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Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov



Analisi sullo stalinismo di Leone Trotskji e del movimento trotskista internazionale
(ed. bandiera rossa 1965)
La destituzione di Krusciov

La dichiarazione La caduta di Krusciov, nuova fase della crisi della burocrazia sovietica fu redatta dal Segretariato Unificato della IV Internazionale il 19 ottobre 1964, cioè quattro giorni dopo l'annuncio della sostituzione del primo segretario del PCUS e primo ministro dell'Unione Sovietica, in quel momento non erano ancora noti certi elementi di giudizio successivamente forniti dalle stesse fonti sovietiche o comunque emersi.

L'improvvisa eliminazione di Krusciov da tutte le cariche che ricopriva al vertice sia del PCUS che dello Stato sovietico, riconferma la profonda contraddizione che esiste tra il carattere progressivo della struttura economica dell'URSS e le retrograde istituzioni politiche instaurate da Stalin.
Il lancio della cosmonave Voskhod ha dato al mondo la prova più evidente dei formidabili progressi realizzati dalla scienza e dall'industria sovietica. Tre giorni dopo, la caduta di Krusciov ha dato ai popoli di tutto il mondo, e allo stesso popolo sovietico, un ben diverso spettacolo di debolezza e di confusione politica.
I nuovi dirigenti del Kremlino si sono subito affrettati ad assicurare al mondo che questo improvviso cambiamento non implicava assolutamente variazioni sostanziali né in politica interna né in politica estera.
Perché dunque la burocrazia ha eliminato Krusciov?
Se gli alti papaveri della burocrazia manifestano così poche riserve sulla linea generale di Krusciov è perché essi, come Krusciov e come Stalin prima di loro, procedono in modo del tutto empirico. Essi si sono preoccupati soltanto di quelli che considerano errori ed eccessi di Krusciov nell'applicazione della «linea ».
La verità è che Krusciov aveva finito per trovarsi in un'impasse in vari settori, aveva provocato gravi tensioni e acutizzato le contraddizioni. Cercando di trovare una via d'uscita, la burocrazia ha deciso di cominciare con l'eliminare Krusciov come capro espiatorio.
In politica economica interna, Krusciov si era identificato con le grandiose promesse di elevazione del livello di vita delle masse sovietiche. Effettivamente, per nove anni la situazione dei consumatori sovietici era migliorata, e su ciò si basava la popolarità di Krusciov in tutto questo periodo. Ma questa situazione doveva modificarsi radicalmente quando egli fu costretto ad aumentare il prezzo della carne e del burro e ad importare grandi quantità di cereali dai paesi capitalistici in seguito alla stagnazione, praticamente quinquennale, della produzione agricola. Le code dinanzi alle panetterie nell'autunno e nell'inverno scorsi hanno dato un colpo mortale alla sua popolarità, e il buon raccolto del '64 non ha potuto certo salvare la situazione.
La politica delle «terre vergini» di Krusciov è stata giudicata un fallimento totale. Quando la Pravda mette in guardia contro «progetti di una testa vuota» elaborati senza tener conto dei pareri degli specialisti scientifici, l'allusione al progetto delle «terre vergini», realizzato contro il parere dell'Accademia delle Scienze, è abbastanza trasparente.
Il fallimento della politica agricola di Krusciov — che la IV Internazionale già dal 1955 aveva indicato come decisiva per la sua permanenza alla direzione del PCUS — è tanto più grave in quanto, contrariamente alle illusioni seminate alla leggera, la svolta verso l'agricoltura intensiva non può dare risultati immediati apprezzabili, e la creazione di un'adeguata industria chimica richiede del tempo.
Si constata pertanto che la realizzazione dei piani per la creazione di una industria chimica, lanciati con grande pubblicità, ha subito un notevole ritardo in seguito al generale abbassamento del tasso di sviluppo industriale dell'URSS. E' stato impossibile portare avanti contemporaneamente un rapido miglioramento del livello di vita delle masse, una politica intensiva di armamenti (per mantenere il ritmo delle potenze imperialiste), un aiuto crescente alla borghesia coloniale, una febbrile attività di costruzioni edilizie e un colossale volume di investimenti per mantenere un tasso di sviluppo costante ed elevato.
Occorre anche sottolineare che le riforme economiche di Krusciov, che erano riuscite a far superare le difficoltà create nell'economia sovietica dalla supercentralizzazione e dal gigantismo del tempo di Stalin, cominciavano a perdere sempre più la loro efficacia. La discussione economica che si sta svolgendo in URSS è un sintomo di questa nuova impasse economica. Essa dimostra che Krusciov non era preparato a compiere quel vero «balzo in avanti» che avrebbe significato l'introduzione di un sistema di pianificazione democratica e di autogestione delle masse.
La burocrazia sacrifica ora Krusciov considerandolo responsabile delle difficoltà agricole e industriali, e spera così di guadagnar tempo per tentare nuove soluzioni. Ma le eventuali riforme non avranno che una efficacia limitata; ciò che occorre è una trasformazione radicale di tutto il sistema di gestione.
In politica estera, Krusciov è il capro espiatorio di tutta una serie di errori che hanno gravemente ridotto il prestigio sovietico: invio e ritiro di missili a Cuba, promessa non mantenuta di una soluzione imminente del problema di Berlino Ovest, voto favorevole all'ONU sulla risoluzione per l'invio dei «caschi blu» nel Congo (dove l'operazione si concluse con l'assassinio di Lumumba). Ma è stato soprattutto il modo con cui egli ha affrontato la questione cinese che ha provocato i maggiori risentimenti e la più forte opposizione.
Era forse necessario trasferire il contrasto tra il PCUS e il PCC a livello statale, sospendere bruscamente l'aiuto sovietico alla Cina, concedere un aiuto militare a Nehru che si trovava in stato di guerra con la Repubblica Popolare Cinese, annullare l'accordo concluso per aiutare la Cina ad impiantare una industria nucleare? Sono le domande che un numero sempre maggiore di dirigenti sovietici si sono indubbiamente posti. E, infine, è stata una mossa accorta quella di convocare la pre-conferenza dei 26 partiti comunisti per il 15 dicembre 1964, senza essersi prima assicurati che una larga maggioranza di questi partiti avrebbe accettato l'inviato e appoggiato le tesi sovietiche?
In realtà, il modo con cui Krusciov ha affrontato il conflitto cino-sovietico lascia un bilancio disastroso agli occhi della burocrazia. L'unità del movimento comunista internazionale era distrutta, l'autorità del PCUS era scossa dappertutto, le sue direttive non venivano più seguite, neanche da quei partiti che sostenevano il Kremlino contro Pechino. Il conflitto ha liberato enormi forze centrifughe non solo in PC come quello italiano, ma anche in Stati operai, come la Romania. E se un domani la Repubblica Democratica Tedesca — per protestare contro il progettato riavvicinamento di Mosca con Bonn — imboccasse la medesima strada della Romania, ciò provocherebbe la fine del controllo del Kremlino su più di una metà della sua sfera d'influenza.
Inoltre, sacrificando Krusciov, la burocrazia sovietica vuol metter fine al deterioramento costante dei suoi rapporti con Pechino. Eliminato l'ostacolo principale alla ripresa del dialogo, Pechino può a sua volta fare delle concessioni senza perdere la faccia.
Se la pre-conferenza di dicembre ha luogo, il suo significato potrebbe essere totalmente diverso: le polemiche più sfrenate, gli atti più irresponsabili possono cessare da una parte e dall'altra. Se non si arriva fino alla riconciliazione, il conflitto potrebbe quanto meno uscire dagli attuali binari per essere riportato sui tavoli verdi dei diplomatici e dei « teorici ».

II

Gli anni di Krusciov verranno conosciuti come gli anni della «destalinizzazione». In condizioni nazionali e internazionali totalmente diverse da quelle che avevano permesso alla burocrazia sovietica di usurpare il potere politico e a Stalin di trasformarlo in autocrazia sempre più arbitraria, le masse sovietiche non sono più disposte a subire lo spietato regime poliziesco e la drastica subordinazione del loro livello di vita a progetti giganteschi che implicavano sperperi enormi. Per evitare un'esplosione incombente — come quelle del '53 nella Repubblica Democratica Tedesca e del '56 in Ungheria e in Polonia — e per salvaguardare il loro potere e i loro privilegi, i dirigenti della burocrazia sovietica hanno deliberatamente sacrificato il culto di Stalin e liberalizzato il regime. Facendo ciò, hanno anche eliminato alcuni dei metodi più arbitrari e dannosi di direzione e di amministrazione che Stalin aveva introdotto nell'economia, nel governo, nella scienza e nella cultura dell'URSS e che si erano rivelati sempre più come ostacoli a nuovi progressi. Krusciov, spesso dipinto come il rappresentante più tipico di questa «destalinizzazione», non ne è stato il principale iniziatore e neanche il rappresentante più risoluto. Più di una volta, e in vari campi, alcune forze più giovani e più dinamiche hanno voluto spingere questa «destalinizzazione» più lontano. La logica di questo processo avrebbe inevitabilmente condotto alla riabilitazione di Lev Trotskij e della sua generazione di bolscevichi. I fautori di una «destalinizzazione» più spinta sono stati richiamati all'ordine, quando non sono stati ridotti al silenzio.
La «destalinizzazione» non è stata un orientamento fondamentale né una politica personale di Krusciov. E' stata una serie di misure parziali o di concessioni approvate dall'immensa maggioranza della burocrazia, che con questo ha ottenuto soprattutto un più alto grado di sicurezza personale suscitando nello stesso tempo una favorevole eco tra le masse. I fattori obiettivi che hanno determinato questo orientamento continueranno ad agire anche dopo la caduta di Krusciov.
Gli anni di progressivo miglioramento del livello di vita delle masse hanno diminuito la paura che opprimeva larghi strati al tempo di Stalin. Avendo ora una maggior fiducia in se stessi, questi strati non tollereranno più il ritorno ad un regime di miseria e di terrore. Ogni tentativo di ritornare ai metodi di Stalin provocherebbe violente reazioni popolari.
E' estremamente significativo che i nuovi dirigenti si siano affrettati, sulla prima edizione della Pravda uscita dopo la caduta di Krusciov, ad insistere sul fatto che la linea del XX e del XXII Congresso del PCUS sarà mantenuta. Essi hanno anche promesso alle masse che, qualsiasi cosa accada e quali che possano essere le apparenze in settori secondari, la conquista essenziale della «destalinizzazione» verrà mantenuta: non ci sarà un ritorno al terrore e alla onnipotenza della polizia, alle feroci leggi repressive nelle fabbriche e al basso livello di vita. Continueranno gli sforzi per accrescere il livello di vita. Queste concessioni alle masse non potranno che rafforzare, in prospettiva, la fiducia delle masse nelle proprie forze, minando sempre più il regno della burocrazia.
Come le condizioni oggettive non permettono alcuna deviazione sostanziale dalla «destalinizzazione», così non permettono alcun mutamento sostanziale nel campo della politica estera. La burocrazia sovietica non si è mai orientata verso una guerra mondiale, come pretende la propaganda imperialista. D'altra parte, essa non ha mai deliberatamente incoraggiato la rivoluzione mondiale che è l'unica strada che possa condurre ad una pace durevole. Questi due orientamenti, anche se in maniera differente, sarebbero per essa sinonimi di suicidio. I successori di Krusciov proseguiranno la stessa politica detta di coesistenza pacifica. Questa politica non è stata una scoperta di Krusciov: Stalin potrebbe anche rivendicarne la paternità. La politica di «competizione economica con gli USA» non è stata che l'applicazione in condizioni nuove della vecchia tesi staliniana Della «costruzione del socialismo in un paese solo».
I nuovi dirigenti della burocrazia potranno usare un linguaggio un po' più duro rispetto a quello di Krusciov negli ultimi due anni, ma solo per facilitare la ripresa delle conversazioni con i cinesi e per mascherare l'incertezza e la mancanza di sicurezza, e fino a quando le loro posizioni non siano consolidate. E' possibile che modifichino alcune delle forme più scandalose di collaborazione di Krusciov con l'imperialismo americano — specialmente il riarmo congiunto della borghesia indiana da parte del Pentagono e del Kremlino (diretto sia contro le masse indiane che contro la Repubblica Popolare Cinese) e la libertà d'azione lasciata all'imperialismo americano nel golfo del Tonkino e nel Congo. Senza dubbio non si riparlerà neppure di un riavvicinamento clamoroso tra Mosca e Bonn, la cui idea aveva provocato un certo disagio nella Repubblica Democratica Tedesca, in Polonia e in Cecoslovacchia, oltretutto perché la borghesia tedesca-occidentale non riconosce le nuove frontiere tedesche e cerca di venire in possesso dell'armamento nucleare nel quadro della forza multilaterale della NATO.
Come sotto Stalin e Krusciov, la burocrazia sovietica continuerà a ricercare un accordo globale con Washington, essenzialmente sulla base della difesa comune dello statu quo. Essa continuerà a combattere la disseminazione delle armi atomiche, facendo del suo meglio per privarne altri Stati operai, indipendentemente da ciò che fa Washington per dotare altri paesi, come il Canada, di uno stock di armi atomiche, e proporrà un rallentamento della corsa agli armamenti e predicherà il disarmo. Nello stesso tempo, essa continuerà a ricercare una collaborazione economica con la borghesia coloniale invece di incoraggiare la rivoluzione socialista nei paesi coloniali e semicoloniali, cosa che modificherebbe radicalmente i rapporti di forza mondiali a svantaggio della dominazione burocratica nell'URSS, pur giovando agli Stati operai nel loro insieme, e continuerà a fare tutto il possibile per mantenere le lotte operaie dei paesi imperialisti nei limiti del regime capitalistico, rinviando ogni rivendicazione di potere ad un'epoca in cui la produzione pro capite degli USA sarà inferiore a quella dell'URSS.
In queste condizioni, un'improvvisa liquidazione del conflitto cino-sovietico mediante un allineamento completo dei due Stati e dei due partiti su una medesima linea è altrettanto improbabile quanto l'abbandono della destalinizzazione e della politica di «coesistenza pacifica». Il conflitto cino-sovietico non è neppure il prodotto della «inettitudine» di Krusciov; esprime invece le profonde divergenze di interessi tra due burocrazie in situazioni diverse per quanto riguarda i loro rapporti con l'imperialismo, con la rivoluzione internazionale e con le masse del rispettivi paesi.
Il successo del primo esperimento nucleare cinese ha modificato profondamente la posizione internazionale della Repubblica Popolare Cinese e potrebbe anche accelerare la sua ammissione all'ONU, anche in seguito al riconoscimento della Cina da parte di numerosi paesi africani e, recentemente, della Francia. Ma è da escludersi che Johnson .ritiri la VII Flotta americana dall'Estremo Oriente, che abbandoni Taiwain (Formosa) o che approvi lo scioglimento della SEATO. E' chiaro che, fino a quando Washington manterrà questa pressione, la Cina continuerà a trovarsi di fronte al pericolo di una aggressione imperialista e subirà un blocco economico parziale. Questo ha contribuito a determinare una linea cinese molto diversa da quella sovietica. ;
Continuando a seguire le linee fondamentali della politica elaborata da Stalin e sviluppata da Krusciov, i nuovi dirigenti del Kremlino finiranno per ritrovarsi nelle identiche, profonde difficoltà che hanno portato al disastro il loro predecessore.

III

La burocrazia sovietica ha eliminato Krusciov per trovare una soluzione temporanea alle contraddizioni in cui si era venuta a trovare. Facendo ciò, avrà forse guadagnato un po' di tempo a patto che la nuova équipe sia accettata dalla grande maggioranza dell'apparato e che la crisi politica non subisca nuove e sensazionali svolte.
Ma essa è incapace di eliminare le contraddizioni che nascono dalla natura stessa del suo regime. E i successori di Krusciov si trovano in condizioni tali che, lungi dal poter attenuare le contraddizioni e le difficoltà, rischiano invece di acutizzarle.
Per evitare che la situazione divenga apertamente esplosiva nel campo della politica economica, è necessario che venga accelerato il ritmo degli investimenti nel settore agricolo. Ma il tecnocrate Kossighin — che, come è noto, aveva già avuto divergenze con Krusciov sulla ripartizione dei fondi di investimento nei vari settori — non sarà certamente più disposto di Krusciov a sacrificare l'industria pesante. Già il fatto che Kossighin sia divenuto primo ministro è un'espressione molto significativa del peso di questo settore della burocrazia.
D'altra parte, un rallentamento, generale dello sviluppo industriale non sarà certamente favorevole alla realizzazione dei piani concernenti l'industria chimica e ad un miglioramento durevole dell'agricoltura. Per uscire da questa impasse, a qualcosa si dovrà resistere: o alle aspirazioni delle masse, o alle rivendicazioni dei dirigenti di fabbriche e di trusts, o agli appetiti dei contadini kolkhoziani. O anche agli interessi di più strati insieme.
La situazione non è migliore neppure nel campo della politica estera. I nuovi padroni del Kremlino sono ansiosi di dimostrare il loro attaccamento alla causa della «coesistenza pacifica» con qualche gesto spettacolare. Ma come è possibile ottenere un riavvicinamento con Pechino e allo stesso tempo assicurare Washington, quando questi due obiettivi richiedono gesti di natura diametralmente opposta ?
Ciò vale anche per la situazione del movimento comunista internazionale. Beninteso, una certa distensione con Pekino potrebbe far sì che i cinesi non generalizzino i tentativi di creare un nuovo movimento comunista internazionale filocinese parallelo al movimento «ufficiale». Ma come è possibile non accorgersi che l'improvvisa caduta di Krusciov ha accentuato ancor di più le difficoltà, l'inquietitudine e la confusione che regnano in tutti i partiti comunisti? Come è possibile non accorgersi che questa caduta e le condizioni in cui essa ha avuto luogo accrescono fatalmente lo scetticismo dei militanti comunisti stranieri nei confronti delle tesi e dei documenti sovietici e la loro tendenza a non allinearsi più meccanicamente ad ogni svolta del Kremlino? Proprio coloro che avevano affrontato le maggiori difficoltà per spiegare la «destalinizzazione» e per creare il prestigio dello sconosciuto Krusciov saranno i più preoccupati quando si tratterà di rimettere un nuovo dio sul piedistallo, allorché l'interregno della «direzione collegiale» finirà ancora una volta per approdare alla selezione di un nuovo «primo segretario» detentore del potere.
Contrariamente alle intenzioni dei più alti burocrati, e anche se gli effetti immediati della eliminazione di Krusciov possono sembrar loro incoraggianti, questo siluramento, invece di arrestare la lenta disgregazione dell'egemonia del Kremlino sul movimento comunista internazionale, finirà invece per accelerarla.
La burocrazia rimproverava a Krusciov di avere, con i suoi atti, favorito le tendenze al «policentrismo» all'interno del movimento comunista internazionale. Il suo clamoroso accantonamento non potrà invece che incoraggiare l'espansione proprio di questo «policentrismo». Senza un solo dirigente di una certa statura, e composta solo di burocrati scelti accuratamente da Stalin al tempo delle grandi purghe in cui furono liquidate tutte le personalità che davano prova di una pur minima autonomia di pensiero, la burocrazia sovietica si dimostrerà sempre meno capace di ristabilire il suo prestigio dopo questo nuovo colpo al monolitismo. I burocrati sovietici dovranno abituarsi a vedere i loro atti e i loro zig-zag sempre più discussi e criticati all'interno del movimento comunista internazionale.
Quei partiti che hanno già manifestato una certa tendenza a seguire una linea indipendente, sia di destra come in Italia o di sinistra come in Venezuela, saranno ora maggiormente portati a muoversi nella direzione che hanno scelto. E altri partiti che, come il PC francese, erano riusciti finora a presentarsi come modelli di sottomissione, potrebbero improvvisamente mostrare idee nuove. Il «policentrismo» tenderà sempre più a rivelare una sua logica interna.
Questa stessa logica agirà negli Stati operai. Anche per essi, la caduta di Krusciov è il punto di arrivo di una crisi profonda che investe tutto il sistema degli Stati operai e allo stesso tempo è un nuovo elemento di approfondimento di questa crisi. Tutti sono pienamente coscienti della coincidenza, se non della relazione di causa, tra l'esplosione della prima atomica cinese e la caduta di Krusciov. La sua improvvisa eliminazione contribuirà a modificare radicalmente i rapporti tra l'URSS e gli altri Stati operai. Questi Stati sono ora considerevolmente diversi dai tempi della totale subordinazione a Stalin. Prima hanno assistito alla ribellione jugoslava, poi alla comparsa della Cina come potenza indipendente. Il sentimento di rivolta è cresciuto, esplodendo nelle insurrezioni della Germania Orientale, della Polonia e dell'Ungheria. Il Kremlino potè allora ristabilire il suo dominio al prezzo di un certo rilassamento del controllo. Sono seguiti anni di erosione continua dell'autorità della burocrazia sovietica sotto la prcssione delle masse ed anche per le conseguenze indirette Della destalinizzazione». La caduta di Krusciov ha portato ora un altro colpo assai duro a questa autorità. Il risultato sarà un nuovo impulso del «policentrismo» anche su questo piano.
Quali saranno le conseguenze ultime della caduta di Krusciov nella società sovietica? Le masse sono mature per un cambiamento radicale del regime politico. Dopo la sorpresa provocata dalla improvvisa scomparsa di Krusciov dalla scena politica, esse tenderanno, per molteplici ragioni, a esigere che i nuovi padroni del Kremlino portino a termine le promesse fatte ripetutamente da Krusciov.
Lunga è la lista di queste promesse: va dall'erezione di un monumento alle vittime del terrore staliniano al miglioramento entro pochi anni del livello di vita per eguagliare quello degli operai degli USA. Nuove rivendicazioni vi saranno aggiunte, suggerite dalla natura stessa di questo cambiamento.
La caduta di Krusciov costituisce un nuovo e potente impulso del pensiero critico tra le masse della stessa URSS, e darà perciò un nuovo e potente impulso alla disgregazione del regime burocratico. Dopo la liquidazione del culto di Stalin e l'improvvisa eliminazione di Krusciov, i comunisti dell'URSS, degli Stati operai del mondo intero potranno sempre meglio valutare l'ampiezza storica di questa crisi che disgrega la dominazione burocratica nell'URSS, e comprendere che il ristabilimento delle norme della democrazia proletaria, lungi dal costituire una minaccia per la stabilità dello Stato sovietico e per il «campo socialista», è la condizione essenziale per garantire proprio questa stabilità. L'analisi di Trotskij è ancora una volta pienamente confermata.

IV

La principale lezione da trarre dalla caduta di Krusciov è la necessità di un mutamento generale della struttura politica dell'URSS.
Krusciov è caduto per una decisione di natura strana. Né la massa dei comunisti sovietici, né i membri del movimento comunista internazionale conoscono gli autori di questa decisione, gli istigatori, i loro motivi reali. Essi non conoscono le opinioni della «vittima» né la sua difesa contro le accuse segrete. E' chiaro che una vera democrazia proletaria, una vera democrazia socialista, non esiste in URSS.
La propaganda ufficiale ci assicura che nell'URSS si sta costruendo una società comunista, vale a dire una società in cui lo Stato e ogni forma di coercizione statale non esisteranno più. La propaganda ufficiale ci assicura che «l'intero popolo» è al potere (il nuovo programma adottato dal PCUS al XXII Congresso chiama solennemente lo Stato sovietico «Stato di tutto il popolo» e il Partito comunista «partito di tutto il popolo»). Ma questo popolo, che dovrebbe essere al potere, assiste ad un repentino cambiamento di governo, non sa chi lo ha effettuato (non si sa quali e quanti membri del CC sono stati presenti alla riunione del 14 ottobre, né come hanno votato, né su quali risoluzioni si è votato) e ignora in che cosa il programma del suo nuovo governo differisce da quello del governo precedente. Lo Stato è di «tutto il popolo», ma «tutto il popolo» ignora cosa faccia lo Stato.
Il potere governativo nell'URSS è esercitato certamente da una forza ben più larga di quella di un singolo individuo, anche di un dittatore come Stalin. Ma quale è questa forza? Ovviamente non è né «tutto il popolo» né il proletariato. E' forse il «Partito comunista dell'Unione Sovietica» che esercita il potere in nome del popolo? Ma i milioni di membri di questo partito hanno appreso questa notizia sensazionale soltanto dai notiziari della radio il 15 ottobre o dalla Pravda il giorno successivo. E' forse il «Comitato Centrale» del PCUS? Questo organismo ha mostrato quale era la sua vera base sociale quando, nel 1957, ha riunito centinaia di grossi burocrati per dare il suo mandato a Krusciov. Sia che la riunione del CC in cui Krusciov è stato deposto abbia avuto questo carattere, sia che fosse più ristretta, essa rappresenta soltanto la casta burocratica che, da più di trentacinque anni, esercita da sola il potere politico nell'URSS.
Nel suo «testamento», la cui pubblicazione ha senza dubbio contribuito alla caduta di Krusciov, il defunto leader del PCI, Palmiro Togliatti, afferma che nell'URSS non si è ancora ritornati alle norme leniniste e che non è stata ancora ristabilita «una libertà di opinione e di discussione» nelle questioni politiche. Il modo in cui Krusciov è stato sostituito mostra quanto l'URSS di oggi rimanga lontana dai metodi del tempo di Lenin, quando l'URSS tuttavia era molto più povera, più debole e sottoposta ad una pressione imperialista più grave.
La vera democrazia sovietica è la democrazia dei Consigli degli operai e dei contadini (Soviet), all'interno dei quali tutti i gruppi e gli individui che rispettano la Costituzione del paese possono esprimersi liberamente. Secondo queste norme, è il congresso di tutti i Consigli (congresso dei Soviet) che designa il capo del governo sulla base di un programma preciso e dopo un reale dibattito pubblico.
All'interno del partito comunista, il centralismo democratico nella concezione leniniana significava una discussione piena e ampia da parte della base del partito che precedeva le decisioni degli organismi dirigenti, come significava la libertà di formare tendenze sulla base di piattaforme pubbliche e il diritto di dibattere tutte le questioni dinanzi a tutti i membri del partito, e i membri degli organismi dirigenti venivano eletti sulla base di questi documenti al termine di una discussione democratica in tutto il partito. Nelle condizioni attuali, il sistema della pluralità dei partiti operai per rafforzare il processo della democrazia proletaria sarebbe pienamente realizzabile.
Il ristabilimento della democrazia proletaria nell'URSS rafforzerebbe considerevolmente l'unità del proletariato e dei contadini; creerebbe le condizioni per la rinascita di una fiducia popolare nel governo, scomparsa dalla morte di Lenin; avrebbe il vantaggio di fornire un meccanismo istituzionale ai normali cambiamenti della direzione. All'estero, specie nei paesi imperialisti, accrescerebbe notevolmente la forza di attrazione dell'URSS sulle masse lavoratrici.
E' per un ritorno a questa democrazia socialista — anche più ampia e più effettiva di quanto non fosse al tempo di Lenin, oltretutto per le attuali condizioni molto più favorevoli di allora — che si batte la IV Internazionale.
I giornalisti e i politici borghesi contrappongono la cosiddetta «democrazia occidentale» ai sistemi instaurati sotto Stalin. Ma la democrazia borghese non si è mai estesa ai rapporti di produzione ed ha subito, nella sfera politica, gravi usure, sfociando a volte nel fascismo. -Le, norme della democrazia proletaria si estendono alle fabbriche, ai campi e a tutta la struttura della società.
La democrazia proletaria è qualitativamente superiore alla più sviluppata democrazia borghese.
L'introduzione della democrazia socialista in URSS esige una rivoluzione politica che distrugga il monopolio del potere politico detenuto dalla burocrazia per restituirlo alle masse dei lavoratori della città e della campagna. La caduta di Krusciov e il modo in cui è avvenuta dimostrano quanto questa rivoluzione sia necessaria e, allo stesso tempo, quanto si stia avvicinando.
Quando il culto di Stalin fu colpito a morte nell'URSS, al XX Congresso nel 1956, il movimento comunista internazionale ne fu scosso fino alle fondamenta. Il conflitto cino-sovietico ha avuto risultati simili, e le sue ripercussioni sono andate ben oltre i membri dei partiti. La vittoria della Rivoluzione cubana, che ha portato alla ribalta una nuova direzione rivoluzionaria formatasi al di fuori del movimento comunista, ha aumentato il fermento.
La caduta di Krusciov porta ora un nuovo contributo a questo gigantesco processo che, in sostanza, implica la distruzione di strutture fossilizzate e la costruzione di una nuova direzione comunista su scala mondiale.
Di conseguenza, i militanti comunisti hanno tutto l'interesse a trarre le necessarie conseguenze da quest'ultimo avvenimento. Essi debbono esigere una discussione completa e libera su tutte le questioni connesse alla messa in stato di accusa di Krusciov. Una delle prime rivendicazioni è certamente quella di poter ascoltare la difesa del proprio operato da parte di Krusciov. Lo stenogramma della riunione che ha messo Krusciov in minoranza deve essere immediatamente pubblicato e Krusciov dovrebbe poter spiegare il suo punto di vista sulla stampa, alla radio e alla televisione sovietica. Tutte le tendenze operaie, compresi i trotskisti, debbono avere il diritto di partecipare alla discussione.
Nei loro partiti, i militanti comunisti debbono trarre dall'evidenza dei fatti questa grande lezione: il pericolo di affidarsi alla direzione di Mosca. La natura disastrosa della direzione di Stalin è stata rivelata anche ai più ciechi dal XX Congresso. Ora, nuove rivelazioni riguardanti le conseguenze della direzione di Mosca dopo la morte di Stalin sono all'ordine del giorno.
I partiti comunisti debbono imparare ad elaborare indipendentemente la loro politica marxista rivoluzionaria alla luce delle necessità del processo rivoluzionario nei loro paesi. Il risultato finale sarà un enorme rafforzamento del campo degli Stati operai che accelererà la fine del capitalismo.
La caduta di Krusciov sottolinea una volta di più che il problema principale che si pone alla classe operaia internazionale è la crisi della sua direzione. Questa crisi può essere risolta soltanto con la creazione di una nuova direzione capace di realizzare il programma del socialismo rivoluzionario su scala internazionale nei paesi imperialisti, nel mondo coloniale e nei settori in cui la rivoluzione ha già vinto, vale a dire negli Stati operai. Questo è il senso della lotta che la IV Internazionale ha condotto fin dalla sua fondazione.