vero che Paul Verlaine, nelle sue Confessioni del 1895, ribattezzò la Fata verde, la «peggiore delle streghe»!

 


Absinthe makes the tart grow fonder

Emulo di Wilde e traduttore di Zola, Ernest Dowson, che scomparirà a trentatré anni corroso dall’alcol, firma verso il 1897 il poema Absinthia Taetra, di cui ecco l’antifona: «Il verde vira al bianco, lo smeraldo all’opale; non è cambiato niente» (3). Una lettera a un suo amico è ancora più disincantata: «In realtà è un errore invaghirsi dell’assenzio. Come alcol robusto, è inferiore al nostro vecchio scotch. Io stamattina mi sono svegliato con i nervi a fior di pelle e un alito pestilenziale. Capisco che l’assenzio aumenta l’acidità [absinthe makes the tart grow fonder]. È estremamente nocivo per la pelle. Non ho mai avuto un aspetto così vizioso come questa mattina» (4).
La formula di Dowson «absinthe makes the tart grow fonder» (che si può anche tradurre liberamente con «l’assenzio prolunga l’amarezza») godrà di una ricca fortuna letteraria come il suo celebre verso «il giorno del vino e delle rose». Citiamo la proverbiale espressione «absinthe makes the heart grow fonder», traducibile con «l’assenzio favorisce gli slanci del cuore». Le varianti sono moltissime e fanno la delizia dei compilatori: dal titolo dell’articolo del «Wall Street Journal» citato più sopra a quell’altro del «Daily Telegraph» nel 1997: Absinthe makes the head pound harder (l’assenzio non aiuta a ragionare). Intorno al 1900, Aleister Crowley5, il mago inglese fondatore dell’Astrum Argentinum e autore occultista di The Book of the Law, ebbe una delle tante rivelazioni della sua vita degustando un assenzio alla già citata Absinthe House,: «Ah, la dea verde! Quale attrazione la rende così adorabile e temibile? Conoscete il sonetto francese Légende de l’absinthe? Quel poeta doveva proprio amarlo: “Apollo che piangeva il trapasso di giacinto / Non voleva cedere la vittoria alla morte / Occorreva che la sua anima, amante del progresso / Trovasse per la bellezza un’alchimia più sacra / Così con la sua mano celeste, inaridisce, strappa / I doni più delicati della divina Flora / I loro corpi spezzati esalano un’essenza d’oro / Da cui raccoglie una goccia d’assenzio per noi / Rifugiati nelle caverne, nei palazzi sfavillanti / A uno, a due bevete questa pozione amorosa”». Crowley cita da saggio colto e da consumatore avveduto. Traduttore di Baudelaire, è anche l’autore di Diary of a Drug Friend6, opera nella quale sono in particolare descritte le sue esperienze di Montmartre, di magia sexualis con l’aiuto della cocaina.

E, per tornare al discorso di partenza, approdiamo al Café Royal, situato dal 1865 al 1868 in Regent Street nella dolce curva del Quadrant.
Nel 1912, il pittore William Orpen rendeva un valido omaggio a questo tempio dell’assenzio fondato da Daniel Nicolas Thevenon e frequentato tra gli altri dal dandy Beau Brummel, da Wilde, Aubrey, Beardsley, Jules Vallès, Henri Rochefort, Verlaine, Rimbaud, Dowson, James Mac Neill Whistler o voi eÉ me! Nel quadro di Orpen detto Le Café Royal à Londres, conservato al Musée d’Orsay, tutti gli amici dell’artista consumano dell’assenzio servito da un impeccabile barman.
Ecco che ho dimenticato di citare Marc Almond nella lista degli assidui frequentatori del
locale. L’ex leader dei Soft Cell e di Marc and the Mambas non merita questo affronto. Con un po’ di fortuna, negli scaffali dei buoni negozi di dischi troverete ancora Absinthe, il suo cd del 1991, compilation dei poemi di Baudelaire e Rimbaud e di canzoni di Greco e Barbara. Nel 1991, i fotografi Pierre e Gilles, due suoi fan della prima ora, proponevano nelle migliori gallerie uno splendido Fumeur d’Opium (Fumatore d’oppio). Nel 1997, hanno ritratto Marc nel Buveur d’absinthe (Bevitore d’assenzio). Egli sembra più gotico che gay. A questo proposito, la prossima volta vi racconterò le traversie americane dell’assenzio con la duplice paternità di Edgar Allan Poe e di Bram Stoker. That’s all folks!

 

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