Parte I - Attualità antiproibizionista

AL FESTIVAL DI MONTJEAN
GIOVANI FUMATORI E VECCHI CANAPAI

di Michka

Nonostante quello che li separa, giovani cannaioli e vecchi canapai d’altri tempi hanno in comune la riverenza verso una medesima pianta, la canapa (cannabis in latino). Essi si scoprono a vicenda nel corso di varie manifestazioni, la più importante delle quali è il Festival di Montjean-sur-Loire, tenutosi lo scorso anno dal 18 al 22 agosto.

 

  • Una nostalgia straordinaria
  • I canapai di un tempo, talvolta, la fumavano
  • L’anno scorso a Montjean

     

     

    Fatto strano, finché la canapa rimase una risorsa indispensabile alla nostra economia, nessuno si preoccupava che la si potesse fumare per ottenerne una certa ebbrezza. La cosa non era ignota, ma sembrava senza importanza. Chi lavorava la canapa sapeva che i campi dov’è coltivata esalano forti odori che possono essere inebrianti, «soprattutto per le donne». Il Manuale del cardaio (1839) non potrebbe essere più esplicito: «Le foglie di canapa sono capaci, col loro solo aroma, di produrre gli stessi effetti dell’oppio; stordimento, vertigini, ebbrezza, o un gradevole delirio». I lavoratori vengono avvertiti di questa caratteristica, senza darle particolare importanza.

     

     

    Una nostalgia straordinaria

    Nell’Ottocento la canapa è al suo apogeo in Francia. Seminata su 176.000 ettari, alimenta la marina a vela continuando a rimanere «l’industria delle stamberghe». Ogni fittavolo ne coltiva almeno un piccolo campo per i bisogni dell’attività agricola e dei suoi familiari. La sua coltivazione è semplice, ma il lavoro artigiano necessario all’estrazione della fibra molto duro.
    Ciò che colpisce oggi, quando si leggono o si ascoltano i racconti dei canapai di un tempo, è la nostalgia straordinaria che traspare. La scomparsa della canapa (fine della marina a vela, importazione di cotone a buon mercato) ha lasciato dei rimpianti anche in coloro che facevano il lavoro più duro.
    Certo la canapa rinvia a un’organizzazione del lavoro oggi scomparsa, fondata sulla cellula familiare. Gli uomini del clan provvedevano alla semina dei grani provenienti dal raccolto precedente e poi al raccolto stesso; la fibra ottenuta triturando i gambi era cardata e filata dalle mani delle donne (era spesso il lavoro delle nonne). Una volta tessuta la stoffa, le madri di famiglia potevano tagliare le camicie o orlare i drappi. Se lavorato all’antica, il tessuto di canapa, spesso ruvido, è molto resistente. Passavano anni prima che, divenuti stracci, questi vestiti finissero dal cenciaiolo per essere lacerati e poi trasformati in carta.
    L’epoca era molto dura, ma a misura d’uomo - e questo contribuisce alla nostalgia della canapa, per noi che siamo dominati dal sentimento dell’assurdità delle cose...
    Agli albori del Novecento, quella della canapa è già una cultura passatista. Chi crede nel Progresso ha gli occhi rivolti alla tecnologia. Il Nylon simboleggia il radioso avvenire. Per la massaia che lava tutta la biancheria a mano, è la rivoluzione. Il Nylon è facile da lavare, leggero, asciuga in un batter d’occhio, al contrario delle nostre fibre indigene, il lino e la canapa, che assorbono l’acqua come spugne e, quando sono inzuppate, pesano tonnellate. Già gli abiti di cotone importati dagli Stati Uniti avevano colpito per la loro leggerezza liberatrice. Il Nylon proseguì su questa strada. Dovevano trascorrere alcuni decenni prima che apparissero i problemi insolubili posti dall’introduzione delle fibre sintetiche, non riciclabili e prodotte da un’industria inquinante.

    Negli USA la proibizione della cannabis prese il posto di quella dell’alcol (durata una quindicina d’anni). Imposta al resto del mondo, fu introdotta in Francia all’inizio degli anni Sessanta, in un’epoca in cui l’industria della canapa tessile era quasi defunta. Fu solo nel 1964 che un ricercatore israeliano, Raphël Mechoulam, riescì a identificare il principio inebriante dalla cannabis, ch’egli chiamò tetrahydrocannabinol o THC. I canapai francesi potevano ormai fare analizzare le poche varietà di canapa ancora coltivate. Il principio attivo rilevato nei campioni era assai modesto: meno dello 0,5% (la marijuana allora confiscata dalla polizia ne conteneva almeno il 3%).Numerosi Paesi, avendo completamente abbandonato la coltivazione della canapa, accettarono senza batter ciglio la proibizione generalizzata. La Francia decretò che da quel momento in avanti sarebbero rimaste legali solo le varietà contenenti meno dello 0,5% di THC (percentuale poi ridotta allo 0,3%).

     

    I canapai di un tempo, talvolta, la fumavano

    Nel 1965 vengono seminati gli ultimi ettari di canapa destinata, in Francia, all’industria tessile. (Il tessuto di canapa attualmente disponibile in Europa è importato dall’Asia, dov’è ancora lavorato a mano, o da certi Paesi dell’Est che hanno conservato una piccola industria tessile funzionante con le procedure del secolo scorso.) Mentre la canapa tessile vive le sue ultime ore in Francia, alcune cartiere sperimentano l’addizione di canapa alla pasta di carta (quest’ultima ottenuta non più a partire dagli stracci, come una volta, bensì dalla polpa di legno). Saranno le cartiere a dare il cambio all’industria tessile nell’impiego della canapa, con la fabbricazione di carte «speciali», fini e resistenti: di anno in anno la coltivazione della canapa riprende slancio. Oggi siamo a 12 mila ettari (ancora lontani dai 176 mila ettari del secolo scorso!), ma la Francia è divenuta, grazie alla sua canapa, il primo fabbricante ed esportatore mondiale di carta da sigarette. Un sottoprodotto dell’estrazione della fibra, la «paglia di canapa», è inoltre utilizzato, mescolato con la calce naturale, per il rinnovo di vecchi edifici e per la costruzione di case ecologiche. Non solo. Da qualche anno si spremono i semi di canapa per ottenerne un olio dietetico dalle proprietà uniche. L’ultimo prodotto apparso sul mercato francese è la lana di canapa, un isolante che si presenta in rotoli, come la lana di vetro, ma privo di inconvenienti per la salute (le fibre della lana di vetro, quasi altrettanto fini di quelle dell’amianto, sono cancerogene). Nelle diverse regioni della Francia un tempo produttrici di canapa, esistono associazioni che si propongono di conservare la memoria della sua lavorazione artigianale. In occasione di manifestazioni, vecchi canapai ripetono i gesti di un tempo, per il piacere di una generazione che non li ha conosciuti ma che milita per la riscoperta della canapa (e, tavolta, per la liberalizzazione del suo uso voluttuario). E se i vecchi dalle mani nodose e dai capelli bianchi fingono in genere di conoscere della canapa solo la fibra, talvolta accade che, complice il vino, si ricordino delle sue proprietà inebrianti. Alcuni di loro l’han fumata, soprattutto quando il tabacco costava troppo. Altri continuano a coltivare in giardino varietà oggi scomparse: lo definiscono il loro «medicamento». Certi, infine, ridacchiando e dandosi di gomito, evocano il tempo in cui portavano le ragazze nei campi coltivati a canapa, perché il suo intenso profumo le rendeva «più docili»...

     

    L’anno scorso a Montjean

    A Montjean-sur-Loire si capisce perché la Loira sia considerata da alcuni come «l’ultimo fiume selvaggio d’Europa». In questa borgata di Maine-sur-Loire, le rive del fiume sono spiagge di sabbia da cui l’occhio scopre isolette boscose.

    A Montjean possiamo vedere autentici canapai, con indosso camice di canapa uscite dalle soffitte, compiere per noi i gesti di una volta: gramolatura, immersione dei fusti nelle acque della Loira ecc. Numerose associazioni e imprese vi presentano tecniche e prodotti nuovi. Si possono trovare tutti i ragguagli tecnici, le date e gli indirizzi relativi a questo evento, e ad altri meno importanti, in «Les Échos du chanvre»*, pubblicazione realizzata da Franck Machy e Pascale Lagouge (musei, forni da canapa, dimostrazioni, siti web ecc.).

     

    Contatti per il festival di Montjean:

    http: //perso.club-internet.fr/aflam

    e-mail: aflam@club-internet.fr

    «Les Échos du chanvre», 61 avenue Jean Jaurès – 69007 Lyon.

     

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