Pubblicazioni
Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov



Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
Parte seconda
L'URSS del dopoguerra
(1945-1953)

LA DISCUSSIONE SULLA QUESTIONE RUSSA

Significato storico della discussione

39. - L'importanza eccezionale acquistata dalla discussione russa, prima nel movimento trotskista ed ora in tutta l'opinione operaia e borghese mondiale, deriva dallo sviluppo del tutto imprevisto preso dalla società russa dopo la rivoluzione d'ottobre e dal posto di primo piano che essa occupa oggi nei rapporti internazionali. L'importanza della «questione russa» nelle discussioni ideologiche è il riflesso dell'importanza storica della Rivoluzione di ottobre e dell'importanza politica della dittatura staliniana negli affari mondiali.
Ma all'interno del movimento operaio rivoluzionario il significato storico della questione russa supera largamente quello legato alla spiegazione dei fenomeni russi e staliniani. Come era già chiaro fin dalla lotta dell'Opposizione di Sinistra contro la teoria del «socialismo in un paese solo», la posta di tale discussione è unicamente la preservazione del marxismo contro le tendenze revisionistiche e disgregatrici che si fanno luce nel movimento operaio sotto la pressione dell'ideologia borghese o piccolo-borghese.

40. - II revisionismo del XIX secolo, profondamente impregnato di ottimismo piccolo-borghese fu il riflesso dell'evoluzione relativamente «pacifica» del capitalismo. Finché «il movimento» sembrava poter dare costantemente nuove posizioni al proletariato - e soprattutto nuove prebende alla burocrazia operaia - l'illusione che «il movimento è tutto, il fine nulla» poteva trovare una larga eco negli strati più soddisfatti dell'aristocrazia operaia e della piccola borghesia radicale.
Il revisionismo di oggi è profondamente impregnato del pessimismo piccolo-borghese, riflesso dell'evoluzione catastrofica degli ultimi tre decenni, delle ininterrotte disfatte operaie, della degenerazione mostruosa dell'URSS e dello sviluppo delle tendenze alla barbarie nel mondo contemporaneo. Finché non si otterrà una vittoria rivoluzionaria decisiva in un paese avanzato - e i piccolo-borghesi si fanno attirare dalla potenza delle idee solo nella misura in cui queste si combinano con l'idea di potenza, - l'illusione che la degenerazione dell'URSS non è dovuta a fattori congiunturali e che il riflusso del movimento operaio è un «fenomeno storico definitivo» troverà inevitabilmente una larga eco negli strati più scoraggiati e delusi della piccola borghesia radicale e delle vecchie generazioni operaie.
Non a caso il revisionismo odierno si è per lo più cristallizzato attorno alla discussione sulla «questione russa». Proprio come il marxismo rivoluzionario attinge una forza immensa dall'esempio pratico della vittoria dell'Ottobre, prima dimostrazione decisiva della possibilità della conquista del potere da parte del proletariato sotto la direzione di un risoluto partito rivoluzionario, così tutti coloro che mettono in dubbio questa possibilità possono opporre all'esperienza dell'Ottobre solo il fatto della degenerazione dello Stato operaio e del Comintern.

41. - II revisionismo odierno, che si è espresso parallelamente ai due poli estremi del marxismo rivoluzionario, è nell'insieme caratterizzato dalle seguenti concezioni:
a) la degenerazione dello Stato operaio in Russia non è dovuta a particolarità congiunturali (isolamento della rivoluzione, arretratezza del paese, interazione tra la burocratizzazione russa e la burocratizzazione del Comintern), ma è inerente sia alla natura del bolscevismo (del partito rivoluzionario), sia a quella del proletariato, sia alla combinazione di entrambe;
b) la dittatura burocratica in Russia non costituisce un «accidente» storico, cioè una fase puramente congiunturale sulla via dell'umanità verso il socialismo. Costituisce, al contrario, una fase necessaria dello sviluppo dell'umanità (o della sua caduta nella barbarie);
c) il riflusso del movimento operaio tra il 1923 e il 1939 non è dovuto al problema della direzione rivoluzionaria - e cioè della formazione ancora insufficiente in quel periodo dell'avanguardia rivoluzionaria, determinata da tutta una serie di fattori storici, - ma riflette sia l'incapacità del proletariato a compiere la sua missione storica, sia la sua incapacità a scegliere una direzione rivoluzionaria, sia una combinazione di entrambe.

42. - L'espressione «antistaliniana» più compiuta di questo revisionismo - prodotto dalla pressione dell'imperialismo negli Stati Uniti, si deve a Burnham, ne La Rivoluzione dei Tecnici, e a Dwight MacDonald. Applicando le concezioni suddette, i due arrivano alle seguenti conclusioni:
a) la burocrazia sovietica è una nuova classe,il suo dominio segna una tappa necessaria dell'evoluzione storica, verso la quale tenderà tutto il mondo capitalistico (analogia del dirigismo statale in URSS, in Germania, in Giappone, negli Stati Uniti, ecc.);
b) il marxismo che si è dimostrato incapace di prevedere questo nuovo sviluppo e che si è interamente fondato sulle capacità rivoluzionarie del proletariato, si è rivelato un'utopia ed ha fatto fallimento. Deve essere elaborato un «nuovo» programma massimo di perfezionamento sociale. Questi «nuovi programmi» si sono dimostrati finora - nel caso di MacDonald, in modo del tutto esplicito - come un regresso verso concezioni socialiste premarxistiche.
L'espressione «prostaliniana» più compiuta di questo revisionismo - prodotto della pressione dello stalinismo in Francia, - si deve a Bettelheim, Martinet e C., nella Rewue Internationale. Applicando anch'essi le concezioni suddette alla situazione mondiale attuale, essi arrivano alle seguenti conclusioni:
a) a causa della mancanza di omogeneità e di cultura tecnica la classe operaia passa fatalmente dopo la conquista del potere, attraverso una fase di differenziazione e di disuguaglianza sociale. Il progresso storico è assicurato dagli strati privilegiati del proletariato (la burocrazia). Lo Stato ha la funzione di difendere questi privilegi.
b) nell'epoca dell'imperialismo decadente, il proletariato cessa di svilupparsi numericamente ed intellettualmente, anzi regredisce, vede diminuire la sua forza e imputridire la sua struttura sociale. L'insuccesso delle rivoluzioni proletarie «classiche» del 1918-23 è definitivo. La strategia leninista della rivoluzione proletaria è superata. Non restano all'umanità, di fronte a questa incapacità del proletariato a compiere la sua missione storica, altre vie di progresso che un tentativo di «partecipare» su scala sempre maggiore alla statizzazione dei mezzi di produzione da parte della burocrazia sovietica e di elaborare un nuovo programma minimo per attenuare il carattere violento di questo processo.
Il parallelismo di queste due manifestazioni revisionistiche è evidente. Non vi è posto nel movimento rivoluzionario per queste tendenze revisionistiche. Ma alcuni dei loro lineamenti compaiono alla base delle concezioni erronee sulla questione russa, che si sono manifestate anche nelle nostre file. E' importante innanzi tutto cogliere la logica interna di questo inizio di revisionismo e rendere coscienti i suoi sostenitori delle conseguenze pericolose sul piano del marxismo nel suo complesso. E' necessario poi distinguere accuratamente tra una revisione della questione russa, che si sforza di mantenersi nel quadro dell'intera concezione marxista della nostra epoca, e una revisione della questione russa, che rischia sempre più di approdare ad una revisione completa del marxismo.

Il «capitalismo di Stato»

43. - I sostenitori della teoria dell'esistenza di un «capitalismo di Stato» si sforzano, in generale, di mantenere le loro concezioni nel quadro della concezione marxista generale della nostra epoca. Essi conservano integra la strategia leninista della rivoluzione proletaria, e non mettono in dubbio né la capacità rivoluzionaria del proletariato, né la possibilità di costruire un partito rivoluzionario, basandosi in primo luogo sulla lotta di classe e sull'esperienza delle lotte operaie. Il loro revisionismo si manifesta laddove, caratterizzando l'URSS come paese capitalistico, sono logicamente portati a considerare la società sovietica attuale come una specie di «specchio del futuro» della società capitalistica in generale, e ad insistere, come fa Burnham, sull'analogia delle tendenze «statalistiche » in Russia e fuori della Russia. Ciò si basa su analogie superficiali e formali, che falsano completamente la comprensione sia delle tendenze profonde del capitalismo contemporaneo che del profondo sconvolgimento provocato dalla Rivoluzione di Ottobre.

44. - Fondamentalmente, le analogie sono le seguenti:
a) analogie tra la nazionalizzazione dei mezzi di produzione in URSS e la tendenza alla nazionalizzazione dei mezzi di produzione nel mondo capitalistico.
Questo è l'esempio più evidente del carattere formale dell'analogia. In realtà, per la Russia si tratta dell'espropriazione e della distruzione della borghesia come classe, mediante l'azione rivoluzionaria del proletariato e lo Stato operaio. Per i paesi capitalistici, si tratta invece della nazionalizzazione - con indennizzo - di alcuni settori passivi dell'economia borghese a vantaggio dei grandi monopoli. La «fusione tra lo Stato e l'economia» in Russia significa la distruzione della borghesia come classe. La fusione tra lo Stato e l'economia nei paesi capitalistici - specialmente in Germania e negli Stati Uniti - significa la distruzione dell'indipendenza di determinati settori capitalistici e la loro completa sottomissione ai monopoli. La differenza fondamentale tra questi due processi risiede nel fatto che soltanto la rivoluzione proletaria manifesta la «tendenza ad espropriare i monopoli»; i paesi capitalistici, invece, non soltanto non manifestano affatto questa «tendenza», ma mostrano anzi la tendenza opposta, quella cioè del rafforzamento e dell'arricchimento dei monopoli, che sottomettono tutta la vita sociale al loro controllo diretto;
b) analogia tra la tendenza al frazionamento del mercato mondiale propria dell'economia capitalistica decadente e il monopolio del commercio estero istituito dalla Rivoluzione di Ottobre.
In realtà, le tendenze protezionistiche ed «autarchiche», elementi dell'economia di guerra e palliativi contro le crisi della borghesia decadente, non evitano affatto a questi paesi lo sfruttamento del capitale straniero, ma ne accentuano anzi i profitti nella misura in cui questi paesi si sforzano di «bastare a se stessi». Al culmine dell'«autarchia», la Germania e il Giappone capitalistici rappresentavano il più elevato profitto per il capitale americano. Nel caso dell'URSS, si tratta invece dell'eliminazione radicale dello sfruttamento del paese da parte del capitale straniero. Permane la pressione del mercato mondiale, ma solo in modo indiretto;
c) analogia tra le tendenze alla «pianificazione» proprie del capitalismo monopolistico e la pianificazione sovietica. La «pianificazione» nazionale del capitale monopolistico consiste, come dice Trotskij, «nel limitare artificialmente la produzione di alcuni settori e nel creare altrettanto artificialmente, con spese colossali, altri settori» e si risolve in una «regolarizzazione incostante, ottenuta a prezzo della compressione dell'economia nazionale, presa nel suo insieme, dell'aumento del caos sul piano internazionale e dello sconvolgimento completo del sistema finanziario». La pianificazione sovietica, al contrario, pur lontana dall'essere una pianificazione armonica, è riuscita tuttavia a realizzare immensi e reali progressi economici, a sviluppare le forze produttive in tutti i settori, ad aumentare, almeno fino all'inizio del III piano quinquennale, il livello di vita ed i bisogni dì decine di milioni di uomini del popolo.
La differenza qualitativa tra le due tendenze consiste nel fatto che l'una mantiene il profitto quale regolatore dell'economia e subordina i «piani» e l'insieme dell'economia non agli interessi di un «capitalismo» astratto, ma a quelli dei monopolisti che hanno interessi tangibilmente concreti e determinati, mentre la pianificazione sovietica riceve il suo profondo impulso proprio dal fatto che è stata radicalmente soppressa l'appropriazione privata del plusvalore e che la coscienza comincia a sostituirsi, magari in maniera confusa, al profitto come elemento decisivo nel regolare lo sviluppo economico;
d) analogia tra la «produzione per la produzione» in regime capitalistico e lo sviluppo delle forze produttive (in primo luogo del settore dei mezzi di produzione) nell'URSS; analogia tra il funzionamento della legge del valore nei paesi capitalistici e nell'URSS, ecc. In realtà, si tratta qui di una semplice petizione di principio. Partendo dal presupposto che la Russia è un paese capitalistico, i sostenitori di questa teoria parlano dello sviluppo delle forze produttive in questo paese nei termini della forma capitalistica della legge del valore. Ma lo sviluppo prodigioso delle forze produttive, e in
primo luogo del settore dell'industria pesante, non caratterizza soltanto il capitalismo, ma anche la società di transizione dopo la conquista del potere da parte del proletariato. E la «legge del valore» non si applica soltanto alla società capitalistica, ma a tutte le società pre e postcapitalistiche nelle quali esiste o persiste la produzione mercantile. Certo, in Russia la «legge del valore» è applicata e non ha cessato di esserlo dopo il 1917, ma non ha più: la stessa applicazione che nella società capitalistica. I prezzi non sono determinati dal tasso medio di profitto. Il danaro non ha più la possibilità di diventare capitale. Tutto ciò si basa sull'assenza totale di uno sforzo di analisi delle forme specifiche dell'economia di transizione, che esisterà in ogni Stato operaio fino alla scomparsa completa delle classi ed al passaggio definitivo al comunismo.

45. - E' assurdo il rimprovero che ci rivolgono i sostenitori della teoria del «capitalismo di Stato», secondo i quali noi saremmo degli «economisti», in quanto basiamo la nostra analisi su una specie di «feticismo della proprietà nazionalizzata». In realtà la nostra analisi parte dalla differenza fondamentale tra le nazionalizzazioni borghesi (Inghilterra, Francia, paesi dell'Europa Orientale), e l'insieme degli sconvolgimenti che si sono prodotti in Russia in seguito alla rivoluzione proletaria, culminati nell'espropriazione e nella distruzione della borghesia come classe, e che hanno reso proprietà collettiva i mezzi di produzione. Spetta ai sostenitori della teoria del «capitalismo di Stato» lo spiegare come la burocrazia costituisca una classe «capitalistica di Stato» pur conservando i rapporti di produzione emersi dalla distruzione del capitalismo, pur avendo, proprio la burocrazia, distrutto la nuova borghesia contadina. Spetta a loro spiegare come sia stata possibile la distruzione delle conquiste dell'Ottobre senza mutamenti nei rapporti di proprietà e senza una nuova rivoluzione sociale. Spetta a loro spiegare come possano conciliare il carattere capitalistico dell'URSS con lo sconvolgimento totale dei rapporti di produzione e di proprietà che l'imperialismo tedesco è stato costretto a provocare nelle regioni occupate dall'URSS e che la burocrazia sovietica è stata costretta, da parte sua, a provocare nelle regioni rioccupate e nelle province annesse all'URSS. Su tutti questi punti la loro teoria mostra chiaramente l'incapacità di interpretare in maniera marxista la realtà della vita sovietica.

46. - Ma la contraddizione più evidente di questa teoria esplode nella concezione dei partiti staliniani. Essa si sforza, su questo punto, di conciliare le necessità della strategia rivoluzionaria, che impongono la concezione dei partiti staliniani come partiti operai degenerati, e le conseguenze di questa teoria, che fanno dei partiti staliniani gli agenti di una potenza capitalista e fascista. Il risultato assurdo al quale porta una tale conciliazione - il vero e proprio salto mortale dei partiti staliniani da partiti operai a partiti borghesi, nel momento in cui hanno conquistato il potere - e l'impossibilità di spiegare il fenomeno evidente, per il quale l'afflusso delle masse radicalizzate verso partiti che sarebbero agenti di una potenza capitalista costituisce, invece, un indice di ascesa rivoluzionaria, costituiscono da soli la più chiara condanna di questa teoria.

Il «collettivismo burocratico»

47. - I sostenitori della teoria secondo la quale nell'URSS regnerebbe il «collettivismo burocratico» hanno, in confronto a coloro che considerano l'URSS come un «capitalismo di Stato», il vantaggio di comprendere chiaramente il carattere non capitalistico dell'URSS e di esser capaci di comprendere i mutamenti nei rapporti di produzione e di proprietà provocati dalla penetrazione capitalistica nell'URSS ed il loro ulteriore regresso. Ma, in compenso, la loro revisione del marxismo non si ferma alla sola questione russa. Essi non soltanto sono costretti a rovesciare completamente la concezione marxista dell'evoluzione della società capitalistica, ma rimettono in discussione tutta una serie di concetti fondamentali del materialismo storico in generale. Questo è, beninteso, un loro diritto. Ma occorrerebbe soltanto chieder loro di essere più coerenti con se stessi. Come già notava Trotskij, e come solo i revisionisti totali (Mac-Donald, Burnham e C.) hanno chiaramente espresso, la conclusione logica della teoria del collettivismo burocratico è la concezione dell'impotenza del proletariato a compiere la sua missione storica e la condanna del marxismo come utopia.

48. - II termine di classe non è affatto una nozione fortuita nella sociologia marxista. E' il concetto di base sul quale poggia, o crolla, tutta la concezione marxista della storia, ed è perciò circoscritto in
modo ben definito e distinto. L'applicazione di questa definizione alla burocrazia porta alla conclusione assurda che la burocrazia è una «classe» che non ha nessuna delle caratteristiche specifiche delle altre classi nella storia:
a) ogni classe nella storia è caratterizzata da una funzione indipendente e fondamentale nel processo di produzione - in un'epoca determinata del processo storico - e da radici proprie nella struttura economica della società;
b) ogni classe nella storia rappresenta una fase determinata del progresso storico; anche le classi nate in periodi di regresso che hanno la funzione di salvaguardare le conquiste della tecnica. Esse rappresentano ciascuna una fase determinata nella divisione sociale del lavoro e nello sviluppo della proprietà dei mezzi di produzione;
c) ogni classe nella storia è un organo storicamente necessario che compie una funzione necessaria dal punto di vista dello sviluppo delle forze produttive;
d) ogni classe nella storia che pone la sua candidatura al potere - ed a fortiori ogni classe dominante - è cosciente del suo ruolo, possiede una sua ideologia e proprie caratteristiche specifiche, ed è pervenuta ad un minimo di stabilità nella sua composizione, stabilità che essa si sforza di trasmettere alle successive generazioni;
e) esplicitamente, secondo Marx, nessuna formazione sociale può diventare una classe soltanto sulla base dei suoi redditi superiori, dei suoi privilegi politici o dei suoi monopoli sociali (di istruzione ecc.).
E' evidente che la burocrazia sovietica possiede come caratteristiche specifiche solo quelle che da un punto di vista marxista sono insufficienti a farne una classe. Essa non è affatto un «organo storico necessario», ma è una escrescenza del proletariato. Non ha nessuna radice nel processo di produzione, ma deve la sua posizione solo ai privilegi nella distribuzione. Non rappresenta nessun «progresso» storico, anzi mina e corrode il progresso rappresentato dai rapporti di produzione lasciati in eredità dalla Rivoluzione di Ottobre. Non rappresenta nessuna fase nello sviluppo della proprietà, ma conserva i rapporti di proprietà istituiti dalla rivoluzione proletaria. Non possiede affatto ideologia e composizione proprie. La miglior prova del fatto che la società russa non è una nuova società di classe, ma una società corrotta dalla comparsa di un organo parassitario, sta nel fatto che, contrariamente a quel che avviene in ogni società di sfruttamento, la solidità dell'economia russa è in rapporto inverso e non diretto ai privilegi della burocrazia.
49 - L'applicazione onesta e conseguente delle caratteristiche di classe alla burocrazia non può non concludere con una giustificazione del suo ruolo storico e con una condanna storica del proletariato. Se davvero la burocrazia è una classe, ciò significa che la tappa burocratica dello sviluppo della società è una necessità storica e che il proletariato non è ancora capace di dirigere il mondo. Era questa la conclusione logica di Burnham, che i sostenitori della teoria del «collettivismo burocratico» non hanno avuto il coraggio di trarre. Hanno tentato di sottrarsi a questa contraddizione fondamentale della loro posizione indicando il carattere «unico» della burocrazia, nata da condizioni specifiche della Russia. Per la stessa ragione, hanno avanzato la teoria antimarxista che nell'«epoca» della proprietà collettiva - come se una simile epoca esistesse al di fuori di quella della rivoluzione proletaria - il dominio di classe non cambia più i rapporti di proprietà, ma soltanto il possesso dello Stato. Ma l'espansionismo burocratico al di fuori delle frontiere dell'URSS spinge questi teorici ad un nuovo sviluppo revisionistico della loro teoria. I partiti comunisti del mondo intero vengono ora ad esser considerati come «nuclei» di una nuova classe. Con questa definizione, crolla la definizione marxista delle classi e del capitalismo. Giacché è evidente che i partiti comunisti e i loro membri non hanno nessun ruolo indipendente nel processo di produzione, e diverrebbero una «classe» unicamente in funzione di privilegi politici. Ed è evidente che possono ottenere tali privilegi solo se il proletariato si dimostra incapace di rovesciare il capitalismo decadente.
Una nuova fase si aprirebbe nella storia dell'umanità, quella del collettivismo burocratico, su scala continentale (ed anche mondiale), più o meno identificata con «la barbarie». 1 sostenitori di questa teoria non hanno mai tentato di analizzare le leggi di sviluppo di questa nuova società e di indicare attraverso quale movimento di contraddizioni sociali essa cesserebbe di esistere. Insistendo sull'«imputridimento» del proletariato e sulla sua riduzione allo stato «di schiavitù», essi possono soltanto accentuare la conclusione, che si trae dalla loro teoria, che essa si basa sull'impossibilità per il proletariato di compiere la sua missione storica. I suoi sostenitori, se fossero coerenti con se stessi, dovrebbero abbandonare almeno per i paesi dove avrebbe trionfato il collettivismo burocratico, il programma della rivoluzione socialista e sostituirlo con un «nuovo programma minimo per la difesa degli interessi degli schiavi». Per le sue implicazioni, la teoria liquiderebbe l'esistenza della IV Internazionale in questi paesi e, applicata coerentemente, paralizzerebbe l'azione di questa nei paesi capitalisti, di fronte al problema dei partiti staliniani.

Socialismo in un paese solo o rivoluzione permanente

50. - Ogni classe sfruttata che prende il potere in una società nella quale lo sviluppo delle forze produttive non garantisce ancora il soddisfacimento di tutti i bisogni sociali deve fatalmente aprire la strada ad un nuovo sfruttamento di classe. Per la costruzione di una società senza classi è indispensabile un alto livello di ricchezza sociale. L'esperienza russa conferma soltanto il secondo termine di questa legge marxista, giacché, se il livello di sviluppo delle forze produttive in Russia non permette un passaggio progressivo ad una società senza classi, l'economia mondiale nel suo insieme è più che matura per la costruzione del socialismo. Come Stalin non comprende l'interdipendenza dello sviluppo del mondo capitalistico e di quello della Russia sovietica, questa interdipendenza è ugualmente ignorata da tutti coloro che pensano di poter distinguere nuove forme sociali in Russia a prescindere dalle forze decisive operanti sulla scena mondiale e che sono ben lontane dall'aver detto la loro ultima parola. Siccome noi partiamo dalla constatazione che il proletariato mondiale conserva intatto il suo potenziale di energia rivoluzionaria, non pensiamo assolutamente che la tappa storica della Rivoluzione d'Ottobre sia già bella e sotterrata e che la Russia sarebbe una dimostrazione, sia di valore solo congiunturale, sia di valore universale, dell'incapacità del proletariato a conservare il potere e della instabilità dei rapporti di produzione istituiti dalla rivoluzione proletaria.
La teoria del «socialismo in un paese solo» unisce alla miopia di burocrati arrivati e soddisfatti il loro profondo disprezzo delle possibilità rivoluzionarie del proletariato mondiale. La pratica dell'espansionismo sovietico, che apparentemente nega i postulati «teorici» di questa teoria, ne è in realtà una conclusione logica inevitabile. Le teorie che descrivono l'URSS come una nuova società di classe sono logicamente portate a porre almeno un punto interrogativo sulla capacità relativa del proletariato a difendere socialmente i rapporti di produzione sorti dalla sua rivoluzione vittoriosa: considerano possibile una vittoria della controrivoluzione senza una guerra civile aperta e prolungata. La nostra teoria della rivoluzione permanente conferma nello stesso tempo l'incapacità del proletariato a costruire il socialismo in un paese solo e l'incapacità della borghesia a rovesciare uno Stato operaio senza controrivoluzione violenta. Essa fa rientrare in questi termini tutta la dinamica della lotta di classe mondiale e, lungi dal trattare la questione russa al di fuori dello studio marxista del capitalismo decadente, inserisce la questione russa nel quadro dei problemi decisivi della nostra epoca.
Proprio per questo la nostra analisi dell'URSS conserva per intero l'eredità marxista: l'interpretazione della storia come lotta di classi, con la sua definizione scientificamente corretta del concetto di classe; l'analisi della società capitalista, come società ineluttabilmente costretta a condurre all'inasprimento delle contraddizioni sociali ed alle lotte rivoluzionarie del proletariato; il programma della rivoluzione socialista, basata su un processo storico che la rende possibile e necessaria per un nuovo progresso dell'umanità. La costruzione della IV Internazionale è attualmente la condizione essenziale per l'allargamento e la conclusione vittoriosa delle lotte rivoluzionarie operaie su scala mondiale. L'adempimento vittorioso di questo compito «risolverà» nei fatti la questione russa con la vittoria della quarta rivoluzione russa. La storia dimostrerà che l'analisi esatta del fenomeno dello stalinismo è una delle premesse della realizzazione della nostra missione storica.