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Riorganizzazione gruppo Migranti //02

REGOLARIZZAZIONI E PERMESSI

La legge parla molto chiaro al riguardo L’art.33 della legge di modifica della normativa in materia di immigrazione ed asilo - approvata definitivamente dal Senato l’11 luglio scorso ed in attesa di pubblicazione - prevede che chiunque abbia occupato personale extracomunitario nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della legge, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può regolarizzare il rapporto di lavoro denunciandone la sussistenza entro due mesi dall’entrata in vigore della legge.
La regolarizzazione è limitata ad un’unità per nucleo familiare, riguardo al personale che svolge lavoro domestico, mentre non sono posti limiti per il numero di coloro che sono adibiti all’assistenza di familiari affetti da patologie o handicap (in tal caso, è necessario presentare apposita certificazione medica).

Ovvero, non c’è nessun’altra possibilità di regolarizzare nessuno, e inoltre un possibile emendamento sull’emersione del lavoro nero (Tabacci) dovrà prima essere applicato agli italiani e si dovrebbe ancora radunare il Consiglio dei Ministri per promulgare un DDL ad hoc.

«3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all’articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:
a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi;
b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;
c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni.
Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni.
3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell’articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni.»;

Ora, contando le persone che lavorano nelle strutture, quelli che svolgono lavori saltuari e altri, avremmo la possibilità effettiva di regolarizzare quindici. Un costo approssimativo per la regolarizzazione di dieci persone e di: 230 per tre mesi per persona: 7.000 Euro Come sarà affrontato questa spesa e in che proporzione dovremmo contribuire come centro?
Ed è qui che, forzatamente, dobbiamo aprire un dibattito sul senso delle regolarizzazioni.
Uno degli aspetti più discriminanti di questa legge è la creazione di categorie di cittadini stranieri, quelli di serie A, che dovuto al fabbisogno di mano d’opera, risultano facilmente impiegabili nelle mansioni domestiche o l’assistenza. A questo si aggiunge il criterio di creazione di una “cassa facile” ovvero soldi immediatamente reperibili sul mercato grazie al pagamento anticipato dei contributi INPS. Garantiranno veramente la copertura previdenziale dei cittadini stranieri o serviranno, come qualcuno ha già citato con molto fondamento, alla costruzione di nuovi centri di detenzione o finanziamento delle espulsioni forzate? Cari compagni, parliamo di cifre che si aggirano intorno ai quindici milioni di Euro. E’ giusto dare un contributo, anche minimo che sia, a questa barbarie o è meglio denunciarla?
Sicuramente la risposta a questa domanda è ovvia ma diventa discutibile quando prendiamo in considerazione il lato umano. Le persone, uomini e donne che quotidianamente danno il loro contributo lavorativo in questo posto hanno, con questa procedura di regolarizzazione, l’ultima opportunità di acquisire un minimo di sicurezza e di garanzie nella loro permanenza in Italia. E questa condizione aprirebbe tutta una serie di possibilità di accesso ai diritti come la casa, la sanità, l’istruzione, ecc.
Molti segnali di disobbedienza rispetto a questo articolo iniziano a manifestarsi con campagne mirate.
I cattolici di base, legati a Pax Christi, Caritas, Beati, ecc, hanno lanciato la campagna nazionale “Adotta una colf” ovvero una forma di autodenuncia incorrendo nel reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, punibile da due a sei anni.
Ovviamente questa forma di dissenso rimane nella sfera dell’accoglienza sociale propria dell’aria di riferimento, ma diventa un segnale potente che incide nella spaccatura che si è creato nel governo tra centristi cattolici e integralisti padani.
In confronto con la già barbara Turco Napolitano, questo articolo sancisce, di giuri, lo straniero come merce di scambio legando la sua esistenza di fatto, ad un contratto di lavoro in regola.
Questo dovrebbe essere il senso sul quale improntare una campagna di disobbedienza legando il principio del diritto all’esistenza, subordinato al contributo che ogni persona dà alla crescita del PIL.
La “clandestinizzazione” del lavoro come unica scelte per la “declandestinizzazione” della persona è l’offerta mesa sul piatto. Diventare clandestini nell’esistenza per esserlo già nell’ambito lavorativo può essere una delle risposte.
Chi non ha un contratto a tempo indeterminato chiedere di essere portato in Corelli, rinunciando simbolicamente ad una cittadinanza, che per il fatto di essere generatore di un reddito basso, non ci garantisce tutti i diritti che ci aspettano.
Ovviamente non meno importante sono gli aspetti di controllo che questa legge mette in atto contro i migranti. La rilevazione delle impronte digitali a chiunque richieda un contratto nuovo o rinnovi un permesso di soggiorno costituirà il più formidabile contributo dell’Italia alla crescita del Sistema Informatico Schengen. Ogni impronta, ogni foto e ogni dato saranno archiviate in un cervellone centrale a Strasburgo che sarà disponibile per la consultazione da tutte le Polizie che formano parte del coordinamento “Eurocop”.

Fino ad oggi, salvo cambiamenti, la possibilità ad associazioi, enti di volontariato, cooperative ecc. di fare regolarizzazione “di massa” ovvero più di uno ad Associazioni, o più badanti che non possano presentare certificati medici di necessità e assolutamente in alto mare.
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