"L'indirizzo al governo" del Collegio dei mediatori, formato da eminenti personalità del mondo culturale e della società francese per intraprendere un dialogo tra autorità e Sans-Papiers, pubblicato su Le Monde sabato 15 giugno 1996 in cui si richiede una radicale trasformazione della politica sull'immigrazione dei Governi francesi.
STRANIERI: UNA POLITICA DA RIFARE

Noi, membri del "collegio dei mediatori" per gli Africani di rue Pajol, siamo sostenitori di un cambiamento completo della politica nei riguardi degli stranieri. Noi pensiamo che:

La legislazione è arcaica e repressiva. Risponde ad una immagine negativa dello straniero. La Francia è slittata da qualche anno - e con una recente accelerazione - in un movimento caratterizzato dalla chiusura e dalla repressione che ha coinvolto tutta l'Europa occidentale e l'insieme dei paesi più sviluppati. Dimenticando il contributo di generazioni precedenti di stranieri alla sua prosperità e alla sua difesa, e bruciando i legami forgiati attraverso una lunga storia (anche se è stata spesso tormentata) con i popoli di altri continenti, la Francia misconosce i doveri che questa partecipazione di rappresentanti dei popoli colonizzati alla sua difesa, alla sua economia e alla sua cultura le ha creato nei confronti dei loro figli. Così un insieme di testi arcaici e rappezzati, costituiti da antichi strati e da nuove misure sempre più restrittive, disegnano i contorni di una politica che esprime una diffidenza sistematica nei confronti degli stranieri. Questa politica determina una precarizzazione sempre maggiore del processo di integrazione, che era centrale fino a qui nel sistema francese e che ne faceva l'originalità. Alla luce della crisi economica e morale che attraversano le società sviluppate, nasce e si sviluppa un sentimento di paura irrazionale che si traduce in un preoccupante aumento del razzismo e della xenofobia. Lo spettro dell'invasione e l'idea di una minaccia sulle ricchezze che sarebbero "nazionali" costituiscono il cuore dell'ideologia dei movimenti di estrema destra. I responsabili politici, non osando scontrarsi frontalmente con queste idee che poco a poco corrompono la coscienza nazionale, adottano un'attitudine difensiva che fa da garante per la paura dell'invasione dall'esterno e la caccia al clandestino all'interno. Così legislazione e pratica amministrativa si induriscono rapidamente, con la speranza che il volto della nazione, diventato così respingente (in senso proprio), terrà al di fuori delle frontiere "tutte le miserie del mondo". E l'immigrazione è manipolata come una posta in gioco nella lotta tra i partiti politici in Francia come nel resto d'Europa.

La legislazione restringe il diritto d'asilo e lo svia dalle sue finalità Il diritto d'asilo, garantito molto debolmente dal diritto internazionale, dipende interamente in pratica dall'interpretazione data da ogni Stato alla definizione del rifugiato nella Convenzione di Ginevra del 1951. Essa è stata ristretta progressivamente attraverso la richiesta esorbitante di prove della persecuzione, che le situazioni vissute e le condizioni di partenza rendono radicalmente impossibile fornire. L'accoglienza è così rifiutata a certe categorie di persone, in particolare agli algerini, perché il diritto d'asilo è stato limitato arbitrariamente dall'Ofpra ai casi in cui la persecuzione è operata dallo Stato di origine e non da gruppi non appartenenti ad esso. Questa interpretazione è stata d'altra parte rifiutata dal Consiglio di Stato, in una recente sentenza del 10 maggio. Il numero di persone che si sono viste riconosciute il diritto d'asilo è così diminuito considerevolmente, e così il numero delle domande diminuisce tanto è forte la dissuasione, proprio mentre le situazione di violazione dei diritti politici elementari nell'insieme dei paesi del mondo non sono evidentemente diminuiti. La nozione di asilo appare così sviata arbitrariamente. Essa è fondata più sull'interesse supposto del paese d'accoglienza che sulla sola realtà della persecuzione e dell'interesse del richiedente. Gli accordi di Schengen hanno espresso e rafforzato la cooperazione tra paesi europei nella loro preoccupazione di circoscrivere strettamente l'accoglienza degli stranieri perseguitati.

La legislazione controlla autoritariamente l'immigrazione a danno dei diritti della persona umana. Quanto all'immigrazione, un vero ingranaggio di sviluppo, pretendere di ridurlo attraverso misure autoritarie è fondamentalmente inaccettabile. Votate allo scacco, queste misure sviluppano e propagano un'immagine alterata dell'"altro" e delle sue intenzioni, e producono effetti direttamente alla rovescia di ciò che si pretende fare peraltro in materia di lotta contro il razzismo e la xenofobia. Quel discorso svela così il suo carattere falso. La legislazione francese, che alcuni vogliono ancora rendere più dura, apre all'amministrazione un gioco di possibilità dissuasive e produce, per gli stranieri che chiedono la regolarizzazione, un'insopportabile insicurezza giuridica. La legislazione moltiplica le condizioni richieste per ottenere i benefici di certi diritti, lasciando il campo libero all'interpretazione delle autorità amministrative o di polizia.

La legislazione persiste nella sua inefficacia nei confronti degli imprenditori clandestini. I maneggi di certi datori di lavoro e la compiacenza delle autorità nei loro confronti favoriscono largamente diverse forme di immigrazione clandestina. Molti stranieri entrati in Francia o in Europa non hanno compiuto soli questo atto difficile e rischioso. Essi sono stati reclutati da caporali che operano all'interno delle reti mafiose che puntano sull'ignoranza e sulle illusioni dei candidati alla partenza. Trasportatori, affittacamere, datori di lavoro poco scrupolosi utilizzano così una "massa di manovra" che permette una redditività e una flessibilità impossibile da realizzare in un quadro legale.

Il contesto internazionale è sfavorevole per certe categorie di stranieri. Una politica europea che sprofonda nella repressione. L'Europa non ignora che per la sua apertura al mondo ha bisogno di fare appello a manodopera straniera. Ciò nonostante, poco fiduciosa nel suo avvenire, malsicura della propria identità, ha ceduto alla tentazione della repressione. Mezzi polizieschi sono ovunque dispiegati, il numero delle "zone di attesa" e di centri di ritenzione si è moltiplicato, i termini della ritenzione amministrativa si sono allungati, le condanne colpiscono con severità i respinti e le misure di espulsione diventano spedite. In certi paesi, le schedature degli stranieri si automatizzano e sono unite alle schedature delle persone ricercate, alle schedature sociali, ai dati fiscali. Prendendo il titolo VI del trattato di Maastricht, cioè quel pilastro intergovernativo e non della comunità europea, la politica d'asilo e la politica d'immigrazione sono considerate come questioni di interesse comune, fatto che offre alla Francia uno spazio opportuno per la manifestazione della sua forza di proposizione. Al posto di partecipare ad un allineamento su posizioni comuni, che significherebbero per lei una vera regressione, ella deve alla sua tradizione specifica di proporre azioni comuni innovatrici in favore del rispetto dei diritti dell'uomo e dei diritti dei rifugiati. Queste azioni potrebbero prendere la forma di proposte di convenzioni basate particolarmente su misure per il raggruppamento familiare realmente conformi alle disposizioni della Carta europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà, su un principio di non cacciata dei richiedenti asilo la richiesta dei quali sia in conformità con la ragion d'essere del diritto d'asilo, su politiche concordate di lotta contro le grandi reti di reclutamento clandestino. Queste convenzioni dovrebbero prevedere la competenza della Corte di Giustizia. Nel quadro del titolo V del trattato di Maastricht che concerne la politica estera, un'azione comune forte dev'essere condotta per definire meglio la politica nei confronti dei paesi d'immigrazione e rompere con i metodi di cooperazione nei quali la Francia si è impantanata da molti anni e la cui prova che non contribuiscano allo sviluppo di queste società è sovrabbondante e che quindi nono portano a una riduzione della domanda migratoria. Infine, sarebbe ora di prendere sul serio gli impegni internazionali nel campo della protezione delle persone e del rispetto dei diritti dell'uomo. La Francia si sazia di un discorso soddisfacente sul suo ruolo specifico in questo campo. Ma gli strumenti internazionali non hanno nessuna forza di costrizione e comportano meccanismi di applicazione deboli, è facile contravvenire con misure legislative e ancor più attraverso pratiche amministrative a impegni che non servono che a parate verbali. Pertanto, l'Europa si illude, attraverso la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà, di servire da modello al mondo. L'Europa non può più per troppo tempo ancora contravvenire allo spirito stesso dei diritti dell'uomo che si vogliono universali, riservando ai soli "cittadini" europei il beneficio di questa convenzione che, contrariamente ai testi di portata universale, è fornito d'un meccanismo giudiziario d'applicazione.

Una cooperazione internazionale alla rovescia (contro) lo sviluppo duraturo. Parallelamente le società altamente sviluppate non cambiano niente ad una politica internazionale denunciata da molti decenni, in particolare dalle nazioni Unite. Esse scavano un baratro tra i popoli e al loro interno tra le categorie sociali. Così, la solidarietà negata dalla politica restrittiva sull'immigrazione e sull'asilo è stata rifiutata anche negli scambi internazionali il cui carattere iniquo è in parte all'origine dei movimenti migratori. Un nuovo approccio alla questione degli stranieri, chiaro e leggibile per tutti, deve esprimersi in una legislazione totalmente rinnovata, coordinata con un'iniziativa forte a livello europeo in questo campo e ben articolata ad un vero rinnovamento della politica di cooperazione con i paesi di migrazione.

Una legislazione francese moderna nei confronti degli stranieri presuppone: - un vero patto tra formazioni politiche in cui si impegnino a non fare dell'immigrazione un argomento di strumentalizzazione nella lotta politica. Sgonfiare i miti fin qui conservati, questo patto deve estendersi all'Europa e costituirne uno degli elementi fondanti. Esso deve basarsi su: - il rispetto dello straniero come di ogni essere umano. Ciò implica l'abbandono del sospetto sistematico nei confronti dello straniero che chiede asilo o lavoro, troppo spesso assimilato a un terrorista potenziale, come nei confronti dei matrimoni misti e del ricongiungimento familiare che deve essere ammesso come pratica perfettamente legittima. Ciò comporta il ritorno a valori di ospitalità e di cortesia da parte del personale di polizia o del personale amministrativo nel loro comportamento nei confronti degli stranieri. - una concezione dello sviluppo delle società europee che implichi la libertà di circolazione delle persone. Le conseguenze devono essere: - la regolarizzazione della situazione degli stranieri sans papiers già presenti sul nostro territorio nel rispetto dei criteri conformi ai diritti dell'uomo, alla legislazione del lavoro e agli impegni internazionali della Francia che sono al di sopra delle leggi della Repubblica. - una politica di concessione dei visti con l'applicazione degli stessi criteri. - delle misure efficaci contro i datori di lavoro clandestini (regolarizzazione della situazione delle persone entrati attraverso intermediari, solo modo di far perdere a questi imprenditori il beneficio di una manodopera senza contributi, ricerca dei responsabili, reclutatori diretti o indiretti, e aumento sensibile del numero di ispettori del lavoro).

Un'iniziativa internazionale forte da parte della Francia è necessaria. Essa deve comportare: - un'azione specifica sul piano europeo. Per rompere l'attuale solidarietà dei governi europei nella repressione, la Francia deve aprire la via ad una politica europea nei riguardi degli stranieri che sia il riflesso della sua politica rinnovata. Perciò è necessario: - delle proposte di convenzioni specifiche, tutte poste sotto l'obbligo di conformità con gli impegni derivanti dalla Convenzione di Ginevra sul diritto d'asilo e della Convenzione europea in materia di diritti dell'uomo e che apra la competenza della Corte; - una politica europea di cooperazione che superi le rivalità tra Stati e le pratiche neocoloniali per fondarsi su azioni orientate verso una politica di sviluppo durevole. - un rinnovo generale dell'aiuto allo sviluppo adattato ai paesi di migrazione che sono generalmente i più poveri o i più straziati da disordini politici gravi. Questo rinnovamento è un aspetto indissociabile e complementare - ma non alternativo - della politica dell'immigrazione e deve condurre a: - ad aumentare fortemente l'aiuto pubblico articolandolo ai criteri dello sviluppo durevole, a riconsiderare la questione del debito, quella del mercato delle materie prime così come quello delle esportazioni di armi; - a fare di grandi trattati internazionali in materia di diritti dell'uomo - civili e politici così come economici e sociali - la guida maggiore della politica internazionale.

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