Pubblicazioni online
Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov
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Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
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Parte terza
Jugoslavia, Democrazie popolari e Cina
(1945-1952)
LA RIVOLUZIONE JUGOSLAVA
La Risoluzione sulla rivoluzione jugoslava e la IV Internazionale sintetizza tutta una serie di analisi svolte in documenti, relazioni o articoli a partire dall'estate 1948. Immediatamente dopo la rottura tra il Kominform e la Jugoslavia annunciata, come è noto, il 28 giugno 1948, la IV Internazionale aveva sottolineato la grande importanza e le implicazioni molteplici dell'avvenimento, iniziando uno studio assai più approfondito che in passato della realtà jugoslava e della rivoluzione che ne era all'origine. Come risulta da documenti di quel periodo - per esempio, dalla lettera aperta al PC jugoslavo (settembre 1948) e da una risoluzione del Comitato esecutivo internazionale della stessa epoca - il movimento trotskista si pronunciò per un appoggio critico alla Jugoslavia contro l'attacco di Stalin e delle direzioni dei vari partiti comunisti.
La Risoluzione che segue è stata approvata dal III Congresso Mondiale (1951).
1) La rivoluzione proletaria vittoriosa in Jugoslavia è fondamentalmente il risultato di due fattori storici: l'ascesa rivoluzionaria delle masse lavoratrici, che si è espressa nel movimento dei partigiani armati, e la politica specifica seguita dal PCJ nelle svolte importanti del processo rivoluzionario oggettivo.
Il movimento delle masse degli operai e dei contadini poveri contro l'imperialismo occupante, nelle condizioni di esacerbamento estremo delle contraddizioni sociali, andò oltre il quadro di una lotta di emancipazione nazionale, si allargò in una lotta contro gli sfruttatori jugoslavi, iniziò la loro espropriazione e distrusse, nel corso stesso di questa lotta, l'antico apparato statale sulla maggior parte del territorio jugoslavo. La politica specifica del PCJ, differenziandosi in ciò da quella di tutti gli altri partiti comunisti d'Europa, soprattutto sotto la pressione delle masse, prima accettò poi diresse la distruzione dell'antico apparato statale borghese, legalizzò e poi generalizzò la costruzione di un nuovo apparato statale proletario, consolidò e poi allargò le conquiste della rivoluzione proletaria, impegnando una lotta risoluta contro le deformazioni burocratiche dello stato operaio jugoslavo.
2) La prima tappa decisiva della rivoluzione jugoslava fu superata il 29 novembre 1943, alla riunione della seconda sessione dell'AVNOJ (Consiglio antifascista della Liberazione nazionale della Jugoslavia) a Javtse. In questa circostanza fu costituito un governo provvisorio, che esercitò la propria autorità su tutti i territori occupati dai partigiani - i quali formarono ben presto la maggior parte della Jugoslavia. La costituzione di questo governo, che si appoggiava sui Comitati di liberazione nazionale, costituiti a partire dal 1941, significò che il dualismo di potere, che era esistito in Jugoslavia dall'inizio dell'insurrezione dei partigiani, cominciava ad essere superato. Non si può parlare a partire da questo momento della esistenza di un apparato statale borghese centralizzato in Jugoslavia; solo sussistevano dei resti di potere borghese, mentre le successive misure di espropriazione e di confisca non lasciavano sussistere che i resti della proprietà borghese.
Il nuovo apparato statale centralizzato, basato sui comitati popolari, che l'AVNOJ cominciò a costruire, era un apparato statale a prevalenza proletaria. Avendo il PCJ di fatto conquistato il potere nei territori liberati, questa parte della Jugoslavia cessò di essere uno stato borghese; sotto un governo operaio e contadino, essa avanzò verso il compimento finale della rivoluzione proletaria.
b) La seconda tappa decisiva della rivoluzione jugoslava fu superata nell'ottobre del 1945 con il ritiro dei due ultimi ministri borghesi dal governo centrale provvisorio. La costituzione stessa di questo governo nel 1944 non fu che un episodio nello svolgersi della rivoluzione proletaria, provocato dalla pressione congiunta dell'imperialismo e della burocrazia sovietica. Pur ritardando la vittoria completa della rivoluzione proletaria, questo episodio non interruppe però il corso di essa. Durante il periodo stesso del governo di coalizione, il nuovo apparato statale, basato sui comitati popolari, si allargò all'insieme del territorio jugoslavo. Tutti i resti del potere politico della borghesia furono eliminati durante questo periodo. Il ritiro dei due ministri borghesi dal governo centrale non fu che l'espressione finale del fatto che la borghesia in quanto classe aveva perduto il potere e che il nuovo apparato statale era di una natura sociale diversa da quello della Jugoslavia dell'anteguerra. A partire da questo momento si compie il trapasso dal governo operaio e contadino alla dittatura del proletariato e la Jugoslavia diviene uno stato operaio. Ciò si manifestò nel fatto che le conquiste della rivoluzione proletaria jugoslava furono generalizzate e consolidate legalmente nel '45-46 con la legge sui comitati popolari, la legge sulla nazionalizzazione dei mezzi di produzione industriale, delle miniere e delle banche, e con la legge sulla confisca della proprietà, la legge sulla riforma agraria e l'annullamento dei debiti dei contadini ecc.
c) La terza tappa decisiva della rivoluzione jugoslava fu superata il 28 giugno 1948 con la rottura tra il Kremlino e il PCJ. Dopo il consolidamento delle conquiste della rivoluzione jugoslava, il PCJ passò alla loro estensione con la nazionalizzazione del commercio all'ingrosso e di una parte considerevole del commercio al minuto, con lo stabilire di fatto il monopolio del commercio con l'estero, con l'inizio della collettivizzazione dell'agricoltura e con il piano quinquennale di industrializzazione e di elettrificazione del paese. Nello stesso tempo si svilupparono in Jugoslavia delle deformazioni burocratiche del potere proletario, sulla base contemporaneamente del carattere arretrato del paese e della politica staliniana della direzione del PCJ, che imitava le istituzioni dell'URSS burocratizzata.
La rottura tra il Kremlino e il PCJ, espressione del rifiuto del PCJ di subordinare gli interessi della rivoluzione jugoslava a quelli della burocrazia sovietica, aprì la porta alla lotta contro queste deformazioni burocratiche. Le principali misure prese nel quadro di questa lotta furono: la costituzione di consigli operai e l'inizio della gestione operaia delle imprese; la democratizzazione delle cooperative; l'abolizione dei privilegi dei funzionari del partito e dello stato; la decentralizzazione dell'apparato direttivo dell'economia; l'inizio di democratizzazione della vita culturale e ideologica ecc.
3) La dinamica della rivoluzione jugoslava conferma in ogni punto la teoria della rivoluzione permanente:
a) Essa conferma che la lotta delle masse lavoratrici per l'emancipazione nazionale contro l'imperialismo non può essere vittoriosa che operando la sua trascrescenza in rivoluzione proletaria. Questa trascrescenza in Jugoslavia non è stata dovuta a fattori particolari o congiunturali, ma ha costituito un'applicazione della strategia generale formulata dalla IV Internazionale per tutti i paesi occupati dall'imperialismo in Europa durante la seconda guerra mondiale. Il fatto che questa strategia è stata applicata con successo solo in Jugoslavia è dovuto al carattere specifico del FCJ, che diresse il movimento delle masse.
b) Essa conferma che un paese arretrato non può risolvere i problemi della rivoluzione borghese (soluzione della questione agraria, eliminazione delle sopravvivenze semifeudali nel potere statale, conquista di una vera indipendenza nazionale ecc.) se non con la conquista del potere da parte del proletariato, che si vede obbligato, in queste condizioni, ad intraprendere simultaneamente la soluzione dei problemi storici della rivoluzione proletaria.
c) Essa conferma inoltre che lo sviluppo e l'allargamento della democrazia proletaria dopo il consolidamento del potere proletario sono al tempo stesso possibili e necessari per combattere efficacemente le tendenze antisocialiste e burocratiche che esistono e si sviluppano nello Stato operaio. Essa rappresenta di conseguenza una conferma e una giustificazione storica in modo positivo di tutta la lotta di Leone Trotzkij e dell'Opposizione di Sinistra in URSS tra il 1923 e il 1927, come la degenerazione dell'URSS ne costituì una giustificazione per via negativa.
d) Essa infine conferma che una rivoluzione proletaria vittoriosa in un paese arretrato, circondato da un mondo ostile, si sviluppa necessariamente attraverso difficoltà e contraddizioni crescenti, che si riflettono in crisi economiche e tensioni sociali successive all'interno dello stato operaio. Solo una estensione internazionale della rivoluzione e l'aiuto fornito alla rivoluzione jugoslava dal proletariato vittorioso di parecchi paesi avanzati potrebbero assicurare una soluzione reale e armoniosa dei problemi posti dall'industrializzazione e dalla collettivizzazione volontaria dell'agricoltura.
La dinamica della rivoluzione jugoslava conferma nello stesso tempo l'analisi della questione dell'URSS e dello stalinismo fatta dalla IV Internazionale. Essa conferma il carattere dei partiti staliniani come partiti operai degenerati, spiegazione indispensabile per capire il nuovo corso preso dalla rivoluzione jugoslava dopo la rottura tra il PCJ e il Kremlino. Essa conferma soprattutto la tesi fondamentale del movimento trotzkista, secondo cui lo stalinismo è un fenomeno caratteristico di un periodo di regresso della lotta rivoluzionaria delle masse e non può essere superato che da un nuovo slancio di lotte rivoluzionarie. In Jugoslavia, primo paese in cui il proletariato conquistò il potere dopo la degenerazione dell'URSS, lo stalinismo non esiste praticamente più, oggi, come fattore importante del movimento operaio; il che non esclude d'altronde una sua possibile ripresa in certe circostanze.
4) Le prospettive della rivoluzione jugoslava sono determinate fondamentalmente dai rapporti di forza tra le classi sul piano nazionale e internazionale. In Jugoslavia lo stato operaio deve far fronte ad una pressione crescente dei contadini proprietari, che da una semplice produzione di merci cercano di passare all'accumulazione capitalista per mezzo dell'appropriazione privata dei mezzi di produzione. Questa tendenza si sviluppa automaticamente e necessariamente sulla base del livello economico e tecnico attuale del paese e coincide con la tendenza dei «Kulaki» ad operare la loro fusione con il mercato capitalista internazionale.
Sino al 1951 tale tendenza tu tenuta in iscacco: a) dalla lenta modificazione dei rapporti delle forze sociali in seguito all'industrializzazione del paese, all'aumento numerico del proletariato, alla sua coesione, alla sua coscienza politica e alla sua cultura crescenti, grazie all'inizio di sviluppo della democrazia proletaria; b) dalla differenziazione all'interno stesso della classe contadina, che risultava dall'appoggio dato dallo stato operaio ai contadini poveri e allo sviluppo delle cooperative agricole; c) dalle misure di coercizione dello stato operaio, che impedivano l'imporsi dell'automatismo economico: proibizione della vendita e dell'acquisto di terre al di sopra di 30 h.; doppio settore dei prezzi; quote progressive delle consegne forzate di prodotti agricoli (imposta in natura ecc.).
Ciononostante, sinché la produzione di oggetti di consumo industriale non assicura ai contadini un reddito reale crescente parallelamente all'aumento delle produzioni agricole e sinché la meccanizzazione dell'agricoltura non crea una base sana per la collettivizzazione dell'agricoltura, l'industrializzazione prosegue tra l'ostilità e la resistenza di una parte dei contadini. Solo la partecipazione crescente del proletariato all'esercizio del potere può, in queste condizioni, proteggere per il futuro immediato le conquiste della rivoluzione. Solo l'estensione considerevole delle misure attuali di democratizzazione e di lotta contro il burocratismo possono assicurare allo stato operaio l'appoggio cosciente delle masse proletarie.
Ora le misure di democratizzazione introdotte nel 1950 hanno modificato solo assai lentamente l'atteggiamento del proletariato industriale, a causa della sua diffidenza, giustificata dal passato, verso questo corso del PCJ, a causa del peso della carestia e della miseria e dell'insieme delle condizioni oggettive sfavorevoli ad una larga mobilitazione rivoluzionaria delle masse. I bisogni della democratizzazione cominciano egualmente ad entrare in contrasto con la logica inerente al corso a destra della politica estera e della ideologia ufficiale del governo e del PCJ. Per questo i rapporti di forza tra le classi hanno cominciato a modificarsi all'interno della Jugoslavia a partire dal 1951 a sfavore del proletariato. Lo stato operaio è stato obbligato a fare una serie di concessioni al nemico di classe, comportanti in particolare: (a) la liberalizzazione dei prezzi e degli scambi, la quale permette una accumulazione privata accelerata da parte dei contadini ricchi e dei commercianti speculatori (b) l'arresto della collettivizzazione agraria e il permesso per i contadini di abbandonare certi tipi di cooperative agricole (e) la riduzione delle misure di pianificazione, soprattutto nel campo degli investimenti (d) la decentralizzazione del commercio estero, che rischia di minare rapidamente il monopolio di questo commercio.
5) Su scala internazionale una pressione crescente si esercita sulla rivoluzione jugoslava da parte dei suoi due nemici mortali: l'imperialismo mondiale e la burocrazia sovietica:
a) l'imperialismo mondiale cerca di distruggere le conquiste della rivoluzione jugoslava, il regime di dittatura del proletariato e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione nelle industrie e nelle miniere. Esso conta di raggiungere questo scopo a tappe: prima con l'utilizzazione di una pressione politica ed economica, poi con un intervento armato, aperto o mascherato. Attualmente il suo obiettivo è la inclusione della Jugoslavia nel fronte diplomatico imperialista e nel suo dispositivo militare mediterraneo. Partendo di qui, esso cerca di ottenere in un secondo momento un diritto di supervisione sulla economia jugoslava, il diritto di investimenti nelle miniere e nell'industria, la legalizzazione dei partiti borghesi e piccolo-borghesi, la distruzione di fatto del monopolio del commercio estero ecc.
b) la burocrazia sovietica cerca di ottenere con tutti i mezzi l'eliminazione di un regime di dittatura del proletariato indipendente dal Kremlino, minaccia mortale per l'influenza dello stalinismo sul movimento operaio internazionale e alla lunga egualmente per il potere della burocrazia nell'Europa Orientale e nell'URSS stessa. La distruzione delle conquiste della rivoluzione proletaria jugoslava da parte dell'imperialismo rappresenta per il Kremlino un male minore in confronto a uno sviluppo indipendente della Jugoslavia proletaria. Sin qui tutta la politica del Kremlino nei confronti della Jugoslavia (blocco economico, dimostrazioni militari, provocazioni, campagne di propaganda ecc.) ha mirato a spingere questo paese nel campo imperialista. Questa politica, però, non fa che preparare un'altra tappa della strategia staliniana controrivoluzionaria nei confronti della Jugoslavia, che sarebbe un tentativo di includere la Jugoslavia nella sfera di influenza della burocrazia sovietica per mezzo di un intervento militare.
Alla lunga questa doppia pressione ostile esercitata sulla rivoluzione jugoslava non potrà essere controbattuta con successo se non per mezzo dell'appoggio cosciente del proletariato mondiale e della vittoria internazionale della rivoluzione socialista. Per il futuro immediato la situazione di instabile equilibrio tra l'imperialismo e la burocrazia sovietica accorda una certa dilazione alla rivoluzione jugoslava. Ma questa dilazione si pone, soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Corea, nel quadro di una pressione parallela accresciuta esercitata sulla rivoluzione jugoslava, pressione che non è neutralizzata da un'azione proletaria internazionale sufficientemente vasta di aiuto alla Jugoslavia. In queste condizioni, lo stato jugoslavo si è visto obbligato a fare una serie di concessioni ai suoi nemici nel campo internazionale. Ciò ha condotto ad una deviazione opportunista della sua politica estera e particolarmente di quella del PCJ (idealizzazione dell'ONU, neutralismo, concezione piccolo-borghese dell'aggressione, concezione pacifista di collaborazione di classe nella lotta contro la guerra ecc.).
Senza una modifica radicale dei rapporti di forza tra le classi su scala internazionale, questa tendenza rischia di approfondirsi e di precipitare la rivoluzione iugoslava alla sua rovina. La contraddizione tra l'evoluzione progressiva dello Stato jugoslavo in sé nel 1950 e la evoluzione a destra della sua politica estera, che è stata l'espressione della crisi di isolamento della rivoluzione jugoslava, troverà in un prossimo avvenire una soluzione o in un senso o nell'altro: o la rivoluzione socialista jugoslava si fonderà con il movimento rivoluzionario e con la rivoluzione internazionale, o le concessioni internazionali all'imperialismo saranno estese a concessioni decisive all'interno stesso della RPFJ.
Ma malgrado la deviazione a destra della sua politica estera e malgrado tutte le concessioni che è stata già obbligata a fare dal nemico di classe in Jugoslavia stessa, la direzione del PCJ e dello stato operaio jugoslavo non può abolire «a freddo» le basi materiali di questo stato senza distruggere se stessa. L'imperialismo americano e i contadini ricchi iugoslavi hanno solo un interesse contingente a trattare con il PCJ per strappargli delle concessioni; il loro interesse fondamentale esige la distruzione dello stato operaio e la riconsegna del potere nelle mani dei politici borghesi, che riappaiono già alla superficie. Per questa ragione la politica del PCJ si caratterizzerà nel prossimo periodo - periodo di lotte sociali esacerbate in Jugoslavia - per il suo carattere centrista vacillante, capace di passare bruscamente da un corso a destra ad un corso di lotta avventurista contro i kulaki e capace di attaccarsi al potere con tutti i mezzi. Dipenderà fondamentalmente dal grado di attività reale del proletariato jugoslavo nei consigli di fabbrica e nei comitati popolari se il PCJ sarà obbligato ad un approfondimento della democrazia operaia, il che non potrebbe tardare ad avere delle ripercussioni sulla politica estera di questo partito, o se, nell'assenza di una vera mobilitazione delle masse, prenderà delle forme sempre più burocratiche.
6) E' impossibile determinare la dinamica e le prospettive della rivoluzione jugoslava senza definire al tempo stesso il carattere del PCJ. Lo stalinismo si definisce per la subordinazione degli interessi dei lavoratori a quelli della burocrazia sovietica; il PCJ, a partire dal 1941, abbozzò un orientamento che doveva condurre alla rottura del 1948 e di conseguenza cessò di essere un partito staliniano nel senso pieno della parola. La diversità di orientamento del PCJ in confronto agli altri partiti comunisti d'Europa si effettuò in primo luogo sotto la pressione delle masse; ma ciò non basta a spiegare l'evoluzione della Jugoslavia. In altri paesi, dove l'ascesa rivoluzionaria era potente come in Jugoslavia, almeno al principio (Spagna 1936, Grecia 1944) il partito comunista assunse un corso diametralmente opposto a quello del PCJ. La differenza di orientamento del PCJ in confronto agli altri PC di Europa non può che risultare dall'azione reciproca tra la spinta rivoluzionaria delle masse e i cambiamenti di concezioni strategiche che si produssero nella direzione del PCJ, in condizioni favorevoli, tra cui va aggiunta l'assenza di un apparato di controllo del Kremlino operante sul posto. In una prima tappa questi cambiamenti si espressero in un tentativo della direzione del PCJ di conciliare gli interessi della rivoluzione jugoslava con quelli della burocrazia sovietica ('41 - inizio '48). Pur mantenendosi, per questa ragione, nel quadro internazionale della politica staliniana e pur accettando senza riserve la politica interna ed estera della burocrazia sovietica, il PCJ si differenziò però sin da allora dalla politica staliniana sui punti seguenti: (a) fondazione sin dal '41 di «comitati popolari di liberazione nazionale» e di «brigate proletarie» nel movimento dei partigiani; (b) rifiuto di collaborare, dal '42, con i cetnici di Mihailovich e con il governo borghese in esilio; (c) orientamento - sin dal '43 - verso la presa del potere effettivo da parte del PCJ e verso la costituzione di un apparato statale nuovo, di tipo proletario; (d) eliminazione - sin dal '45 - malgrado gli accordi dei «Tre Grandi», delle ultime vestigia del potere borghese nel paese e compimento della rivoluzione proletaria; (e) sviluppo di una politica estera e di un orientamento economico più autonomo dal Kremlino che non gli altri paesi dell'Europa Orientale.
L'accumularsi di tutte queste azioni, unitamente ad una critica iniziale non pubblica dell'insieme della politica staliniana (in particolare: critica dei privilegi più esorbitanti degli alti funzionari in URSS, critica delle relazioni di saccheggio economico imposte dalla burocrazia ai paesi della sua zona, critica della politica dei partiti comunisti italiano, francese e greco al momento della «liberazione» ecc.) ha condotto il Kremlino alla rottura preventiva con il PCJ. Questa rottura si annunciava come inevitabile a causa della irreconciliabilità di interessi tra la rivoluzione jugoslava e la burocrazia sovietica.
A partire da questa rottura si apre una seconda fase di differenziazione tra il PCJ e lo stalinismo. Progredendo in modo puramente empirico, il PCJ ha progressivamente sottolineato : (a) la subordinazione del movimento comunista internazionale agli interessi del Kremlino e le disfatte provocate al movimento operaio di parecchi paesi a causa di questa subordinazione; (b) il totale controllo politico, economico, militare, culturale ecc. della burocrazia sovietica sui paesi della sua zona e le conseguenze nefaste che ne derivano per le masse lavoratrici di questi paesi; (c) l'orientamento fondamentale della burocrazia sovietica verso una divisione del mondo a mezzo della determinazione di un «modus vivendi» con l'imperialismo e l'utilizzazione del movimento operaio come moneta di scambio a questo fine; (d) la degenerazione dell'URSS in seguito all'isolamento del primo stato operaio e al suo carattere arretrato, e la formazione di una casta burocratica privilegiata che ne ha usurpato tutto il potere in URSS; (e) il pericolo di burocratizzazione in ogni rivoluzione proletaria, pericolo che non può essere combattuto che da una crescente democrazia proletaria; (f) la necessità di ricostruire il movimento operaio in molti paesi.
A partire da questo momento, il PCJ cessa di essere un partito semi-staliniano ed evolve nel senso di un partito centrista portato al potere dalle masse rivoluzionarie e che si caratterizza inoltre per deviazioni opportuniste di destra. Le sue deviazioni più importanti sono: (a) il carattere empirico della sua evoluzione ideologica, che non ha ancora riconquistato la concezione leninista di insieme della natura della nostra epoca; (b) il carattere pragmatico e non di principio della politica estera del PCJ, che tende a giustificare le manovre diplomatiche dello stato jugoslavo; (c) la sottovalutazione del movimento operaio internazionale e l'incomprensione della teoria della rivoluzione permanente nel suo insieme; (d) l'assenza del diritto di formazione di tendenze nel PCJ; (e) una concezione opportunista della costruzione dei partiti rivoluzionari nel mondo (generalizzazione dell'esperienza jugoslava, sottovalutazione dell'importanza del programma ecc.); (f) dopo la svolta a destra della politica estera iugoslava, l'elaborazione pragmatica di una teoria del «capitalismo di Stato» in URSS, legata a concezioni neoriformiste sulle «nuove forme» del capitalismo ecc.
Solo una modificazione dei rapporti di forza internazionali tra le classi, uno slancio dei movimento rivoluzionario internazionale, l'aiuto e la critica fraterna di questo movimento e una comprensione crescente da parte dei quadri del PCJ eviteranno che il partito si cristallizzi sulle sue posizioni false, il che non avrebbe come conseguenza che la liquidazione degli effetti positivi della questione jugoslava. Già le posizioni prese in seguito alla guerra di Corea hanno in parte compromesso gli effetti della questione jugoslava nella crisi internazionale dello stalinismo; non è escluso che, in queste condizioni e in assenza di una direzione rivoluzionaria internazionale sufficientemente forte, lo stalinismo possa riprendere piede persino nelle file del PCJ.
Le posizioni e l'atteggiamento che il PCJ assumerà nei confronti del trotzkismo - sia apertamente, sia fingendo di ignorarlo - acquistano a questo proposito un'importanza politica considerevole. Non si tratta semplicemente di una rettifica storica del passato; è la prova per mezzo della quale una corrente operaia, uscita dallo stalinismo, potrà riannodarsi alla tradizione e al programma del bolscevismo e in tal modo superare definitivamente e decisamente lo stalinismo.
7) I compiti della IV Internazionale nei confronti della rivoluzione jugoslava si stabiliscono nel quadro della strategia generale, conformemente a quest'analisi della natura dello stato jugoslavo e del PCJ;
(a) La IV Internazionale difende incondizionatamente le conquiste della rivoluzione jugoslava contro l'imperialismo mondiale e contro la burocrazia sovietica. Essa concepisce questa difesa al tempo stesso come un compito strategico - congiungimento della rivoluzione internazionale con la rivoluzione jugoslava - e come un compito tattico immediato: mobilitazione dell'avanguardia rivoluzionaria internazionale e delle masse proletarie di tutti i paesi per azioni di difesa delle conquiste della rivoluzione proletaria jugoslava. Questa difesa non può entrare in contrasto con gli interessi della rivoluzione mondiale di cui fanno parte le conquiste di Ottobre. La IV lnternazionale assicurerà anche questa difesa contro ogni tentativo delle forze interne di utilizzare la Jugoslavia contro gli interessi della rivoluzione mondiale.
b) In caso di guerra della burocrazia sovietica contro la RPFJ, la IV Internazionale sarà per la difesa della Jugoslavia contro Fazione controrivoluzionaria del Kremlino. Questa politica, basata sugli interessi della rivoluzione mondiale, sarà indipendente da qualsiasi aiuto materiale che la RPFJ potesse eventualmente ricevere dai paesi capitalisti. In caso di allargamento del conflitto questa posizione sarà esaminata di nuovo in ogni caso concreto.
c) La IV Internazionale si sforza di intraprendere con il PCJ delle azioni di fronte unico con degli obiettivi precisi. Ciascuna di queste azioni suppone un nostro accordo di principio quanto all'obiettivo da raggiungere e non può in nessun modo sopprimere il diritto di critica del movimento rivoluzionario internazionale nei confronti della politica del governo e del partito comunista jugoslavo. La possibilità di realizzare in pratica tali azioni si restringe all'estremo nel quadro del corso a destra attualmente seguito dal PCJ.
d) La IV Internazionale ritiene che uno dei suoi contributi principali al consolidamento delle conquiste della rivoluzione jugoslava consista in una critica franca e senza compromesso di tutti gli errori politici e di tutte le deviazioni opportuniste da parte del PCJ. Queste critiche devono partire dalle esperienze concrete del movimento operaio internazionale, che bisogna far conoscere ai militanti del PCJ e dall'esperienza particolare della rivoluzione jugoslava; devono tendere a spingere i comunisti jugoslavi a sostituire la loro direzione opportunista attuale con una direzione rivoluzionaria, che applichi in pratica una politica corrispondente al tempo stesso agli interessi del proletariato mondiale e a quelli della salvaguardia della rivoluzione jugoslava: rottura con il fronte diplomatico imperialista, mobilitazione effettiva degli operai e dei contadini poveri contro i kulaki e gli speculatori, approfondimento della democrazia operaia, libertà di discussione, di riunione e di stampa per tutte le correnti del movimento operaio che si basino sul potere proletario in Jugoslavia, appoggio al movimento rivoluzionario internazionale e alla rivoluzione coloniale, mutamento radicale del corso di interventi burocratici e opportunisti nel movimento operaio internazionale e appoggio ad un genuino raggruppamento rivoluzionario internazionale.
8) La IV Internazionale ha il dovere di riesaminare in modo critico alla luce degli eventi che si sono prodotti dopo il 1948, la sua analisi passata della rivoluzione jugoslava e della dinamica di questa rivoluzione che questi eventi hanno chiarito sotto una luce nuova.
Dal 1942 la IV Internazionale aveva in generale valutato nella sua giusta portata l'ascesa del movimento dei partigiani jugoslavi e la guerra civile che ne derivava. Questa analisi fu proseguita giustamente sino all'inizio del '46. A partire da questo momento e sino al '28 giugno '48 l'Internazionale commise dei gravi errori di valutazione in relazione alla rivoluzione jugoslava. Essi consistettero particolarmente in un'identificazione degli sviluppi in Jugoslavia con gli sviluppi di altri paesi dell'Europa Orientale, nell'ipotesi erronea che il movimento rivoluzionario delle masse fosse stato arrestato dal PCJ e che il nuovo apparato statale centralizzato costruito dal PCJ fosse, per la sua struttura, un apparato statale borghese, malgrado si constatasse l'eliminazione della borghesia dalla vita politica ed economica del paese. A partire dalla rottura del Kremlino con il PCJ, la IV Internazionale fu la sola tendenza del movimento operaio internazionale a capire immediatamente il significato progressivo e la portata storica di questo evento e a intraprendere un'attività internazionale di difesa della Jugoslavia, riallacciando la sua analisi sulle cause della rottura all'analisi che essa aveva fatto prima del 1947 sul carattere profondo del movimento rivoluzionario delle masse in Jugoslavia. L'azione di difesa della Jugoslavia è stata in parte ostacolata dal ritardo dell'Internazionale nel riconoscere il carattere di Stato operaio alla RPFJ. Questo ritardo è dovuto fondamentalmente ad un falso apprezzamento della natura dell'apparato statale centralizzato costruito nel 1945 in Jugoslavia.
Questi diversi errori di valutazione furono causati: (a) dall'assenza di informazioni precise sugli eventi e le istituzioni jugoslave a partire dal '45-46; (b) dall'assenza di qualsiasi differenziazione pubblica del PCJ dalla burocrazia sovietica e dallo stalinismo prima del 28 giugno 1948; (c) dal fatto che l'analisi generale giusta del ruolo prevalentemente controrivoluzionario della burocrazia sovietica nella sua zona di influenza, indusse l'Internazionale a identificare a priori, senza analisi particolare di ciascun caso, la politica dei partiti comunisti con quella della burocrazia (il che non fu erroneo solo per la Jugoslavia, ma anche per la Cina). La lezione che si deve ricavare da questi errori di valutazione è la necessità imperiosa di un'analisi concreta e precisa delle particolarità nazionali dello sviluppo del movimento operaio di ogni paese. Qualunque sia all'epoca nostra l'importanza delle leggi di sviluppo di settori del mondo o del mondo nel suo insieme, queste leggi non possono mai sostituirsi all'analisi particolare di ogni paese nella determinazione di una politica rivoluzionaria quotidiana corretta.
La rapidità e l'unanimità con cui la IV Internazionale ha potuto operare una svolta per la difesa della Jugoslavia all'indomani del 28 giugno 1948, come pure il modo concreto con cui essa ha potuto seguire e valutare dopo di allora l'evoluzione del PCJ, provano che questi errori di valutazione non erano affatto dovuti ad una visione di insieme erronea, ma si verificarono piuttosto malgrado la giusta valutazione della IV Internazionale sulla natura dello stalinismo e dei suoi rapporti dialettici con il movimento delle masse. E' solo alla luce di questa valutazione che la rivoluzione jugoslava diviene comprensibile e acquista tutto il suo significato come una tappa importante nella crisi mondiale dello stalinismo.
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