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PRIGIONIERI DI GUERRA La guerra alle droghe viola i diritti umani, come testimoniano le vicende di questi uomini e donne che ne sono vittime, raccolte dall’Human Rights and the Drug War, un’associazione fondata in California. Ma la guerra alle droghe viola i diritti umani anche in Italia, a Singapore, in Spagna o in Thailandia: ovunque. nella maggior parte dei paesi del mondo, in Francia come negli Stati Uniti, circa la metà della popolazione penitenziaria è rinchiusa per delitti direttamente legati agli stupefacenti.
Scarseggiano le statistiche ufficiali utili alla valutazione dell’ampiezza dei guasti prodotti dal proibizionismo. Ma tutto sta a indicare che, al riguardo, la politica italiana è paragonabile a quella di altri Paesi europei, come la Francia, la Germania e l’Inghilterra, nei quali si verifica questa costante propria dei Paesi soggetti ai diktat della Guerra alle Droghe: più della metà delle persone in carcere, vi si trova a causa delle leggi sulla droga e degli effetti perversi che esse producono. Negli Stati Uniti, questa cifra si avvicina al 60%. Anche in Italia, benché le pene siano meno pesanti di quelle censite dall’Human Rights and the Drug War negli Stati Uniti, ammontano a migliaia gli anni di prigione distribuiti da una legislazione che è una delle più pesanti e indiscusse eredità dell’èra Craxi. Se siete in carcere per effetto della legislazione contro gli stupefacenti, e volete denunciare i risultati della Guerra alle Droghe, mandateci le vostre foto e la vostra storia. «Stupefacente!» s’impegna a pubblicarle tutte nel prossimo numero.
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Amy Pofahl, 37 anni, condannata a 24 anni di prigione, è in carcere dal 1991. Amy è stata condannata per essersi rifiutata di collaborare con la giustizia americana contro suo marito, dal quale era separata da un anno al momento dei fatti attribuitogli in Germania: traffico di ecstasy.
Mélinda George, 27 anni, condannata a 99 anni di reclusione per aver venduto un decimo di grammo di cocaina. Texas. Primo verso di un poema che lei ha composto: «La prigione non è posto per un bambino innocente».
Marcella Robinson, condannata a 10 anni di reclusione per LSD. È stata privata dei primi anni di crescita del suo bambino. Lui è stato privato di sua madre per un decennio.
Kemba Smith, 27 anni, condannata a 24 anni di reclusione. Come Amy e Danielle, Kemba è stata condannata per il traffico di crack di suo marito. Questi è stato assassinato mentre fuggiva, a Seattle. Suo figlio, William, è nato in carcere.
Loren Pogue, 63 anni, condannato a 23 anni di reclusione per importazione di droghe.
Michael Clark, 28 anni, condannato a 13 anni di reclusione per detenzione di crack al fine di spaccio. Dopo la laurea alla North Carolina University e il matrimonio con una studentessa, sembrava destinato a una brillante carriera. Ma in seguito a un incidente che aveva costretto la madre all’inattività si mise a fare lavoretti e a vendere crack per provvedere al mantenimento di due fratellini. «Sapete che cos’è penoso? Non ho mai visto mio figlio da uomo libero... Ho sbagliato, ma la condanna è decisamente esagerata. Il mio errore è stato strumentalizzato per prendere voti. Non c’è bisogno di 13 anni di prigione per capire che esistono altri modi legali per guadagnarsi da vivere». «Sono una pedina in questo gioco, e lo so. Io pago per i pesci grossi, quelli che importano le droghe, quelli che ne consentono l’ingresso nel Paese e quelli che si nascondono dietro la burocrazia. Non posseggo aerei, né navi né alcun altro mezzo in grado di sfuggire ai radar. [...] Io sono l’effetto, non la causa. Io voglio giustizia».
« Shomari » Stanley Huff, 55 anni, condannato a 15 anni di reclusione per aver venduto mezzo chilo di crack. «Oggi mi sono trovato con un amico e abbiamo fatto l’elenco di tutti gli uomini e le donne perseguiti e condannati a causa delle leggi federali contro il crack. Abbiamo contato quarantotto nomi, tutti di neri. Per quanto riguarda questa prigione, siamo risaliti fino al 1994: non un solo bianco ha varcato il portone con un’imputazione per crack (secondo le leggi federali, voglio dire). Io sto elaborando una denuncia per “persecuzione selettiva da parte del governo federale”. [...] La maggior parte di noi viene arrestata in virtù delle leggi dello Stato del Minnesota, poi i federali si mettono di mezzo e formulano accuse in base alle leggi federali. Applicare forme di “persecuzione selettiva”, che colpiscono una razza piuttosto che un’altra, è incostituzionale come la schiavitù. Dovrebbe essere portato all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale».
Jodie Israel, 34 anni, condannata a 11 anni di reclusione; suo marito, Calvin Treiber, 38 anni, a 29 anni di reclusione. Jodie è stata condannata per detenzione di due once di cannabis, e perché sospettata (senz’alcuna prova) di averne venduto 4 once. Sono stati perseguiti insieme ad altri 24 «rastafarian», e ritengono d’essere vittime di «persecuzione selettiva» a causa della loro appartenenza religiosa, per la quale la ganja è un sacramento che avvicina a Dio. I loro quattro figli, tra i 3 e i 12 anni, sono rimasti virtualmente orfani.
Laichem Sae Lee, 32 anni, condannato a 10 anni di reclusione per importazione e spaccio di oppio. «I miei figli piangono per me. Io posso parlare con loro soltanto per telefono e non posso fare altro che vederli attraverso la mia immaginazione o le foto che la mia famiglia mi manda dal paese... Li ho visti una sola volta in quattro anni».
La famiglia Kubinsky. Jackie Kubinski è stata condannata a 7 anni di reclusione. Kenny Kubinsky è stato condannato a vita. Tutti i loro beni sono stati confiscati.: la casa, l’impresa di costruzioni, la libertà. I figli vanno a trovare la madre per alcune ore una volta al mese, e il padre una volta ogni tre o quattro mesi, perché è detenuto lontano. A proposito di suo figlio Jackie scrive: «Adam diventava pazzo, non riuscendo a trovare il modo di fare uscire di prigione suo padre e sua madre... Lui chiede sempre: “Quando torni a casa?”». |
Gary
Tucker è
stato condannato a 16 anni di reclusione, suo fratello Steve a 10 anni,
sua moglie Joanna a 10 anni e un mese. Avevano un negozio di materiale
idroponico destinato a fare crescere la cannabis negli armadi. La dea
ha chiesto d’installare una cinepresa nel negozio, per filmarne sistematicamente
i clienti. Al loro rifiuto seguì la minaccia di far chiudere il
negozio. I tre furono perseguiti per delitti commessi dai loro clienti,
ai quali avevano venduto un materiale assolutamente legale.
James Cox, 50 anni, condannato a 15 anni di carcere per coltivazione di cannabis a fini terapeutici. Dopo 5 anni di reclusione, è ora in libertà condizionata. James è affetto da cancro, e la cannabis gli serve per sopportare la nausea, per stimolare l’appetito ecc. Per 15 anni, James ha preso una medicina dagli effetti debilitanti, il Démerol. L’ha sostituita con la cannabis. Non potendosi permettere di comprarla al mercato nero, la coltivava. La polizia ha scoperto le cime di cannabis indagando su di un tentativo di furto con scasso in casa sua. James e sua moglie Pat sono stati arrestati e la loro casa, che avevano appena ereditato, è stata confiscata. James è stato condannato a 15 anni, Pat a 5. Distrutti e depressi, hanno tentato il suicidio durante un permesso. In carcere, la salute di James si è fortemente deteriorata. Liberato dopo 5 anni di reclusione, James è in libertà condizionata e deve sottoporsi a esami due volte la settimana per i prossimi tre anni. I medici gli prescrivono la morfina per i suoi dolori. Essendo risultato positivo al test degli oppiacei, rischia di ritornare in prigione.
Lovetta Clark, 43 anni, condannata a 30 anni di reclusione, per traffico di cocaina. «Sono i miei figli a soffrire di più. Mio figlio Stanley mi chiedeva sempre: “Mamma, quando torni a casa?”. Io gli rispondevo: “Presto”. Dopo sei anni mi ha detto: “Mamma, presto dura veramente tanto”».
Tanya Drake, 35 anni, condannata a 10 anni di reclusione per possesso di crack al fine di spaccio. Un giorno, un vicino, Fred Halley, le chiede di portare un pacco a suo fratello a Chicago, per il suo compleanno, e le dà un biglietto da 100 dollari. Lei era un po’ diffidente, ma aveva bisogno di soldi per dar da mangiare ai suoi quattro figli. Fred è morto poco dopo il suo arresto e Tanya è stata condannata, automaticamente. «I federali mi hanno tolto ogni diritto. Hanno messo fuori legge una brava persona e lasciano liberi i veri pazzi criminali, là fuori».
Everett Gholston III, 40 anni, condannato a 17 anni e 7 mesi di reclusione per traffico di cocaina «Da quando sono in prigione ho aperto gli occhi e lo spirito, e ho osservato profondamente il mondo esterno e il nostro attuale governo. Trovandomi dentro, ho visto il reale impatto di questa guerra alle droghe. Mi sono reso conto che qui molta gente non è cattiva anche se ha fatto quello che ha fatto. Ciò che io ho compiuto era contro la legge, si trattava di vendere droga per sbarcare il lunario. Non per diventare ricco, giusto per pagarsi di che vivere tutti i giorni, l’affitto e i conti, l’assicurazione dell’auto e così via. Qui non ho ancora visto un pezzo grosso. [...] Mi sono accorto che il carcere è un business, una industria dietro alle sbarre, e un deposito umano. Non c’è reale riabilitazione, né preparazione al lavoro né instruzione; e il poco che si riesce a imparare, bisogna aspettare così a lungo per metterlo in pratica, che si finisce col perdere interesse. [...] Le droghe dovrebbero essere considerate una questione di carattere medico, non criminale: se lo Stato continua di questo passo, l’uomo nero e la sua famiglia si estingueranno. Non ne voglio fare una questione di razza, perché ci sono anche molti bianchi, anche se abbastanza pochi rispetto all’insieme della popolazione carceraria».
Mary Jane Fike, 45 anni, condannata a 10 anni di reclusione per traffico di crack. «Hanno sparato a mio figlio nel luglio scorso, lasciandolo paralizzato dalle spalle in giù. Lui viveva a casa di mio cugino e suo figlio gli ha sparato colpendolo alla colonna vertebrale. [Suo cugino] aveva 18 anni e voleva giocare con la pistola. [...] Ora è mia nipote a badare a mio figlio. Lei è giovane, ma fa del suo meglio. Io non la vedo spesso, perché la sua macchina è rotta. Se Dio vuole ne avrà presto una nuova, così potrò vederli più spesso e sapere almeno se stanno bene».
La famiglia Young perseguìta per spaccio di cannabis. Clyde Young, condannato a 26 anni di reclusione Patricia Young condannata a 24 anni e 8 mesi di reclusione Clyde Young, condannato a 15 anni di reclusione.
John Avery, 58 anni, condannato a 20 anni di reclusione per produzione e spaccio di cannabis.
Alfreda Robinson, 43 anni, condannata a 10 anni di reclusione per crack. |
Danielle
Metz, 31 anni,
condannata tre volte all’ergastolo + 20 anni. Anche a lei le autorità
chiedevano di denunciare il marito. «Quando sono stata arrestata,
mi hanno detto che volevano mio marito, e che se avessi detto loro tutto
quello che volevano sapere, sarei stata libera, ma che se non l’avessi
fatto non avrei mai più rivisto i miei bambini. Ho risposto che
non potevo dire loro quello che non sapevo».
Scott Walt, 39 anni, condannato a 24 anni e mezzo di carcere per possesso di cannabis al fine di spaccio. «Al mio processo, il procuratore voleva aggiungermi anche 250 mila dollari di risarcimento. Il giudice ha detto: “Niente ammenda, il troppo è troppo. Quest’uomo è condannato a una pena veramente troppo lunga, degli assassini prendono di meno. Se non fosse per il codice, io non lo condannerei a tanto. Quando uscirà noi saremo tutti morti e il suo matrimonio sarà finito. Il troppo è troppo».
Thomas Geers, condannato a 23 anni di reclusione per importazione e spaccio di cannabis e d’olio di cannabis. Invita tutti a spedire questo semplice messaggio alle autorità: «Rilegalizzate la cannabis come era prima del 1937 e smettete di sperperare le nostre tasse incarcerando la gente per la cannabis».
Will Foster soffre di artrite reumatoide; coltivava lui stesso la cannabis per alleviare il dolore. È perseguito per sessanta piante. È stato dapprima condannato a 93 anni di reclusione. In appello la sua pena è stata ridotta a 20 anni di reclusione.
David Ciglar, 39 anni, condannato a 10 anni di reclusione per coltivazione di cannabis.
Pat Jordan, 35 anni, condannato a 10 anni di reclusione per avere venduto lsd. «Lo Stato americano sembra abbracciare i metodi del compagno Stalin con la creazione di una cultura della delazione. Una società che spinge l’amico contro l’amico, il vicino contro il vicino, e i figli contro i genitori, non è sana. [...] Non bisogna dimenticare che la Guerra alla Droga è un fenomeno nuovo. Penso molto a questo, nella prigione in cui sono inchiodato fino al prossimo secolo per un crimine che non esisteva all’inizio di questo. Nel XIX secolo non c’era proibizionismo. Certamente c’erano la povertà e tutti gli altri problemi che oggi conosciamo, ma le droghe non ne erano la causa e il proibizionismo non è la soluzione. [...] È tempo di rivendicare la restituzione della nostra dignità di esseri umani. Noi non dovremmo chiedere allo Stato il permesso di introdurre tutto quel che vogliamo nei nostri corpi, non più di quanto abbiamo bisogno che le agenzie di Stato si incarichino di comprare e di vendere queste cose. Le nostre case e noi stessi dovremmo essere inviolabili. Noi non siamo proprietà dello Stato, che non deve proteggerci da noi stessi. [...] Cosa pensereste che avrebbe detto un uomo come George Washington se lo Stato gli avesse chiesto un bicchiere della sua urina, per assicurarsi che non fosse un consumatore della canapa che coltivava? Perché noi dovremmo tollerarlo?».
Reverendo Tom Brown, fondatore e pastore di Our Church, che utilizzava la cannabis come sacramento. Ha fatto 5 anni di reclusione per coltivazione di cannabis. In base alla legge del 1993, che autorizzava l’uso religioso di droghe rituali, riservate agli indiani dediti al peyote, nel 1994 il reverendo Brown ha destinato un ettaro alla coltivazione della cannabis. Ne ha avvertito le autorità, invocando la nuova legge, con la precisazione che si impegnava a non venderne. Nell’agosto del 1994, fu tuttavia perseguito per 435 piante di cannabis e 3 di peyote. Non è stato autorizzato a invocare in sua difesa la sua Chiesa. Il podere, di 39 ettari di mirtilli, gli è stato confiscato.
Hamedah Ali Hasan, 31 anni, condannata all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata per spaccio di cocaina-base. Ha tre figlie di 11, 7 e 1 anno. È incarcerata a vita per un crimine che non ha commesso. Dopo il suo arresto, le hanno promesso l’immunità se avesse accettato di denunciare suo cugino. Ma lei non era a conoscenza delle sue attività illegali e non voleva mentire pur di «onorare il contratto» che le era stato proposto. «La mia esperienza mi ha chiaramente dimostrato che quasi tutti i crimini sono perdonabili se gli incriminati collaborano con le autorità».
Martin Sax, 49 anni, condannato a 21 anni e 8 mesi per traffico di cannabis. «Mia moglie è rimasta sola ad allevare i nostri figli. Non gode di alcun aiuto e Benjamin non ha un padre che lo accompagni a letto la sera. Il mio piccolino non sa cosa significhi farsi rimboccare le coperte da un papà, che lo abbraccia e gli racconta una favola... Se le leggi non cambiano, mio figlio avrà vent’anni prima che io sia fuori».
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