pubblicato il 19.07.25
Poliziotto picchiatore alla Diaz, vince in tribunale la causa: promosso ispettore e risarcito ·
Fabrizio Ledoti condannato a 4 anni per lesioni gravi ma prescritte, mentre la Corte europea chiede radiazioni e nessuna scadenza per i reati delle forze dell’ordine
19 Luglio 2025
Oggi, esattamente 24 anni fa, iniziavano le tre giornate genovesi del G8 di Genova. Una recente sentenza dimostra l’attualità dei fatti del 2001 in relazione a quello che è un tema irrisolto: le responsabilità delle violenze poliziesche e dell’inadempienza- politicamente trasversale – dei governi italiani rispetto alle indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Accade che, mentre i giudici Cedu di Straburgo da anni chiedono all’Italia di bloccare le carriere e sanzionare fino alla radiazione gli appartenenti alle forze dell’ordine che si siano macchiati di gravi reati, ecco, proprio mentre l’Europa chiede severità, uno degli agenti che fu protagonista della “macelleria messicana” nella scuola Diaz ottiene non solo l’avanzamento di carriera ma anche, come risarcimento, gli arretrati non percepiti per l’ingiusto ritardo nella sua promozione a ispettore.
Il protagonista di questa vicenda è Fabrizio Ledoti, che nel 2001 era uno dei capi squadra del Settimo nucleo del Reparto mobile di Roma, ovvero un’unità speciale appositamente creata e addestrata per il G8 genovese e dotata di micidiali manganelli, poi divenuti tristemente celebri, del tipo “tonfa”.
Ledoti verrà riconosciuto responsabile, come altri sei capi squadra, di lesioni gravi ai danni dei manifestanti che la notte tra il 20 e il 21 luglio dormivano nella scuola Diaz concessa al Genoa social forum. La condanna a quattro anni cadde in prescrizione visti i tempi dei processi, prolungatisi sia per il numero di imputati e parti offese che per l’omertà di corpo anche ai massimi livelli (quando la procura chiese le foto dei tesserini per i riconoscimenti, dal Viminale arrivarono foto tessere di ragazzini poco più che adolescenti).
Nel 2016, quattro anni dopo la sentenza di Cassazione, il Capo della polizia gli comminò la sanzione disciplinare consistita in 45 giorni di sospensione dal servizio. Molto meglio era andata ad un suo collega, Massimo Nucera, condannato a 3 anni e cinque mesi: sospeso per 30 giorni, la sanzione, in seguito, gli era stata decurtata ad un solo giorno di sospensione. Per quanto riguarda Ledoti, quello che qui rileva è che il Ministero registrò in maniera erronea l’inizio del periodo di sospensione, postdatandolo di qualche mese. Questo slittamento della decorrenza aveva impedito a Ledoti di partecipare ai concorsi per diventare vice ispettore e poi ispettore. Per questo si è rivolto al Tar Lazio che, pochi giorni, fa gli ha dato ragione annullando un’infinita serie di atti e determinazioni intermedie del ministero.
Per altro, anche prima di ottenere il grado, Ledoti, come scrivono i giudici in sentenza «dopo l’irrogazione della sanzione ha ottenuto l’estinzione del procedimento disciplinare… e ha ricevuto ben due benefici, conseguenti ad avanzamenti anche stipendiali, oltre che di carriera, senza che gli sia stato opposto alcun ritardo».
Infine, a Ledoti i giudici hanno riconosciuto anche un «risarcimento per il danno sofferto» ordinando al Ministero di versargli gli arretrati per il periodo dovuto allo slittamento della promozione. Non si sa se il Ministero presenterà ricorso, ma sicuramente è la dimostrazione di uno Stato di diritto che funziona.
Funziona meno, invece, se si allarga lo sguardo all’Europa. Poche settimane fa, a giugno, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha nuovamente condannato l’Italia per le violenze subite da parte di funzionari di polizia da un manifestante del Global forum di Napoli del marzo 2001. Nelle motivazioni, i giudici di Strasburgo ribadiscono quanto già avevano scritto nella prima sentenza di condanna dell’Italia relativa al G8 di Genova, quella del ricorso di Arnaldo Cestaro, il più anziano tra i noglobal massacrati di botte la notte della Diaz (Cestaro è mancato lo scorso anno). Ecco cosa scriveva la Cedu nel 2015 rispetto a Cestaro: «I poliziotti che hanno aggredito il ricorrente nella scuola Diaz-Pertini e lo hanno materialmente sottoposto ad atti di tortura non sono mai stati identificati».
Nella sentenza di Napoli la Cedu ribadisce: «Quando un agente dello Stato è stato accusato di reati che comportano maltrattamenti, è di fondamentale importanza che il procedimento penale e la condanna non siano prescritti…., è importante che egli sia sospeso dal servizio durante le indagini o il processo e licenziato in caso di condanna».
Nella vicenda Ledoti la Cedu è solo rumore indistinto di sottofondo, ma lo stesso si può dire, e a ben altri livelli, anche per gli alti dirigenti condannati per la Diaz ma che sono diventati chi il numero 2 della Direzione investigativa antimafia come Gilberto Caldarozzi o questore di Monza, come Filippo Ferri.
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