Il
giornale-poster (70x100cm fronte/retro 2 colori) è distribuito
nei centri sociali e info-shop di movimento oppure richiedetelo via e-mail
a .Zip! (zip@ecn.org).
Siamo un nuovo foglio informativo per creare un altro
spazio pubblico, con l'ambizione di riflettere e muoversi in termini diversi
di autogestione, autonomie, impresa politica e sociale, libera circolazione
del sapere, soggetti, diritti di cittadinanza per tutti, immigrati e non...
questo e altro per sperare in un mondo senza frontiere, attraversato da
rapporti sociali più umani.
Per ripartire nella ricostruzione di un nostro percorso
di liberazione abbiamo deciso di fare un giro in Francia, perché
siamo convinti che solo dal conflitto, dai movimenti, dallo scontro tra
potenza della autonomie sociali liberate e potere costituito si possano
aprire nuove linee di fuga sovversive.
NEL PRIMO NUMERO
Vediamo nello specifico che cosa vi proponiamo in questo
numero. Sarete investiti dalle parti più interessanti del movimento
che nell'autunno-inverno del '95 ha scossa la Francia.
Fu così che per fare in modo che la Francia rientrasse
nei vincoli stabiliti dal Trattato di Maastricht (i famigerati "numeri
d'oro": l'inflazione al 3,4%, un deficit pari al 3% del prodotto interno
lordo, un debito pubblico pari al 60% del pil), venne varato un piano di
programmazione economica (e sociale) che prevedesse una nuova regolamentazione
- in peggio - dei regimi pensionistici, della sanità (si veda il
volantino di Act Up), dell'istruzione e la progressiva destatalizzazione
di alcuni servizi pubblici essenziali come le ferrovie.
La risposta dei francesi - come leggerete in Autonomie
e cause sociali - è stata decisa e inaspettata: la lotta dei ferrovieri
e dei lavoratori del metro si unisce presto a quella degli studenti, dei
minatori, dei disoccupati, di tutti i dipendenti pubblici e, soprattutto,
riesce a guadagnarsi la solidarietà degli utenti, negando così
il solito piacere del potere, quello di scatenare guerre tra poveri.
Le piazze invase da folle rabbiose evidenziano l'oceano
d'incomprensione che c'è tra i progetti della Commissione Europea
e la realtà dei lavoratori o, come afferma il sociologo Edgar Morin,
il fossato tra il pensiero politico, tecnologizzato e autoridotto al tema
della gestione economica, e la realtà.
A Parigi, a dicembre, abbiamo avuto di nuovo il piacere
di sentire un forte "No!" alle logiche meramente economiche. Ora, sta a
noi far sì che il messaggio francese non venga lasciato cadere nel
vuoto. Il 29-30 marzo a Torino si terrà la Conferenza Intergovernativa
sull'applicazione e le possibili modifiche del Trattato di Maastricht.
Un trattato che, come afferma Ralf Dahrendorf, prevedendo un'impossibile
unità monetaria non è altro che un impedimento ad una vera
unione politica europea. In realtà i vincoli europei coincidono
perfettamente con quelli dei mercati e della mondializzazione ovvero di
chi è interessato a fare del continente una semplice area di libero
scambio.
Politiche economiche come quelle espresse oltralpe da
Juppé - e in Italia di recente dal Governo Dini - trovano la loro
legittimazione nella fiducia dei mercati e hanno come risultato la demolizione
della coesione sociale a vantaggio della competitività. In Francia
la disoccupazione giovanile sfiora il 25%: una massa potenziale di giovani
arrabbiati (ricordate i "casseurs"?) alla quale
i governi non sanno dare che risposte autoritarie.
Un avvertimento: ci sarà di sicuro qualcuno che,
in nome della stabilità di cambi e mercati, per non fare una brutta
figura, vi chiederà di stare tranquilli: non li ascoltate.
Lasciateci un messaggio;
EDITORIALE
INTERVISTA A TONI
NEGRI
AMMUTINAMENTO,
RESISTENZA UMANA COME ANTI-ECONOMIA (testo di ORESTE SCALZONE)
INTERVISTA A GEORGES
LAPASSADE (durante lo sciopero all'Università Paris VIII - 11
dicembre 1995)
ACT-UP: sieropositivi:
la Francia vi preferisce morti
I CASSEURS, LA
REPRESSIONE, LA SOLIDARIETA' (volantini distribuiti durante le manifestazioni
del dicembre 1995)
LA CARTA BIANCA
(dei servizi gratuiti per tutti)
ALTERNATIVE ROUGE
ET VERTE (volantino distribuito dal movimento ecologista di sinistra
francese)
Contro l'intollerabilità dell'esistente per costruire
altro da questo. Radicalmente altro. Poco scritto, ma essenziale. Messaggi
trovati nelle reti telematiche e fermati perché non vadano persi,
interviste o volantini, ma anche immagini, foto, disegni, perché
il nostro immaginario vive di questo. Ci trovate in Internet, ma anche
su carta e via radio. E poi in giro per le città.
Così riprendiamo il nostro viaggio nella sperimentazione
sul terreno della comunicazione, una nuova "banda" per favorire l'ammutinamento
del sociale contro il parassitismo della politica.
Per una critica radicale della palude della seconda repubblica,
ma anche oltre la situazione di stallo in cui si sono arenate le realtà,
spesso più trasgressive che sovversive, della scena "antagonista",
obbligate a ripetere stancamente un modello predefinito di estremismo spesso
solo verbale, comportamentale o esistenziale.
Si discute in Italia nella fase delle riforme costituzionali
di un "modello francese" di democrazia rappresentativa da importare, ma
l'unico modello francese che ci interessa è quello della rivolta
studentesca senza mediazioni del marzo 1994 e quella dello sciopero ad
oltranza dei lavoratori pubblici del dicembre 1995.
Ricordate? C'era un Primo Ministro (di centro-destra,
o forse centro-sinistra, tanto non è così importante...),
Alain Juppé, che eseguiva le direttive del proprio Presidente Jacques
Chirac (sì, lo stesso che si diletta a "sperimentare" ordigni nucleari
nel Pacifico), il quale seguiva le indicazioni della Commissione Europea,
che prendeva ordini dal Fondo Monetario Internazionale (FMI)...
Qualcuno (come Le monde diplomatique) ha affermato che
questa è stata la prima rivolta contro la mondializzazione; purtroppo
non è vero: manca un po' di autocoscienza e quel tocco di trance...
(come spiega un altro sociologo, Georges Lapassade, in un'intervista
a seguire). Ma quello che è accaduto in Francia non è poca
cosa: l'elettroshock provocato dal black out nel circuito métro-boulot-dodo
(metropolitana-lavoro-nanna) ha avuto l'effetto, per lo meno, di ricreare
uno spirito di comunità, basato anche su piccole solidarietà
come quelle tra gli utenti dei mezzi pubblici (un esempio è quello
degli autostoppisti).
E intanto le trasformazioni produttive che hanno investito
le società occidentali spazzano sotto i colpi delle politiche liberiste
i residui dei sistemi a democrazia rappresentativa. L'implosione del sociale
trascina con sé il superamento anche formale di quei sistemi, tra
crisi dello Stato-Nazione e crisi del sistema dei partiti e dei sindacati,
mentre i centri decisionali diventano sempre più chiaramente le
banche nazionali e i ministri economici dei 15 (sempre più spesso
dei tecnici), e non quell'inutile simulacro che è il Parlamento
Europeo.
Di fronte all'internazionalismo del capitale e delle
monete vogliamo ripartire dall'internazionalizzazione delle lotte, per
una battaglia che preveda la definizione della riduzione della giornata
di lavoro a livello europeo, per un reddito di cittadinanza europeo, per
la libera circolazione delle persone. La pulce nell'orecchio ve l'abbiamo
messa: d'ora in poi se sentite parlare di globalizzazione, di Maastricht,
accordi GATT, Ocse, FMI, ecc... drizzate le orecchie, si sta parlando di
voi e di noi, e sempre sulle nostre teste. E ricordatevi che il 29-30 marzo
a Torino avete un appuntamento; ditelo anche ai vostri amici europei (ed
extraeuropei).
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