FRANCE.ZIP
Il primo numero di .ZIP è interamente dedicato al movimento francese dell'inverno 1995.

Il giornale-poster (70x100cm fronte/retro 2 colori) è distribuito GRATUITAMENTE nei centri sociali e info-shop di movimento oppure richiedetelo via e-mail a .Zip! (zip@ecn.org).


 

EDITORIALE
INTERVISTA A TONI NEGRI
AMMUTINAMENTO, RESISTENZA UMANA COME ANTI-ECONOMIA (testo di ORESTE SCALZONE)
INTERVISTA A GEORGES LAPASSADE (durante lo sciopero all'Università Paris VIII - 11 dicembre 1995)
ACT-UP: sieropositivi: la Francia vi preferisce morti
I CASSEURS, LA REPRESSIONE, LA SOLIDARIETA' (volantini distribuiti durante le manifestazioni del dicembre 1995)
LA CARTA BIANCA (dei servizi gratuiti per tutti)
ALTERNATIVE ROUGE ET VERTE (volantino distribuito dal movimento ecologista di sinistra francese)

 
 
 
 

EDITORIALE

Siamo un nuovo foglio informativo per creare un altro spazio pubblico, con l'ambizione di riflettere e muoversi in termini diversi di autogestione, autonomie, impresa politica e sociale, libera circolazione del sapere, soggetti, diritti di cittadinanza per tutti, immigrati e non... questo e altro per sperare in un mondo senza frontiere, attraversato da rapporti sociali più umani.
Contro l'intollerabilità dell'esistente per costruire altro da questo. Radicalmente altro. Poco scritto, ma essenziale. Messaggi trovati nelle reti telematiche e fermati perché non vadano persi, interviste o volantini, ma anche immagini, foto, disegni, perché il nostro immaginario vive di questo. Ci trovate in Internet, ma anche su carta e via radio. E poi in giro per le città.
Così riprendiamo il nostro viaggio nella sperimentazione sul terreno della comunicazione, una nuova "banda" per favorire l'ammutinamento del sociale contro il parassitismo della politica.
Per una critica radicale della palude della seconda repubblica, ma anche oltre la situazione di stallo in cui si sono arenate le realtà, spesso più trasgressive che sovversive, della scena "antagonista", obbligate a ripetere stancamente un modello predefinito di estremismo spesso solo verbale, comportamentale o esistenziale.

Per ripartire nella ricostruzione di un nostro percorso di liberazione abbiamo deciso di fare un giro in Francia, perché siamo convinti che solo dal conflitto, dai movimenti, dallo scontro tra potenza della autonomie sociali liberate e potere costituito si possano aprire nuove linee di fuga sovversive.
Si discute in Italia nella fase delle riforme costituzionali di un "modello francese" di democrazia rappresentativa da importare, ma l'unico modello francese che ci interessa è quello della rivolta studentesca senza mediazioni del marzo 1994 e quella dello sciopero ad oltranza dei lavoratori pubblici del dicembre 1995.

NEL PRIMO NUMERO

Vediamo nello specifico che cosa vi proponiamo in questo numero. Sarete investiti dalle parti più interessanti del movimento che nell'autunno-inverno del '95 ha scossa la Francia.
Ricordate? C'era un Primo Ministro (di centro-destra, o forse centro-sinistra, tanto non è così importante...), Alain Juppé, che eseguiva le direttive del proprio Presidente Jacques Chirac (sì, lo stesso che si diletta a "sperimentare" ordigni nucleari nel Pacifico), il quale seguiva le indicazioni della Commissione Europea, che prendeva ordini dal Fondo Monetario Internazionale (FMI)...

Fu così che per fare in modo che la Francia rientrasse nei vincoli stabiliti dal Trattato di Maastricht (i famigerati "numeri d'oro": l'inflazione al 3,4%, un deficit pari al 3% del prodotto interno lordo, un debito pubblico pari al 60% del pil), venne varato un piano di programmazione economica (e sociale) che prevedesse una nuova regolamentazione - in peggio - dei regimi pensionistici, della sanità (si veda il volantino di Act Up), dell'istruzione e la progressiva destatalizzazione di alcuni servizi pubblici essenziali come le ferrovie.

La risposta dei francesi - come leggerete in Autonomie e cause sociali - è stata decisa e inaspettata: la lotta dei ferrovieri e dei lavoratori del metro si unisce presto a quella degli studenti, dei minatori, dei disoccupati, di tutti i dipendenti pubblici e, soprattutto, riesce a guadagnarsi la solidarietà degli utenti, negando così il solito piacere del potere, quello di scatenare guerre tra poveri.

Le piazze invase da folle rabbiose evidenziano l'oceano d'incomprensione che c'è tra i progetti della Commissione Europea e la realtà dei lavoratori o, come afferma il sociologo Edgar Morin, il fossato tra il pensiero politico, tecnologizzato e autoridotto al tema della gestione economica, e la realtà.
Qualcuno (come Le monde diplomatique) ha affermato che questa è stata la prima rivolta contro la mondializzazione; purtroppo non è vero: manca un po' di autocoscienza e quel tocco di trance... (come spiega un altro sociologo, Georges Lapassade, in un'intervista a seguire). Ma quello che è accaduto in Francia non è poca cosa: l'elettroshock provocato dal black out nel circuito métro-boulot-dodo (metropolitana-lavoro-nanna) ha avuto l'effetto, per lo meno, di ricreare uno spirito di comunità, basato anche su piccole solidarietà come quelle tra gli utenti dei mezzi pubblici (un esempio è quello degli autostoppisti).

A Parigi, a dicembre, abbiamo avuto di nuovo il piacere di sentire un forte "No!" alle logiche meramente economiche. Ora, sta a noi far sì che il messaggio francese non venga lasciato cadere nel vuoto. Il 29-30 marzo a Torino si terrà la Conferenza Intergovernativa sull'applicazione e le possibili modifiche del Trattato di Maastricht. Un trattato che, come afferma Ralf Dahrendorf, prevedendo un'impossibile unità monetaria non è altro che un impedimento ad una vera unione politica europea. In realtà i vincoli europei coincidono perfettamente con quelli dei mercati e della mondializzazione ovvero di chi è interessato a fare del continente una semplice area di libero scambio.

Politiche economiche come quelle espresse oltralpe da Juppé - e in Italia di recente dal Governo Dini - trovano la loro legittimazione nella fiducia dei mercati e hanno come risultato la demolizione della coesione sociale a vantaggio della competitività. In Francia la disoccupazione giovanile sfiora il 25%: una massa potenziale di giovani arrabbiati (ricordate i "casseurs"?) alla quale i governi non sanno dare che risposte autoritarie.
E intanto le trasformazioni produttive che hanno investito le società occidentali spazzano sotto i colpi delle politiche liberiste i residui dei sistemi a democrazia rappresentativa. L'implosione del sociale trascina con sé il superamento anche formale di quei sistemi, tra crisi dello Stato-Nazione e crisi del sistema dei partiti e dei sindacati, mentre i centri decisionali diventano sempre più chiaramente le banche nazionali e i ministri economici dei 15 (sempre più spesso dei tecnici), e non quell'inutile simulacro che è il Parlamento Europeo.
Di fronte all'internazionalismo del capitale e delle monete vogliamo ripartire dall'internazionalizzazione delle lotte, per una battaglia che preveda la definizione della riduzione della giornata di lavoro a livello europeo, per un reddito di cittadinanza europeo, per la libera circolazione delle persone. La pulce nell'orecchio ve l'abbiamo messa: d'ora in poi se sentite parlare di globalizzazione, di Maastricht, accordi GATT, Ocse, FMI, ecc... drizzate le orecchie, si sta parlando di voi e di noi, e sempre sulle nostre teste. E ricordatevi che il 29-30 marzo a Torino avete un appuntamento; ditelo anche ai vostri amici europei (ed extraeuropei).

Un avvertimento: ci sarà di sicuro qualcuno che, in nome della stabilità di cambi e mercati, per non fare una brutta figura, vi chiederà di stare tranquilli: non li ascoltate.

Fate come noi, che eternamente preferiamo il disordine all'ingiustizia.





Lasciateci un messaggio; zip@ecn.org

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