Parte I - Attualità antiproibizionista

GIORNATA NAZIONALE
DELLA SEMINA:
UNA CIVILE DISOBBEDIENZA

Ormai da alcuni anni, in tutt’Italia, il ciclo vegetativo della pianta di canapa è diventato occasione di iniziative politiche e culturali: sono le “feste della semina” oppure “del raccolto”, in marzo o aprile le prime, a ottobre le seconde.
Quest’anno è una giornata nazionale, in realtà due giorni, l’8 e 9 aprile a testimoniare l’estendersi delle buone idee e l’apparire di un movimento nazionale

 

Canapa, cannabis, marijuana sono nomi diversi per identificare la medesima pianta: Cannabis Sativa.Anche la produzione italiana, seconda al mondo fino al 1938, dopo l’Unione Sovietica, e oggetto di un’economia importante e radicata, nonché di una cultura di cui sono pieni i nomi di molte località e i ricordi delle generazioni più anziane, ha subìto l’erosione velocissima a opera dei processi industriali, allora innovativi, di produzione delle fibre artificiali, ma ancor più fortemente, al di là dei luoghi comuni, l’influenza delle correlate politiche del proibizionismo, di cui non fu immune neppure l’autarchica Italietta fascista.

Quello del 1999 è stato l’ultimo raccolto di un secolo che a buon diritto passerà alla storia, tra l’altro, come il “secolo del proibizionismo” e al quale guarderemo in modo analogo ad altri periodi bui di epoche passate, segnato come è stato dall’incapacità di elaborare altre strategie relativamente al rapporto tra l’uomo e le sostanze psicotrope, dalla “politicità” di una legislazione che chiama legali alcune droghe e illegali altre, indipendentemente dall’evidenza scientifica, medica, sociale.
Quella del 2000 è la prima semina di un futuro diverso, in cui, con fatica, si affermeranno nuovi approcci, quelli che abbiamo cominciato a conoscere proprio in questi ultimi anni, nei quali il recupero degli usi industriali della pianta di cannabis e la sperimentazione del suo uso terapeutico si affiancano a una solida rivendicazione degli usi “ludici”, alla lotta per la liceità di comportamenti non nocivi per il singolo e la collettività, eppure sanzionati esageratamente. La realtà italiana è ancora infatti segnata dalla legge del ’90 che neppure l’ultimo governo, nonostante gli impegni presi dalla Conferenza di Napoli sulle droghe, ha saputo innovare, prigioniero com’è di maggioranze che sono andati progressivamente invalidando i buoni propositi e le immancabili proposte di legge o referendarie.
Persino il referendum del ’93, che sanciva la non punibilità penale ma solo “amministrativa” del consumo personale ha dovuto aspettare anni prima che la Corte di Cassazione della Repubblica, e non il potere legislativo e politico, ne recepisse la volontà lungo un faticoso iter ridottosi a dirottare decine di migliaia di consumatori a prefetture e servizi sociali. Non senza aver prima transitato, certamente è il caso della coltivazione individuale, per qualche giorno nelle patrie galere, prima che un giudice ne riconoscesse la natura e la finalità diversa dallo spaccio, con le difformità territoriali e gli arbitrî che si possono immaginare.
La prossima legislatura si aprirà nuovamente con le tradizionali iniziative parlamentari, con i veti di parte del mondo cattolico, con le grida ignoranti di Gianfranco Fini, con i balbettii di una sinistra finalmente dichiaratasi antiproibizionista nei congressi ma tutt’al più tollerante nelle azioni. Una sinistra che comincia soltanto oggi a considerare i danni immani causati dalle politiche proibizioniste, le alternative possibili, e il semplice dato di fatto che oggi in tutto il mondo le droghe incidono progressivamente l’economia, la società, la finanza, i governi e le guerriglie; che quello che 25 anni fa era “l’ultimo dei problemi” ha risalito la graduatoria, capace di consortilità di ogni natura.
Pure sarebbe sciocco sottovalutare la natura e la dimensione dei mutamenti in atto e il cambiamento culturale, gli interlocutori e gli avversari che si produrranno, soprattutto laddove sarà sempre più chiara la ricaduta di un antiproibizionismo che si qualifica come elemento non irrilevante, di strategie diverse per la sicurezza pubblica; diverse sul territorio, diverse nelle carceri e nei comportamenti privati, capaci di dimostrare la superiorità di prevenzione e libertà sull’attuale repressione e interessata convivenza con mercati segnati da criminalità di tutti i tipi. La semina della cannabis dell’anno 2000 avviene all’insegna di un augurio: che sia l’inizio di un processo che porti i 4 milioni di consumatori canapisti italiani a uscire dalla clandestinità e a prendere la forma di un variegato movimento politico.
Battere il narcotraffico e l’attuale legislazione sono obiettivi paradossalmente congiunti. Non ci resta che essere disobbedienti, ripeterlo non guasta, augurando a tutti noi una buona semina e un miglior raccolto.

 

precedente