IL PROBABILE MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE: «BLOCCARE SUBITO LA RIFORMA DEI CICLI»

Buttiglione: così rivisiterò la storia «Bisogna liberarla dalle incrostazioni marxiste»

La Stampa, Mercoledì 16 Maggio 2001

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Parlo con il ministro Buttiglione?
«Non ancora...».

Pubblica Istruzione, vero?
«Vedremo, parleremo. Partendo da un'esigenza: dobbiamo fare un governo politico, non abbiamo bisogno di tecnici al di sopra delle parti che garantiscano per una maggioranza populista. Sappiamo leggere e scrivere, non ci servono amanuensi che lo facciano per noi e ci insegnino a stare a tavola. Un governo che deve avere la fiducia del Parlamento dev'essere composto in buona parte da parlamentari».

E' finito il tempo dei tecnici alla De Mauro, per fare un nome?
«De Mauro ha tentato di dar seguito al lavoro di Berlinguer, cioè a una riforma che deforma».

Condivide l'intenzione di Berlusconi di bloccare subito la riforma dei cicli?
«Sì. Sarà un atto di saggezza: lo stesso De Mauro in un dibattito che ho avuto con lui si era detto disposto a sospendere per un anno la riforma. Perché è inapplicabile. Gli insegnanti non sono pronti: alcuni sono formati a trattare con i bambini, altri con gli adolescenti; se li si mescola, come si fa? E poi l'edilizia scolastica è concepita per cicli di 5 anni più tre, non per un unico ciclo di sette».

Dopo la sospensione che sarà della riforma?
«Apriremo una discussione che non è stata fatta, un confronto con insegnanti e famiglie da cui uscirà una riforma molto diversa».

Non era valida l'idea di introdurre elementi di meritocrazia?
«Certo. E la riprenderemo. Però un insegnante non è bravo perché risponde a un quiz, ma perché sa educare i ragazzi. E per individuare l'eccellenza educativa occorre in primo luogo far riferimento ai presidi».

C'è molto da cambiare nei programmi e nei libri di testo?
«Sì, molto. I giovani non devono studiare la storia universale, ma innanzitutto quella del loro paese. Inseguendo un astratto cosmopolitismo, si annoiano. Devono capire la cultura in cui sono nati».

Ad esempio?
«Il cristianesimo. Roma è piena di chiese. Un ragazzo che sta a Roma deve decifrare le pietre di Santa Sabina, e da lì risalire ai precedenti latini, e greci. Penso a una figura come quella del vescovo defensor civitatis, che è stata ricacciata nell'oblio. I programmi del governo di sinistra avevano un approccio mondialista, puntato tutto sulla storia sociale, che non fa capire quel che è accaduto prima».

Sta dicendo che programmi e libri di testo sono appesantiti da incrostazioni marxiste che vanno eliminate?
«Certo. Distinguiamo: il marxismo è una cosa seria, poco nota in Italia. Di veri marxisti ne abbiamo avuto forse uno solo, Galvano Della Volpe. Altra cosa è la vulgata italiana, infarcita di giudizi incardinati in una concezione scientifica che è caduta, e che quindi sono oggi appesi al nulla; per usare un termine gramsciano, sono folklore».

Sta pensando anche al Gramsci il cui studio è stato tanto raccomandato da Berlinguer?
«Sì. Gramsci appartiene alla cultura italiana, ma bisogna distinguere quel che è vivo da quel che è morto, eliminare gli elementi caduchi rimasti nell' aria. Vede, la storia va rivisitata. I giovani vanno aiutati a fare un bilancio critico».

Anche sul fascismo?
«Sì. Bisogna spiegare ai giovani perché i loro nonni sono stati fascisti, aiutarli a capire come il fascismo e il nazismo siano sorti nell'ottica della lotta al comunismo».

Analogamente andrà rivisitata la Resistenza?
«Occorrerà spiegare che alcuni resistenti hanno inteso combattere una guerra di liberazione - e che tra loro c'era l'esercito del Sud -, mentre altri intendevano combattere una guerra di classe, condotta con finalità e metodologie diverse. E spiegare perché la maggioranza degli italiani abbia atteso la liberazione senza schierarsi».

Continuerà l'insegnamento del latino e in particolare del greco, che Berlusconi disse di voler ridimensionare?
«Certo non tutti li dovranno studiare, ma sono una parte importante della nostra biografia, perché hanno formato modelli morali».

E' sicuro che il nuovo corso non vi porterà a scontrarvi con insegnanti e studenti? Che non si prepari una stagione di scioperi e occupazioni?
«Cercheremo di scongiurare tutto questo con il dialogo».

Quindi eviteremo i riti novembrini del Mamiani?
«Non sarebbe un male. Ormai alle rivoluzioni degli studenti non crede più nessuno».


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