32 ORE? NO GRAZIE!
Perché bisogna opporsi alla riduzione delle ore curricolari nelle superiori

di D. Molinari, della redazione di Filirossi, maggio 2001

 

Negli ultimi mesi la questione delle 32 ore ha animato la discussione all'interno delle scuole superiori di tutta Italia (vedi ad esempio l'articolo di Trovare dove stare di Andrea Bagni, su École del marzo scorso). Si tratta della possibilità di ridurre le ore curricolari nelle superiori fino a 32 ore settimanali, sostituendo le circa quattro ore in meno con percorsi formativi innovativi di vario tipo la cui progettazione è affidata alle singole scuole ormai in regime di autonomia didattica e organizzativa. Messa così la cosa potrebbe apparire allettante, e infatti subito nelle scuole si sono scatenate le riflessioni e le proposte più svariate, il tutto però il più delle volte in un contesto generale in cui regnano l'incertezza (e talvolta l'ignoranza) sul piano normativo e delle garanzie sindacali e professionali. E' forse il caso di fare un po' d'ordine e riflettere sulle problematiche che la ventilata riduzione oraria apre, partendo da una breve cronistoria.

L'origine della questione risale al 5 gennaio 2001, quando la circolare ministeriale n. 3 sulle nuove iscrizioni, citando disposizioni parlamentari, concede la possibilità alle scuole, che dovrebbero contestualmente fornire informazione alle famiglie, di "modificare i quadri orari dei vigenti piani degli studi superiori alle 32 ore settimanali riducendo non oltre tale limite". La medesima CM n.3 - 05.01.01, assicura che "le riduzioni dell'orario settimanale non dovranno in ogni caso comportare una minore dotazione di organico e le ore di servizio, eventualmente eccedenti, andranno utilizzate ai fini della realizzazione del piano dell'offerta formativa".

Il giorno 19 dello stesso mese di gennaio la CGIL Scuola, avendo ricevuto numerose sollecitazioni e richieste di chiarimenti in proposito, informa di aver contattato in via ufficiosa il ministero, che avrebbe dato la seguente risposta: "la disposizione [parlamentare] non è per ora operativa ed è riportata virgolettata nella circolare a mero titolo informativo" (vedi sito CGIL scuola, sezione rubriche/Scuola e utenza). In quell'incontro ufficioso i funzionari ministeriali avrebbero inoltre sottolineato "le righe che seguono la parte virgolettata [della CM n.3] dove si dice che l'Amministrazione recepirà tali impegni in un apposito regolamento". Di fronte a ciò, la stessa CGIL Scuola conclude: "fermi tutti fino alla definizione di questo regolamento!".

A tutt'oggi siamo fermi, dal punto di vista normativo, a questo punto: nessun regolamento è stato definito né emanato che recepisca tali impegni! Nel frattempo però c'è stato un pronunciamento del CNPI in merito.

Nei mesi primaverili il CNPI, chiamato ad esprimere il suo parere sulla bozza di regolamento e sul decreto di indirizzo in materia di curricoli della scuola di base, si trova anche a discutere della questione delle 32 ore, dal momento che giungono notizie di dirigenti scolastici che propongono ai collegi docenti le riduzioni d'orario come se il regolamento fosse già emanato. L'orientamento prevalente già nel mese di marzo è di netta contrarietà all'ipotesi di riduzione, poiché sembra ai più "una operazione priva di respiro strategico", come riferisce Vito Meloni, membro CGIL del CNPI, in una lettera ai suoi compagni di sindacato. Il 12 aprile, infine, il giorno seguente il famoso parere negativo alla riforma dei cicli con corollario polemico sul numero legale, questa volta all'unanimità con una sola astensione, il CNPI esprime parere negativo sulla riduzione oraria a 32 ore nelle superiori (vedi CNPI e 32 ore).

Esattamente un mese dopo le elezioni politiche sanciscono la vittoria della Casa delle Libertà, che preannuncia se non la cancellazione quanto meno la non attuazione della riforma dei cicli. Decisione che pare assolutamente strumentale, adottata per cercare di allargare i propri consensi in una categoria, quella degli insegnanti, in gran parte orientata a sinistra e che da sinistra si è opposta, a partire dal movimento contro il concorsone, alle pseudoriforme e alla politica scolastica dell'Ulivo. Il blocco della riforma, se ci sarà, potrebbe chiudere anche il discorso sulle 32 ore, che nella logica di anticipazione della riforma si inscrive. A questo punto però, colpo di scena: Enrico Panini, segretario generale della CGIL, sempre più compromesso con le scelte governative e sempre più isolato, da una parte annuncia che il blocco della riforma scatenerà la sollevazione di numerosissime scuole (!!!) e dall'altra prende un'iniziativa sulle 32 ore che sconfessa la stessa linea CGIL dei mesi precedenti, quella del "fermi tutti fino alla definizione del regolamento" e conseguente condivisione del parere negativo in seno al CNPI. Infatti, il 16 maggio, Panini scrive una lettera a De Mauro che riportiamo integralmente:

"la Cgil Scuola riceve continue sollecitazioni da molte scuole superiori che si dichiarano interessate e disponibili a sperimentare dal prossimo anno scolastico 2001-'02 la riduzione a 32 h dell'orario settimanale, mantenendo l'attuale organico.
Come Lei saprà, come Cgil scuola abbiamo sempre sostenuto in tutte le occasioni l'opportunità di anticipare, nelle situazioni che lo consentivano, l'attuazione dei cicli nella scuola secondaria superiore, in modo graduale, date le tante variabili in gioco, anche attraverso sperimentazioni che consentissero di verificare la fattibilità di alcune ipotesi. Ovviamente tutto questo all'interno di un assetto complessivo che andava precisato a livello nazionale, definendo coordinate di riferimento, cui le singole scuole dovevano richiamarsi.
Sono consapevole che il parere, per altro obbligatorio ma non vincolante, che il CNPI ha espresso su questa questione è stato di altro avviso.
Ritengo, però, opportuno sollecitarLa con questa mia richiesta, a riprendere in esame la questione, la cui delicatezza e complessità non mi sfuggono, per consentire dall'anno scolastico 2001 - '02 la sperimentazione alle scuole che la richiedono.
Andrà chiarito, a nostro avviso, che da queste sperimentazioni non sorgeranno vincoli per il lavoro della Commissione ma, al contrario, esse potranno fornire alla Commissione stessa elementi utili per il delicato e complesso lavoro che dovrà svolgere.
Ritengo, del resto, che questa mia richiesta si muova nel segno di quel principio autocorrettivo della legge sul riordino, da Lei stesso più volte opportunamente sottolineato.
Nel chiederLe un riscontro urgente alla questione che poniamo come Cgil scuola, La saluto cordialmente.

Che dire! Di fronte al fallimento annunciato delle scelte di politica scolastica sua e dei due ministri dell'Ulivo che si sono succeduti, il segretario nazionale della CGIL scuola si getta a cuor sereno e a testa bassa contro gli ostacoli, senza fare la minima autocritica e, come già ha fatto il suo amico ministro De Mauro, senza tenere in alcuna considerazione il pronunciamento - "obbligatorio ma non vincolante" - di un organo costituzionale come il CNPI.

Ma la contrarietà alle 32 ore non ha motivazioni solo di carattere normativo, bensì anche sindacale. La riduzione infatti presenta forti rischi sul piano occupazionale, aldilà delle intenzioni dichiarate di non ridurre le dotazioni organiche. Tale rischio è invece ben presente, come ricorda lo stesso CNPI: "in assenza della definizione di regole certe per un organico funzionale, che delineino compiti e forniscano garanzie di mantenimento nella titolarità d'istituto, la disposizione [che non si debbano determinare riduzioni della dotazione organica] appare una generica forma di «ingegneria oraria» da utilizzare per la copertura delle supplenze temporanee, poco rispettosa del ruolo docente e finalizzata ancora ad una logica di puro risparmio".

Oltre a mancare l'organico funzionale, non c'è nemmeno la modifica delle procedure di determinazione degli organici canonici. L'organico di una scuola infatti viene e ancora verrà calcolato dividendo il monte-ore complessivo di una disciplina per 18; i resti costituiscono gli spezzoni che si sommano a quelli di altre scuole per creare cattedre orario su più sedi. Per esempio, se una scuola ha 30 classi, ognuna delle quali fa 4 ore di scienze la settimana, l'organico di scienze sarà di 30 x 4 / 18 = 6 docenti più uno spezzone di 12 ore. Se la riduzione da 36 a 32 dovesse riguardare scienze per 1 ora, l'organico diverrebbe 30 x 3 / 18 = 5, senza alcun resto: si perderebbe cioè una cattedra e un docente sarebbe costretto a chiedere trasferimento. C'è chi sostiene che l'eliminazione di questa o quella materia potrebbe essere un "ottimo modo, fra l'altro, per liberarsi d'insegnanti scomodi" (cfr. Marina Di Bartolomeo, Una somma inquietante, École, n. 3, marzo 2001, pag. 29). Forse una cosa del genere non accadrebbe immediatamente, il prossimo anno scolastico, poiché i dati per la determinazione degli organici sono già stati trasmessi dai dirigenti scolastici ai provveditorati sulla base delle ore curricolari vigenti; ma per l'anno seguente non c'è nessunissima garanzia.

Nella mia scuola ad esempio, un ITC maxisperimentale in provincia di Milano, dove la riduzione delle ore curricolari nel biennio, sostituite dall'introduzione di materie opzionali, è già praticata da almeno un quinquennio, si sono perduti almeno quattro posti in organico di musica e latino, compensate solo da una riduzione del monte ore di studenti e studentesse. Per quanto riguarda la qualità e l'efficacia della didattica è difficile dare una valutazione obiettiva, visto che è mancata totalmente qualsiasi verifica dei processi attivati. Se analizziamo gli unici dati a disposizione (quelli della selezione, della dispersione e degli esiti degli esami finali) non si può dire che vi siano stati sensibili miglioramenti.

Inoltre, il richiamo della CM n. 3 alla "realizzazione del piano dell'offerta formativa" nel progettare le attività che servono a coprire le ore eccedenti dei docenti (ammesso e non concesso che si mantengano le dotazioni organiche) pare seguire anch'essa una logica di puro risparmio, per cui in nome di una preoccupazione reale (l'alleggerimento del carico disciplinare degli studenti) si procede a una operazione chiaramente strumentale: battendo sul tasto retorico della diversificazione dell'offerta formativa, si riversano infatti sull'orario di servizio dei docenti una parte di quelle attività, ora aggiuntive, che vengono retribuite sotto forma di salario accessorio con il fondo di istituto, preludio a una possibile ulteriore riduzione dei finanziamenti alle scuole, dopo la drastica riduzione dei fondi dell'autonomia.

A queste preoccupazioni di non piccolo conto e che segnano la volontà di stringere i cordoni della borsa che i grandi scioperi del 2000 hanno costretto ad allentare, si aggiungono quelle di ordine didattico, che qui si possono solo accennare e che richiedono una riflessione e degli approfondimenti a parte. Tra i pericoli maggiori vanno segnalati: la personalizzazione ancorché parziale dei curricoli, da certificare opportunamente, che apre la strada a percorsi differenziati in base al merito e alle capacità degli studenti (la materializzazione del cosidetto portfolio); la privatizzazione dell'istruzione mediante l'ingresso dell'impresa nella scuola in veste di erogatrice di pacchetti formativi (moduli) anch'essi opportunamente certificati dall'impresa stessa, spendibili in ogni momento sul mercato del lavoro; l'allargamento del solco tra le diverse scuole a seconda della loro ubicazione territoriale; l'accentuazione delle disparità regionali e territoriali (Nord/Sud del paese); la svalutazione del sistema educativo nazionale in base alla localizzazione delle scuole e delle imprese; ecc.

Quello della diversificazione dell'offerta formativa, altrimenti chiamata personalizzazione dei curricoli, è un chiodo fisso di molti dirigenti scolastici. Tra l'altro, sarà un caso, ma è strettamente connessa alla possibilità di accedere ai cospicui fondi europei mediante l'attivazione di progetti e convenzioni con enti vari, tra cui in particolare le regioni. Corsi di informatizzazione, diplomi linguistici a vari livelli e altre esperienze certificate da agenzie o enti accreditati (non la scuola che non ne ha le competenze) sono le opportunità che si aprirebbero agli studenti (quali?) al posto di quattro noiose e inutili ore curricolari! Questo è quanto sostiene, ad esempio, il dirigente scolastico della mia scuola, che sta facendo di tutto per far approvare dal collegio la riduzione a 32 ore. La filosofia di questa nuova scuola pervade nella sua ottica ogni aspetto organizzativo e didattico, e siccome è fortemente ideologica, è perfettamente adeguabile alle diverse questioni. Ad esempio, la risposta del dirigente a una collega che esprime le sue perplessità sulle caratteristiche di un progetto mirato al contenimento della dispersione scolastica, lascia intendere a quali studenti egli pensi quando elucubra su nuovi progetti e nuove attività: "non sarebbe possibile intervenire con cognizione di causa su quegli allievi veramente problematici che avranno bisogno di una programmazione ad hoc con percorsi formativi differenziati poiché legati alle effettive potenzialità dell'utenza. Si creeranno così percorsi formativi di serie "A" per quei ragazzi che hanno tutte le potenzialità per proseguire gli studi, e percorsi di serie "B" per quegli allievi che troveranno nella professione la loro realizzazione" (dal verbale della riunione del collegio docenti del 15 maggio 2001 dell'ITC "Gadda" di Paderno Dugnano).

Con l'occhio rivolto al "mercato dei clienti", dei quali si devono anticipare le richieste e stimolare la "domanda", con le 32 ore si intende sperimentare anticipatamente le decantate possibilità offerte dalla riforma. Quella riforma nell'alveo della quale tale riduzione si colloca; riforma che, come ricorda Marina di Bartolomeo nell'articolo citato, consente di "ritagliarsi il proprio percorso formativo, componendo insieme tanti segmenti. Se la strategia di scelta è buona, aumentano le speranze di occupabilità. Illusoria autonomia, chiusa nei limiti della ragione economica - la stessa di chi sceglie gli optional per ottenere in tempo reale la sua macchina personalizzata. La scuola è destinata così a trasformarsi in una nebulosa di materie e corsi variabili al variare della domanda, equiparandosi di fatto a un'agenzia formativa privata. Il suo cuore sarà il Pof, dove in base alle scelte didattiche si dettano le regole della flessibilità, con trasmigrazioni di docenti da una materia all'altra, scambi fra scuole, ricorso a esterni".

Quello delle 32 ore appare forse solo un piccolo e insignificante segmento nel piano complessivo di ridefinizione del sistema formativo tracciato dalla riforma, che tende a sua volta a ridisegnare mentalità e assetti sociali in nome dell'impresa e della svalutazione dei diritti a partire da quelli del lavoro. Resistere a questa manovra è essenziale, perché costituisce un momento importante nella lotta e nella resistenza contro il piano generale di una riforma modellata e pensata per garantire l'ingiustizia sociale.

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