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Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov



Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
Parte sesta
Il conflitto cino-sovietico e l'URSS
sino alla caduta di Krusciov
(1960-1964)


DOPO IL XXI CONGRESSO

La crisi dello stalinismo dopo il XXI congresso del PCUS è un documento votato dal VI congresso mondiale gennaio 1961. E' centrato essenzialmente sui fenomeni di profonda differenziazione apparsa nel movimento comunista e tra Stati operai e in primo luogo sul conflitto cino-sovietico ormai nettamente delineatosi, nonostante i silenzi le smentite ufficiali e la forma ancora indiretta e allusiva della maggior parte delle polemiche.
Su questo conflitto nel settembre 1960 il Segretariato Internazionale aveva posizione con una lettera aperta ai comunisti cinesi e con un articolo di un suo membro pubblicato su Quatrième Internationale (1). Successivamente prima della risoluzione riportata più avanti vari articoli e risoluzioni, tra cui l'analisi della conferenza degli 81 e un documento Sullo sviluppo del conflitto cino-sovietico (2). In linea generale, tutte queste analisi tendevano a mettere in risalto le radici profonde del conflitto, la sua molteplice portata e il carattere effimero di certi compromessi temporaneamente raggiunti (3).

(1) Cfr. Quatrième Internationale dell'ottobre-novembre 1960. con il testo della lettera e l'articolo di Livio Maitan Problèmes et perspectives de notre époque dans le miroir de la polémique sino-soviétique.

(1) Comparsi rispettivamente nei numeri di Quatrième Internationale del luglio 1961 e del marzo 1963. In quest'ultimo numero c'è anche un articolo di Livio Maitan: Nouvelle phase du conflit sino-soviétique et de na crise internationale du stalinisme.

(3) La già richiamata analisi della conferenza degli 81 terminava come segue: «La risoluzione di Mosca non dà affatto una risposta ai problemi cruciali della fase storica che attraversiamo, sostanzialmente eludendoli o deformandoli, Questi problemi esistono nella realtà, esigono una soluzione effettiva e si riproporranno di continuo, in modo prepotente, quali che siano le formule escogitate o le sottigliezze tattiche. La sintesi degli 81 sarà, più o meno rapidamente, battuta in breccia dagli avvenimenti e differenziazioni e divergenze riappariranno inevitabilmente ».



1 — La « destalinizzazione» è consistita in una serie di operazioni empiriche da parte dei sucessori di Stalin per superare le contraddizioni che alla fine del suo dominio avevano raggiunto un livello esplosivo nell'URSS e nelle Democrazie popolari. La crisi assumeva un carattere acuto negli anni 1956-57, tanto nell'URSS e negli altri Stati operai quanto nei PC dei paesi capitalisti.
La direzione Krusciov, giunta a consolidarsi alla testa del PCUS nel luglio 1957, si sforzò di superare la crisi con una serie di provvedimenti economici e politici e definendo una linea attorno alla quale si potessero raggruppare le direzioni degli Stati operai e quelle dei PC, onde fissare un quadro e dei limiti per una «destalinizzazione» che potesse compiersi in modo controllato da essa. Questa linea si trova nella dichiarazione approvata a Mosca in occasione del 40° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre dai dirigenti dei PC, eccetto quelli della Lega dei Comunisti Jugoslavi.
Questo documento, che esponeva «i meriti e gli errori» di Stalin, limitava la spiegazione del passato al «culto della personalità» di Stalin nell'ultimo periodo della sua vita, costituiva cioè un passo indietro al rapporto Krusciov al 20° Congresso, e respingeva qualsiasi tentativo di ricerca in direzione delle differenziazioni sociali dell'URSS, ricerca che sarebbe stata pregiudizievole per il potere burocratico. Questo documento riaffermava pure la politica di «coesistenza pacifica», cioè la politica di subordinazione del movimento comunista ai bisogni della diplomazia sovietica.
Questa linea restava interamente nel quadro del regime burocratico per l'URSS e gli altri Stati operai e di un sistema monolitico per i partiti comunisti nel mondo, e costituiva una linea di difesa, una barriera contro la democrazia operaia, sia negli Stati operai che nei partiti comunisti.
Questo tentativo della direzione Krusciov di consolidare il potere della burocrazia a un nuovo livello — liberale rispetto al tempo di Stalin — e di ristabilire così l'autorità delle direzioni dei partiti comunisti, ha incontestabilmente ottenuto un certo successo al XXI Congresso del PCUS (gennaio 1959) per quanto riguarda il ristabilimento della dominazione burocratica e ha provocato cambiamenti considerevoli sia per quanto riguarda le strutture dei governi degli Stati operai che i rapporti all'interno dei Partiti comunisti. Queste forme di adattamento della direzione burocratica alla nuova situazione hanno contribuito ad aprire nuove vie per lo sviluppo della crisi dello stalinismo e per la rivoluzione politica. Tuttavia si era così stabilito solo un equilibrio molto relativo tra la direzione dell'URSS, la burocrazia e le masse, come pure tra i diversi settori della burocrazia, e un equilibrio non meno relativo tra la direzione dell'URSS e quelle degli Stati operai e dei Partiti comunisti, tenuto conto del nuovo rapporto di forze sfavorevole alla burocrazia sovietica che esiste nel «mondo comunista».
Tutte queste riforme sono state intraprese in uno spirito di autodifesa del potere e dei principali privilegi burocratici, e non contengono nessun elemento di democrazia operaia, democrazia operaia che i lavoratori sovietici otterranno solo attraverso la loro azione, con lotte che si elevino al livello di una rivoluzione politica. Tutta l'evoluzione, per quanto ampia, verificatasi nell'URSS dopo la morte di Stalin non è mai uscita dal quadro del regime burocratico. La stessa ampiezza non fa che sottolineare la necessità ineluttabile di una rivoluzione politica che caccerà dal potere la burocrazia, strato sociale che ha interessi diversi da quelli delle masse, e ristabilirà la democrazia sovietica ad un livello corrispondente agli immensi progressi economici e culturali della società sovietica.
Durante questi tre o quattro anni di relativa stabilità, sono maturate contraddizioni nuove, che si sono sostituite o sovrapposte ad una parte delle contraddizioni preesistenti. Queste nuove contraddizioni si collocano generalmente ad un livello politico più elevato di quelle preesistenti e tenderanno a dare alla crisi del regime burocratico le forme politiche indispensabili per sviluppare la rivoluzione politica nell'URSS e la creazione di una nuova direzione rivoluzionaria internazionale del proletariato.

2 — Oltre alle contraddizioni interne del mondo comunista pesa su quest'ultimo un fatto assolutamente nuovo. Da qualche anno si sviluppano nel mondo forti movimenti rivoluzionari, che si pongono in posizione avanzata nella lotta rivoluzionaria, sfuggono al controllo della burocrazia sovietica e sono spinti a ricercare una dottrina socialista al di fuori di questo controllo. Gli esempi più caratteristici sono costituiti dai due principali movimenti rivoluzionari attuali: la Rivoluzione algerina, dove il PC algerino non ha più alcuna possibilità di svilupparsi, e la Rivoluzione cubana, nella quale gli staliniani seguono il movimento e per tutto un periodo non hanno mostrato pubblicamente alcuna disposizione ad assumerne il controllo. Casi analoghi sono quelli di diversi movimenti nell'Africa nera.
Così per la prima volta, i comunisti di tutto il mondo vedono messi in discussione, non più da parte di piccoli gruppi d'avanguardia a carattere prevalentemente ideologico, ma da parte di movimenti rivoluzionari di massa che si trovano in posizione avanzata nella lotta contro il capitalismo, il ruolo dirigente di Mosca che veniva riconosciuto anche dopo lo scioglimento del Komintern e poi del Kominform. Così si trova implicitamente posta, da parte di possenti movimenti rivoluzionari, la questione di una nuova direzione rivoluzionaria internazionale. Questo si è aggiunto al fatto che la direzione Krusciov, dopo avere praticamente condannato l'atteggiamento di Stalin verso gli Jugoslavi, non è riuscita a ricondurre la direzione della Lega dei Comunisti Jugoslavi nell'orbita di Mosca, lasciando così una piaga sempre aperta nel mondo comunista propriamente detto.

Le principali contraddizioni del mondo comunista

3 — In seguito all'ascesa delle masse negli Stati operai, all'ascesa della Rivoluzione coloniale e ai nuovi rapporti di forza tra la rivoluzione e la controrivoluzione sul piano delle masse e degli Stati, si sviluppano nel mondo comunista nuove contraddizioni, che mettono in discussione l'egemonia e la politica della direzione sovietica su di esso e preparano così il terreno per una nuova tappa verso il rinnovamento del comunismo.
La controversia cino-sovietica, anche sotto la forma in cui si presenta e si sviluppa fino ad oggi, è la manifestazione più clamorosa e più importante di queste contraddizioni, che hanno messo in discussione i problemi essenziali della politica del movimento comunista nei riguardi delle relazioni internazionali, delle relazioni con il capitalismo mondiale e con le borghesie nazionali dei paesi coloniali e semicoloniali, delle vie per la conquista del potere, delle vie per la costruzione del socialismo nei paesi in cui il capitalismo
è stato rovesciato, ecc.
La controversia cino-sovietica non è sorta da una volontà di chiarificazione teorica da parte del PC cinese, ma dai problemi posti a quest'ultimo dalla necessità di trasformare la società cinese, e sotto la pressione della Rivoluzione coloniale. Mentre il PCUS è lo strumento politico di una burocrazia cristallizzata da tempo e conservatrice, il PC cinese, malgrado notevoli caratteristiche burocratiche, è molto più sensibile alla pressione della rivoluzione mondiale. Così, benché la contrapposizione tra il PC cinese e il PCUS non sia tra un partito rivoluzionario e un partito conservatore (nello Stato operaio), essa ha conseguenze importanti per la lotta rivoluzionaria nel mondo.
Fin d'ora l'unità di vedute dei partiti comunisti è messa in discussione esplicitamente o implicitamente, sulle seguenti questioni.

A) I pericoli di guerra e la coesistenza pacifica

Nella questione delle relazioni internazionali, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, la linea della direzione sovietica, sia sotto Stalin che sotto Krusciov, tanto nei momenti di «distensione» quanto in quelli di maggiore tensione della «guerra fredda», è rimasta costante: arrivare ad un accordo con il capitalismo mondiale, a qualsiasi prezzo, anche a costo di sacrificare movimenti rivoluzionari nel mondo. I PC e il Movimento della Pace intanto, negli Stati capitalistici, premevano per ottenere una flessione della politica estera in un senso favorevole alle proposte della diplomazia sovietica. Di qui l'orientamento fondamentale di tutti i PC dalla fine della guerra in poi. Alla lotta per il potere mediante l'abbattimento dello Stato borghese è stata sostituita la lotta per la pace, mediante l'accordo con ali della borghesia, tanto nei paesi capitalistici quanto nei paesi coloniali e semicoloniali.
Le differenze fra Stalin e Krusciov derivano soltanto dall'evoluzione dei rapporti di forza a favore degli Stati operai. Al tempo di Stalin, quando l'URSS non possedeva ancora le armi nucleari, si ebbe l'appello di Stoccolma. Con Krusciov si porta avanti la propaganda per il disarmo, presentato come obiettivo che può essere raggiunto, e che assicurerà allora una semplice competizione economica e una lotta ideologica tra i due campi.
L'orientamento opportunista, pacifista, piccolo-borghese, dei PC e dei loro compagni di strada non era stato finora contestato, neppure dagli iugoslavi. A causa delle condizioni internazionali e nazionali in cui si sviluppa la rivoluzione permanente in Cina, la direzione cinese ha messo in discussione l'orientamento fondamentale sovietico sulle relazioni internazionali. I Cinesi sono per la coesistenza pacifica fra Stati, e sono pure a favore di proposte per il disarmo. Ma essi contestano, e giustamente, le idee di Mosca sull'esistenza nella borghesia di ali pacifiste opposte ad ali belliciste; essi contestano pure la possibilità di un disarmo in regime capitalista. Essi ricordano che la guerra è un fenomeno inerente il capitalismo, che non bisogna farsi ingannare dalle ciarle pacifiste dei dirigenti capitalisti, che non bisogna quindi seminare illusioni nelle masse e che bisogna sfruttare il rifiuto alle proposte di disarmo per educare le masse alla lotta contro il capitalismo.
Senza trarre in modo esplicito le conclusioni relative all'orientamento dei PC nei paesi capitalisti, i Cinesi si oppongono così giustamente alle concezioni essenziali di Mosca, benché la loro argomentazione sia carente o pericolosa su certi punti (l'imperialismo americano «tigre di carta», sottovalutazione dei pericoli che comporterebbe per l'umanità una guerra nucleare).

B) Atteggiamento verso la rivoluzione coloniale e verso le borghesie nazionali dei paesi coloniali e semicoloniali.

In questa questione, la direzione sovietica è guidata solo da considerazioni diplomatiche, al di fuori di qualsiasi solidarietà antimperialista e di classe. Così, di fronte alla Rivoluzione algerina, il governo sovietico, nella speranza di giungere ad un accordo con De Gaulle, ha per lungo tempo considerato la questione algerina come un «affare francese». Il governo cinese, invece, ha riconosciuto il G.P.R.A.
La direzione sovietica ricerca e appoggia le borghesie nazionali o le frazioni di queste che favoriscono la sua linea di «coesistenza pacifica» con l'imperialismo. I PC sono perciò costretti a sostenere questi «alleati» e a subordinare loro gli interessi e le lotte delle masse operaie e contadine. Gli esempi più evidenti sono quelli del Kerala in India e dell'atteggiamento imposto al PC iracheno verso il governo Kassem. Per giustificare questa linea di condotta, i «teorici» di Krusciov continuano a ripetere le teorie di Stalin riguardo alla fase democratico-borghese della rivoluzione in questi paesi ed al ruolo progressivo che la borghesia avrebbe in queste rivoluzioni.
Senza ripudiare formalmente quella che fu la concezione fondamentale del loro partito per più di vent'anni, la concezione Della rivoluzione a tappe, i Cinesi, sia per l'esperienza acquisita sia per le relazioni con governi borghesi di paesi coloniali e semicoloniali, avanzano una concezione di «rivoluzione ininterrotta» che tende a incoraggiare l'azione di classe delle masse operaie e contadine di questi paesi, indipendentemente dalle direzioni borghesi e contro queste ultime. Non si tratta di un atteggiamento assolutamente chiaro, di principio, indipendente da qualsiasi considerazione di politica estera dello Stato cinese: ma anche su questo punto l'orientamento dei cinesi si muove nel giusto senso.

C) Le vie parlamentari e pacifìche al socialismo

Fin dal XX Congresso, Krusciov aveva reso esplicita una concezione già sottintesa nell'attività dei PC nella maggior parte dei paesi capitalisti, specialmente in Francia e in Italia, la concezione cioè della conquista del potere per via pacifica e parlamentare, mentre la questione dell'abbattimento dello Stato borghese restava imprecisata. La riserva, relativa al fatto che questa via potrebbe trovarsi sbarrata in caso di resistenza accanita del capitalismo o di qualcuna delle sue frazioni, non fra che una figura retorica, poiché la politica dei PC non si fonda che sulla via parlamentare e pacifica ed i PC, come i partiti socialdemocratici, sono organizzati soltanto per questa prospettiva.
Questa concezione, accettata calorosamente dalle direzioni dei PC, aveva sollevato inquietudini e resistenze alla base di questi partiti. I Cinesi, invece, rovesciano queste formule ambigue nel senso opposto a quello di Krusciov. Essi insistono sulla resistenza inevitabile del capitalismo e sulle ragioni che fanno del parlamento borghese un ostacolo alla trasformazione rivoluzionaria della società.
Insistono pure sulla necessità della costruzione di un nuovo Stato, quello della dittatura del proletariato.

D) I «modelli» di costruzione del socialismo

All'indomani della guerra e soprattutto dopo l'inizio della «guerra fredda», quando le «Democrazie popolari» furono assimilate strutturalmente, esse cominciarono a imitare servilmente il modello sovietico, mettendosi ciascuna a costruire il suo «socialismo in un paese solo» (industrializzazione ad oltranza, collettivizzazione forzata dell'agricoltura, ecc.).
La prima resistenza a questa imitazione in cui lutti gli errori staliniani venivano rinnovati e amplificati venne dagli Jugoslavi, che elaborarono la loro propria via. Altre resistenze si manifestarono nel 1956, soprattutto in Ungheria e in Polonia. Infine i Cinesi seguono, soprattutto grazie alle «Comuni», una via diversa di costruzione del socialismo.
Così esistono e si contrappongono tre diversi «modelli» di costruzione del socialismo: il modello sovietico, il modello cinese e il modello jugoslavo. Ciascuno di questi modelli, pur comportando caratteristiche inerenti alle specifiche condizioni del paese in cui si sviluppa, parte da concezioni dei rapporti sociali diversi e persino opposte; così le masse degli Stati operai hanno la possibilità sia di confrontare queste concezioni che di giudicarne i risultati.
Il modello sovietico è autorevole per la sua anzianità e per I risultati economici e tecnici già raggiunti, che fanno dell'URSS la seconda potenza mondiale. Ma, nonostante tutte le riforme operate dopo la morte di Stalin, esso è caratterizzato essenzialmente dal peso della burocrazia nella società sovietica, dalla sua onnipotenza in tutti i campi, dal suo carattere profondamente conservatore nonché dalle tendenze all'interesse personale che dominano nella burocrazia. Inoltre, il passato staliniano (specialmente la collettivizzazione forzata dell'agricoltura e le spaventose epurazioni) rappresenta un punto a sfavore sia negli Stati operai dell'Europa orientale sia nel movimento operaio dell'Europa occidentale.
Il modello cinese è caratterizzato innanzitutto dall'esperienza delle Comuni. Nonostante il funzionamento burocratico, le cui cause risiedono sia nelle concezioni della direzione sia nelle condizioni di arretratezza economica e culturale della Cina, l'esperienza delle Comuni ha per fondamento un tentativo di mobilitazione delle masse su una base collettiva, per scopi collettivistici, e non sulla base di un interesse strettamente individuale. L'esperienza delle Comuni deve permettere di trarre con questo sforzo collettivo la società cinese dallo stato assai arretrato che la caratterizzava. Contemporaneamente, questa esperienza permette progressi considerevoli sul piano sociale, specialmente sul piano della liberazione Della donna dallo stato di estrema inferiorità in cui essa si trovava in Cina. Il modello cinese esercita un'attrazione notevole sui paesi che si affrancano dal giogo coloniale, che vi trovano insegnamenti preziosi per il loro sviluppo mediante l'appello alla partecipazione collettiva delle masse. Per contro, il modello cinese è temuto dalla direzione Krusciov, che vede nell'esempio delle Comuni un pericolo potenziale, anche se a scadenza lontana, per l'autorità della burocrazia e tenta di screditarlo identificandolo falsamente con la collettivizzazione forzata di Stalin.
Il modello jugoslavo è il primo «modello» che, nonostante i limiti e le insufficienze, si sforzi di appoggiarsi sull'iniziativa e sul libero consenso delle masse, sia nelle città che nelle campagne, di favorire il controllo e la gestione degli operai sul piano aziendale ed in una certa misura anche sul piano locale e regionale, e di lottare coscientemente contro le tendenze burocratiche. Soprattutto a questo appoggio delle masse contro le tendenze burocratiche sono dovuti gli importanti progressi della Jugoslavia. L'esperienza si è pure dimostrata fruttuosa nel campo dell'economia agricola, nel tentativo di favorirne progressivamente la collettivizzazione, in funzione delle possibilità tecniche e con il concorso volontario dei piccoli proprietari agricoli. E' soprattutto come esempio pratico di lotta antiburocratica che il modello iugoslavo e la direzione della Lega dei Comunisti Jugoslavi sono combattuti dalle direzioni degli altri Stati operai e dei PC.

E) Il coordinamento insufficiente della pianificazione degli Stati operai

Se non si trovano più nei rapporti tra l'URSS e gli altri Stati operai gli abusi e le grossolanità che condussero il conflitto sovietico-jugoslavo fino alla rottura, e poi provocarono tensioni particolarmente con la Polonia e l'Ungheria, sussistono tuttavia contraddizioni e tensioni, di cui Gomulka si è fatto recentemente portavoce ad una sessione del CC del partito polacco.
Il Comecon non è un organismo di pianificazione globale delle economie degli Stati operai; esso assicura semplicemente una certa divisione del lavoro. La ragione è che le burocrazie, che dirigono i singoli Stati operai, ed in primo luogo la burocrazia sovietica, hanno interessi soprattutto nazionali e mirano ai risultati che considerano migliori per la loro posizione nel loro paese, anche a detrimento degli altri. Nell'Europa orientale è stata la direzione più svantaggiata in questa situazione, cioè la direzione polacca, che ha segnalato il pericolo.
Lo sviluppo dell'economia di tutti gli Stati operai renderà sempre più acuta la contraddizione fra il carattere soprattutto «nazionale» di questa pianificazione e la necessità per queste economie di essere pianificate su scala internazionale. Lo sviluppo di questa contraddizione contribuirà come fattore importante a mettere in discussione l'egemonia dell'Unione Sovietica sugli Stati operai dell'Europa orientale, ed in seguito contribuirà pure ad approfondire la crisi dello stalinismo.
Queste nuove contraddizioni dello stalinismo mettono decisamente fine alla leggenda del monolitismo degli Stati operai e dei PC. Eccetto il caso della Jugoslavia, è proprio all'interno del mondo comunista, senza rotture per tutto un periodo, che si sono manifestate e si affrontano contraddizioni gigantesche. Considerate nel loro insieme, queste contraddizioni cominciano a delineare una politica rivoluzionaria di fronte alla politica opportunista dei dirigenti sovietici, sia sul piano nazionale che su quello internazionale: controllo e gestione operaia, progressi del socialismo nelle campagne, rapporti paritetici e di collaborazione fra Stati operai, appoggio alle masse coloniali anche contro le loro borghesie nazionali, via rivoluzionaria al socialismo, lotta per la pace mediante la lotta rivoluzionaria contro il capitalismo.

* * *
Ma nessuna delle forze di massa che oggi sono in contraddizione con la politica della direzione sovietica formula la sua opposizione in modo del tutto conseguente, ne riunisce il complesso delle sue contraddizioni in una critica globale e fondamentale dello stalinismo. Al contrario, si assiste ad un ulteriore frazionamento delle posizioni che si scontrano nelle varie direzioni dei PC e degli Stati operai. Così gli albanesi appoggiano i cinesi per alcune delle loro posizioni che, ad esempio, sono completamente differenti da quelle per cui i brasiliani appoggiano il PC cinese. E' importante perciò, per un intervento corretto del nostro movimento, evitare ogni contrapposizione globale e semplicistica che potrebbe condurre ad errate valutazioni delle varie correnti che emergono dalla crisi dello stalinismo. E' altresì importante saper discernere esattamente in ogni caso le caratteristiche di queste correnti, le cause che le determinano e le tendenze, i metodi e le posizioni che le caratterizzano.
Inoltre, nessuna di queste forze mette formalmente in discussione la concezione monolitica del partito, né difende il diritto di tendenza all'interno del partito né tanto meno il diritto della pluralità dei partiti operai nello Stato operaio.
Vediamo in diversi settori manifestarsi l'opposizione tra le esigenze del progresso degli Stati operai e la politica del «socialismo in un paese solo» che resta alla base dell'orientamento e del pensiero di tutte le direzioni dei PC. Oggettivamente, la situazione, soprattutto quella della Rivoluzione cinese, pone per la prima volta davanti alla direzione di un PC il problema della Rivoluzione permanente sotto i suoi tre aspetti: instaurazione della dittatura del proletariato per risolvere strada facendo i compiti democratico-borghesi, sviluppo a balzi (a «grandi balzi») in tutti i campi della vita sociale, espansione internazionale della rivoluzione già vittoriosa sul piano nazionale.
Così le contraddizioni dello stalinismo sono giunte ad un grado di maturazione politica eminentemente favorevole perché si ponga in termini più concreti la questione della rivoluzione politica e del rinnovamento del movimento comunista, come pure della nuova direzione rivoluzionaria internazionale di massa.
Le posizioni politiche del PC cinese sono lontane da quelle del marxismo rivoluzionario, tuttavia dimostrano le immense possibilità di quest'ultimo e aprono così un terreno di lavoro come mai il trotskismo aveva avuto nel passato. La condizione essenziale per poter sfruttare questo terreno è che il nostro movimento comprenda pienamente il passo in avanti che rappresentano le posizioni cinesi per avanzare verso la costruzione di tendenze comuniste conseguenti, libere dalle attuali limitazioni della direzione del PC cinese, offrendo una prospettiva d'insieme ai militanti comunisti di tutto il mondo e alle altre forze rivoluzionarie che sono al di fuori dell'influenza dei Partiti comunisti.

La conferenzadi Mosca degli 81 Partiti comunisti

4 — Dopo due tentativi (prima a Mosca, poi a Bucarest) che non hanno dato alcun valido risultato, sovietici e cinesi si sono sforzati di trovare un compromesso per mettere fine alle loro divergenze durante la Conferenza di Mosca, svoltasi in occasione della celebrazione del 43° anniversario dell'Ottobre. Sovietici e cinesi sono stati obbligati ad associare ai loro sforzi le direzioni di tutti i partiti di obbedienza staliniana, dato che le questioni controverse riguardavano tutto il mondo comunista.
Già per la sua durata — più di tre settimane — la Conferenza degli 81 ha significato un cambiamento considerevole rispetto all'epoca di Stalin, nella quale l'unanimità si manifestava automaticamente dietro il «genio» di quest'ultimo. Al monolitismo è succeduta la discussione, ma questo non significa un rinnovamento democratico all'interno di questi partiti: le discussioni sono continuate nel segreto delle direzioni desiderose di evitare di portare le discussioni e le divergenze davanti ai militanti e ai lavoratori, come invece accadeva ai tempi di Lenin e di Trotskij.
Oltre la durata della Conferenza, il documento che ne è uscito testimonia la volontà di trovare un compromesso durevole. In linea di massima, l'accordo sembra essere intervenuto sulle posizioni essenziali della burocrazia sovietica; il testo è basato sulla lotta per la pace mediante la «coesistenza pacifica» e il disarmo. I cinesi avevano combattuto queste idee, ma non chiaramente e apertamente.
Il testo riprende le formule sovietiche ma introduce, il proposito di ogni presa di posizione e di ogni affermazione politica, riserve e considerazioni che tengono conto delle posizioni cinesi. In particolare, non si parla più di un capitalismo diviso in ali pacifiste e ali guerrafondaie, e si sottolinea vigorosamente il carattere aggressivo dell'imperialismo americano in termini che non hanno più nulla a che fare con lo «spirito di Camp David» e riecheggiano un po' la stampa di Pechino.
I cinesi hanno fatto marcia indietro sulla «rivoluzione ininterrotta»; troviamo una nuova formulazione: «lo Stato di democrazia nazionale», uno Stato senza natura di classe, la cui definizione non sarebbe in funzione della natura dei rapporti di produzione, ma in funzione della natura mutevole della sua politica. In questa formula, ritroviamo di fatto la vecchia teoria staliniana di una rivoluzione intermediaria tra la società capitalistica e la dittatura del proletariato, una fase sociale che non è né la società capitalistica né lo Stato operaio, una società, cioè, che la storia non ha ancora visto.
A loro volta, i cinesi hanno ottenuto concessioni assai importanti sulla questione che . certamente hanno più a cuore: quella dei rapporti con la borghesia dei paesi coloniali e semicoloniali. Il documento denuncia la «doppiezza» di queste borghesie, contrarie sia all'imperialismo che alle masse operaie e contadine. Lungi dall'esser corretto su questa questione, il documento contiene tuttavia formulazioni che i cinesi possono utilizzare al massimo nella questione dei loro rapporti con gli Stati sottosviluppati, ancora economicamente dipendenti dall'imperialismo, in cui la borghesia nazionale ricerca non già il miglioramento delle condizioni di vita delle masse, ma una parte maggiore del plusvalore prodotto in questi paesi. Data l'importanza che la rivoluzione coloniale occupa attualmente nella rivoluzione mondiale, è evidente che questa non è solo una concessione fatta ai cinesi, ma è un passo a sinistra — pur timido e contraddittorio — anche per quello che riguarda i rapporti con l'imperialismo sul piano della politica mondiale. In pratica, questa concessione ai cinesi può rivelarsi di notevole importanza per le conseguenze che potrebbe implicare.
Riguardo alle vie verso il socialismo, il testo riprende sensibilmente gli stessi termini del XX Congresso — termini che i sovietici tiravano in un senso e i cinesi nell'altro. Su questo punto non c'è stata alcuna evoluzione, anche se, come per il passato, niente impedirà di riprenderne la discussione alla prima occasione.
Sulla questione delle Comuni, alle quali i cinesi attribuiscono un posto preminente come forma di sviluppo della società verso il socialismo, il silenzio del testo mostra la persistenza della divergenze. I cinesi, come concessione massima, hanno ottenuto che nel documento si parli di una «corretta applicazione delle leggi generali dell'edificazione socialista, tenuto conto delle particolarità nazionali di ciascun paese e degli interessi del sistema socialista nel suo insieme». E' poco, se si pensa che per essi il sistema delle Comuni aveva un'applicazione piuttosto generalizzata.
La risoluzione denuncia, seppure in maniera differente e ineguale, il revisionismo e il dogmatismo. Quest'ultimo è presentato come un pericolo secondario e anonimo. In compenso, gli jugoslavi sono violentemente attaccati come revisionisti e ancor più accusati falsamente di aver proclamato «invecchiato» il marxismo-leninismo e di svolgere un'«opera sovvertitrice» contro il campo socialista e testimonia come i burocrati temano l'atteggiamento jugoslavo, per quanto limitato possa sembrare, di fronte alle contraddizioni dei partiti e degli Stati rappresentati a Mosca.
Su una questione, sollevata a proposito di una più stretta pianificazione tra Stati operai, i polacchi hanno ottenuto soddisfazione.
Il testo sembra indicare che nessun cambiamento si è manifestato sulla questione del «partito-guida» : il PCUS conserva il titolo di avanguardia universalmente riconosciuta del movimento comunista mondiale, ecc.... Questa formulazione non ha mai imbarazzato i cinesi quando desideravano combattere la politica dei dirigenti sovietici. Nel comunicato ufficiale che annuncia lo svolgimento della conferenza e la lista dei partecipanti, si può notare che il PCUS non viene più nominato per primo, ma si trova, in ordine alfabetico, tra il PC turco e quello uruguayano. Per un mondo così gerarchizzato e burocratizzato, questa piccola indicazione ha un valore simbolico.
Il documento adottato dalla Conferenza mostra di fatto che le divergenze non sono state superate e che si è arrivati piuttosto a «un accordo per essere in disaccordo», a condizione che ciò avvenga in forma sufficientemente discreta. Alla Conferenza, i cinesi, benché in minoranza, hanno ricevuto l'appoggio di varie direzioni di Partiti comunisti. Inoltre altre direzioni hanno avuto un ruolo conciliatorio.
La situazione internazionale e le condizioni generali che hanno dato vita alle divergenze cino-sovietiche, lungi dall'operare nel senso di un appeasement, alimenteranno queste divergenze e tenderanno ad acutizzarle ancor più che nel passato. Dobbiamo quindi orientare la nostra azione su una ripresa e un allargamento di queste divergenze, su manifestazioni sempre più importanti di tensioni e di crisi all'interno del mondo comunista, senza che sia possibile fin d'ora precisarne il momento, le forme specifiche, i partiti, dai quali riprenderà la crisi.
La Conferenza degli 81 ha mostrato che l'espansione della rivoluzione nel mondo e il rafforzamento delle forze produttive negli Stati operai non hanno cessato, dalla fine della seconda guerra mondiale, di stimolare la crisi dello stalinismo e che nessuna soluzione può emergere dal quadro burocratico, mediante accordi tra direzioni burocratiche. Queste ultime non fanno che manovrare contro le esigenze create dalla situazione stessa e cioè contro il ristabilimento della democrazia operaia e il ristabilimento di una Internazionale Comunista basata sul centralismo democratico.

Problemi e contraddizioni della società sovietica

5 — La tendenza generale manifestata dalla direzione sovietica dalla morte di Stalin in poi verso un miglioramento del livello di vita si è mantenuta e sviluppata. La direzione ha dovuto tener conto delle tendenze egualitarie che erano state ferocemente represse al tempo di Stalin. Ha dovuto elevare i bassi salari, ma le diseguaglianze restano ancora grandissime. Il miglioramento del livello di vita delle masse sopprime o attenua le rivendicazioni più elementari. ma queste lasciano il posto a nuove rivendicazioni. Riguardo al livello di vita, i lavoratori sono sempre più coscienti della contraddizione enorme fra la potenza economica dello Stato sovietico ed il loro livello di vita ancora modesto (si vedano le diverse critiche durante la discussione sulla questione degli sputnik). Ciò spiega l'insistenza con cui Krusciov promette di superare il livello di vita americano, ed anche la sua campagna per la «distensione» al fine di trasferire una parte delle grosse spese militari nel campo dei bisogni delle masse.
Rivendicazioni ed esigenze si manifestano sempre più in merito alla qualità dei prodotti di consumo. Questa era finora trascurata, poiché tutte le attenzioni erano rivolte all'industria pesante, ai settori militari e agli obiettivi che ad essi si collegano (missili spaziali ecc.).
Bisogna rilevare che nei movimenti verificatisi nel Kazakistan gli operai hanno dato grande importanza alle rivendicazioni di carattere sociale e culturale (nidi d'infanzia, teatri, cinema, campi sportivi ecc.).
Nel settore della vita aziendale, il potere ha preso diversi provvedimenti che possono essere considerati liberali (poteri di certi organismi sindacali aziendali, passaggio della gestione di certe istituzioni alle aziende o ai sindacati ecc.). Qualunque sia l'uso che gli operai potranno fare di questi provvedimenti in un futuro ancora indeterminato, i provvedimenti stessi non sono stati la conseguenza di movimenti di base, ma in generale sono stati dettati dal bisogno di migliorare la gestione, che resta di tipo burocratico. Essi sono paralleli ai provvedimenti di decentramento presi nell'economia in generale, nella pianificazione, poiché le vecchie forme di accentramento ad oltranza sono improponibili con organismi estremamente sviluppati ed estesi.
La burocrazia è oggetto di numerose critiche come insieme di forme e di metodi di direzione e non — almeno in modo espresso apertamente — come categoria sociale. La classe operaia sovietica, pur così forte numericamente e presente in un grandissimo numero di centri urbani, non ha finora espresso rivendicazioni di democratizzazione nelle aziende, rivendicazioni che costituirebbero normalmente il ponte verso altre rivendicazioni di ordine politico più generale, miranti a ristabilire la democrazia sovietica nello Stato operaio.
Poiché l'economia agricola resta sempre il punto debole dell'economia sovietica, la direzione ha contemporaneamente cercato di migliorare le condizioni dei contadini stimolando l'interesse personale del kolkosiano, e di fare pressione sui contadini stessi con la produzione ottenuta per mezzo della valorizzazione delle «terre vergini». I risultati ottenuti con questi due mezzi sono stati mediocri, e non potrà essere altrimenti fino a che i contadini avranno a che fare con un potere burocratico.
L'intellighenzia, benché il suo reddito sia stato ridotto, resta uno strato sociale molto privilegiato, ma sempre a condizione di mostrarsi conformista verso l'autorità. Nel campo della produzione letteraria ed artistica, dopo un periodo di «disgelo», la direzione Krusciov, pur ostentando un'apparenza di liberalismo e rinunciando a certe stravaganze proprie di Stalin, ha proceduto a rafforzare il controllo sugli intellettuali. Essa teme che attraverso costoro si faccia strada la critica politica al regime burocratico. Le nozioni di «letteratura di partito », di «arte di partito» vengono mantenute, benché con margini più larghi che al tempo di Stalin. Il fatto importante è che nell'intellighentzia si avverte una resistenza al ristabilimento dei controlli. Inoltre, accanto alla produzione letteraria e artistica ufficiale esiste una produzione non conformista che circo1a in modo semi-clandestino.
Fra i giovani, soprattutto tra gli universitari, stanno maturando nuove correnti, nuove tendenze, assolutamente non conformiste. E' da qui che risorgeranno i movimenti rivoluzionari che lotteranno per un vero «ritorno a Lenin». Inesistenza di simili tendenze si è manifestata sotto diverse forme ed in diverse circostanze, anche se per il momento resta ad uno stadio embrionale (studi per ricostruire la vera storia della Rivoluzione russa, ostilità verso l'intervento in Ungheria....)
Vari strati della burocrazia, soprattutto i più elevati, hanno conosciuto una certa limitazione dei loro privilegi più spinti ed abnormi, e nello stesso tempo una stabilità, una certezza del domani sconosciute al tempo di Stalin. Non vi sono più epurazioni di massa.
La questione di essere «in linea» ha un carattere sempre più formale. La considerazione più importante è l'«efficienza» nell'incarico, pena la degradazione.
L'attuale liberalismo non significa che la burocrazia nel suo insieme possa esprimersi politicamente. Soltanto alcuni funzionari molto elevati vengono associati alle discussioni che hanno luogo nel CC del Partito. Solo quest'organo ha ritrovato, nei confronti del Presidium (ex Politburo), quei diritti che aveva completamente perduto; è grazie al CC che Krusciov ha potuto aver ragione della tendenza «antipartito» che l'aveva messo in minoranza nel Presidium. L'apparato dello Stato, compreso il Soviet supremo non è che uno strumento esecutivo delle decisioni del CC.
Le nuove condizioni di rilassamento dei rapporti sociali fanno sì che l'apparato del partito, che costituisce l'unico cemento politico della società sovietica, sia più isolato che mai nei confronti dei vari strati della società. Tuttavia, essendo quest'apparato — e più specificamente il CC — l'unico organismo veramente politico in URSS, è probabile che proprio in esso troverà inizialmente espressione una grande crisi politica della società sovietica. Il CC attuale è costituito, salvo rare eccezioni, di figure nuove, senza passato politico e senza veri legami politici.
L'importanza attribuita dai dirigenti sovietici alla battaglia sulla stampa del partito contro le concezioni dei Cinesi e I moniti espressi a questo proposto negli organismi di partito, autorizzano a pensare che nel PCUS vi fossero correnti che condividevano i punti di vista dei Cinesi o avevano un orientamento vicino al loro nei riguardi della «coesistenza pacifica» e dei suoi risultati.
Nulla permette di affermare che si trattasse di ex-staliniani, di partigiani della vecchia tendenza detta «antipartito». Si tratterebbe piuttosto di manifestazioni provenienti da strati nuovi, che proverebbe così che nell'URSS dopo il XXI Congresso vi sono i segni di un'evoluzione e che una nuova fase di crisi dello stalinismo sta maturando nel primo Stato operaio.
L'atomizzazione politica delle masse, che costituisce la base sulla quale si fonda il predominio assoluto della burocrazia nell'Unione sovietica, comincia a far posto alle tendenze rivendicative delle masse e alla nascita di centri di studio e di discussione nell'avanguardia. Lo sviluppo a balzi dell'economia sovietica impedisce la stabilizzazione dell'apparato amministrativo, lo costringe ad adattarsi e questo, di conseguenza, apre il fianco alla critica. I problemi amministrativi sono continuamente e apertamente discussi dalla stampa sovietica. Il dinamismo della società sovietica sconvolge costantemente il conservatorismo della burocrazia.

La situazione dei partiti comunisti nei paesi capitalisti

6. — La crisi degli anni 1956-57 aveva assunto in questi partiti, forme spettacolari un po' dappertutto: in alcuni casi si era dovuto procedere anche a sostituzioni di dirigenti o di gruppi dirigenti. Talvolta si era anche avuto un inizio di lotta di tendenze. In seguito, in linea di massima, le direzioni ripresero il controllo delle organizzazioni comuniste. Tuttavia, dopo la crisi del 1956-57, si è potuto osservare dappertutto un approfondimento della crisi dei partiti comunisti grandi o piccoli, ma in forme che non avevano più lo stesso carattere spettacolare.
Dove vi sono grandi partiti comunisti di massa non c'è stato un deterioramento profondo dei rapporti del partito con le masse lavoratrici in seguito alle discussioni legate al «culto della personalità». Si assiste tuttavia ad una crisi cronica, caratterizzata dall'indebolimento dell'autorità delle direzioni, dal fatto che settori più o meno larghi in questi partiti mettono in dubbio la linea della direzione e manifestazioni sporadiche di opposizione fino ad ora negli organismi di base quando vi concorrano determinate circostanze nel paese.
Per i piccoli partiti comunisti, la cui influenza sulle masse era debole, la crisi del 1956-57 si tradusse quasi ovunque nel calo degli iscritti e in una sensibile perdita dell'influenza di cui godevano. Da allora, tuttavia, ci sono stati sviluppi contraddittori. Così, mentre in Inghilterra e in Australia, a causa di una certa radicalizzazione della classe operaia, e di fronte al Labour Party, essi hanno potuto attrarre nuovi elementi e riguadagnare il terreno perduto, in Danimarca, invece, si è visto l'ex dirigente principale del partito, Alex Larsen, costituire un partito centrista (il PSP) e riuscire ad ottenere una vittoria elettorale a spese soprattutto del PC danese.
Parecchi fattori tendono ormai ad approfondire la crisi internazionale dello stalinismo e la crisi di tutti i partiti comunisti: la crisi del capitalismo, che pone dei problemi a cui la politica di Mosca non dà risposta; i movimenti delle masse; la controversia cino-sovietica e, più in generale, le lotte intestine delle burocrazie, prodotte dal succedersi degli avvenimenti e dai movimenti delle masse.
Questi fattori, attualmente, hanno un peso maggiore sui partiti comunisti dei paesi coloniali e semicoloniali. In alcuni casi, lo sviluppo della rivoluzione coloniale ha eliminato il partito comunista dalla scena politica. Il caso più notevole è quello dell'Algeria, dove il PC algerino ha letteralmente pagato con la sua esistenza l'essere stato lo strumento del PC francese e della sua politica «nazionale», anche nella questione algerina. Nella maggior parte dei casi, i partiti comunisti dei paesi coloniali e semicoloniali subiscono con maggiore o minore intensità la pressione dei movimenti di massa nei loro paesi, nello stesso tempo che si esercitano su essi le pressioni sia di Mosca che di Pechino. Così, sono apparse in questi partiti correnti divergenti, tendenze opposte (India, Brasile), e talora scissioni (Irak).
I partiti comunisti dei paesi capitalisti avanzati, soprattutto i grandi partiti, sono molto più caratterizzati dal loro allineamento alla politica del Kremlino e dal carattere opportunista, di destra, della loro politica. Un nuovo ed ampio sviluppo della crisi di questi partiti può essere determinata sia dall'impulso che potrebbe derivare da una nuova crisi importante, specialmente nell'URSS, sia da una ripresa del movimento operaio e dai suoi effetti sui quadri medi e di base di questi partiti, che possono decidersi all'opposizione solo se la pressione delle masse offre loro una reale prospettiva per una politica militante, per una politica di opposizione di sinistra.
In seguito agli effetti della controversia cino-sovietica sui partiti comunisti, ci troviamo sempre più di fronte a partiti le cui linee politiche saranno diverse da un paese all'altro e che, di conseguenza, necessiteranno di un orientamento appropriato in ogni caso. Nel caso di partiti in cui predomini l'influenza di Mosca, bisognerà combattere contro una politica opportunista di destra, opponendo ad essa un programma di azione dettato da una politica di opposizione di sinistra. Nel caso di partiti (o di tendenze) influenzati da Pechino, ci troveremo di fronte ad un centrismo di sinistra di tipo nuovo che, se non adotteremo un atteggiamento corretto nei suoi confronti, potrebbe divenire un ostacolo per il nostro sviluppo per un certo periodo. Dobbiamo partire dalle posizioni progressive che hanno raggiunto per far comprendere ai militanti e alle correnti, orientati in questo senso, la necessità di portare avanti una battaglia teorica e politica conseguente, di superare, cioè, le posizioni già raggiunte per giungere a quelle del marxismo rivoluzionario.
In ogni modo, occorre partire dalla considerazione di carattere generale che le contraddizioni continueranno a crescere nel mondo comunista, che i problemi nazionali e internazionali vi provocheranno reazioni a catena e che tutti i partiti comunisti, qualunque sia la loro attuale politica, costituiranno sempre di più un terreno favorevole allo sviluppo delle idee del marxismo rivoluzionario, Della IV Internazionale.
Per quanto riguarda i principali partiti comunisti dei paesi capitalisti, si può osservare in essi tutta la gamma di queste varie manifestazioni della crisi dello stalinismo:
— Il partito comunista francese, che ha la direzione più staliniana
l'apparato più forte, dà un'apparenza molto ingannevole di unità di vedute. Un pesante disagio regna nelle sue file e tra i suoi quadri. La direzione conosce resistenza di oppositori che «attendono la loro ora» (l'ha detto Thorez). L'inasprimento della situazione politica in Francia o una nuova manifestazione di crisi aperta dello stalinismo internazionale non mancherebbe di suscitare una grande crisi in questo partito.
— Il partito comunista italiano è quello che persegue una politica sistematicamente destrorsa (occasionalmente con svolte a sinistra), pur manifestando un certo liberalismo per quanto riguarda la vita politica interna.
— Il partito comunista indiano non ha mai cessato di essere ideologicamente diviso, e lo scacco subito nel Kerala e la controversia cino-sovietica non possono mancare di aggravare tali divisioni.
— Il partito comunista brasiliano, che ha subito nel passato parecchie crisi di notevole importanza, si trova nuovamente diviso da una grande lotta di tendenze, nella quale le divergenze nate in merito alla politica brasiliana si uniscono ai problemi sollevati dalla
controversia cino-sovietica.
— Il partito comunista indonesiano, che nel passato ha dovuto affrontare crisi anche serie, ha proceduto nell'ultimo periodo a brusche variazioni nel quadro della sua politica generale di appoggio a Sukarno, variazioni che probabilmente si possono spiegare come il riflesso di divergenze al vertice del partito.
Anche se gli effetti visibili della controversia cino-sovietica in forma di crisi aperta sono attualmente limitati al PC brasiliano e ad alcuni altri partiti nei paesi coloniali e semicoloniali, è inevitabile che in prospettiva questa controversia — che le direzioni cinese e sovietica non sono riuscite ad appianare — alimenterà tutte le contraddizioni che esistono nei partiti comunisti e tenderà a farvi scoppiare grandi crisi. In primo luogo, perché essa solleva problemi concernenti una politica generale dei partiti comunisti su scala nazionale e internazionale; e poi anche in ragione del peso stesso della Cina sulla scena mondiale.

La IV Internazionale e la nuova fase della crisi dello stalinismo

La nuova fase della crisi dello stalinismo che sta per maturare conferma fondamentalmente le analisi dei Congressi mondiali precedenti e le loro prospettive. Essa rende più imperioso il compito del nostro movimento di sfruttare questa fase nuova per far progredire negli ambienti staliniani che costituiscono, sia negli Stati capitalistici sia negli Stati operai, la più ricca riserva di militanti operai vicini al marxismo rivoluzionario, le idee rivoluzionarie, il compito di accelerare la formazione di partiti comunisti rivoluzionari di massa e di preparare così la rivoluzione politica negli Stati operai e la rinascita di una direzione internazionale del movimento di massa.
a) Nell'Unione Sovietica e negli Stati operai. La maggior parte dei punti formulati nel Programma della IV Internazionale del 1938 e nelle Tesi del V Congresso mondiale restano all'ordine del giorno per un programma di azione negli Stati operai:
— La lotta contro le disuguaglianze sociali, poiché sono scomparsi soltanto alcuni abusi troppo clamorosi. In questo campo, il «ritorno a Lenin» esige più che mai la limitazione degli stipendi dei dirigenti in modo che non superino il salario di un operaio specializzato.
— La lotta contro l'oppressione politica che non è scomparsa con l'eliminazione dell'onnipotenza della polizia segreta. Le organizzazioni e le istituzioni in URSS non sono organismi liberi, indipendenti dal potere statale. La restaurazione della democrazia operaia resta il compito principale della rivoluzione politica: restaurazione delle libertà essenziali (di riunione, di associazione, di stampa etc.), autonomia delle organizzazioni sindacali e diritto alla pluralità dei partiti sovietici. Senza l'esistenza di questi diritti, non possono esservi veri Soviet e una vera democrazia sovietica.
— Senza democrazia sovietica non può esservi una riordinazione dell'economia sovietica che ponga quest'ultima sotto la gestione effettiva dei produttori.
— Il ripristino della verità sulla storia dell'URSS, del partito bolscevico e dell'Internazionale Comunista non è una semplice esigenza di onestà scientifica, ma una necessità politica indispensabile per permettere alle masse sovietiche e ai comunisti del mondo intero di ritrovare un orientamento che si ricolleghi effettivamente alla politica leninista dei primi anni della Rivoluzione di Ottobre.
— Senza mettere in discussione la necessità per il potere sovietico di negoziare con gli Stati capitalisti e di adoperarsi per evitare un nuovo conflitto mondiale, la controversia cino-sovietica dà una attualità bruciante alle rivendicazioni del Programma del 1938 per una politica internazionale rivoluzionaria, di appoggio incondizionato ai movimenti delle masse coloniali, contro ogni tentativo di giungere, con i procedimenti della diplomazia segreta, ad un accordo globale con l'imperialismo a spese degli interessi delle masse in qualsiasi paese.
— b) Nei partiti comunisti di massa. L'orientamento di lavoro definito dal III Congresso mondiale (entrismo sui generis) è stato giustificato sia dalle forme di sviluppo della crisi dello stalinismo all'interno delle organizzazioni esistenti e senza rotture massicce di queste, sia dai risultati che si sono manifestati negli anni di crisi 1956-57, cioè la formazione di opposizioni che tendono ad organizzarsi per condurre una lotta di tendenza all'interno dei partiti comunisti. I metodi per la formazione e l'organizzazione di tendenze all'interno dei PC sono completamente diversi dai metodi da seguire nei partiti socialdemocratici, poiché implicano per un lungo periodo un lavoro clandestino.
La manifestazione sempre più evidente di conflitti tra direzioni di PC di paesi diversi contribuirà a facilitare la formazione di tendenze anche all'interno di un singolo PC, poiché ciascun membro di un partito è o deve essere comunista prima di essere francese, italiano, sovietico, cinese, jugoslavo. Una delle prime rivendicazioni a questo proposito è che sia messa a disposizione dei membri dei partiti una documentazione completa e onesta sulle questioni controverse, con la pubblicazione dei testi delle direzioni opposte. E' questa la prima condizione perché i membri dei partiti possano discutere e giudicare anziché seguire, con una interpretazione abusiva del concetto di disciplina, il punto di vista della loro direzione nazionale.
Tale concezione non può mancare di condurre alla necessità di una organizzazione internazionale del movimento comunista e di chiarire il concetto di un partito mondiale della rivoluzione socialista fondato sul centralismo democratico.
Un'informazione onesta, una discussione democratica alla base, un confronto internazionale delle divergenze, sono le rivendicazioni generali che dobbiamo portare avanti nei PC nello stesso tempo in cui esponiamo le posizioni essenziali per la formazione di una corrente di sinistra su larga scala nei PC di massa. Le linee generali di questo programma vengono sempre più precisate dai grandi problemi della situazione internazionale e dalle divergenze che questa situazione ha già suscitato tra sovietici e cinesi: lotta per la pace mediante la lotta per disarmare il capitalismo cacciandolo dal potere; sostegno incondizionato delle rivoluzioni coloniali e aiuto ai rivoluzionari dei paesi coloniali per la creazione di organizzazioni indipendenti degli operai e dei contadini che conducano una specifica azione di classe; denuncia della concezione delle vie pacifiche e parlamentari; ritorno alle concezioni difese da Lenin in «Stato
e Rivoluzione»: lotta per il potere nei paesi capitalisti sulla base di un programma di transizione e mediante la tattica del fronte unico di tutte le organizzazioni operaie.

* * *

In conclusione, gli avvenimenti dalla fine della seconda guerra mondiale in poi hanno sempre più confermato la tesi trotskista che lo stalinismo, cioè la subordinazione del movimento comunista alla burocrazia sovietica, era un fenomeno incompatibile con ogni grande sviluppo rivoluzionario. Quasi subito la Rivoluzione jugoslava si è trovata in rotta con lo stalinismo. Poi, nell'URSS e negli altri Stati operai dell'Europa orientale, si sono manifestate una serie di contraddizioni su rivendicazioni immediate delle masse, che hanno provocato esplosioni (Ottobre polacco e ungherese). Nonostante tutti i tentativi della direzione Krusciov di riassorbire la crisi con un «riformismo» che non manca di dinamismo e si appoggia sugli enormi progressi economici e tecnici dell'Unione Sovietica, nuove contraddizioni maturano, soprattutto a causa dello sviluppo della
Rivoluzione cinese.
Sinora ogni crisi era accompagnata da rivendicazioni che si trovavano nel programma generale della IV Internazionale o che andavano nel senso di alcune di queste rivendicazioni. Attualmente, la nuova fase della crisi internazionale dello stalinismo solleva un insieme di problemi che sono quelli della rivoluzione e della transizione internazionale verso il socialismo, e dietro ad essi il problema della nuova direzione internazionale di massa. La nuova fase della crisi dello stalinismo che matura sarà dunque favorevole al progresso del trotskismo e della sua organizzazione, la IV Internazionale.