Ma il problema fondamentale della scuola è di fornire i mezzi di conoscenza a tutti gli uomini di Elio Vittorini, Il Politecnico, n. 2, 6 ottobre 1945, parzialmente riprodotto in "Diario in pubblico. Autobiografia di un militante della cultura",
col titolo Scuola e uguaglianza culturale (1957).
Noi non siamo in tutto d'accordo con Marchesi. Egli certo pensa alla scuola qual'è oggi, e a quello che subito, da oggi, si può fare per cominciare ad avviarla su una strada nuova. Ma questa strada nuova dove dovrà portare? Anche se conveniamo che occorrono cinquant'anni, settanta, cento, per costruire tutta la strada, dobbiamo pur sapere quale sia la meta che vogliamo raggiungere: avere, cioè, una concezione della scuola come si ha una concezione della vita, e nel quadro di questa concezione porre i problemi dai più ai meno immediati, promuovere gradualmente le riforme necessarie. Quando Marchesi propone di portare subito a un complesso di otto anni l'istruzione (gratuita e obbligatoria) egli può anche avere la più generosa e progressiva concezione della scuola. Ma quando poi aggiunge che bisogna chiudere buona parte delle scuole medie e universitarie per ridurre a un minimo di "veramente capaci" i frequentatori di tali scuole e ottenere una "severa selezione" negli studi, egli mostra di condividere le preoccupazioni di chi ancora concepisce gli studi non altro che come un mezzo per formare i "quadri" della società. È un problema di formazione dei quadri sociali il problema fondamentale della scuola? Certo il problema di formare i quadri esiste, ma non è un problema che riguardi soltanto la scuola, riguarda tutta l'organizzazione della società. Riguarda la scuola solo perché la scuola può insegnare "anche" quanto occorre alla specializzazione tecnica di un uomo nella medicina, nell'ingegneria, nella chimica o semplicemente nella coltura dei piselli, nell'allevamento delle pecore. Ma vi è molto di più che la scuola può insegnare: la scuola può insegnare tutto quanto occorre all'uomo per diventare soggetto di cultura e di coscienza, di libertà, di capacità creativa e di fede nel progresso civile. E se è vero che la società ha per ora bisogno di limitare, selezionando, la formazione degli specializzati tecnici, cioè dei suoi quadri, non è meno vero ch'essa ha sempre più bisogno, se vuole essere sempre più civile, di togliere ostacoli e impedimenti nella possibilità per gli uomini di diventare soggetti di cultura e di coscienza. È nell'interesse della produzione, che non tutti siano ingegneri, medici, professori od operai specializzati, e che vi sia un gran numero di manovali dell'industria o di manovali dell'agricoltura. Ma è nell'interesse della civiltà che anche il più umile lavoratore manuale si trovi, di fronte ai libri, di fronte alle opere di arte, di fronte al pensiero scientifico e filosofico, di fronte alle ideologie politiche, di fronte ad ogni ricerca e ad ogni esperimento della cultura, nelle stesse condizioni di assimilabilità in cui funzionalmente si trova l'ingegnere, il medico o il professore. Che poi, trovandosi tutti nelle stesse condizioni di assimilabilità culturale, una gran parte rimanga disposta a non specializzarsi e a svolgere un lavoro puramente manuale, dipende solo dal grado effettivo di dignità che nell'organizzazione sociale si saprà riconoscere anche al più umile lavoro manuale, e dal fatto, pure sociale, di saper compensare il lavoro, tanto manuale che intellettuale, sulla base dell'energia impiegata a compierlo e non sulla base del suo valore finale. È sul terreno sociale che bisogna porre e risolvere il problema della formazione dei quadri tecnici. Sul terreno della scuola il problema fondamentale, anzi essenziale, non può essere altro che quello di fornire a tutti i mezzi della conoscenza, e rendere tutti armati, attrezzati, preparati nello stesso modo per accostarsi ai libri e alle opere d'arte, e partecipare alle ricerche della cultura. Anche nel promuovere le riforme più provvisorie non si può non tenerlo presente. Perché anche la più provvisoria riforma non dovrà essere rinnegata o smentita nel suo spirito dalle riforme che i tempi renderanno attuabili in seguito.
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