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_ Attraversare Genova, da Disobbedienti
Torneremo a Genova, un anno dopo, per disobbedire anche questa volta.
Disobbediremo alla morte di uno di noi, di noi molti e differenti che
un anno fa sfidammo i potenti della Terra e il loro illegittimo governo
globale.
Disobbediremo alla morte di un ragazzo, un ribelle, uno che si oppose
col suo corpo al dominio e che è stato ucciso per questo. Non dal caso, ma
da una violazione sistematica e pianificata dei diritti umani,
riconosciuta fin da Amnesty International, oggi. Non dalla balistica impossibile delle
perizie di Stato, non da un fato materializzatosi in un calcinaccio:
Carlo Giuliani è stato ucciso dal potere, dalla sua violenza fattasi allora
macchina di guerra, così come la guerrà è poi diventata polizia
dell'Impero.
La guerra globale permanente spalancatasi dietro e oltre la zona rossa,
la guerra contro cui oggi combattiamo.
Disobbediremo alla morte di Carlo: ci hanno rubato il suo corpo, ma la
sua ribellione vive e vivrà nell'amore dei mille e mille corpi di una sola
moltitudine insorgente, l'altro mondo possibile in cui aveva scelto di
vivere. Un mondo già in cammino, dentro e contro il comando omicida del
capitale, da Barcellona a Toronto, da Siviglia a Johannesburg,
dall'Argentina dell'autogoverno degli spogliati dal neoliberismo
all'Australia dell'assalto ai lager dei rifugiati.
Con la faccia di Carlo in
faccia a tutti i repressori.
Disobbediremo alla morte, così come ai riti che la consacrano: non
vogliamo commemorare, non sfileremo in un funerale vuoto, nemmeno parteciperemo
ad una celebrazione di astratte idee. Genova, un anno dopo, non è una fine
e neanche un inizio: è un luogo del mondo reale e dell'immaginario, da
attraversare nella nostra corsa ribelle. Veloci, come veloce è lo
scontro sociale generato dal travolgimento di tutti i diritti e dal fallimento
delle ipotesi di governo moderato della globalizzazione. Invisibili, come lo
sono i senza diritti, i senza casa e i senza cure, i senza reddito e i senza
contratto, i senza acqua e i senza permesso di soggiorno: invisibili
come i corpi reali di quanti saranno sanzionati nel censimento universale
della società di controllo, regalato alla destre di Bossi e Fini da un
centrosinistra di guerra.
Così a Genova noi vogliamo essere, con quant'altri lo vorrano, ancora
una volta espressione viva di quella moltitudine in marcia per la
liberazione dell'intero pianeta, estendendo conflitto e costruendo consenso.
Disobbediremo alla morte, il che per noi vuol dire disobbedire al
potere che la reca e la propaga: contro il potere che nega i diritti dell'umanità,
la disobbedienza alle sue leggi, per l'umanità. Contro il potere che
rapina diritti al lavoro, la lotta del lavoro che è dappertutto, per i diritti
di tutte e di tu tti. Contro il potere che schiavizza e che segrega,
l'azione diretta per la cittadinanza e la liberazione. Contro il potere che fa
della democrazia una maschera, l'autogoverno dei senza volto. Pratiche che
non vogliono sfilate né comizi, ma la capacità di comunicare ciò che già
siamo e ciò che è oltre ogni strumento di rappresentanza. Pratiche che non
vogliono dibattiti formali né rese dei conti simulate tra gruppi, bensì messaggi
concreti e prospettive più ampie per le nostre lotte.
Disobbediremo alla morte, il che per noi vuol dire ancora manifestare
la vita: quella che l'oppressione vuole dividere e controllare, quella che
il capitale mette ovunque e in ogni modo a profitto, quella che il mercato
divora e corrompe. La vita che cresce nella comunicazione tra tutti i
corpi e tutti i linguaggi, la vita che fluisce dalle terre e dalle culture e
dalle loro reti, la vita che si inventa ogni giorni oltre il margine a ngusto
dello sfruttamento. La vita che si afferma nella resistenza e nella
trasformazione: la vita con cui resistemmo a Genova e con cui l'abbiamo
comunicata. La vita che la comunicherà ancora, in piazze di immagini e
suoni e in un corteo che non invochi, ma affermi verità e giustizia. La vita
che chiede che gli assassini, quelli di un anno fa e quelli potenziali, si
tengano lontani: perché da loro viene la violenza che ritiutiamo.
Disobbediremo alla morte, saremo una festa: la festa delle e dei
ribelli, la gioia di disobbedire all'infamia della Boss-Fini come a quella delle
frontiere di Schengen, di disobbedire ai patti scellerati
dell'oppressione salariale come alle nuove leggi del patriarcato, di disobbedire
all'ordine di guerra, di disobbedire alla delimitazioni del conflitto per
generalizzare lo sciopero e farlo europeo.
A Genova, un anno dopo, la festa non è
finita.
Non è finita qui.
Da ogni luogo e d a nessuno, Italia, Europa, Pianeta Terra,
Luglio 2002, anno secondo della Guerra Globale Permanente
Movimento delle e dei Disobbedienti
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