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Riorganizzazione gruppo Migranti //01
Credo che a questo punto abbiamo scritto tutto ciò che c’era da scrivere,
abbiamo sentito tutto ciò che c’era da sentire, abbiamo visto tutto ciò che
c’era da vedere e per ultimo (last but not least) abbiamo riflettuto su
tutto ciò che c’era da riflettere.
Ora ci rimangono tre cose da fare che non sono escludenti una dall’altra.
Una è agire; ovvero mettere al servizio di una pratica concreta di lavoro
quotidiano tutte le competenze, i saperi, le volontà e le idee che possano
renderci sufficientemente visibili nella lotta alla deriva xenofoba,
razzista e di “caccia alle streghe” che l’attuale governo sta imponendo a
questo paese e di riflesso all’Europa.
Un’altra, che non ha niente di sbagliato ma basta scegliere, è quella di
ricominciare da capo con le riflessioni, le immagini, le parole e gli
incontri, cercando di costruire e consolidare una sorte di pensiero unico
che possa, alla fine di una lunga riflessione ( ma molto lunga!!) portarci
ad agire una sorte di disaccordo collettivo per come stano andando le cose
in materia d’immigrazione.
Ovviamente la terza è riuscire ad elaborare una strategia che tenga conto
d’entrambi i metodi, e che abbia come finalità creare l’ambiente adatto per
un lavoro quotidiano che possa non solo costruire iniziative o campagne ma
che dia una risposta alla quotidianità dei bisogno espressi ed elabori
alcuni progetti territoriali che si pongano in forte contrasto con la
legislazione attuale.
Nel frattempo che decidiamo quale forma scegliere, la strage d’innocenti
continua, si concretizza in una quotidianità di notizie spaventose come
l’incriminazione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
dell’equipaggio di un peschereccio italiano che a commesso il reato di
aiutare e trainare una delle tante carrette del mare, carica di donne e
bambini stremati, che in questi giorni si aggirano al largo delle coste
siciliane; o l’incriminazione per il reato di “sopralluogo finalizzato a
preparare atti di terrorismo” che ha visto incarcerare quattro cittadini
stranieri e uno italiano, sbattuti in prima pagina nei giornali e nei tg ,
nonché immediatamente scarcerati dallo stesso P.M che aveva chiesto
l’arresto per insufficienza d’indizi, raggiungendo i limiti della
“buffonata”. Fino ad arrivare all’aggressione subita dagli occupanti del
duomo di Treviso da parte di una banda di naziskin e le allucinanti
dichiarazioni del Sindaco Leghista.
A mio avviso non ci sono dubbi su quale strada scegliere per contenere e
contrastare questa sciagura, ma sono certo anche che qualsiasi iniziativa
s’intraprenda non può più essere finalizzata a se stessa.
Non saranno solo le singole iniziative, anche se vedono una grossa
partecipazione di uomini e donne, a costruire una proposta alternativa , che
possa non solo contrastare ma porsi come una sorte di “un'altra immigrazione
e possibile” alle leggi attuali.
Non possono essere lasciati ai singoli l’elaborazione di soluzioni a
problematiche complesse, che per forza diventano temporanee, perché non
riescono a trovare una loro sedimentazione all’interno di un territorio che
è di per se, totalmente destrutturato.
In questi anni, da l’applicazione della sanatoria del 98 e la conseguente
entrata in vigore della Turco Napolitano, all’attuale Fini Bossi, siamo
stati, volenti o nolenti, attraversati da un fenomeno che pian piano è
arrivato a costituire, secondo i potenti della Terra, il “pericolo pubblico
numero uno” non solo per l’Italia ma per tutto il Nord del Mondo.
L’escalation dell’inasprimento repressivo, razzista e xenofobo
caratterizzato dell’entrata in vigore di leggi sempre più discriminanti,
inique e barbare ci ha visto reagire con la costruzione d’iniziative,
campagne e pratiche concrete di disobbedienza che hanno cercato di arginare
il corso di questo fiume in piena che ha la sua sorgente nelle campagne di
terrorismo psicologico costruite dalla stampa e dalle istituzioni.
Però…
Seimila metri quadri di territorio sperimentale costituiscono di per sé un
laboratorio di disobbedienza quotidiana.
Questo spazio, con la sua gente, le compagne e i compagni che
quotidianamente lo fanno vivere, ha un compito oserei dire, “quasi
doveroso”. Quello di dotarsi degli strumenti, delle strutture e di forme di
comunicazione tali che li permettano di far fronte, in una maniera
risolutiva, alle problematiche, i bisogni e l’esigenze che è portatore un
soggetto particolare come il migranti.
Non si tratta di adottare la pratica del “famo tutto” che poi finisce nel
“no famo niente”, ma di costruire un gruppo di compagni e compagne che
sentano la necessità o il desiderio di sperimentarsi attraverso il tentativo
di dare risposte a questi bisogni lavorando insieme.
La creazione di uno sportello o segreteria migranti a questo punto , diventa
il luogo fisico nel quale poter costruire un progetto che dia un senso
concreto alle iniziative, seguendo un modello che cerchi di trasferire
competenze e saperi ai destinatari e conseguentemente produca aggregazione
sociale e politica.
L’imminente entrata in vigore della nuova legge può essere lo spunto per
iniziare a costruire un lavoro progettuale nella nostra riserva che abbia
come obbiettivo la creazione di una associazione gestita dai migranti che
possa rispondere ai bisogni che si faceva riferimento prima. Ed è in questa
ottica che una riflessione collettiva sulla Bossi Fini diventa obbligata,
sia per le dirette implicazione che produrrà sul centro (regolarizzazioni,
permessi, lavori, contributi, ecc.) sia per la costruzione di campagne
disobbedienti, che in altri luoghi si sono già avviati.
Alcuni spunti di riflessione provo a buttarli giù per arrivare con una bozza
“di ordine del giorno” da discutere all’attivo del 2 (dando per scontato che
si voglia fare)
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