Pubblicazioni
Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov
|
Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
|
|
Parte seconda
L'URSS del dopoguerra
(1945-1953)
L'URSS E LO STALINISMO NEL 1948
L'URSS e lo stalinismo è un documento approvato dal II congresso mondiale della IV Internazionale, tenuto nell'aprile del 1948 e preceduto da un'ampia discussione con posizioni differenziate, cui il documento stesso fa riferimento.
Scopo fondamentale del testo era di compiere una verifica dell'interpretazione trotskista della realtà sovietica dopo il gigantesco terremoto della seconda guerra mondiale. Più in particolare s'imponeva poi un'analisi della situazione creatasi nei paesi dell'Europa orientale, che erano stati occupati dall'Esercito rosso e inseriti nella sfera d'influenza dell'URSS. E' da ricordare in proposito che quando il documento veniva approvato, la struttura di questi paesi era ben diversa da quella assunta successivamente: gli avvenimenti di Praga risalivano a qualche settimana e ancora non erano state prese, se non del tutto parzialmente, le misure che dovevano portare all'eliminazione dei rapporti di produzione capitalistici. Riflesso di quella realtà e degli indirizzi sovietici dell'immediato dopoguerra erano le formulazioni sulla «democrazia popolare », sulla « nuova democrazia », su una fase storica originale, che caratterizzavano l'ideologia dei partiti comunisti dell'Europa orientale in quegli anni. Queste formulazioni a volte teorizzavano una democrazia borghese avanzata, a volte ipotizzavano una società sui generis, né capitalista né socialista, e comunque mai, prima del 1948, interpretavano gli sviluppi già registrati o in prospettiva come un'instaurazione di uno Stato operaio, di una dittatura proletaria (1). La parte del testo che riguarda questi problemi tende appunto a confutare simili interpretazioni, ricavando la conclusione che i paesi in questione, nella misura in cui non avevano registrato nessun salto qualitativo sul piano strutturale, continuavano a essere caratterizzati, sostanzialmente, da rapporti di produzione di tipo capitalistico.
Ricordiamo pure che in certi paesi dell'Europa orientale, prima delle fusioni imposte burocraticamente, i partiti socialdemocratici godevano ancora una larga influenza di massa e in alcuni di essi si erano effettivamente delineate, sia pure per breve tempo, tendenze di sinistra, contemporaneamente antiriformiste e antistaliniane.
Il documento contiene infine una polemica contro alcune interpretazioni della realtà sovietica e dello stalinismo che Trotskij e la IV Internazionale hanno sempre respinto. Che non si trattasse di una polemica superflua è comprovato dal fatto che una di queste interpretazioni, quella del capitalismo di Stato non solo è stata avanzata già nel corso degli anni 20 sia da tendenze socialdemocratiche sia da tendenze d'orientamento totalmente diverso come certo gruppi anarchici e certi gruppi comunisti di sinistra (in Italia in primo luogo da Bordiga), ma è stata caldeggiata per qualche tempo anche dai comunisti jugoslavi e riecheggiata, sia pure con notevoli varianti, in documenti cinesi di critica all'URSS e al krusciovismo. La teoria del collettivismo burocratico ha avuto una certa eco in larga misura grazie a La rivoluzione dei tecnici, opera di quel James Burnham che, dopo un rapido passaggio nelle file trotskiste prima della guerra e dopo aver enunciato le sue teorie su un presunto nuovo tipo storico di società, concludeva la sua parabola come ideologo oltranzista di destra dell'imperialismo americano. (2)
(1) Un'analisi critica della nozione di «democrazia popolare», come era usata in quel periodo, è contenuta in uno scritto di E. Kardelj De la démocratie populaire en Yougoslavie Le libre yougoslave, 1949. Interessante pure la consultazione del volume di F. Fejto Storia delle democrazie popolari, Vallecchi Firenze, 1955.
(2) In Italia le tesi del collettivismo burocratico era stata formulata prima di Burnham da Bruno Rizzi
|
|