Parte V - Bang culturale

STAMPA PER LETTORI IN ERBA

Nata dalla controcultura, una stampa periodica specializzata sulle droghe e in particolare la cannabis, e destinata ai consumatori, sta emergendo prevalentemente nel continente nordamericano e nella vecchia Europa

Il Play Boy delle droghe: High Times

Il pioniere e leader tuttora incontrastato di questo giornalismo stupefacente, è l’eccellente «High Times». Fondato da Thomas King Forcade, pubblica il suo primo numero nell’estate 1974. In copertina, una ragazza sniffa con evidente piacere un funghetto chiaramente allucinogeno. In questo numero ormai cult, Jack Herer, il guru della canapa indiana, appare accanto al papa dell’acido, Timothy Leary. Il discorso era esplicito. Rapidamente, «High Times» incontra un successo decisamente internazionale. All’epoca, i pochi giornali che si interessavano alle droghe assomigliavano più a una fanzine (nel senso riduttivo del termine) che a una rivista. «High Times» si è attrezzato per essere un vero periodico, ben documentato, ben informato, realizzato da un gruppo di professionisti di talento. Questa caratteristica gli permette di essere ancora oggi il leader incontrastato di questa nuova stampa dopo oltre venticinque anni di esistenza.
Nel sommario, coraggiose inchieste sul narcotraffico, informazioni complete sulle droghe, interviste a personalità impegnate nel campo delle droghe, consigli per la coltivazione a cura del celebre Ed Rosenthal, e le abituali rubriche di musica, media, libri e anche di cucina sotto la guida del delirante Chef Ra. La rubrica Trans High Market fornisce il valore di un’oncia di cannabis nei diversi Stati americani. (Un tempo vi si trovava il prezzo di tutte le droghe e in tutto il mondo e «High Times» pubblicava un supplemento destinato ai rivenditori di droga.) Ogni mese «High Times» offre ai suoi lettori un poster sulla doppia pagina centrale con immagini di magnifici germogli. Anche la pubblicità occupa gran parte (troppa?) del giornale. Pubblicità che vantano i presunti pregi di pseudo ecstasy, di lettuce opium, del ghb e altro, proponendo tutta una gamma di prodotti destinati a confondere i controlli sulla individuazione delle droghe. «High Times» è anche l’organizzatore della famosa Cannabis Cup che si svolge ogni anno ad Amsterdam.

 

L’outsider Cannabis Culture

Dopo tre anni, un nuovo cannamag (cannabis-magazine) nordamericano affianca discretamente il gigante «High Times». «Cannabis Culture» (ex «Cannabis Canada») è un bimestrale che migliora visibilmente di numero in numero. Pubblicato dal celebre mercante di granaglie Marc Emery, è anch’esso diretto da una figura della controcultura americana, Dana Larsen, e si avvale della collaborazione di alcuni redattori di prestigio come gli immancabili Ed Rosenthal e Michka. Serio, improntato a quello spirito militante che comincia a fare un po’ difetto a «High Times», «Cannabis Culture» informa sulle novità della cannabis nel mondo, e fornisce consigli ai coltivatori in erba... Nel sommario del n. 18: un reportage di Michka sulla Cannabis Cup svizzera, la cannabis per uso terapeutico in Gran Bretagna, una passeggiata cannabica in Cina, un articolo divulgativo sull’arte della clonazione, un’intervista di Steve Kubby, attivista della legalizzazione della cannabis, e una gran quantità di notizie dal mondo, il tutto arricchito di pubblicità cannabiche. «Cannabis Culture» tira oltre 50 mila copie il che, rapportato al Canada, non è trascurabile. Abbonarsi costa 48 us $. http ://www.cannabisculture.com

 

La cannapress europea

Prima di tutto l’Olanda, con «High Life», che offre ai suoi lettori la mappa dei coffee-shop. «High Life» dà anche consigli per un buon uso della cannabis e riporta le ricerche scientifiche relative ai suoi effetti sull’organismo. Vi si trovano anche numerosi articoli d’opinione e culturali. «High Life» pubblica un’edizione in lingua inglese ed un’altra in tedesco. Oltre l’edizione tedesca di «High Life», tre cannamag si disputano i favori dei numerosi fumatori tedeschi di spinelli: «Hanf!», «Grow!» e «Hanfblatt». Prima di tutto «Hanf!», il più completo. Realizzato da un’équipe di giornalisti professionisti, si definisce come «il maggiore giornale sulla cultura della canapa». È interamente dedicato alla cannabis. Vi si trova ogni sorta di articoli e di reportage sulle differenti caratteristiche di questa pianta, il tutto largamente condito di pubblicità degli head-shop e altri grow-shop. «Hanf!» tira ogni mese circa 100 mila copie e coorganizza il salone dedicato alla canapa Cannabusiness.
«Grow!» (sottotitolo: La rivista della marijuana), si occupa prevalentemente di ciò che riguarda lo stile di vita dei fumatori di tarpés: musica, opinione, spiritualità, fumetto affiancano le abituali rubriche cannabiche.
«Grow!» Si occupa anche di ecstasy e pubblica regolarmente i risultati di test e analisi di laboratorio.
«Hanfblatt» (sottotitolo: La rivista per la coltivazione della canapa), più sobria e meno densa delle sue concorrenti, ha però il merito di essere stampata su carta di canapa.
In Spagna, tre riviste si sono specializzate in materia di cannabis: «High España», «El Cogollo» e soprattutto «Cañamo» (sottotitolo: La rivista della cultura cannabica). Molto impegnata nella battaglia antiproibizionista, «Cañamo» si interessa anche alle piante psicotrope e più in generale a tutta la subcultura dei cannabilofili.
Le inglesi «The Bush Telegraph» e «Weed Word» si avvicinano più che altro nella forma e nello stile alla stampa cosiddetta alternativa.
In Svizzera, «La Feuille de chanvre» è un foglio d’informazione che si interessa sia al potenziale della canapa non psicotropa sia alla lotta antiproibizionista. «La Feuille de chanvre» è trimestrale e appare anche in lingua tedesca (abbonamento: 20 franchi svizzeri «La Feuille de chanvre» – CP337 1010 Lausanne). La riscoperta della canapa e lo sviluppo del suo utilizzo hanno aperto la strada a periodici specializzati. I più interessanti sono «Hemp Times», pubblicato da «High Times», il canadese «Commercial Hemp», «Hemp World» e il rigorosissimo «Journal of The International Hemp Association» che esce solo due volte l’anno.
In Francia abbiamo poi «Les Echos du chanvre», un trimestrale pubblicato in 1000 copie su carta di canapa. «Les Echos du chanvre» propone articoli sulla storia della canapa, la sua attualità e sulle sue molteplici applicazioni, curative o industriali che siano. «Les Echos du chanvre», a proposito dell’attualità internazionale, traduce regolarmente alcuni buoni articoli della stampa anglosassone. Disponibile solo in abbonamento: La Maison du Chanvre BP 7005 69341 Lyon Cedex 07. Prezzo: 100 franchi (4 numeri).
Accanto a questa stampa cannabica, altri giornali s’interessano ad altre droghe: le psichedeliche e quelle presunte pesanti attraverso giornalini spesso autoprodotti dalle stesse associazioni di fruitori di droghe, ma anche riviste scientifiche di alto livello come «maps».

 

... e italiana

In Italia le principali pubblicazioni periodiche psicoattive sono quattro. Le segnaliamo qui brevemente, ripromettendoci di riferirne in modo più esteso nel prossimo numero:

  • «Altrove», rivista a cura della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza e edita da Nautilus (Torino). Di taglio antropologico e colto, è ormai al suo sesto numero (febbraio 1999).
  • «Cannabis», anch’essa edita da Nautilus a partire dall’inizio del 1997 e giunta al settimo numero, ha un approccio meno sofisticato e si rivolge a un pubblico giovane.
  • «PSYCHOattiva», Vita e cultura psichedelica, c/o Spazio Libertario, via Fucini, 18, Pisa. Edita da Shake Edizioni Underground, è al suo secondo numero.
  • «Eleusis», Piante e Composti Psicoattivi, Journal of Psychedelic Plants and Compounds, nuova serie, edizioni Grafton 9, Bologna. Ha un taglio simile a quello di «Altrove». Samorini docet.

 

Dans•Cités in sospeso

A inizio d’anno, i redattori di «Interdépendance» annunciavano la morte della loro (eccellente) rivista per asfissia finanziaria. Ora, tocca al magazine «DansĄCités» sospendere l’attività. Definitivamente? La redazione risponde.

«Dans•Cités», che cos’è esattamente?

Una rivista di informazione e prevenzione della tossicodipendenza e dell’aids, creata da Dan Djelidi e Rosa Drummond nel 1994. Dan e Rosa avevano notato la mancanza di riviste di questo genere, destinate al grande pubblico. «DansĄCités» non è dunque un supporto per i fruitori di droghe né una rivista indirizzata agli specialisti. È un giornale di area, «per tutti, fatto per tutti», che raggruppa articoli di fondo su un dato prodotto, testimonianze, notizie, commenti, cronache musicali, culturali... «Dans•Cités» non tende a giudicare quel che «è bene» o «è male». Informa, previene e lascia ai lettori le loro responsabilità.

Era sovvenzionato?

No, non esattamente. Il ministero della Sanità (la Direzione generale della Sanità) comprava spazi pubblicitari grazie ai quali pagavamo la stampa del giornale, tirato in 5 o 10 mila copie, a seconda del numero. In più, bisogna aggiungere il sostegno dell’ospedale Marmottan. In effetti, «Dans•Cités» beneficiava del patrocinio del professor Olivenstein. L’Association Marmottan e la sert (Société d’Enseignement et de Recherche sur la Toxicomanie) contribuivano alla realizzazione del giornale dandoci un sostegno logistico non indifferente. D’altro canto, questo legame con l’ospedale Marmottan è stato spesso frainteso. Allora, cogliamo l’occasione per ripeterlo: «Dans•Cités» non è affatto la rivista di Marmottan, il professor Olivenstein non ha alcun diritto di controllo sulla pubblicazione, e anche se è vero che alcuni redattori del giornale lavorano con lui, «Dans•Cités» è sempre rimasto e resterà indipendente. Libero, a tutti i costi.

Chi c’è nell’équipe?

Persone di diversa estrazione: medici, tossici, ex tossici, psi- vari, artisti... e tutti quelli che avevano e hanno voglia di difendere questa esperienza. Tutta l’équipe, di comune accordo, lavorava gratuitamente tanto che «Dans•Cités» era autopubblicata e la sua forma giuridica era una società di stampa, la sejit (Société d’Édition du Journal des Intervenants en Toxicomanie). Allora, qual è il problema? Malgrado tutte le difficoltà finanziarie con cui ci siamo confrontati, malgrado... tutto, questa avventura è durata quattro anni. Ma il suo fondatore e direttore editoriale, Dan Djelidi, è morto nel dicembre scorso, subito prima dell’uscita del numero 15. La notizia è stata una mazzata! Nonostante la speranza di Dan che «Dans•Cités» continuasse comunque quando lui non fosse stato più con noi, ebbene... disgraziatamente siamo stati obbligati a sospenderne la pubblicazione a causa dei problemi amministrativi legati al suo decesso. In effetti, «Dans•Cités» era edita da una S.r.l. che nel corso degli anni si era indebitata, obbligandoci a chiudere questa società.

Avete trovato una soluzione?

Per quanto ci riguarda, noi preferiremmo pubblicare la rivista tramite un’associazione. Per questo, dobbiamo attendere la decisione del tribunale di commercio, il solo che potrà darci l’autorizzazione a pubblicare il giornale sotto la stessa testata. Infatti, il nostro problema è tanto d’ordine finanziario quanto d’ordine amministrativo e giuridico. Potremmo pubblicare la rivista sotto altro nome, ma è una soluzione che non ci piace. Una volta risolti questi problemi, siamo decisi a proseguire l’avventura...

 

 

Bloodi ritorna!

Tra gli anni Settanta e gli Ottanta, il punk esplode in musica ma anche in immagini. E se a livello musicale i francesi sono piuttosto al traino degli anglossassoni, nel settore grafico una nuova generazione di disegnatori di talento s’impone senza problemi. Dal 1977, Pierre Ouin e i suoi compagni producono «Le Krapaud baveux» (Il rospo bavoso) un fumetto stupefacente e aggressivo che incita i suoi lettori ad abbonarsi con questo slogan: «i non abbonati sono come i vecchi bisognerebbe ucciderli appena nati». Poi venne «Viper», e Pierre Ouin partorì Bloodi, il personaggio di un incorreggibile scoppiato. Per la prima volta, un autore descriveva con estrema precisione e un humour corrosivo lo sballo. Un’operatrice affermata nel trattamento dei tossicodipendenti una volta confidò: «Quando voglio mettere a proprio agio un tossico, io sfodero Bloodi, Les rongeurs, Trouve pas l’égout e, immediatamente, il contatto è stabilito».
Dopo «Viper», Bloodi lo scoppiato continua a bucarsi le vene in «Métal Hurlant». In questa fase epica usciranno presso Les Humanoïdes Associés due album famosi e presto esauriti: Bloodi trouve pas l’égout (Bloodi non trova la fogna) e Les Rongeurs (I roditori). Dopo le morti premature di «Viper» e di «Métal Hurlant», Bloodi riprenderà servizio grazie al mensile di fumetto «Psikopat», ma in una versione un po’ più edulcorata a livello stup. Ne risulteranno due album pubblicati da Zébu: C’est les rats (Sono i topi), poi Les rats passent (I topi passano). In collaborazione con l’associazione di consumatori di droghe Asud, Bloodi si lancerà con successo nella prevenzione dell’abuso drogastico. Pierre Ouin partecipa regolarmente all’«Asud-Journal» e Bloodi è stato protagonista di alcuni opuscoli per la «riduzione del danno» tra cui il famoso Petit Manuel du shoot à risque réduit (Piccolo manuale del buco a rischio ridotto). Oggi Oudi è l’editore dei Freaks Brothers, Tête Rock Underground, che ci propone la riedizione in un volume dei due album di Bloodi di maggior successo. Da (ri)scoprire subito!
Di prossima uscita presso Zébu il seguito delle avventure di Bloodi e della sua fedele topolina in La ratte qui s’délatte.

 

 
precedente